Particelle elementari e scintille divine
- Ultimissime
- 24 Lug 2012
di Giorgio Masiero*
*fisico e docente universitario
Era trascorso appena un decimo di miliardesimo di secondo, eppure ne erano accadute di cose. In questo tempo si era consumata la rottura della perfetta simmetria dell’Inizio: erano emersi i 4 diversi campi di forza (gravitazionale, elettromagnetico, nucleare debole e nucleare forte) ed alcune dozzine di famiglie di eteree particelle. Mancava ancora tuttavia una qualità, senza la quale il mondo sarebbe rimasto per sempre un ologramma dove tutto schizza alla velocità della luce: la massa. Uscì allora dal cilindro del creato un quinto campo, diffuso ovunque nell’ancor minuscolo spazio-tempo: dalla sua auto-interazione nacque una nuova particella, mentre dall’interazione con le altre particelle, molte acquisirono massa. Dopo la luce, fu la massa dunque. 13,7 miliardi di anni fa.
50 anni fa, Peter Higgs postulò su pura base matematica, per la consistenza della teoria standard della fisica, l’esistenza di quel primevo campo e della sua particella-messaggero, mai prima osservati. Nei mesi scorsi il Cern è riuscito a tracciarli e l’apparizione a Ginevra d’una particella dalle caratteristiche previste, alle energie previste, seppure per il brevissimo lasso di tempo (previsto) della durata della sua vita, ha rivelato la realtà del campo di Higgs, responsabile della massa delle particelle massive: neutroni, protoni ed elettroni compresi, e quindi dei 92 tipi di atomi di cui si compone tutta la materia inanimata ed animata del mondo. In un articolo del marzo scorso dedicato all’efficacia inspiegabile della matematica in fisica citavo le predizioni delle onde elettromagnetiche, dei pianeti Nettuno e Plutone, dell’antimateria: tutti oggetti prima usciti come soluzioni di equazioni e dopo osservati in esperimenti in cui la teoria ha guidato l’empiria. Commentando l’articolo un lettore scrisse: “Personalmente ci metterei anche il bosone di Higgs”. Oggi gli devo dare ragione!
Ma cos’è la massa? La definizione dei dizionari (“quantità di materia indistinta”) è circolare: e la materia cos’è? In fisica, la massa d’un oggetto si definisce operativamente in 2 modi distinti: o misurandone l’inerzia a mutare il suo stato di moto sotto l’azione di una forza, o misurando l’attrazione che quell’oggetto subisce da un altro. Da Newton ad Einstein, per due secoli, nessuno poté spiegarsi perché le due procedure dessero lo stesso risultato. Con la teoria della relatività, il mistero è stato elegantemente risolto e due succose, strabilianti ciliegine si sono aggiunte alla torta: l’equazione E = mc2, che dà l’equivalenza della massa all’energia e l’esistenza di una particella senza massa, il fotone.
Dopo la massa, però, si apre un altro interrogativo: come si spiegano gli infiniti aspetti in cui le cose ci appaiono? che cosa provoca la differenza – che ci sta sotto gli occhi, il tatto e il palato – di 1 litro d’acqua da 8 ettolitri d’aria o da 5 centilitri d’oro, che hanno tutti la stessa massa di 1 kg? Qual è la struttura più profonda della materia? Sono 2.600 anni, dalla scuola jonica di Mileto, che il pensiero occidentale si arrovella intorno a questa domanda sui fondamenti. È un unico principio che dà origine alla cornucopia del mondo? magari una sostanza come l’aria (Anassimene), l’acqua (Talete), o piuttosto una forza che pervade tutto lo spazio (“ápeiron”, Anassimandro)? O, invece, i primi costituenti delle cose sono infiniti e consistono in particelle indivisibili, gli “atomi”, come si proclamò sulla sponda opposta dell’Egeo, ad Abdera (Leucippo, Democrito)? Quando incontrai la prima volta questi pensatori, alle lezioni liceali di filosofia, il loro mi parve un fantasticare ozioso ed arbitrario: acqua? e perché no un’altra sostanza? Ápeiron? puah! Atomi? beh, meglio, ma siamo sempre nell’ambito del mito. Così pensavo allora. Da bambino.
L’irrisione verso i filosofi presocratici si sarebbe rovesciata in ammirazione con gli anni, in parallelo allo studio della fisica. Già l’anno successivo, insieme ai miei compagni vidi per la prima volta gli atomi ed il vuoto fisico con la mente: ci aprì gli “occhi” l’insegnante di chimica un giorno in cui ci guidò nell’aula di mineralogia ad osservare delle pietre. Mi colpì per la sua bellezza un cristallo di rocca, incolore e trasparente. Il prisma esagonale perfetto non era stato intagliato da un artigiano, ma era cresciuto naturalmente strato su strato in milioni di anni: osservai le 6 facce piane, quelle opposte parallele, quelle adiacenti ad angoli di 120° come le celle d’un alveare. Nel corso della sua crescita, come può la faccia del cristallo – ci chiese la prof fissandoci negli occhi – conoscere l’orientamento della faccia opposta e disporsi in un piano perfettamente parallelo? L’unica spiegazione – rispose a fronte del nostro tonto mutismo – è che la sostanza di cui è fatto non sia omogenea e infinitamente divisibile, ma un’intelaiatura di particelle disposte ad intervalli regolari in un reticolo geometrico. Idem per il solfuro di piombo che è cubico, o per lo spato d’Islanda, romboedrico. E la forma di ogni cristallo – proseguì con logica martellante – si deve alla forma degli atomi, che varia per ogni sostanza e fa sì che il loro insieme aggregandosi formi una geometria diversa. Non servono ultra-microscopi per vedere gli atomi, basta usare il “cervello in zucca”! La prof ci fece anche “vedere” che gli atomi sono vuoti, di fatto. Ci bastò osservare un quarzo contenente rutilo al suo interno. I cristalli di rutilo formavano prismi diritti, sottili come spilli, orientati casualmente in ogni direzione all’interno del quarzo: questo e quelli erano cresciuti negli evi senza disturbarsi. Come sono cresciuti gli aghi di rutilo senza mai scontrarsi con gli atomi del quarzo? senza piegarsi, né deformarsi? – c’incalzò la megera –. Il nostro silenzio, divenuto di ghiaccio, fu interrotto dalla sua trionfante sortita: “Il solido di quarzo è… vuoto!” Solo le “fette di lardo” che avevamo sugli occhi ci avevano impedito di vederlo prima. Ed il vero problema, allora, non è quello di Newton di capire perché la mela cada per terra – concluse imperterrita nella sua manovra per il KO finale –, ma all’opposto perché “le vostre zampe di somari non sprofondino in un pianeta vuoto!”. E – scimmiotto io per traumatizzare voi lettori – il vero problema è perché il pc su cui scrivo non attraversi la scrivania dirigendosi verso il centro della Terra e non la trapassi, come fanno tutti i giorni i neutrini di origine stellare anche senza l’uso di tunnel governativi…
Come ho fatto, meditai avvilito, a non “vedere” da solo il “vuoto” attraverso cui le frecce di rutilo passano indisturbate tra un nucleo e l’altro degli atomi del quarzo? che l’impenetrabilità della pietra è solo una manifestazione del campo elettromagnetico presente nel vuoto fisico (che non è quindi, attento lettore!, un vero nulla), respingente la corteccia elettronica del cristallo da quella che circonda il polpastrello? Possiamo scoprire molte verità nascoste col solo uso della ragione… La scienza sperimentale trova i dettagli quantitativi, calcola oggi che del volume di un atomo solo una parte su un milione di miliardi è occupata dalla materia, mentre il resto, in pratica tutto, è spazio vuoto. Però era stato un filosofo greco, riconobbi, ad intuire 2.600 anni fa la necessità dell’esistenza degli atomi. Per riparare alla mia presunzione, avrei scelto poi come tesina di diploma il “De rerum natura” di Lucrezio, dove m’innamorai del “clinamen” degli atomi nello spazio vuoto…
Già, lo spazio vuoto: qui si sbagliavano gli atomisti di Abdera a confondere il vuoto con il nulla, ma essi erano almeno in buona fede, a differenza di certi fisici dei nostri giorni che, pur conoscendo bene le proprietà fisiche del vuoto, lo chiamano nulla nei libri di divulgazione: “per una scelta di marketing”, si giustificano, senza accorgersi di abbassare così la scienza alla ciarlataneria! Chi di tutti i filosofi antichi è andato più vicino ad intuire il vuoto fisico, oggi non ho dubbi, fu il miletese Anassimandro con l’ápeiron. Nella fisica moderna il vuoto è una struttura spazio-temporale colma di proprietà geometriche e permeata di campi di forza dove l’energia ha il valore minimo consentito dalla teoria dei quanti. A causa dell’oscillazione in infiniti modi indipendenti dei campi, l’energia totale del vuoto fisico non è sempre zero e può essere anche infinita! Noi non possiamo però estrarre energia dal vuoto perché ciò provocherebbe la transizione ad uno stato di energia inferiore che, per definizione di vuoto fisico, non esiste. Il vuoto è lo stato cui tende ogni sistema fisico lasciato a se stesso; è il punto di partenza e di arrivo di ogni esperimento, e noi abbiamo una teoria capace di descrivere un fenomeno subatomico quando conosciamo i campi che lo interessano e sappiamo calcolare, con una matematica che non è standard ma un’arte, l’energia del vuoto, da cui ripartire per ricalcolare tutte le altre energie in gioco. Nella fisica, insomma, il vuoto è tutto e ciò solo mostra quanto sia scientificamente errata la concezione materialistica e meccanicistica del chimico Peter Atkins che nel bosone di Higgs, in quanto responsabile della massa, ha visto “un altro chiodo battuto sulla bara della religione”: ma donde deriva la massa del bosone stesso e delle altre particelle se non dall’equivalente (E = mc2!) energia del vuoto del campo di Higgs? e, prima ancora, come si spiega la matematica d’un campo a spin zero, doppietto in SU(2) e con ipercarica U(1), privo di colore? e la matematica affatto diversa di ognuno degli altri 4 campi?
Nello scientismo c’è anche un errore di sistema: la scienza sperimentale moderna vi è vista come una corsa a termine verso un traguardo finito, piuttosto che come un progresso indefinito sempre migliorabile, ma mai concluso. Con l’esperimento di Ginevra la ragione umana ha fatto un passo in avanti nella conoscenza della struttura della materia: ora conosciamo un’altra particella elementare, causa della massa delle altre ed abbiamo un’ulteriore conferma della solidità della teoria standard. Restano però molti problemi ancora aperti, a cominciare dalla ricerca di una Grande Teoria Unificata che spieghi la fisica dell’Universo dei primi istanti, prima che elettromagnetismo, forza nucleare debole e nucleare forte si scindessero; e di una Teoria del Tutto che incorpori anche il campo gravitazionale, ora oggetto di una teoria a parte, la Relatività Generale. Avanzare in scienza non significa avvicinarsi al traguardo di una conoscenza perfetta, ma semmai allontanarvisi sempre di più, perché ad ogni progresso si allarga l’orizzonte di ciò che apprendiamo esserci ignoto. Con umiltà Fabiola Gianotti, capo del progetto Cern responsabile della ricerca del bosone di Higgs, ha detto: “Abbiamo scoperto una goccia che ci ha aperto un nuovo oceano”. Ciò mi ha richiamato un passo dei “Pensieri” di Pascal, in cui il grande scienziato e filosofo francese mostra la specificità dell’uomo rispetto al resto della Natura nel sentimento della propria piccolezza di fronte all’Universo, ma allo stesso tempo nella propria autocoscienza e nella comprensione di un Universo inconscio: “Quando l’uomo, considerando la pluralità dei mondi, si sente essere infinitesima parte di un globo, ch’è minima parte d’uno degli infiniti sistemi che compongono il mondo, e in questo pensiero si stupisce della sua piccolezza, e profondamente sentendola e intensamente riguardandola si confonde quasi col nulla, e perde quasi se stesso nel pensiero dell’immensità delle cose, e si trova come smarrito nella vastità incomprensibile dell’esistenza; allora, con questo atto e con questo pensiero, egli dà la maggior prova possibile della sua nobiltà, della forza e dell’immensa capacità della sua mente, la quale, rinchiusa in sì piccolo essere, è potuta pervenire a conoscere e intendere cose tanto superiori alla natura di lui, e può abbracciare e contener col pensiero questa immensità dell’esistenza e delle cose”.
Non comprendo chi non distingue l’abisso tra una particella elementare che non sa di esistere e la scintilla divina della mente umana che arriva a ri-crearla! “In principio era la ragione, e la ragione era presso Dio e la ragione era Dio. […] tutto è stato fatto per mezzo di essa e senza di essa nulla è stato fatto di ciò che esiste” (Vangelo di S. Giovanni). Dall’altro lato, “poiché gli esseri umani sono stati creati ad immagine di Dio nel senso che hanno una natura che include la ragione, […] essi possono imitare Dio. […] Soltanto nelle creature razionali c’è questa somiglianza con Dio. Esse possono raggiungere l’imitazione di Dio non solo nel fatto di essere e vivere, ma specialmente nel fatto di capire” (Tommaso, “Summa Theologiae”). Sono allibito davanti a chi mischia il nome santo di Dio ad una fluttuazione d’onda nata dopo il Big Bang e perdurante un millesimo di miliardesimo di miliardesimo di secondo. Cosa c’entra una particella elementare con Dio? Tutto e nulla, come vale per la relazione d’ogni creatura al suo Creatore.
57 commenti a Particelle elementari e scintille divine
Bellissimo articolo, complimenti.
mi associo ai complimenti. Ho letto volentieri questo articolo che parla, fondamentalmente, di bellezza
Solo una mente ottusa e prevenuta non riesce a scorgere nelle scoperte scientifiche il rimando a Dio.
Grazie, per la semplicità di rendere semplici le cose complesse ricordi Zichichi.
Grazie; questo articolo mi ha dato entusiasmo.
Mi associo ai complimenti per l’articolo.
Bellissimo, Giorgio, grazie! 🙂 Penso davvero che i filosofi (antichi e moderni) abbiano tanto da insegnare a noi tutti, e in particolare a chi ama limitare i confini della ragione umana allo stretto recinto del riduzionismo (leggi: dogma di Caso e Necessità).
Una sola parola: SPETTACOLO! Tutto, l’articolo, l’universo, Dio. SPETTACOLO!
Grazie Giorgio, quello che dici fa pensare.
Ringrazio tutti, ad uno ad uno, per le parole di apprezzamento.
Che belli i suoi articoli Sig. Masiero!
Grazie a te, Andrea II.
Un bellissimo articolo Prof. Masiero, a tratti addirittura poetico!
Vorrei comunque chiederle un chiarimento su un passaggio che mi sembra un po’ contraddittorio. Lei scrive:
“Restano però molti problemi ancora aperti, a cominciare dalla ricerca di una Grande Teoria Unificata che spieghi la fisica dell’Universo dei primi istanti, prima che elettromagnetismo, forza nucleare debole e nucleare forte si scindessero; e di una Teoria del Tutto che incorpori anche il campo gravitazionale, ora oggetto di una teoria a parte, la Relatività Generale”.
Mi pare quindi di capire che lei si mostra fiducioso circa la possibilita’ di giungere ad una teoria fisica in grado di spiegare tutti i fenomeni dell’ universo. Poi però (e a mio avviso giustamente) aggiunge:
“Avanzare in scienza non significa avvicinarsi al traguardo di una conoscenza perfetta, ma semmai allontanarvisi sempre di più, perché ad ogni progresso si allarga l’orizzonte di ciò che apprendiamo esserci ignoto”.
In definitiva quindi, se ho ben capito, lei crede che la “teoria del tutto” spiegherebbe effettivamente tutto il mondo fisico ma che questa, contemporaneamente, ci svelerebbe ulteriori orizzonti sconosciuti. Potrebbe chiarire meglio questo punto cosi’ interessante?
Vorrei inoltre, se non abuso della sua disponibilita’, sottoporle un altro piccolo quesito: in un ipotetico l’universo materiale che esiste da sempre, privo di una origine temporale, ogni oggetto fisico dovrebbe oggi trovarsi (in base al II° principio della termodinamica) in uno stato di equilibrio termico?
La ringrazio anticipatamente per la sua attenzione!
Grazie degli apprezzamenti.
Io non sono riduzionista, non credo che “tutto” nel nostro Universo (e soprattutto nel pianeta Terra!) si riduca a trasformazioni di materia-energia accadenti nel vuoto fisico e mediate dai 4 campi di forza. Se non escludo che la vita (che ancora non sappiamo che cosa sia), la sua insorgenza sulla Terra (che non sappiamo come sia accaduta) e la speciazione sulla Terra (che non considero spiegata dal neodarwinismo) possano un domani essere spiegate dalla fisica, non ho dubbi sull’irriducibilità dell’anima umana e delle sue facoltà. Su ciò mi sono intrattenuto in articoli passati, anche recenti, e ritornerò in futuro. Con “Teoria del Tutto” intendo più modestamente ciò che intendono (con un appellativo esagerato, riconosco) i fisici, ovvero una teoria unificata dei 4 campi, che ancora non esiste; non una ipotetica scienza che spieghi tutti i fenomeni dell’Universo, compresi quelli biologici e quelli che interessano la specificità antropologica!
Per quanto riguarda la fisica, anche se la scoperta del bosone di Higgs ha consolidato il Modello Standard, questa teoria è largamente insoddisfacente dal mio punto di vista: non solo perché non comprende la gravitazione, non solo perché “incolla” matematicamente i suoi 3 campi senza però spiegare sufficientemente come sono intervenute le rotture di simmetria nell’Universo primordiale, ma soprattutto perché si fonda su un numero smisurato di parametri (le diverse masse delle particelle elementari e le costanti d’interazione dei campi, in primo luogo) che risultano inspiegati e vengono assunti a posteriori, dalla fenomenologia sperimentale. C’è molta strada da fare, decenni di lavoro, per quello che vediamo oggi. Nella mia concezione epistemologica poi, i sicuri progressi che verranno fatti apriranno probabilmente nuovi, ampi squarci su nuove questioni sulle quali ora abbiamo solo un’idea pallidissima (per es., la materia oscura) o che addirittura nemmeno immaginiamo. I costi enormi sopportati già per la costruzione dell’LHC (le cui energie, per quanto elevate, sono infinitamente basse rispetto a quelle del Big Bang) indicano che i fisici per avanzare dovranno inventarsi nuove strade, che al momento non si intravvedono, al di fuori di teorie incontrollabili, e quindi non scientifiche.
C’è un teorema (Vilenkin, 2003), ribadito da Vilenkin anche nel gennaio scorso in occasione del festeggiamento dei 70 anni di Hawking, che, proprio sulla base della seconda legge della termodinamica (che è “la legge più certa di tutta la fisica”, Einstein) impone che ogni Universo fisico abbia avuto un inizio.
Grazie per la sua esauriente risposta professore. Naturalmente, poiche’ seguo questo sito e leggo i suoi articoli da diverso tempo, non mi sarei mai sognato di pensare che Lei sia un riduzionista. Ovviamente, parlando di una teoria del tutto intendevo parlare di una teoria che si limita ai fenomeni puramente fisici. E’ inoltre molto interessante notare come il teorema di Vilenkin (di cui non conoscevo l’esistenza) smentisca anche da un punto di vista scientifico le tesi dei filosofi materialisti: non si puo’ spiegare esaurientemente il mondo fisico facendo a meno della metafisica!
Nella mia ignoranza mi permetto comunque di dissentire dalla possibilita’ (che lei invece accetta come ipotesi) che solo l’anima umana e le sue facolta’ possano essere considerate irriducibili rispetto alla materia. Questa separazione netta mi ricorda un po’ la divisione rigida teorizzata da Cartesio tra res cogitans e res extensa. Per quanto ne so’ (e non e’ molto) Tommaso d’Aquino sostiene infatti l’unione sostanziale dell’ anima con il corpo: “L’anima è unita al corpo per la sua perfezione sostanziale, cioè per completare la specie umana, e anche per la perfezione accidentale, per perfezionare cioè la conoscenza intellettiva che l’anima acquisisce attraverso i sensi; infatti questo modo di intendere è connaturale all’uomo” (De An. 1, ad 7).
Grazie ancora per la sua attenzione e per i suoi bellissimi articoli!
Anch’io considero l’anima umana “unita” al corpo, anzi strettamente unita in un vincolo sostanziale. Ciò tuttavia non implica che essa sia riducibile alle 37 particelle elementari della fisica. Ed il vincolo sostanziale è, per me, di tipo metafisico, non chimico-fisico.
Quanto a Vilenkin, potrà trovare al mio articolo del gennaio scorso https://www.uccronline.it/2012/02/04/contrordine-prof-hawking-luniverso-ha-avuto-un-inizio-ma-non-sappiamo-come/
maggiori dettagli.
Certo Prof. Masiero, anch’io concordo con quanto lei dice. Però, forse sbagliando, io credo anche l’anima vegetativa e sensitiva di tutti gli esseri viventi non possa essere ricondotta unicamente ad una spiegazione fisica: Tutte le definizioni della vita che si trovano nei libri di biologia non riescono mai a coglierne l’essenza, a spiegarne lo stupore che suscita in noi.
Grazie per avermi segnalato il suo articolo su Hawking e l’inizio dell’ universo!
E’ certo che a tutt’oggi siamo distanti dallo stesso immaginare come spiegare la vita, in che cosa essa consista e come sia sorta sulla Terra. La biologia non sa nulla e balbetta col neodarwinismo soltanto delle just so stories, come le chiama il prof. Enzo Pennetta. Nella fisica c’è qualche idea da dove partire, ma dove ciò porterà non si sa.
Io, Lucio, mentre sono certo dell’irriducibilità dell’anima razionale dell’uomo alle particelle elementari e ai campi (per i motivi che ho spiegato in articoli passati e su cui ritornerò), sull’anima vegetativa e sensitiva sospendo il giudizio.
L’anima (o forma) è il principio determinante della materia che è principio indeterminato e determinabile.
Per questo motivo, nemmeno l’anima vegetativa o sensitiva può essere ricondotta agli elementi materiali, che da essa vengono organizzati perchè quell’ente vivente sia quello e non un altro.
La differenza è che la forma vegetativa e quella sensitiva non riescono ad astrarre nulla dal sensibile e rimangono ad esso legati (anche l’anima sensitiva più evoluta, ovvero che organizza la materia perchè produca una mente discretamente evoluta, compie ragionamenti minimali sempre legati al sensibile, cioè come procurarsi cibo o come cercare la via più breve o come commuovere il padrone per poter dormire sul letto con lui nella comodità e al caldo, nel caso del cagnolino domestico); al contrario l’anima razionale, partendo dal sensibile, produce concetti astratti e riesce a concatenarli tra loro anche senza un’immediata sensazione.
E dunque l’anima razionale è solo quella che ci da una peculiarità ontologica: quello di essere animali biologicamente, ma (potenzialmente) razionali e dunque analogicamente partecipi del logos divino; non per questo però le altre due forme inferiori sono da ricondurre a processi biologici, quando al contrario sono esse a determinarli.
Vorrei capire meglio il tuo pensiero, Licurgo.
Sono d’accordo che la biologia molecolare (tutta impostata sulla chimica, e quindi sulle combinazioni di 92 atomi) non possa rendere conto della vita. E d’altronde basta guardare a che cosa ha prodotto in 60 anni: un fallimento completo!
Però la fisica è diversa, ci sono le particelle (massive e no), e soprattutto ci sono campi di energia oscillanti secondo stupende leggi matematiche. Se questi campi rendono conto della “forma” dei cristalli, in base a quale argomento decisivo secondo te non potrebbero rendere conto delle forme vegetative e sensitive?
Attenzione, professore, le tre forme (vegetativa, sensitiva, razionale) determinanti sono tali solo per gli enti viventi.
La figura, ossia l’organizzazione della materia non viva, non è un principio determinante ma appartiene alle regole della materia e agli agenti esterni che su quella materia incidono (esempio, la temperatura fredda rende conto dell’acqua che si organizza in forma solida, a sua volta l’acqua esiste per via delle condizioni meteorologiche e della struttura terrestre, e via così nella catena causale che porta alla Causa Prima).
Le forme viventi presentano un’entelechia dello sviluppo (un finalismo interno) che presuppone una forma organizzativa, poichè gli agenti esterni contribuiscono a mantenere la vita ma non all’entelechia stessa.
Peraltro, credo che questa mia concezione sia sostanzialmente in linea non solo con quella aristotelica ma col tomismo stesso, come rimandava Lucio.
Molto chiaro, grazie. Il finalismo interno delle forme viventi, secondo la concezione filosofica aristotelica, impedisce a priori alla scienza moderna sperimentale di spiegare la vita. Una concezione, mi pare, perfettamente in linea con l’ID, almeno per la pars denstruens. Interessante.
Prof, le faccio io una domanda a questo punto, e mi perdoni se dovessi dire una frase da ignorante, ma sono qua proprio per imparare, visto che di persone ferrate in scienze qua, oltre a lei, è pieno.
Non potrebbe essere proprio il DNA a mostrare l’esistenza negli esseri viventi di questo principio organizzatore e volto al finalismo interno, chiamato anima o forma, indipendentemente dalle definizioni scientifiche della vita stessa?
Spero di poter fare in tempo a tornare per la chiusura thread, visto che per un paio d’ore devo proprio lasciare; altrimenti sarà per la prossima occasione e grazie comunque.
Non mi arrischio, Licurgo, a rispondere a questa tua domanda. Lascio il campo ad un biologo, se lo vorrà fare.
Articolo interessante , come ci ha abituati , prof. Masiero.
Qualcuno mi deve ancora spiegare come certe persono trovano piu facile immaginare il nulla che ad “un certo punto” decide di farsi materia pur di negare l’esistenza di una mente immensa capace di creare questo universo comprensibile matematicamente!
Già, non è facile capire il ragionamento che sta dietro a queste persone… Però, Bichara, mi hai dato l’idea di scriverci un articolo!
Grazie 🙂
Anche perche’ il nulla, se potesse decidere, non sarebbe piu’ il nulla. Il nulla in quanto tale non e’ e quindi non puo’ fare nulla…
Secondo me la Gianotti (che lo è spokesperson di uno dei due esperimenti sull’Higgs) ha un tantino esagerato con la storia goccia che apre oceano. Sarà anche vero che le certezze sperimentali si acquisiscano sulla base delle misure, ma l’esistenza dell’Higgs faceva già parte del “modello standard” da 50 anni, per cui la sua rivelazione non apre nessuna strada che già non fosse stata già aperta (semmai ne chiude alcune, già considerate improbabili, collegate ai vari scenari “non-Higgs”).
Le congetture teoriche, per quanto affascinanti, devono trovare supporto sull’esperimento per essere scientifiche, e non restare mere speculazioni. Anche se il modello standard prevedeva questa particella (per la sua coerenza), finché non fosse stata trovata gli mancava una gamba…
ma quali nuovi scenari si aprono con un higgs a 126 GeV??
Questa domanda va posta alla Gianotti.
Due considerazioni veloci, anzi tre.
1 – ad averne di megere simili nelle classi di oggi!
2 – il logos del vangelo di Giovanni va di solito tradotto con “parola” intesa come Parola performante di Dio, quel “Dabar” che crea fin dalla Genesi. Cfr. Barbaglia. Innegabile che la traduzione di Masiero sia affascinante nonché plausibile se ben spiegata
3 – Articolo splendido, scritto meravigliosamente bene. Grazie Prof!
Grazie a te.
un articolo bellissimo!
Grazie, Luca.
Questo è un articolo dove la fisica incrocia la teologia: Dio, essere, verità, bellezza e bontà. E dove si dimostra l’appartenenza dello scientismo al nichilismo. Grazie, prof. Masiero!
Già, Nadia: i trascendentali del Medio Evo! Ci giriamo sempre attorno.
Sullo scientismo come espressione del nichilismo postmoderno hai ragione: che cos’è infatti (a parte le ragioni di marketing) questa ossessiva identificazione del vuoto fisico col nulla, pur sapendo che il vuoto fisico (cioè l’arena dei campi) in fisica è tutto? non implica ciò l’identificazione del tutto col nulla? del senso dell’Universo reale col nonsenso del multiverso immaginario?
Giorgio,
l’articolo è interessantissimo: oltre all’aspetto divulgativo, tocca alcuni aspetti che mi interessano da tempo.
La definizione gnoseologica di Dio (= Dio come il principio che rende razionale un processo rendendo intellegibili una serie di cause/ potrei azzardare “goedelianamente”) presupposta all’espressione del bosone di Higgs come particella di Dio è solo – in effetti – la ratio quia del fenomeno fisico, un nuovo termine da cui partire.
Bellissimo anche il rimando all’efficacia inspiegabile della matematica in fisica: questo conforta la tesi realistica che il pensiero è intenzionalmente solidale con il reale: la circolarità tra il principio di non contraddizione e il contenuto si dimostra appunto quando ESSENDO OBBLIGATI AD INTRODURRE MATEMATICAMENTE – PENA LA CONTRADDIZIONE( l’assurdo)- una nuova entità (ad es. Il bosone di Higgs),la si scopre (si assevera!) osservandola.
Non posso che dire, Fabrizio: perfetto! Come ti vorrei tra i miei allievi…
Ed infatti è il Dott. Barbaglia stesso che immette nella sua traduzione di Genesi 1 la possibilità che Dio sia il creatore dell’ordine del caos primordiale e lo fa traducendo in questo modo:
[1]In principio, quando Elohim creò il cielo e la terra,
• [2]la terra era informe e deserta,
• le tenebre incombevano sull’abisso,
• mentre lo Spirito di Elohim sovrastava la superficie delle acque,
[3]ed allora Elohim disse: «Sia luce!». E luce fu.
e pertanto la prima azione attiva di Elohim non è creare il cielo e la terra, ma PARLARE (Il dabar di cui parlavo prima!) e facendolo mette in atto la forza performativa della sua parola, che introduce l’ORDINE nel caos preesistente. E questo non perché Dio viene dopo il caos, ma perché il racconto della Genesi è tutto tranne che un racconto nato per documentare una verità scientifica sulla creazione, ma è una meta-storia che funge da ouverture ad una scrittura di rivelazione, apocalittica, che (ri)guarda il FINE ULTIMO delle cose create.
Cfr. per fonti e approfondimenti queste lectio su Genesi
http://www.lanuovaregaldi.it/doc/evento/DSC_01%20(Gen%201,2-2,4).pdf
http://audio.lanuovaregaldi.it/11-11-13_DSC01_Barbaglia(01).WMA
http://audio.lanuovaregaldi.it/11-11-13_DSC01_Barbaglia(02).WMA
E queste sulla Gematria di genesi a confronto con una retroversione ebraica del prologo del Vangelo di Giovanni
http://audio.lanuovaregaldi.it/09-03-27_VangeliAtti(24).WMA
http://audio.lanuovaregaldi.it/09-03-27_VangeliAtti(25).WMA
http://audio.lanuovaregaldi.it/09-03-28_VangeliAtti(26).WMA
buon ascolto!
Grazie Prof grazie di cuore dei bellissimi articoli che sono addirittura in grado di farmi amare la fisica
Sei stato tu, Alcor, a sollecitarmi a scriverlo!
la ..ringrazio…..
Bellissimo articolo che rende giustizia anche alla bistrattata filosofia.
Tuttavia rimane aperta una questione, almeno per quanto ne possa capire, di come una particella dotata di massa, non solo possa spiegare le masse di tutte le altre particelle, ma anche di se stessa. Si dice nell’articolo che è il campo ad assegnare massa al famoso bosone mediante la propria auto-interazione. Ma di che è fatto il campo, se non delle medesime particelle? Affermare che un campo, costituito da particelle, interagendo con se stesso assegna massa alle medesime particelle, è come dire che un oceano interagendo con se stesso determina le molecole di cui è costituito. Fisicamente sarà anche corretto, ma dal punto di vista filosofico c’è qualcosa che non torna, almeno secondo me.
Grazie, Antonio, dell’apprezzamento.
Quanto alla questione da te sollevata, ti rispondo: no, un campo della fisica non è fatto di particelle, anche se è vero che può dar luogo (auto-interagendo, interagendo con altri campi, interagendo con particelle) a particelle. E allora “di che cosa è fatto un campo”? Porre questa domanda dimostra di condividere ancora una visione settecentesca, un residuo materialistico e meccanicistico, alla Atkins… Se la risposta esistesse e fosse “è fatto della sostanza X”, saresti contento? O, come fanno i bambini che alla risposta ad un perché replicano con un altro perché, non mi porresti forse la nuova domanda: e di che cosa è fatto X?!
I fisici non si pongono il falso problema “di che cosa è fatto un campo” (domanda senza senso, perché circolare e senza operatività scientifica); piuttosto essi dànno le proprietà matematiche del campo, e attraverso una funzione che si chiama Lagrangiana predicono le proprietà quantiche delle particelle-messaggero ad esso collegate (i bosoni, che possono essere massivi o no) e calcolano le sue interazioni con altri campi e con le altre particelle (i fermioni). L’esperimento convalida o meno le predizioni matematiche. Ho accennato nell’articolo alle proprietà matematiche del campo di Higgs (spin zero, doppietto in SU(2) e con ipercarica U(1), privo di colore) mentre, per non appesantire ulteriormente l’articolo (sono stato giustamente frenato dalla Redazione!) non ho trascritto la Lagrangiana, ecc. e mi sono fermato lì.
Professore, come al solito è colpa della divulgazione scientifica, nel caso specifico quella di Greene e di Barrow.
Come ho già scritto, non metto affatto in dubbio i calcoli matematici, ma dal punto di vista della ragione (elementare, reale, umana..insomma da bambini), la cosa si fa molto complicata, pressapoco come il fatto accertato che in MQ una particella è sia un’onda che una particella. Non è che il fatto di osservare Socrate ne determina la sua sostanza umana, mentre prima è fatto di sostanza diversa, per es. quella di un cavallo. E la particella è molto più dissimile di un’onda rispetto al confronto tra un uomo ed un cavallo.
Antonio, lo senti il campo gravitazionale, sì o no? Penso di sì, come tutti!
Eppure non sono mai state trovate le “particelle” del campo gravitazionale…
Questo ti fa dire, come don Ferrante, che il campo gravitazionale non c’è e per provarlo ti butti giù dal 6° piano?
Quanto al resto, onda-corpuscolo, ecc., lascia perdere: è solo ciarpame filosofico-divulgativo, che ti mette confusione. Se sei veramente intenzionato a capire la teoria quantistica dei campi, non c’è che studiare la matematica.
Il fatto è che il campo gravitazionale sappiamo poco, tanto che nemmeno la teoria del tutto la includerebbe e forse per questo si dovrebbe chiamarla teoria del quasi-tutto. Se non mi sbaglio qualcuno ipotizza l’esistenza del gravitone. D’altronde si è scoperto, mi corregga se sbaglio, che tutte le interazioni tra particelle, ovvero le quattro forze, non sono altro che altre particelle che mediano tra le particelle materiali. Quindi l’esistenza del gravitone non mi pare una teoria da scartare..sarebbe una sorta di mediatrice alla lunga distanza rispetto alle altre, un po’ come l’invenzione del telegrafo che soppiantò il vecchio pony express.
Professore, se studio la matematica so di matematica, ma quelle domande fisiche (reali) restano, è proprio il caso di dire, sul campo.
Secondo me, più si studia a fondo la materia, e più si scopre l’illogicità che sostiene il tutto. Con questo voglio dire che il Logos prosegue ben oltre il nostro logos.
Che il Logos oltrepassi il nostro logos, non ho dubbi! Però è stupefacente, o no, che il nostro logos sia arrivato ad un decimo di miliardesimo dall’Inizio? A me questo dice che, per volontà del Primo, il secondo gli assomiglia in qualcosa…
Quanto alla domanda che ti poni, che vuole fondare assolutamente sulla materia (piuttosto che sull’energia) la spiegazione fisica dei fenomeni, non capisco la tua testardaggine: se c’è equivalenza tra massa ed energia (E = mc^2), perché non possiamo partire dai campi di energia? che cosa c’è d’inaccettabile nella spiegazione che un’enorme campo di energia (il campo di Higgs) si sia trasformato in bosoni e nella massa dei fermioni?
Per decine di migliaia di anni gli uomini hanno apprezzato la luce, come “campo” di energia (luminosa, riscaldante, dinamica, ecc.): che cosa ti dice in più l’esistenza di un fotone, per giunta privo di massa?!
No guardi Professore che rilancio. Affermare che il Logos si debba conformare alla nostra logica, significa una previdibilità che ritengo inaccettabile proprio perchè renderebbe superflua qualsiasi religione, visto che la libera volontà di Dio ne verrebbe invalidata. A me il dio ingessato dei filosofi non va a genio in quanto lo ritengo niente di più che una parola vuota. Secondo Odifreddi con la logica l’uomo può arrivare più lontano rispetto a qualsiasi altra qualità umana: mi ritengo soddisfatto che la MQ lo smentisca clamorosamente.
E poi non ho mai capito cosa dice all’uomo l’equivalenza tra massa ed energia. Se dovessimo applicarla rigorosamente si potrebbero installare contatori della luce che misurano i chilogrammi e bilance tarate sui chilowattora. Insomma ricadiamo sempre nel mondo (illogico) quantistico, lo stesso che se non mi sbaglio, fu battezzato proprio dal quanto di luce di Planck. Vogliamo applicare il nostro linguaggio logico dove non è possibile applicarlo.
Non ho mai detto che il Logos si debba conformare alla nostra logica, ma l’esatto opposto: ovvero, che la nostra ragione umana, fatta a somiglianza di quella del Creatore, si conforma nella conoscenza a quella del suo Creatore! Che è poi la citazione di Tommaso in chiusura dell’articolo…
Quanto al resto, tu non conosci la MQ che attraverso la deformazione (necessaria) dei libri di divulgazione popolare. Se la conoscessi per quello che è, avendola studiata sui testi scientifici, la troveresti sublime. Teologia naturale.
Ha ragione, mi sono espresso male. Intendevo affermare che la razionalità umana rappresenta una sorta di trampolino di lancio per dedurre l’esistenza del trascendente: quindi ne viene compresa ma non lo esaurisce.
Articolo mi sembra come livello estetico meglio dei ultimi. Però ho due osservazioni da fare:
1)Nel ultima frase: “Tutto e nulla, come vale per la relazione d’ogni creatura al suo Creatore”, ce qualcosa che non va. Mi sembra che l’uomo ha un status privilegiato rispetto alle altre creature.
2)Non sono d’accordo che la divulgazione scientifica è tutto ciarpame. I libri divulgativi hanno fatto anche i geni, e non per soldi. Loro sentono che la verità ultima non è astratta ed espressa in “linguaggio” matematico, ma reale, nel senso espressa in parole. Il linguaggio ha capacita astratte formidabili, ci sono platonici anche tra i linguisti che cercano Uhrlingua.
Il problema scientifico è anche un problema linguistico, e questo viene fuori quando si fondono i assiomi. Matematica comincia con linguaggio e deve finire con linguaggio. Altrimenti in una società vera, dove ha vinto la verità, si comunicherebbe con formule e disegni, senza bisogno del linguaggio, come nel libro “Viaggi di Gulliver”.
Hai ragione, Vronskij, su entrambi i punti. E se ti ho dato l’impressione di pensare diversamente, è perché mi sono espresso male.
Il fatto è che il linguaggio matematico pare sia intraducibile in termini lessicali, o al limite possa essere tradotto in svariati modi a seconda del vocabolario intrinseco di ciascuno.
E questo per una semplice regoletta umana: la matematica si occupa di aspetti quantitativi, ma all’uomo interessano molto di più le questioni qualitative. La matematica è il linguaggio della scienza ed è quindi l’oggettività per eccellenza, ma l’uomo oggettivo non esiste (e quindi nemmeno la razionalità umana oggettiva). La MQ rappresenta, almeno secondo me, quel confine nebuoloso ed ineffabile che divide il mondo astratto matematico oggettivo da quello reale soggettivo; o viceversa, a seconda dei punti di vista.
Per questo descrivere con il linguaggio la MQ non ha più senso che scoprire la formula matematica che differenzi i gusti del gelato, ovvero com’è che a qualcuno piace il pistacchio piuttosto che la stracciatella.
In questo senso ha perfettamente il prof. Masiero quando afferma che la divulgazione scientifica sia solo ciarpame, perchè il vocabolario del professore Masiero è certamente diverso da quello di Greene, Barrow o altri.
Ciarpame in quanto non può essere accettato oggettivamente come la scienza espressa in termini matematici.
Ma poi è lo stesso professore che nell’articolo è costretto a straripare in un lessico letterario, quasi poetico. E questa sensibilità umana non la si trova negli scritti di Greene o di Barrow, e di certo nemmeno in quelli di Dawkins. E’ questo che secondo me distingue lo scienziato/professore credente dal collega non-credente, e non altro.
Questa tua riflessione, Antonio, mi ha profondamente colpito! Grazie.
Seppure in ritardo -in questo periodo riesco a frequentare il net a giorni alterni- faccio i complimenti anche io al professor Masiero per la bellezza di questo articolo.
Come un greco, egli riesce a conciliare la scienza con la filosofia e -come dice bene Antonio72- con la sensibilità letteraria ed umana.
E, per quanto la divulgazione è sempre una brutta copia della scienza, se fatta bene come in questo caso, è utile per dare qualche nozione di scienza anche a gente come me, la quale senza divulgazione resterebbe totalmente analfabeta in materia. Con una buona divulgazione, anche noi profani del linguaggio matematico riusciamo a farci un’idea