Lafforgue, medaglia Fields (2002): «la matematica è antirelativista, contempla Dio»
- Ultimissime
- 03 Set 2012
Quest’anno, ha ricordato Francesco Agnoli su “Il Foglio”, al Meeting di Rimini è stata esposta una mostra dedicata a Jérôme Lejeune, il genetista francese scopritore del nesso tra sindrome di Down e trisomia 21 e che perse il premio Nobel per la sua battaglia in difesa della vita nascente. Per chi volesse, a questo link è possibile visionare il bellissimo video dell’incontro tenutosi durante la kermesse riminese
Agnoli ha anche ricordato che tre anni fa partecipò al “Meeting” di Comunione e Liberazione anche il celebre matematico francese Laurent Lafforgue, professore all’Institut des hautes études scientifiques, membro dell’Académie des sciences, vincitore della massima onorificenza nel campo matematico, la Medaglia Fields (2002) . Ha contributo in modo determinante nel campo della teoria dei numeri e della geometria algebrica, dimostrando parte delle cosiddette congetture di Langlands. Da qui si può scaricare il testo della sua relazione in quell’occasione.
In un’intervista per Ilsussidiario.net, sempre nel 2009. parlando dell’inizio della matematica con i greci e della sua espansione nel mondo moderno, Lafforgue ha spiegato: «Perché ciò accadesse bisognava considerare importante la materia. E ciò sembra profondamente legato al cristianesimo. Questa mia è un’ipotesi; ma penso che il disprezzo della materia non sia cristiano. Una cosa che noto con i miei colleghi matematici e fisici è che io sono più materialista di loro. C’è una doppia tentazione: da una parte rifiutare la materia, cioè la tentazione idealista; all’opposto, c’è la tentazione di buttare la scienza moderna fondata sull’interpretazione matematica dell’universo. Da un certo punto di vista sarebbe tutto più semplice se il mondo fosse solo una struttura matematica, o se la matematica non avesse nulla a che vedere con il mondo fisico. La realtà è che la materia è sottomessa a leggi matematiche ma non si riduce a queste leggi. E questo è un mistero. In sé la relazione della matematica col mondo fisico resta un mistero. La matematica è una tradizione, come la Chiesa; implica una trasmissione vivente e quindi si pratica in seno a una comunità».
Solo 5 giorni prima di questa intervista, a Parigi, presso la Biblioteca nazionale di Francia, il 23 ottobre 2009, ha partecipato ad un incontro sul tema “Simone Weil e la matematica”, citando la frase della filosofa francese, “La matematica è la prova che tutto obbedisce a Dio”, ha aggiunto: «la matematica e la scienza sono studio e contemplazione dell’obbedienza a Dio da parte delle entità matematiche e della materia». Lo scienziato, ha detto in un’altra occasione, non può essere relativista, ma «la vocazione del soggetto che conosce non solo è cercare la verità, servirla e conoscerla esteriormente. La vocazione è ricevere la verità e parteciparne, così come la vocazione umana è ricevere la vita divina. Per la sua oscurità e la sua profondità misteriose, a causa della sua mescolanza di fatti crudi e di bellezza, la verità conoscibile ha in effetti qualche cosa che evoca davvero la profondità insondabile caratteristica dell’essere divino. Per la sua oscurità e la sua profondità misteriose, a causa della sua mistura di saperi che riguardano i fatti e di tensione verso la bellezza dell’intelligibile, la conoscenza ha essa stessa qualche cosa che evoca la profondità insondabile di Dio. Grazie alla sua sottomissione ai fatti, la verità conoscibile possiede un legame con Colui che discende nelle profondità dell’Essere terrestre, con il Verbo fatto carne. Grazie alla sua sottomissione ai saperi specifici, la conoscenza possiede un legame con il Verbo incarnato».
Agnoli ha acutamente sottolineato che in un’epoca di relativismo come la nostra, benché si abbia quasi ripugnanza per “la verità”, come se essa fosse limite ed imposizione, non se ne può fare a meno per fare vera ricerca. La fede nell’esistenza della verità -definita “il fondamento di ciò che è”-, è dunque essenziale alla vita intellettiva di ogni uomo che vuole conoscere, e la Verità diventa accessibile a chi si dona e si inchina ad essa. La Verità si dona a chi è disposto a donarsi a lei, il cristianesimo -d’altra parte- è iniziato proprio così: un Uomo eccezionale ha preso iniziativa verso altri uomini, ma soltanto coloro che Lo stavano attendendo davvero Lo hanno riconosciuto.
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111 commenti a Lafforgue, medaglia Fields (2002): «la matematica è antirelativista, contempla Dio»
” il genetista francese scopritore del nesso tra sindrome di Down e trisomia 21 e che perse il premio Nobel per la sua battaglia in difesa della vita nascente.”
Prove? Nessuna vero?
Comunque, fuori da ogni polemica, provo a rispondere ad un punto di questo densissimo (e molto interessante) post, un punto che mi sta decisamente a cuore.
“Angoli ha acutamente sottolineato che in un’epoca di relativismo come la nostra, benché si abbia quasi ripugnanza per “la verità”, come se essa fosse limite ed imposizione, non se ne può fare a meno per fare vera ricerca. La fede nell’esistenza della verità -definita “il fondamento di ciò che è”-, è dunque essenziale alla vita intellettiva di ogni uomo che vuole conoscere, e la Verità diventa accessibile a chi si dona e si inchina ad essa.”
Partiamo dal presupposto che il Vero esista.
E’ conoscibile? Ovvero, possiamo affermare che di un assunto io possa affermare la sua veridicità assoluta, ovvero la non esistenza di alcun caso presente, passato, futuro, in ogni luogo dell’universo, in cui l’assunto in analisi venga smentito?
No, per limiti intrinseci della natura umana.
Ma allora, perchè la matematica è esatta? Perchè, ad esempio, posso affermare che il teorema di Pitagora sia SEMPRE vero, date le sue ipotesi? La risposta sta nell’ultima parte della domanda: in tutti i settori della matematica, e della fisica, le verità assolute che esprimo sono sempre e comunque relative al set di ipotesi che scelgo di utilizzare.
Il fatto che la matematica e la fisica siano così efficaci nella descrizione della realtà è semplicemente il risultato della nostra bravura a modellizzare, e quindi a creare sistemi formali con ipotesi tali da poterci fornire predizioni funzionali alle nostre esigenze.
Le leggi di Newton non sono “vere” in senso assoluto, ma diventano molto attendibili nel caso in cui le velocità in gioco siano sufficientemente piccole.
In caso contrario, l’ipotesi alla base non è soddisfatta, e il sistema formale non restituisce risultati soddisfacenti.
Che esista o meno un “supermodello”, ovvero un sistema formale che ha, come unica ipotesi alla base, quella dell’esistenza degli enti che lo compongono, a noi non è dato di sapere.
Quello che ogni scienziato sa, però, è che l’unico modo per avvicinarsi al “supermodello” è quello del trial and error, e che, per ora, il Vero, in senso ontologico, per ora non è di questo mondo.
Partiamo dal presupposto che il Vero esista.
E’ conoscibile? Ovvero, possiamo affermare che di un assunto io possa affermare la sua veridicità assoluta, ovvero la non esistenza di alcun caso presente, passato, futuro, in ogni luogo dell’universo, in cui l’assunto in analisi venga smentito?
No, per limiti intrinseci della natura umana.
Affermazione perentoria:il concetto di vero in sè sussiste.
“Tu non puoi: pensare e non pensare nel medesimo tempo”
Il principio di identita A=A è che genera il principio di non contraddizione è una verità di ragione assoluta.Che genera l’aut aut.
O è O non è.–>Questa verità è indiscutibile.
Tu non puoi affermare che:”un albero sono due alberi nel medesimo tempo”
E ‘ insmentibile perchè porlo in dubbio genera contraddizione nel sogetto stesso che lo pone in dubbio.
La matematica e in un unione con la logica.
Esempio “non esistono nè il vero nè il falso”
Se questa affermazione fosse V “io posso pensare e non pensare nello stesso tempo”,cio è impossibile,dunque è falsa,dunque il relativismo è falso.
Il ragionamento che stai facendo tu è prettamente Logico, oserei dire quasi aristotelico.
La Logica aristotelica, però, altro non è che un sistema formale, tenuto in piedi da postulati… e quindi ricadiamo nel caso teorema di Pitagora – Geometria euclidea.
Nel caso tu dovessi negare, ad esempio, il principio di non contraddizione, si vede come il sistema formale che vai a costruire sia profondamente diverso, ma comunque dotato di coerenza interna.
http://it.wikipedia.org/wiki/Logica_fuzzy
Ora, io ho due sistemi formali, perfettamente coerenti, che tuttavia affermano due cose diametralmente opposte.
Ora, qual’è quello più corretto?
Non lo so, dipende dal contesto.
Non potrò usare la logica fuzzy per descrivere il comportamento di un sistema di porte logiche (un transistor o è aperto, o è chiuso…)
Però, ad esempio, posso pensare di usare una logica fuzzy per descrivere l’età di una persona, o la temperatura di una stanza…
1. Le “ipotesi” del teorema di Pitagora è che si tratti di un triangolo rettilineo rettangolo, cioè con un angolo retto. Se questo è il triangolo (e non un altro, per es. di 50, 70 e 60 gradi; o curvilineo), vale il teorema di Pitagora, cioè è vero che la somma dei quadrati dei cateti è equivalente al quadrato dell’ipotenusa. Questo è vero o no, Matyt?
2. Quanto alle scienze naturali, è vero che procedono per trial & error; però ogni teoria assorbe la precedente, perché spiega più fenomeni della precedente e con minori errori. Per es. la teoria tolemaica -> le leggi di Keplero -> la teoria della gravitazione di Newton -> la relatività generale di Einstein -> ? In questo senso possiamo dire che le scienze naturali si avvicinano sempre di più alla realtà… o no?
3. Se non esistesse questo ideale di verità, se questa ricerca non avesse senso, perché dovremmo leggere Lei, Matyt? e Lei, perché dovrebbe credere a se stesso?
1. Certo, è vero, come ho scritto anch’io… Il teorema di Pitagora è sempre vero…. date le sue ipotesi, che oltre a quelle indicate sono, ad esempio, il fatto che l’ente “triangolo” sia dotato delle proprietà previste dalla geometria euclidea.
Perchè non è in contraddizione con la mia affermazione che la Verità non sia conoscibile? Perchè la Geometria euclidea è un sistema formale, dotato di coerenza interna, ma la cui applicazione al mondo reale risulta essere arbitraria.
2. Ha ragione, è quello che pensavo di aver scritto: le scienze naturali si stanno avvicinando alla verità (possiamo dire, le stiamo rendendo più omnicomprensive…)
La Verità sarà mai conoscibile? non lo so, ma siccome mi sarebbe richiesto un procedimento di induzione totale che non mi è possibile fare per ovvi limiti fisiologici, l’unico ente in grado di conoscere la verità è un’ente transumano (Dio, o il Multivac di Asimov, ad esempio…)
3. L’ideale di verità è giusto che esista, e possiamo addirittura credere che la Verità esista.
Questo purtroppo non ci dice che la Verità sia conoscibile.
Se non è coniscibile,stiamo parlando di matematica,non di scienze naturali.
Es
1+1=2
Sa dimostrare
Che 1+1 è diverso da 2?Ovvero che la somma di sue quantità identiche non da due.
Il che sancisce che tesi e antitesi non sono un’antinomia.Dunque è NECESSARIAMENTE vero che 1+1=2
Salvo voglia dimostrare l’anitesi,ovvero che 1+1 non da due.
Direi che è anche piuttosto semplice, dimostrarle che 1+1 può non essere = 2
1+1=10
Cos’è successo? Ho semplicemente cambiato base di numerazione, e quindi ipotesi alla base del sistema formale.
Ma lo ha variato al variare del sistema di riferimento.Dunque in base a una relazione OGGETTIVA.
E poi scusi che sistema ha variato?X)
La base numerica… sono passato dal decimale al binario…
Dunque è passato non ha un sistema OGGETTIVO quello decimale.
e dunque tale affermazione è necessariamente vera per il sistema di riferimento DECIMALE.
Ovvero non ha implicazioni con quello esadecimale.
Occhio, binario, non esadecimale…
E poi, mi sembra si sia risposto da solo.
Se l’affermazione 1+1=2 è necessariamente vera nel sistema di riferimento DECIMALE, come scrive lei, può non esserlo in altri sistemi numerici.
Ergo, esiste almeno un caso in cui la verità di una affermazione è influenzata dalle ipotesi che io scelgo alla base.
Guarda, Matyt, che 10 e 2 sono due rappresentazioni diverse di uno stesso numero, il numero rimane lo stesso… quello che cambia è solo la base di rappresentazione. Come se scrivessi I + I = II (numeri romani). Non credo si possa prendere come esempio, mi sembra un sofisma inutile. uno + uno = due (scrivendolo in lettere) è vero in qualunque base.
Non la seguo.
Una unita sommata a un’altra umanità è solo una relazione di sotituzione dove non si conoscono i termini noti:
x+Y=10
Questo lo puo scrivere:
Questo
1+1=10 non lo puo scrivere
Quindi deve dare delucidazione al sistema di riferimento per cui lo ha cambiato.
Varianza tra segno e matasegno numerico.I numeri da considerarsi segni.Le variabili metasegni.
Quando io scrivo X+Y=10
Includo tutte le possibilita di nemerazioni,perchè la esprimo in metasegno.Tale affermazione è necessariamente V in quanto,praticamente “ha la liberta” ora di selezionare il sistema più utile.In base all’oggetto in analisi.
E quesdto non significa che sia relativo,al soggetto.Ma a i calcoli che deve svolgere.
Guardi che non è vero, quello che scrive.
Lei da per assodato che quello che legge sia in “decimale”, il fatto è che potrebbe non esserlo.
E la risposta a una banale operazione matematica cambia.
Spero di essermi spiegato che lei può variarli al variare del SISTEMA DI riferimento.
Es il tempo varia non al variare della mia SOGGETTIVITà ma al variare dell’OGGETTIVITA’ del SISTEMA di riferimento.
Ma se esprimo variabile non esprimo un Sistema particolare ma nel concetto di X esprimo una pluralità di possibilità OGGETTIVAMENTE POSSIBILI,che non possono essere IMPOSSIBILI.
Teoremi di incompletezza di Goedel
“Il Primo Teorema di incompletezza di Gödel dice che:
In ogni teoria matematica T sufficientemente espressiva da contenere l’aritmetica, esiste una formula \varphi tale che, se T è coerente, allora né \varphi né la sua negazione \lnot \varphi sono dimostrabili in T. “
“Lei da per assodato che quello che legge sia in “decimale”, il fatto è che potrebbe non esserlo.”
Be devo darlo per assodato ma ovviamente dipende dal che cosa stò oggettivamente misurando.Questo nelle aplicazioni reali.
In Logica siamo in un campo a sè.
Ovvero
“Nessun sistema coerente può essere utilizzato per dimostrare la sua stessa coerenza.”(Goedel)
Il che significa che bisogna dimostrala all’esterno del sistema di coerenza in analisi.
Noti “esterno” dunque non posso, far variare il sistema ma l’oggettività del sistema di riferimento dimostra la coerenza di un’altro sistema.
Dunque è logico che lei è Dentro una VERITA CERTA la logica GOEDELIANA,puo cambiare sistema X volte in quanto:
“Se un sistema assiomatico può dimostrare la sua stessa coerenza, allora esso deve essere incoerente.”(Goedel)
Spero di essermi spiegato.
Le chiedo scusa, ma la sua prosa un po’ criptica e i suoi refusi mi rendono un pochino difficile la comprensione di quello che sta scrivendo…
Comunque, siamo d’accordo sull’oggettività dei sistemi formali: ovvero, un sistema formale costruito in modo corretto è coerente.
Ora, un sistema formale così strutturato però, non mi da contributi sul grado di verità effettivo di una affermazione: i rapporti logici tra le affermazioni all’interno di un sistema formale sono valide unicamente all’interno del sistema formale stesso.
Inoltre, abbiamo osservato come utilizzando due sistemi formali, ugualmente coerenti, ma che sono basati su postulati differenti, giungiamo a conclusioni sulla realtà che non sono compatibili.
Ora, per tornare ai suoi esempi…
Quando parlo di X come entità formale, è come se parlassi del “Triangolo Rettangolo”: ho l’obbligo di definire all’interno di quale sistema formale mi sto muovendo, perchè solo in questo modo posso sapere di quali caratteristiche sia dotata l’entità che sto maneggiando….
Le faccio un esempio…
se sto parlando di numeri complessi, X sarà dotato di una parte reale e di una parte immaginaria, se invece parlo di reali, X sarà unicamente reale…
Io però non posso saperlo a priori, devo per forza definire quale sia il sistema formale di pertinenza…
Così il triangolo… nella geometria euclidea la somma degli angoli interni sarà 180 gradi… ciò non è più vero in geometria sferica, ad esempio.
Qual’è la più vera, tra le due cose? Non lo so, dipende dal contesto.
Comunque, siamo d’accordo sull’oggettività dei sistemi formali: ovvero, un sistema formale costruito in modo corretto è coerente.
Ora, un sistema formale così strutturato però, non mi da contributi sul grado di verità effettivo di una affermazione: i rapporti logici tra le affermazioni all’interno di un sistema formale sono valide unicamente all’interno del sistema formale stesso.
Non ha capito.
Non è assolutamente vero come ha dimostrato Goedel che esse sono valide “all’interno del sistema formale stesso.”
Ho affermato l’esatto contrario, che un sistema è corretto e coerente ma non puo AUTO/dimostrare la sua coerenza,in quanto “NESSUN SISTEMA FORMALE PUO’ AUTO/DIMOSTRARE LA PROPRIA COERENZA” V (Goedel).E una conseguenza del primo th di incompletezza di Goedel a cui segue il secondo(Logica di primo ordine)
un sistema formale così strutturato però, non mi da contributi sul grado di verità effettivo di una affermazione: i rapporti logici tra le affermazioni all’interno di un sistema formale sono valide unicamente all’interno del sistema formale stesso.
Ridefinisca in maniera logica quanto espresso.
Forse vuole dire di un “assioma” logico all’interno del sistema formale,per il quale possono uscire assiomi incompleti,ovvero non suscetibili ovvero nè V nè F.Per tale motivo vanno giustificati con un’altro sistema formale DIVERSO dal siatema formale in analisi,a sua volta quest’ultimo,che giustifica il terzo,da un’altro ecc.
Fino ad arrivare all’aritmetica.L’aritmetica deve essere giustificata da un’altro sistema,proprio in quanto,non puo Auto/giustificare i valori dei suoi assiomi logici.
Anche se si stesse muovendo nel sistema formale nella geometria sferica,non stà muovendo in un sistema formale della geometria sferica,ma in un sistema formale che necessità della stessa geometria euclidea (le radici della geometria sferica muovono dalle radici della geometria euclidea,i primi 7 assiomi,iconcetti primitivi di geometria euclidea).Dunque ciò non implica che sono concetti “diversi” ma è più idonea la parola “simili.”
Dando il significato di X significa che partendo dai numeri reali ma che allora volta non sono un sistema coerente tale da autogiustificarsi.
Sunque “capire il contesto” significa capire “in che modo si sviluppa”.
Ora tutto e riconducibile all’aritmetica,ma nemmeno l’aritmetica,può da sola giustificare la propria coerenza.
Dunque cosa spiega la coerenza dell’aritmetica?
O è il soggetto (al che sussisterebbe il relativismo)o è altro.
Passiamo alla metalogica:cosa garantisce la coerenza del sistema formale del soggetto?
Dunque il relativismo,non ha in sè,i principi per deffinirsi “un sistema formale” coerente in quanto deve essere a sua volta giustificato da un’altro sistema formale.
Spero così di essermi chiarificato.
Chiarifico il DIVERSO,diverso in quanto non corripondono gli assiomi,simili perchè i concetti primitivi sono identici.
3. Se non esistesse questo ideale di verità, se questa ricerca non avesse senso, perché dovremmo leggere Lei, Matyt? e Lei, perché dovrebbe credere a se stesso?
Infatti si arriverebbe a uno sceticismo per il quale devo necessariamente “dubitare di dubitare”.Il soggeto relativista entra in contraddizione,perchè non potendo esprime V o F,in ciò che afferma,non può parlare,infatti ogni affermazione di qualsiasi natura o specie O e V o e F.Dunque il sogetto è in contraddizione tra ciò che pensa e ciò che afferma.
Le prove? E’ assai semplice. E’ provato e tutti lo riconoscono che sia stato Lejeune ha scoprire le cause genetiche della sindrome di Down. Ora per una scoperta del genere il Nobel si prende, non ci sono dubbi. E allora perché non l’ha preso? Lo dice lui stesso. In un’assemblea ONU a proposito dell’aborto criticò pesantemente l’organizzazione mondiale della sanità dicendo “Ecco un’istituzione per la salute che si trasforma in istituzione di morte”. La sera stessa telefonò a casa dicendo di aver perso in Nobel. Certo, non è una prova, è solo un sospetto. Ma allora perché non l’ha vinto quando tutti riconoscono le sue scoperte?
Sul fatto che non ci siano dubbi, qualcosa avrei da sindacare…
La relatività è una scoperta da Nobel, sei d’accordo con me?
Prova ad andare a vedere per cosa l’ha preso, il Nobel, Einstein.
Einstein ha preso il Nobel per l’effetto fotoelettrico, quando ha pubblicato i suoi articoli sulla relatività il Nobel ormai ce lo aveva già. Certo avrebbero potuto dargliene un altro, come a Bardeen che credo sia l’unico ad averne vinti due in fisica. Ma non si può certo dire che Einstein non sia stato premiato, il Nobel insomma non gli è stato negato.
O meglio, quando gli dettero il Nobel la teoria della relatività era ancora in discussione, non era ancora stata digerita.
Questo non è vero.
Con la pubblicazione dei risultati di Eddington nel 1920, la teoria di Einstein aveva superato molto brillantemente un importante tentativo di falsificazione.
Forse era ancora in discussione tra gli insegnanti di liceo, sicuramente era molto conosciuta, e accettata, dal mondo accademico.
Contrariamente a quanto si racconta di solito, i risultati di Eddington furono più un annuncio sensazionalistico che una buona misurazione. L’esperimento infatti era molto impreciso e molte foto vennero arbitrariamente scartate semplicemente perché non erano compatibili con il risultato atteso, come racconta ad esempio lo storico della scienza John Waller nel libro Fabulous Science: Fact and Fiction in the History of Scientific Discovery. Fortunatamente la relatività ha ricevuto in seguito molte altre conferme. Se oggi dovessimo attenerci ai soli risultati di Eddington la relatività sarebbe invece ancora traballante. Ad ogni modo la vicenda di Einstein non è minimamente paragonabile a quella di Lejeune, perché comunque Einstein il Nobel l’ha preso.
Cos’è, benaltrismo?
L’esempio l’avevo tirato fuori per dimostrarle quanto siano imperscrutabili i criteri di giudizio della commissione del Nobel.
Ok che ha pensar male a volte ci si azzecca, ma il complottismo è il rifugio degli stupidi…
Imperscrutabili? Ma cos’è un giudizio divino? Ma per favore… Non c’è niente di strano nel Nobel ad Einstein. Premiarlo per la relatività era semplicemente troppo presto, e basta guardare la storia dei Nobel per vedere che si fa sempre passare del tempo prima di assegnarli.
L’unico caso imperscrutabile è quello di Lejeune a quanto pare.
Non credo proprio, vada a vedere un minimo di storia del premio nobel, e si renderà conto che:
Le motivazioni del Nobel ad Einstein per l’effetto fotoelettrico e non per la relatività non sono affatto quelle che afferma.
Di Nobel dati in modo strano, o non dati, ce ne sono stati parecchi (un caso su tutti, Rosalind Franklin)..
Ed infatti nel caso della Franklin ciò che si dice è che le ragioni del mancato riconoscimento non siano affatto scientifiche. Il che conferma ancora che ci possono essere ben altri motivi per non dare un Nobel, come capitato quindi anche a Lejeune.
E poi anche il suo lavoro sull’effetto fotoelettrico era indubbiamente da Nobel.
“La Teoria della Relatività non è una teoria della conoscenza, bensì una teoria scientifica, nata per cercare di superare le contraddizioni tra la teoria dell’elettromagnetismo di Maxwell e il precedente quadro meccanicistico. Einstein afferma che non esiste un “moto” assoluto, così come non esistono un “tempo” e uno “spazio” assoluti, ovvero che questi concetti sono “relativi”.”
Einstein non ha assolutamente detto che la matematica è relativa.
Relativi vuol dire oltretutto OGGETTIVI:
Al variare del sistema di riferimento varia il tempo.
Non al variare del SOGGETTO varia il tempo.
Sono due è cosa di una diversità assoluta.
La matematica,la regina delle scienze,”rinunciare alle verità matematiche significa rinunciare a ragionare.”(San Tommaso d’Aquino)E’ la coniungazione perfetta della filosofia Aristotelica.L’idea di numero in sè,e una rappresentanza dell’idea + il concetto empirico.Reperito dalla natura stessa e dalla ragione umana in parallelo.”Uno” è l’idea,idealizzata partendo da un ente naturale.Cosi come le forme della natura,vengono astratte fino a generare la geometria euclidea.
Relativizzarla significa sragionare:
1+1=2 V non si può relativizzare questo concetto.Pena l’impossibilità di qualsiasi progresso non solo scientifico ma umano.
Matematicamente si può pensare l’universo come una serie che parte da 0 e continua in progressione.Come averrà mai questo passaggio da 0 a 1 che in fin dei conti rappresenta la domanda metafisica per ecellenza.Perchè l’essere piuttosto che il nulla?
Bellissimo articolo.
Non c’è il link al video. 🙁
@ Matyt
Nessuna persona ragionevole crede che la Verità con la V maiuscola (che poi non si saprebbe dire cos’è) sia conoscibile. L’importante, secondo me, è che gli uomini credano che ci sono tante verità, più o meno grandi, a cui con la ricerca sincera ci si può avvicinare.
Quanto all’aritmetica e alla geometria euclidea, queste non sono sistemi formali in senso hilbertiano, perché solo a partire dalla loro accettazione (per fede: ma rifiutarle vorrebbe significare rinunciare a ragionare) possiamo fondare la consistenza di tutti gli altri sistemi formali (per es., delle geometrie non euclidee, delle aritmetiche non cantoriane, ecc.). Non mi scriva che 1+1 = 2 in un sistema (decimale) e 1+1 = 10 in un altro (binario), perché questo va bene ad ingannare i creduloni ed offende la Sua intelligenza. Uno più uno fa sempre due in tutti i metodi di scrittura (decimale, binario, esadecimale, ecc.) ed in tutte le lingue (italiano, latino, arabo, ecc.)!
Sono d’accordo con lei.
Nessuna persona ragionevole crede che la Verità sia conoscibile: purtroppo (e ci sono molti, moltissimi esempi) esistono persone non ragionevoli, convinte magari di avere la verità in tasca.
Comunque, mi rendo conto che l’esempio binario-decimale è piuttosto idiota: al netto della sua intrinseca idiozia, però, mi ha permesso di far notare a Leon come la sua posizione da matematico platonico sia fondamentalmente inaccettabile…
La matematica è un complesso arbitrario, una costruzione umana, basata su una serie di postulati accettati in modo convenzionale, e la cui negazione non causa traumi, o la caduta dell’edificio, ma anzi permette un’ampliamento dell’orizzonte.
Io, sul giudizio riguardante la matematica, da matematico non posso essere d’accordo con Lei, così come non sarebbe d’accordo il più grande logico di tutti i tempi, Goedel (né la medaglia Fields dell’articolo!). L’aritmetica e la geometria euclidea non sono sistemi convenzionali come le altre teorie matematiche, “la cui negazione non causa traumi, ecc.”, ma posano su postulati così evidenti, più evidenti della luce del sole, che se li rifiutassimo dovremmo rinunciare a ragionare (e a fidarci dei sensi,… e a vivere da uomini). E questa sì sarebbe una catastrofe, converrà con me. Perché, vede Matyt, anche per fare un qualsiasi sistema formale convenzionale, occorre utilizzare una “grammatica comune”(pena la loro incoerenza), e questo nucleo comune è l’aritmetica e la geometria euclidea. O Lei, Matyt, conosce qualche sistema formale in cui 1 + 1 = 3? o un qualche modello di geometria non euclidea che non si basi sulla geometria euclidea?!
Il problema è che, nei secoli, l’evidenza come criterio di veridicità si è dimostrato profondamente scorretto.
Per gli antichi era evidente che fosse il sole a muoversi, o che il tempo fosse una variabile assoluta, o che vero e falso esistano e siano assoluti.
Poi, nascono Keplero, Einstein, e la Fuzzy Logic…
il fatto che poi le geometrie non euclidee siano basate su quella euclidea può essere vero da un punto di vista storico, ma non lo è da uno logico: provi ad immaginare se la verità evidente del V Postulato non fosse risultata così evidente agli occhi di Euclide?
Oggi probabilmente sarebbe qui a mostrarmi come la geometria Piana sia una diretta discendenza della geometria Euclidea Sferica, e che quest’ultima è la base di tutte le geometrie non sferiche…
Restiamo in ambito matematico (magari del “vero” moto del Sole parliamo un’altra volta).
1) Aritmetica. Mi può dire un assioma aritmetico che non Le sia evidente, o che abbia avuto giudizi diversi nella storia umana?
2) Geometria euclidea. A me (come a tutti, suppongo compreso Lei, se parliamo di rette e piani) risulta ovvio il V postulato di Euclide. Ciò che le geometrie non euclidee dimostrano è che esso è un assioma indipendente non dimostrabile (anziché un teorema, come magari sperava qualcuno…), non che non è evidente. E siccome, mi perdoni se mi ripeto per la terza volta, la consistenza delle geometrie non euclidee si basa sulla geometria euclidea, l’unica alternativa alla catastrofe (= rinuncia a ragionare) è di credere alla geometria euclidea, che le contiene tutte come casi particolari di figure sulle superficie a curvatura nulla, positiva o negativa. Non Le pare?
Quando si parla di ‘evidenze logiche’ non si parla dell’evidenza ai sensi ma dell’evidenza alla mente: che la parte non possa essere maggiore dell’intero che la contiene non è un’evidenza che si basa sui sensi (e che dunque può essere fallace) ma di un assioma intuitivo su cui la nostra mente si basa per costruire i ragionamenti: se gli assiomi intuitivi alla mente fossero falsi non sarebbe possibile ragionare su alcunchè in nessun modo, nemmeno in quello fuzzy.
Non capisco in questo senso dove la logica fuzzy smonti quella aristotelica.
Semmai è valida dove una delle due premesse del sillogismo è ‘molti’o ‘alcuni’ e non ‘tutti’.
Infatti, per capire la logica aristotelica, bisogna sempre basarsi sul rapporto tra universale e particolare.
Bene, se io posso dire con certezza che ‘tutti gli uomini sono mortali’ e che ‘Mario è uomo’, non potrà che uscirne una certezza: ‘Mario è mortale’.
Se invece dico ‘Molti (oppure alcuni uomini sono biondi’ e che ‘Mario è uomo’ ne deriverà che ‘Mario probabilmente (o forse nel caso siano alcuni e non molti) è biondo’.
Dunque, la logica fuzzy ha valore per quelle proposizioni che non possono entrare nel sillogismo perchè la premessa universale non è certa e dunque non hanno evidenze intellettuali intuitive, ma in nessun caso, ed ecco la forza della logica aristotelica, potremo dire che Mario è biondo e non biondo nel medesimo tempo e sotto il medesimo aspetto, ovvero dire che possa essere anche solo probabilmente vero qualcosa che già alla luce del nostro intelletto si mostra contraddittoria.
Scusate i refusi ma avevo fretta e forse devo una minima rettifica in un punto.
La logica fuzzy vale insomma dove non vi è possibilità di una proposizione certa (dunque vale per l’opinione e non per la conoscenza certa, per la doxa e non per l’episteme, mentre la logica aristotelica si occupa fondamentalmente di episteme) ma mai può confermare anche parzialmente una proposizione che viola gli assiomi intuitivi della logica e dunque in alcun modo toglie il valore cogente ai capisaldi del formalismo logico.
@ Licurgo
D’accordo.
Ma abbiamo passato il pomeriggio ad affermare (e anche il dott. Masiero mi pare d’accordo) che se la Verità (e quindi l’unica e vera episteme) esiste, non è dato all’essere umano conoscerla.
Quindi, secondo il suo ragionamento, dovrei pensare solo in termini fuzzy, in quanto, essenzialmente, faccio solo doxa, perchè mai potrò parlare di episteme “reale” nella mia esistenza.
@ Masiero
In realtà, la dimostrazione dell’indipendenza del V postulato è posteriore alla creazione delle geometrie non euclidee: sia Riemann che Bolyai e Lobachevsky non si sono affatto preoccupati dell’inclusione del V postulato negli altri, si sono limitati a immaginare situazioni in cui una retta potesse non avere parallele, o averne infinite.
Il V postulato può essere evidente se pensiamo allo spazio bidimensionale che stiamo analizzando come piano… se già (come effettivamente è più corretto fare, dal punto di vista della modellistica….) immaginiamo una sfera, il V postulato non è già più evidente.
Onestamente, non vedo consequenzialità tra la geometria euclidea e quelle non euclidee… o meglio, vedo solo una sequenzialità di tipo storico, e non di tipo logico.
Per poi rispondere ad entrambi: avete ragione, alcuni concetti logici (l’esistenza, la sequenzialità..) sono assiomi logici.
Tuttavia, non sono scelti, ma sono la struttura stessa del nostro pensiero, e non possiamo pensare di pensare (perdonate il pessimo bisticcio di parole) senza di essi.
E’ un po’ come il chiedersi perchè le leggi fisiche siano proprio fatte così… se non lo fossero, non ce lo staremmo chiedendo, o probabilmente ce lo staremmo chiedendo in modo differente da come facciamo…
1. “Alcuni concetti logici (l’esistenza, la sequenzialità…) sono assiomi logici. Tuttavia, non sono scelti, ma sono la struttura stessa del nostro pensiero, e non possiamo pensare senza di essi”. Può tranquillamente aggiungere a “logici” anche “aritmetici”, Matyt; anzi, tutta l’aritmetica, che è una sola, è il nucleo di tutta la matematica – geometria compresa – e come certamente saprà è stato dimostrato che l’aritmetica non è riducibile alla logica. E che la logica e l’aritmetica facciano parte della “struttura stessa del nostro pensiero” ci troviamo finalmente d’accordo. Lasciamo quindi fuori l’aritmetica da ogni convenzionalismo, formalismo, ecc., d’accordo?
2. Che poi chiedersi perché ci sia un’unica logica ed aritmetica sia “un po’ come chiedersi perché le leggi fisiche siano proprio fatte così… se non lo fossero, non ce lo staremmo chiedendo, o probabilmente ce lo staremmo chiedendo in modo differente da come facciamo” è una Sua congettura rispettabile, ma assolutamente infondata sul piano scientifico. Anche nel multiverso degli infiniti universi, dove cambiano le leggi fisiche e le costanti cosmologiche, restano fisse matematica e logica. Senza “questa” matematica, si ricordi Matyt perché l’ha appena ammesso (qualche ora dopo aver detto che non causerebbe “traumi”), noi non possiamo pensare, né tantomeno costruire la teoria del multiverso. Senza questa matematica, NOI POSSIAMO SOLO TACERE. Io, invece, penso che la matematica ci fosse anche prima dell’arrivo dell’uomo a questo mondo, appena 200.000 anni fa. Se no, che senso avrebbe per es. dire che 13 miliardi di anni fa è accaduto questo, 3 miliardi di anni fa quest’altro, ecc., ecc.?
3. La dimostrazione dell’indipendenza del V postulato non è “posteriore alla creazione delle geometrie non euclidee”, come Lei afferma, perché Riemann ecc. nel momento in cui hanno costruito dei sistemi formali con tutti i postulati di Euclide meno il V, ne hanno automaticamente dimostrato l’indipendenza SE QUEI SISTEMI SONO CONSISTENTI. E qui sta il punto che Lei, Matyt, mi sembra non abbia colto e su cui torno per la quarta volta. Non tutti i sistemi formali sono logicamente accettabili perché devono essere consistenti, ovvero non deve potersi dedurre in essi come teoremi contemporaneamente una proposizione e la sua negazione. E come si dimostra la consistenza delle geometrie non euclidee? Facendolo rientrare come casi particolari della geometria euclidea (sulla sfera, sull’iperboloide, sull’ipersfera, ecc.). Le geometrie non euclidee si poggiano logicamente, per la dimostrazione della loro consistenza, sulla geometria euclidea. Che poi il V postulato di Euclide non sia evidente sulla sfera assomiglia un po’, mi perdoni, alla storiella di 1+1 = 10 (bin)! In una sfera non ci sono rette e quindi di che cosa parliamo? Se invece Lei per “rette” della sfera intende ciò che io euclideo chiamo cerchi massimi, convengo che due cerchi massimi s’incontrano sempre (questo lo sapeva anche Euclide), ma non diciamo per piacere che questa osservazione prova la non validità universale del V postulato di Euclide, perché anche la necessità che i cerchi massimi s’incrocino sempre in due punti deriva dalla geometria euclidea a 3 dimensioni (anziché a 2) con il suo V postulato.
La Verità non è accessibile nella sua essenza all’uomo.
Ma si può dire che il principio di non contraddizione o gli altri assiomi della logica (su cui si è espresso benissimo Giorgio Masiero e dunque non ci torno)determinino delle verità o meglio escludano delle cose inequivocabilmente (e dunque non in modo fuzzy) false è sicuro.
Se io stabilisco che tutti gli uomini sono mortali (e oggi lo si sa anche tramite la scienza; viceversa la premessa sarebbe valida finchè non si trova un uomo immortale, ma appunto sappiamo che ciò, almeno ad oggi, non può avvenire) e che Mario è uomo (oggi me lo dice il DNA) posso dire inequivocabilmente una verità (e dunque anche qua non in modo fuzzy): che Mario è mortale.
Per cui, se non la Verità, alcune verità possono essere inequivocabilmente affermate dalla logica (e altre proposizioni essere dichiarate inequivocabilmente false) senza alcun tentennamento probabilistico.
….« senza matematica, noi possiamo solo tacere. Io, invece, penso che la matematica ci fosse anche prima dell’arrivo dell’uomo a questo mondo, appena 200.000 anni fa »….
–Posso chiederle cosa le fa pensare che la matematica ci fosse prima dell’arrivo dell’uomo ?
–Che significa questa affermazione “l’arrivo dell’uomo a questo mondo, appena 200.000 anni fa” ? Grazie per l’eventuale risposta.
La matematica è il linguaggio del mondo, tutti i neoplatonici (quasi tutti quelli del settore) affermano che esiste prima dell’Universo.
Quello che affermi non è vero, G.T.
Esistono moltissime scuole di pensiero, tutte con numerosi e degnissimi rappresentanti, all’interno della filosofia della matematica.
Il realismo matematico è solo una di esse.
Un brevissimo excursus, piuttosto sintetico (ma non malfatto, oserei dire…) si può trovare sulla relativa voce di wiki…
http://it.wikipedia.org/wiki/Filosofia_della_matematica
Perché il grande B Russell era neoplatonico?
Sono quasi tutti di questa scuola di pensiero, atei e credenti.
Wikipedia è cacc*
Beh oddio, Bertrand Russell mi sembra tutto tranne che neoplatonico…
Anche solo il discorso della teiera dovrebbe mettere il dubbio.
Va e dillo a Goedel X)
Infatti si ispiro proprio a Platone.E ha DIMOSTRATO in maniera universale,che i suoi teoremi sono validi per QUALSIASI sistema formale.
E “devastò” la rigidità del logicismo formale hilbertiano,tale che si dovrebbe amettere questa affermazione:
<>
Questo perchè posso aggiungere fra l’altro un assioma,a quelli esistenti tali che il sistema non sarà mai completo.
Veda un pò lei cosa è riuscito a dimostrare.E parogonabile solo a Aristotele e Frege.
“Un sistema formale per dirsi coerente deve essere incoerente”
Nessuna descrizione può essere completa (in quanto il numero di elementi e relazioni che possono intervenire è illimitato). Questa incompletezza fondamentale si trova anche in matematica e nella scienza fisica e biologia. Questo mi fa pensare (a torto?) che non ci può essere nessuna certezza assoluta !
Ci sono proposizioni indecidibili nel campo dell’aritmetica, vale a dire delle proposizioni che nessuna dimostrazione potrà determinare se sono vere o false. (See Kurt Gödel). Sappiamo tramite Gödel che un sistema logico non è sufficiente alla sua propria descrizione.
Eccola la te pareva che qualcuno non dicesse che era relativo.
“Se è relativo cosa regge il sisteme formale degli assiomi del relativismo?”
“Lo stesso Gödel non credeva che i suoi teoremi avrebbero distrutto la fede nella matematica: disse infatti che semplicemente la completezza dell’aritmetica non poteva essere dimostrata dagli assiomi dell’aritmetica, ma occorreva qualcos’altro.”
In realtà,forse dico una eresia,sono necessari entrambi i metodi Induttivo e deduttivo per comprendere la realtà.Non basta il solo metodo deduttivo nè basta il solo metodo induttivo.La matematica per me non è una cosa a se,è una idalizzazione della realtà.
La retta noi non la vediamo in natura come la pensiamo su un piano,o nello stesso modo in cui la vediamo in una casa,quest’ultima è l’oggettivazione della natura,nell’idea matematica.
La matematica è oggettiva perchè comunque fonda i suoi assiomi su qualcosa che esiste ovvero la natura.La matematica dunque non aderisce alla realtà,nè la realtà aderisce a essa,essa è un’idelizzazione della realtà che fa il soggetto dato un oggetto ben specificato,dunque non realtivo,la natura.Questo secondo il mio pensiero.
Non diventano congruenti le ipotesi scientifiche quando vano verso th inosservabili tipo “il multiverso”.Perchè sono frutto di deduzioni senza nessi osservativi.
X è un metsegno di metsegno.
un numero è 1 metsegno.L’uno è un’idea che aderisce sul reale se “una mela”,è il suo riferimento.
Le “leggi delle natura” non esistono come tali: quelle che noi nominiamo non sono altro che i codici -o tentativi- d’accesso alla realtà, ma non strutturano veramente la realtà.
La scienza non puo’ fare altro che creare modelli provvisori -dal quantitativo al qualitativo- della realtà, ma mai una definizione definitiva o assoluta, poichè quest’ultima è irriducibile alla sua rappresentazione.
Il linguaggio matematico non è la “lingua” universale del mondo, per la semplice ragione che i concetti matematici non si trovano nella natura. Si potrebbe dire che la natura è un “libro” che può essere tradotto in linguaggio matematico creato da esseri umani. I numeri non si trovano nell’Universo; p greco non si trova nella realtà, né i punti né le linee, ellissi, e altre parabole. La funzione d’onda della meccanica quantistica, sulla quale si basa -in principio- tutta la fisica, non esiste. E soprattutto, soprattutto, qualsiasi formula -o equazione- matematica non è in grado di definire la REALTA’. NB La realtà esiste, su questo non ci sono dubbi, ma il nostro cervello è attualmente nell’impossibilità di definirla ! Lo potrà (forse) nel futuro con l’aiuto di meccanismi (intelligenze artificiali) di elevatissime prestazioni…..A suivre…
P.S. Se potessimo dare una risposta a qualsiasi domanda, diminuiremmeo le nostre paure irrrazionali (o angosce esistenziali) ma la vita sarebbe “un tantino” monotona….
Bien à vous
Possiamo conoscere o no la realta? Io ho l’impessione che, alla fine, la questione si riduca sempre al confronto tra la posizione filosofica realistica espressa da Tommaso d’Aquino e quella soggettivistica scaturita da Kant. Io, come cattolico, seguo Tommaso e riesco ad evitare i deliri di tanta filosofia contemporanea.
Hai perfettamente ragione, Lucio: la questione sta tutta qui. E’ curioso, però, l’accanimento con cui coloro che non credono nella possibilità di conoscere la realtà (anzi che nemmeno credono che abbia un senso parlare di verità) si ostinino a voler convincere gli altri della “loro” verità… Ma perché credono a loro stessi, piuttosto che ritirarsi in un dignitoso silenzio?
@ Pendesini.
Lei ripete lo stesso leit motiv e mi pare che non si accorga del problema enorme che ciò che dice provoca a livello della stessa conoscenza scientifica che lei sostiene.
Se le ‘leggi’ matematiche che noi troviamo sono solo approssimazioni, se ne deve dedurre che esiste una Verità, a cui noi riusciamo solo ad accostarsi.
Se invece sono nostre ideazioni arbitrarie senza fondamento nella cosa e dunque senza che abbiano una realtà oggettivamente fondata su leggi vere, potrebbe darsi che un giorno io metta l’acqua sul fuoco e ne ottenga, anzichè acqua bollente, ghiaccio.
Se si stabilisce che il ghiaccio non può uscirne si deve anche stabilire che un grado oggettivo a cui noi ci avviciniamo c’è e che dunque le ‘leggi’ che noi troviamo non spiegano onnicomprensivamente tutto ma che nel loro ambito di applicazione sono vere.
Pollice su.
@Matyt
non esistono soltanto le logiche fuzzy, ma anche logiche con semantiche a tre valori di verità (Vero, Falso, Indeterminato), o le logiche paraconsistenti. E’ vero o falso che l’attuale re di Francia è saggio? Per Russell è falso, ma per Strawson, per esempio, è indeterminato. Quello che dici intorno ai postulati e alla chiusura dei sistemi logici è giusto. Tuttavia, proprio in ragione di un tale pluralismo logico, le domande normative intorno a quale sistema sia il migliore stanno ritornando alla ribalta. Sembra che che non ci si accontenti più di risposte meramente pragmatiche (un sistema è un buon sistema se corrisponde agli scopi per i quali è stato costruito). Si vuole sapere quale sistema è buono in un senso squisitamente teorico. Per me un buon programma di ricerca in questa direzione dovrebbe indagare intorno alla logica che utilizziamo al livello metalogico. Che logica utilizziamo, per esempio, ci accingiamo a dimostrare, poniamo, la completezza della logica fuzzy? Credo non la stessa logica fuzzy!!!!!!! C’è una dimensione logica a cui attingiamo nel parlare della semantica e della sintassi dei vari sistemi logici. La domanda su quale logica sia quella giusta (in un senso non meramente pragmatico) a mio avviso coincide con la domanda intorno alle caratteristiche di quella dimensione logica unica.
@ Luigi Pavone.
Noi più che altro la logica, e dunque un sistema, ce la ritroviamo e non la scegliamo (noi siamo costretti alla logica, non possiamo inventarcela), per cui c’è più che altro da vedere quale sia è stata la migliore formalizzazione (ovvero riassunto ragionato delle procedure) del nostro uso della logica.
Credo che il formalismo sia l’unico che in realtà usiamo e da cui partiamo, ed esso già comprendeva il discorso fuzzy quando si analizzavano i sillogismi.
Ora, esistono sillogismi che non danno un esito certo ma probabile (come quello di cui si parlava nel mio intervento di prima) e in questo senso è già compreso il fuzzy e anche la logica tripartita di cui tu dici; ma inevitabilmente la mente umana parte da assiomi ad essa evidenti con cui costruire il ragionamento.
E, se ci si pensa bene, proprio quando andiamo alla metalogica noi, per distinguere quale sia quella meglio formalizzata, usiamo il formalismo coi suoi assiomi (non contraddizione, identità ecc..), così come, a rifletterci attentamente, la stessa logica fuzzy, per stabilire che non tutto può essere decretato vero o falso con certezza, si basa sugli stessi assiomi intuitivi e sullo stesso paragonare giudizi che è alla base del formalismo.
“esistono sillogismi che non danno un esito certo ma probabile (come quello di cui si parlava nel mio intervento di prima) e in questo senso è già compreso il fuzzy e anche la logica tripartita di cui tu dici”
NO. In generale la probabilità o il grado di probabilità di un asserto riguardano l’asserto considerato sul piano epistemico. Per esempio, considera la proposizione che esista vita extraterrestre. La proposizione è indeterminata (o ha un grado di probabilità) solo sul piano epistemico (non lo sappiamo noi), ciò non toglie che dal punto di vista di una logica bivalente (come quella di Aristotele!) la proposizione ha un solo valore di verità (o è vera o è falsa, stop). Le logiche a tre valori, INVECE, considerano l’indeterminatezza come un valore di verità oggettivo accanto al vero e al falso. Capito? Per Strawson la proposizione che l’attuale re di Francia è saggio non è indeterminata perché il suo valore di verità è ancora da determinare, ma è indeterminata perché ha un valore di verità (l’Indeterminato) alternativo al vero e al falso.
@ Luigi.
La logica bivalente in Aristotele si dà, come dicevo ieri, solo quando, data la premesse universale certa e quella particolare certa, posso trarne un giudizio certo, ovvero quando abbiamo quello che, per semplificare, definirei ‘sillogismo perfetto’ (L’uomo è motale, Mario è uomo, Mario è mortale; se dicessi invece l’uomo è mortale, Mario è mortale, Mario è uomo non darei giudizio certo perchè la mortalità è di tutte le specie viventi e non solo dell’uomo, dunque che Mario, essendo mortale, sia anche uomo ha valore solo probabilistico).
Il sillogismo con cui si risolve la tua affermazione sulla vita extraterrestre è invece di questo tipo: A certe condizioni è possibile la vita; certe condizioni possono darsi anche fuori della terra; ergo è possibile che ci siano vite fuori della terra.
Cosa voglio dire? Che la mente umana per trarre un giudizio deve paragonarne sempre altri e per formare giudizi basarsi sulle evidenze logiche.
Che poi il giudizio terzo sia certo o probabile dipende dalle premesse, ma lo scenario di partenza è sempre il formalismo logico dei concetti, da questi dei giudizi (accostamento di soggetto a predicato) e dei sillogismi che comparano i giudizi fondandosi sugli assiomi intuitivi per trarne altri.
Dentro questo scenario, formalizzato dalla logica aristotelica, possono poi darsi giudizi deduttivi certi o probabilistici (esistono diversi sillogismi, oltre a quello ipotetico più famoso che contemplano la probabilità).
Infatti professore, si ha proprio l’impressione che a queste persone si tocchi un nervo scoperto… Se la questione fosse un puro fatto di logica non ci sarebbero tante polemiche. Quando si afferma la fondatezza della tesi dell’ esistenza di una realta’ oggettiva e conoscibile si mette in crisi l’intera visione del mondo e della vita di chi, invece, vuole negare questa possibilita’.
La filosofia di Kant non nasce dal nulla. Purtroppo è diffusa la prassi di fare filosofia con le etichettature e con equivalenze (cattolico = tomista = realista) che portano nella filosofia i criteri e i metodi della politica e della ideologia. Invece di chiederti qual è la posizione filosofica che dovresti adottare in quanto cattolico, dovresti chiederti quali sono i problemi i cui tentativi di soluzione hanno portato al “soggettivismo” di Kant.
Tieni conto che proprio da quel “soggettivismo” sono nate nuove scuole e nuove discipline filosofiche (per esempio la filosofia del linguaggio, la filosofia della scienza, la filosofia della logica). Tutti siamo debitori nei confronti di Kant.
… questo ultimo commento è per Lucio.
Certo Luigi, hai ragione, la filosofia di Kant non nasce dal nulla. Prima di Kant, infatti, come ben sai, la filosofia era caratterizzata da due grandi correnti dominanti: il razionalismo e l’empirismo. Kant sviluppo’ le sue idee proprio per creare una sintesi tra queste due posizioni.
Il mio aderire alla filosofia Tomista, invece, non rappresenta certo una sorta di adeguamento acritico ad una linea di partito. Posso essere anche ignorante ma, grazie a Dio, non sono poi cosi’ stupido.
Personalmente riconosco che la questione posta dal dualismo gnoseologico non e’ banale, ma non concordo affatto con il principio implicitamente condiviso da razionalismo ed empirismo: “Che sia impossibile quella che Tommaso d’Aquino chiamava astrazione, cioè il cogliere l’universale dentro il particolare, l’intelligibile dentro il sensibile (esistenzialmente= il poter dare un giudizio sull’esperienza che nasca dall’esperienza stessa, ma sia stabilmente certo)”. A mio avviso il pensiero di Kant, per quanto geniale, spinge queste considerazioni verso un antropocentrismo ancora piu’ radicale che non mi sembra ne’ credibile ne’ accettabile: secondo la sua filosofia infatti “Non e’ la conoscenza del soggetto a doversi conformare alla realtà, ma sono piuttosto gli oggetti a doversi conformare alle leggi del soggetto”.
Per ultimo sono disposto a riconoscere che la filosofia del linguaggio, della scienza e della logica abbiano dei debiti nei confronti del pensiero di Kant, ma mi pare di poter dire che prima, lo stesso pensiero, abbia anche aperto la strada ai notevoli deliri dell’ idealismo tedesco.
Ciao!
Caro Lucio,
spesso quando si parla di filosofia bisogna anche storicizzare i pensatori.
Ai tempi di Tommaso, il problema delle modalità e delle forme di conoscenza era meno cogente che all’epoca di Kant. Anche gli scettici (che Aristotele confutò dicendo che se dovessero il loro stesso pensiero dovrebbero rimanere fermi come alberi) non si ponevano più di tanto il problema di come il soggetto conosce, ma della conoscibilità del reale (ovvero non come il soggetto conosce ma se conosce davvero o sia illusorio).
L’umanesimo fu la temperie che iniziò a spostare il baricentro sul soggetto, e alcuni pensatori cominciarono a cercare un fondamento oggettivo della realtà (e dunque non mettendosi di fatto in contraddizione col realismo aristotelico)partendo dal soggetto stesso: basti pensare a Cartesio ( non condivido il suo dualismo radicale, ma sto solo evidenziando il modo del problema).
In questo senso -e preciso che non sono un conoscitore profondo del pensiero kantiano- Kant è utile ed importante, perchè rimane sulla linea della ricerca del fondamento -non della sua negazione- ragionando sui vari ambiti di applicazione della ragione e secondo me in modo integrabile col realismo.
D’altronde, sempre secondo le mie (labili) conoscenze, a me è sempre sembrato che quelli che chiama postulati (soprattutto quello di Dio) non siano posti come veri e propri postulati (dunque non argomentabili in quanto postulati, ma scelti come cardini dell’argomentazione senza che siano evidenti alla mente, sennò sarebbero assiomi) ma come indirette argomentazioni molto simili alla via tomista dei gradi di perfezione partendo però dal soggetto (‘devo agire come se’…ma quel se introduce di fatto i gradi di perfezione). Partendo da un punto di vista soggettivo, però, Kant mostra che senza questi postulati soggettivi l’approccio dell’uomo al mondo non funzionerebbe, dandogli quindi indirettamente una conferma oggettiva.
Questo almeno per quel che l’ho capito io, conscio di non essere nel mio campo e di poter dire cose errate, su cui sarò grato a chi mi dovesse correggere (ho notato che ci sono diversi conoscitori di Kant su questo blog).
me è sempre sembrato che quelli che chiama postulati (soprattutto quello di Dio) non siano posti come veri e propri postulati (dunque non argomentabili in quanto postulati, ma scelti come cardini dell’argomentazione senza che siano evidenti alla mente, sennò sarebbero assiomi)
I postulati di cui parla Kant non sono postulati in senso teorico, dunque non sono né assiomi, né proposizioni argomentabili. Sono piuttosto presupposti dell’attività pratica. Esempio: non posso legiferare su ciò che è lecito e non è lecito fare in aereo se non presupponendo che i passeggeri siano LIBERI di fare o non fare certe cose. Se non fossero liberi l’attività legislativa non avrebbe luogo (se penso che tutto sia già determinato perché dovrei dire cosa fare e cosa non fare?).
Luigi, appunto: non sono argomentabili in quanto postulati.
Però Kant invece argomenta, usando il criterio dei gradi di perfezione, mentre un postulato non è argomentabile.
Ecco perchè sono sì situazioni soggettive, ma si basano su un’ argomentazione (i gradi di perfezione).
Ovvero, detta semplice, se Dio fosse un semplice postulato e non un’argomentazione indiretta non avrebbe senso parlare dei gradi di perfezione per giustificarlo. Io mi riferivo in particolare al postulato su Dio. Certo, è un postulato soggettivo-pratico, ma, come detto, se fosse un postulato ‘puro’ non ci sarebbe bisogno dell’argomento dei gradi di perfezione nè di alcun altro argomento
Purtroppo ho problemi di connessione e non so se potrò tornare al dibattito…se la faccenda si aggiusta sì, anche se il dibattito sopra sulla logica è molto più interessante (qua la cosa importante è mostrare come Kant e Tommaso non siano in mutua contraddizione anche se partono da posizioni diverse e hanno filosofie diverse, diverse che non significa necessariamente contraddittorie).
Ciao Licurgo,
Grazie per la tua interessante e garbata risposta! Indubbiamente Kant e’ un gigante del pensiero e la mia conoscienza della sua filosofia e’ abbastanza limitata. Il mio giudizio rimane quindi ncessariamente aperto: se un giorno riconoscero’, come tu sostieni, che il suo pensiero e’ integrabile e non in contraddizione con il realismo saro’ lieto di cambiare idea. Per ora, pero’, non riesco a farlo….
Se ti interessa ti indico un sito in cui, a mio modesto parere, e’ esposto in maniera esauriente un giudizio equilibrato sul pensiero di Kant: http://www.culturanuova.net/filosofia/3.moderna/kant.php
Grazie, Lucio!
Ho dato una breve lettura,e senza entrare troppo in discussioni che esulerebbero dal post, ti consiglio anche una lettura più estesa del pensiero kantiano che ad esempio puoi trovare qua http://www.filosofico.net/kant105.htm .
Non che lì non ci siano scritte alcune critiche giuste (soprattutto per le aporie ontologiche, di cui alcune per me non sono tali come il primo motore), ma forse conoscere il filosofo in maniera perlomeno manualistica può essere utile a farsi un giudizio proprio, che non vuol dire snobbare i giudizi altrui ma avere maggiori termini di comparazione.
Grazie per avermi indicato questo sito Licurgo. A casa, per approfondire, ho anche la Storia della Filosofia di Reale – Antiseri e un testo specifico su Kant.
Ciao!
“La realtà esiste, su questo non ci sono dubbi, ma il nostro cervello è attualmente nell’impossibilità di definirla!”
Ma se il nostro cervello non riesce a definire la realtà come fa a non avere dubbi sulla sua esistenza?
Se la funzione d’onda non è una realtà come può la particella nell’esperimento delle due fenditure attraversarle contemporaneamente? E che lo faccia è provato dal fatto che lascia impresse sullo schermo le tracce di una chiara interferenza d’onda. Le bande di interferenza che descrivono il comportamento di un’onda sono realtà o non lo sono? Il fatto che si consideri la funzione d’onda una mera funziona matematica non implica che si generino nella realtà fisica delle bande di interferenza. Non mi pare che l’interpretazione di Copenaghen sia l’unica opzione possibile visto che ci sono scienziati che prendono molto sul serio la funzione d’onda.
L’irrazionalità non comprende solo le paure, che ovviamente sono in ogni caso indispensabili alla sopravvivenza, come lo è la stessa irrazionalità. Una vita che non contemplasse alcun aspetto irrazionale non sarebbe monotona, più semplicemente non sarebbe vita.
No… su questo (“la funzione d’onda non esiste”) Alessandro non ha torto (assumendo che con il termine “esistere” intenda qualcosa del tipo “per me esiste solo cioò che è osservabile”… che è discutibile, ma si tratta solo di definizioni). La funzione d’onda infatti non è osservabile. Quello che vedi dalle fenditure è solo il suo modulo quadro, ma la sua fase resta inconoscibile. Ergo, la funzione d’onda non è osservabile.
Ciò che si osserva dalle fenditure è il chiaro effetto della interferenza di due onde; si o no? E la funzione d’onda non è osservabile perchè quando la si osserva inevitabilmente collassa, distruggendo così la rappresentazione dell’interferenza. Ora, qual è l’equazione matematica che descrive il collasso della funzione d’onda?
Se dagli effetti non possiamo risalire alle cause allora tutta la scienza perde di senso, anzi è falsa.
La figura di inferferenza è un tipico fenomeno ondulatorio, ma _non_ è la funzione d’onda. La funzione d’onda è una funzione complessa (nel senso di olomorfa) e non si può osservare per costruzione: si tratta proprio di una grandezza “non osservabile”, o se vuoi “non reale” (che secondo la teoria produce ovviamente effetti osservabili) e infatti la sua fase non può essere misurata nemmeno in linea di principio. In questo senso, Alessandro ha ragione. Ciò non significa che la sua tesi di fondo sulla non esistenza della leggi naturali sia giusta.
@Credini
Quando affermo che « le leggi della natura non esistono come tali » NON intendo dire che NON ESISTONO, -il chè sarebbe assurdo- ma che vengono interpretate in modo tale da essere capite, cioè intelligibili alla cognizione umana.
P.S. La neuroepistemologia deve (e dovrà) tener conto delle idee fornite dall’analisi delle illusioni + voci e disturbi neuropsicologici che conducono a distorcere (sia pure involontariamente) la conoscenza.
Cordiali saluti da Bruxelles
Da tutto ciò Anton Zeilinger deduce che la realtà è informazione, così l’irrealtà della funzione d’onda è spiegata dalla quantità minima possibile intrinseca alla particella, secondo il principio di indeterminazione di Heisenberg. Ma sappiamo che lo cose sono ancora più complicate perchè l’interrogante, ovvero il soggetto, è esso stesso parte di questa realtà che quindi non gli è indifferente. Nel caso dell’esperimento delle due fenditure, quando il soggetto non agisce attivamente con strumenti di misurazione, ecco che si formano le bande di interferenza, ovvero la particella di comporta come un sistema ondulatorio. Il sistema non essendo disturbato non può che dare una risposta indeterminata (se non faccio domande restano aperte diverse possibili risposte). Quando invece decido di interagire con la misurazione ecco che il sistema risponde alla sola domanda che ho potuto fargli, in quanto la particella come già detto rappresenta un minimo di informazione, un bit. Ma se l’informazione è realtà allora è il soggetto stesso a determinare una realtà piuttosto che l’altra.
Quindi l’uomo non rappresenta solo l’interrogante ma anche l’artefice della propria realtà, se non escludiamo che ce ne possano essere altre. Se quindi qualcuno chiedesse: ma è esistito l’universo prima dell’uomo? Si dovrebbe rispondere di no, non almeno l’universo che conosce l’uomo. A meno che qualcun’altro garantisca la continuità della realtà unica o molteplice dell’universo, ovvero Dio.
Sì sì vabbè ma… 1: non discuto detto cosa sia la reale o cosa meno, dico solo che la funzione d’onda non è osservabile; che esista o meno, dipende da cosa si intende per “esistere”. 2: non nego che la figura di interferenza sia un effetto tipico delle onde; ma “onda” non è sinonimo di “funzione d’onda”, sebbene i due termini condividano la parola “onda”. infatti la funzione d’onda non è misurabile, solo il suo modulo quadro lo è.
…« l’irrazionalità non comprende solo le paure, che ovviamente sono indispensabili alla sopravvivenza, come lo è la stessa irrazionalità »…
@Antonio 72
Non abbiamo bisogno di imparare ad avere paura (siamo attrezzati dalla natura per questo) a questo livello la paura è necessaria cioè razionale, MA DOBBIAMO IMPARARE DA CHI DOBBIAMO AVER PAURA, e trovare il modo di evitare qualsiasi tipo di paura irrazionale. E ‘imparando a capire e organizzare, ciò che la natura ci dà a vedere, a controllare le rappresentazioni che facciamo, che potremo capire le ragioni della nostra paura dell’ignoto e del mostruoso ! Su questa tematica l’istruzione/educazione ha una grandissima parte di responsabilità !
P.S.: Maltrattare o stuprare i bambini, nuocere alla società, non rispettare la natura ecc.. NON E’ AFFATTO INDISPENSABILE (contrariamente a cio’ che lei scrive)!!! Credere in un dio Zog, Ra o ad omini verdi ecc…non è razionale ma possiamo benissimo crederci senza che ci siano conseguenze drammatiche. Spero che avrà notato la differenza…
Ritorna ancora sull’equazione che dà per scontata irrazionalità=paura; ed io ritorno nuovamente a dire che se ciò fosse vero la paura sarebbe il fondamento della vita, e qualora questa paura fosse affievolita dal raziocinio (non credo infatti che sia possibile estirparla) allora la vita stessa ne risentirebbe, fino a trasformarsi in una sorta di non-vita.
Il raziocinio rappresenta un metodo ma non è mai la causa finale del nostro agire, può consentirci di costruire grandiosi sistemi utili e meravigliosi ma non ci spiega perchè ne dovremmo sentire l’esigenza. Quando quest’ultima passa in secondo piano o addirittura viene dimenticata, resta di certo la razionale ed imponente struttura creata dall’uomo, ma svuotata di qualsiasi senso, e dunque senza un perchè.
La circostanza che alcune teorie scientifiche siano state rimpiazzate da altre conduce spesso alla tua erronea (lo dico senza mezzi termini) convinzione che non esistono leggi di natura, o che la verità non esiste. Ma questa non è una inferenza corretta. Tutto ciò che possiamo dedurre dallo sviluppo scientifico è che la scienza si sviluppa.
ps. scusate, ma credo di aver postato male tutti i miei commenti. Il precedente è per Pandesini.
Una domanda : esiste qualcosa ?
La risposta non può che essere si (come poi si concepisca questo qualche cosa – fosse anche solo la risposta a questa domanda – è un’altra questione)
Se qualcosa esiste, esiste una realtà e la sua affermazione. Dunque la legge della predicazione è anche la legge del reale.
Se si intende dire che la realtà predicata è diversa da quella reale si deve introdurre – presupporre dogmaticamente (chiamasi fenomenismo) – che il pensiero non colga l’essere (ente = qualche cosa)conducendo all’agnosticismo intellettuale.
E perchè il pensiero dovrebbe cogliere meno che la realtà e l’uomo essere costretto a baloccarsi solipsisticamente con sistemi e logiche ?
Ma infatti è cosi sono necessarie entrambe.
E’ implicità una contraddizione irragionevole nel pensiero solipsista di fondamento relativista gnoseologico,”la verità non è conoscibile dunque essa è totalmente soggetiva.”
Se la verita non esiste,allora,per lo stesso IDENTICO ragionamento non può essere solo soggettiva,altrimenti esisterebbe come totalmente soggettiva,ma cio non sussiste in quanto non è conoscibile,dunque non può essere solo soggettiva.
Ma i numeri sono rappresntazioni dell’universo,poichè sono rappresentazioni dell’universo,dove ha preso l’idea di numero?Nell’iperuranio?,non scherziamo,perchè se cosi fosse nessuno ha fatto esperienza dell’iperuranio,tutti pero fanno esperienza della natura.
Altrimenti prenderebbe l’idea dal nulla.
E invece non è vero,io posso perfettamente,guardare una stella,e contemporaneamente associarla al punto.Posso gurdare la luna e avere già un’idea,per quanto primitiva di circonferenza,di circonferenza.Cio si dimostra nel fatto che la mente umana non è una TABULA RASA,altrimenti saprebbe, già quando è nata, scrivere l’equazione di una circonferenza.
La realtà esiste,ma la realtà non viene compresa nel soggetto,allora lei siccome stà parlando con me,dovrebbe pensare che io sono irreale,ma lei sta scrivendo,dunque pensa che io sono reale altrimenti parlerebbe con cio che è irreale e questo è assurdo,se pensa che io sono reale,non puo dire che non sono OGGETTIVO.Anzi dovrebbe assurdamente pensare che dietro le parole,sta solo una sequenza di Byte,di 0 e 1,ma andando oltre è indubitabile che ci sia un’essere umano che scrive.Oppure lei è dentro matrix?
Chi ha detto che il nostro cervello non puo deffinirla?Forse nel cervello non arrivano gli impulsi sensibili,E dunque il cervello è staccato dagli impulsi sensibili?ASSOLUTAMENTE NO
Visto che un sistema non puo autogiustificare se stesso,allora sono NECESSARI anche fenomeni OGGETTIVI tali che venga giustificato il rapporto coerente dei suoi pensieri,altrimenti sarebbe solo una disserzione,tra soggetto e soggetto,proprio in virtù del fatto che è incapace di cogliere la realtà.
Errore è una TABULA RASA
Dunque non è possibile conoscere tutto ma cio non IMPLICA che non è possibile conoscere niente.
@Luigi: “l’attuale re di Francia è saggio”.
Mi spieghi per quale motivo sarebbe possibile parlare di un valore di verità corrispondente all’indeterminatezza, se nell’attualità la Francia non ha sistema monarchico?
Se A è vera, allora non-A è falsa. Per esempio: se l’enunciato “la mia pipa è sulla scrivania” è falso, allora l’enunciato contrario “la mia pipa NON è sulla scrivania” è vero. Ora, nella ipotesi che “l’attuale re di Francia è saggio” sia vero, la sua negazione, “l’attuale re di Francia NON è saggio” dovrebbe essere falso; nella ipotesi che sia falso, “l’attuale re di Francia NON è saggio” dovrebbe essere vero. Nessuna delle due ipotesi è praticabile.
Allora è impossibile porre il quesito, il quesito non è indeterminato!
Bah, sì, capisco, ma si potrebbe dire più correttamente che quando gli elementi della proposizione non hanno referente reale, entrambe le contrarie sono false, perché di qualcosa che non esiste non si può predicare né l’inerenza né la non-inerenza di una data proprietà, se non condizionalmente (nel caso in cui il re di Francia esistesse, se fosse saggio sarebbe falso dire il contrario…).
Il che, se ve ne fosse bisogno, dimostra che dietro ogni logica sta un’epistemologia e, in ultimo, un’ontologia, cioè una concezione filosofica più larga, ben determinata.
Dunque non basta mai dire (questo è il punto!!!): “ci sono anche questo altro tipo di logiche”, per confutare ad esempio chi affermi l’assoluta validità di una logica in cui il principio di non contraddizione è fondamento inviolabile. Bisognerebbe invece dire: in base alla verità della mia concezione filosofica, che è ad esempio il volontarismo scotista (che contraddice la verità dell’intellettualismo aristotelico-tomista), è vera la logica paraconsistente (che contraddice la logica aristotelica).
Se poni che le proposizioni che non hanno referente reale sono tali che le contrarie sono false, ti trovi poi di fronte a proposizioni senza referente reale che sono indiscutibilmente vere, per esempio: “il pianeta Vulcano non esiste”. Poiché “il pianeta Vulcano” non ha referente reale, sulla base della tua proposta dovremmo concludere che sia “il pianeta Vulcano esiste” sia “il pianeta Vulcano non esiste” siano entrambe false. Invece, la prima è falsa e la seconda è vera. Possiamo mettere ulteriori clausole per evitare queste conseguenze, ma il punto è che con tutte queste clausole facciamo della logica uno strumento che copre soltanto un ambito ristretto del linguaggio ordinario e scientifico, quello in cui i termini sono referenziali (e le classi non-vuote!). Infatti, la logica aristotelica è ancora più ristretta di quella noi oggi chiamiamo logica classica, dal momento che non ammette nemmeno classi vuote (il quadrato aristotelico è stato dimostrato essere insostenibile), ma è di una evidenza schiacciante che la scienza usa termini e classi vuote.
… se invece rendi esplicite le clausole (cioè le integri all’interno del sistema logico), allora esci dalla logica classica per abbracciare, per esempio, la logica libera, a cui corrisponde la tua clausola della presupposizione esistenziale.
L’esistenza in questo caso non è un proprietà, ma, una meta-proprietà, poiché è ciò da cui l’esistenza reale di ogni proprietà dipende. Mi pare lo stesso problema del paradosso di Russell…
Allora, la soluzione di Russell al problema posto da “l’attuale re di Francia è saggio” (A) è di trattare, non senza qualche forzatura, l’enunciato come esprimente la congiunzione di tre proposizione quantificate, cioè (scrivo in LaTex, per chi non ha familiarità con il codice può fare un taglia e incolla in un editor per LaTex qualunque):
Dove R = attuale Re di Francia e S = Saggio
(A) \exists x (Rx \wedge\forall y (Ry\rightarrow\ y=x)\wedge Sx)
Dunque (A) risulta falsa e la sua negazione (non-A) vera:
(A) neg\exists x (Rx \wedge\forall y (Ry\rightarrow\ y=x)\wedge Sx)
La soluzione di Russell al problema posto da “Vulcano non esiste” (B) è dello stesso tipo:
Dove V = Vulcanizza
(B) \neg\exists x (Vx \wedge\forall y (Vy\rightarrow\ y=x))
La proprietà dell’esistenza è assorbita dalla quantificazione particolare. Anche qui c’è una qualche forzatura perché (B) risulterebbe falso anche nel caso in cui esistessero due o più oggetti che vulcanizzano.
Le soluzioni di Russell sono andate bene fino alla prima metà del novecento, quando la logica, nonostante i tentativi di Carnap, si occupava soltanto dei contesti estensionali. Oggi la logica si occupa anche (direi soprattutto) di contesti intensionali, come i contesti modali, che mostrano come la proposta di Russell non funzioni per via della impossibilità di assimilare i termini individuali con le descrizioni (cosa che faceva anche Quine). Per capire il problema, considera la proposizione
(C) Necessariamente il primo presidente del consiglio italiano è il primo presidente del consiglio italiano
(C) è vero, ma
(C*) Necessariamente il primo presidente del consiglio italiano è De Gasperi
è falso, perché qualcun altro avrebbe potuto essere il primo presidente del consiglio italiano. La soluzione russelliana implica la riducibilità dei termini individuali alle descrizioni. I contesti intensionali mostrano che tale riducibilità non è praticabile.