La gratitudine, ovvero ciò che differenzia i credenti dagli altri

 

di Marco Fasol*
*docente di storia e filosofia

 

“In principio Dio creò il cielo e la terra… e Dio vide che era cosa buona”, per sette volte viene ripetuto, nel primo capitolo della Bibbia, che tutta la creazione è cosa buona. E la settima volta, dopo la creazione dell’uomo, viene avvalorata la benedizione divina con un superlativo: “Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco era cosa molto buona”. Allora che cosa troviamo all’inizio della creazione ed all’inizio della Bibbia?

Troviamo una “benedizione originale” da parte di Dio. All’origine del mondo vi è l’entusiasmo di Dio, che ha creato, e quindi ama la sua creazione, ne esalta la bellezza e la bontà.  Quindi tutto il creato è buono, molto buono. E’ oggetto della benedizione di Dio. Nessuno Lo ha costretto a creare. Se ha creato, vuol dire che ne valeva proprio la pena. Che cosa vuol dire “benedire”?   E’ una parola di consacrazione, una dichiarazione d’amore: voglio il tuo bene, ti voglio bene. Esprime il compiacimento di Dio per ogni creatura. Per questo il creato è sacro. Siamo sicuri che Egli ama il suo creato, se ne prende cura, lo porta al suo compimento, alla sua realizzazione.

Potremmo dire dunque: “In principio era la gioia”. Perché Dio era felice di creare un mondo meraviglioso. Il termine ebraico che esprime la bontà del creato, “tov”,  indica tutto ciò che è positivo, affascinante, buono moralmente. I greci hanno tradotto “kalòs”, che indica soprattutto la bellezza estetica del mondo, del kòsmos. I latini hanno tradotto “bonum” che indica l’utilità pratica e il valore etico del creato. Questa bontà e bellezza della creazione ci spiegano la Bontà e Bellezza di Dio, del loro Creatore. L’uomo intelligente, l’uomo biblico è colui che non dimentica mai, neppure per un istante, questa benedizione originaria da cui è scaturito tutto l’universo. Non siamo figli del caso, ma della benedizione di Dio. Ciascuno di noi è un pensiero di Dio.  Diventa dunque fuorviante qualsiasi spiritualità incentrata sul pessimismo e sul peccato da riparare. La fonte prima di ogni spiritualità biblica sarà sempre la gioia e l’amore perché Dio stesso è amore e gioia di vivere. Certamente non è la gioia incantata e trasognata di chi vede solo il bene. Vediamo tutti i giorni che la felicità come assenza di dolore non è di questo mondo, è utopia illusoria. Ma l’importante è conquistare una volta per tutte questa consapevolezza che la festa, la benedizione è all’origine di tutto e ne sarà lo scopo entusiasmante. E’ questa certezza che ci apre il sentiero per arrivare alla gioia di vivere, di cui comincia a parlare la teologia contemporanea.

Prima di tutto, per l’essere umano, viene dunque la meraviglia, la gratitudine per quanto Dio ha fatto per noi. Poi verrà naturalmente la fede.  Ma se l’uomo non sa ringraziare per tutto quello che ha ricevuto, è ben difficile che nasca la fede. Per questo Meister Eckhart, un grande mistico tedesco, scrive: “Se nella tua preghiera riesci a pronunciare una sola parola: ‘grazie’, sarebbe già abbastanza”. Certo che è già abbastanza! Perché in quel ‘grazie’ è racchiuso tutto il nostro sentimento di gratitudine che è la fonte di ogni nostra azione. Per questo un uomo senza Dio, non potrà mai essere un giusto, anche se rispetta la morale orizzontale della coscienza: non uccide, non ruba, non dice il falso… Perché il primo atto di giustizia consiste nel cercare la propria Causa per esserLe grato. Ha ricevuto tutto e non ringrazia di niente! Noi diciamo che è maleducato chi non dice grazie semplicemente per un piccolo regalo. E chi non dice mai grazie al suo Creatore può essere un uomo giusto?

Come scrive Abraham Heschel, l’ebraico biblico non ha nessuna parola per indicare il dubbio, mentre ha moltissime parole per indicare la lode, il canto, la gioia, la benedizione, la meraviglia davanti alla bellezza del creato. Da questa meraviglia nasce la gratitudine, che è il sentimento fontale da cui scaturisce il senso della nostra vita. Allora tutto ciò che esalta la bellezza della creazione diventa una lode di Dio. Dobbiamo rivalutare ed apprezzare ogni gesto ed ogni azione autenticamente umana. L’amore sessuale legittimo, la danza, la festa, il sano divertimento, il gioco, l’umorismo, la creazione artistica, il gustare i prodotti della terra e del lavoro dell’uomo… tutto questo è una lode del Creatore. Una sentenza talmudica dice che noi meritiamo il Paradiso tanto quanto siamo riusciti a gustare le bellezze ed i doni della creazione. Ovviamente nel rispetto delle leggi di Dio. E saremo giudicati su tutti quei piaceri legittimi a cui abbiamo rinunciato. L’etica biblica non è un’etica rinunciataria e proibizionista, ma un’etica positiva di amore per il creato. Se il nostro sentimento dominante non è il canto, la gratitudine per tutto quello che il Signore ha fatto per noi, noi lasciamo pericolosamente spazio ad altri sentimenti: alla paura, all’angoscia, alla depressione, alla rabbia che ci raffredda.

La grande tradizione cristiana ha sempre magnificato le bellezze della creazione. Pensiamo al Cantico delle creature di San Francesco d’Assisi che è alle origini della nostra letteratura italiana. Una bellissima poesia di lode e di gratitudine, al punto che ogni creatura viene innalzata alla dignità di “fratello (sole), sorella (luna ed anche morte corporale) e madre (terra)”. Il creato diventa la nostra famiglia, caro come un familiare. Il cardinal Wishinsky, primate di Polonia nei difficili anni del comunismo, padre spirituale di Giovanni Paolo II, ha scritto in una lettera di compleanno: “Ti ringrazio o Dio, perché mi hai abbracciato attraverso le braccia di mia madre”. E’ la preghiera di un autentico uomo biblico, che sa riconoscere in tutto il bene che riceve dalle creature, un dono allusivo alla bontà di Dio. Ha concretizzato Dio, che non è il misterioso ed inaccessibile Altro, ma è talmente concreto e vicino da esser presente in tutte le persone che ci amano davvero.

8 commenti a La gratitudine, ovvero ciò che differenzia i credenti dagli altri

  • Enrico da Bergamo ha detto:

    Concordo pienamente bisogna sapere si essere grati ad altri.

  • Ottavio ha detto:

    Grazie…non ci avevo mai pensato effettivamente.

  • lorenzo ha detto:

    In effetti, introdurre nel ragionamento sul credere o il non credere la gratitudine, apre prospettive completamente nuove.
    Grazie per la realtà dischiusa dall’articolo.

  • Sesbassar ha detto:

    Bellissime, e verissime, le parole di Wishinski! Che il Signore lo abbia in gloria 🙂

  • Sophie ha detto:

    http://www.youtube.com/watch?v=KvS_BVda9ww&feature=share Quest’articolo m’ha fatto ripensare alla canzone di Max Pezzali! 🙂

  • Antonio72 ha detto:

    Bell’articolo, complimenti.
    Sono d’accordo soprattutto con questo passaggio:
    “Diventa dunque fuorviante qualsiasi spiritualità incentrata sul pessimismo e sul peccato da riparare”.
    Ed anche con questo:
    “Siamo sicuri che Egli ama il suo creato, se ne prende cura, lo porta al suo compimento, alla sua realizzazione.”
    Aggiungo, che prendersi cura del creato dovrebbe valere anche per l’uomo, in quanto fatto ad immagine e somiglianza di Dio.

    Se queste sono le linee guida della nuova teologia contemporanea, allora stiamo allegri o meglio gioiosi. Purchè non si diventi tutti dei cattolici adulti. Tra l’altro ho sbagliato quando mi sono dichiarato cattolico adulto…la giusta definizione è cattolico fanciullo. Spero che anche al prof. Fasol si senta un po’ cattolico fanciullo, il quale vuole imparare cercando di comprendere ciò che impara. Solo così infatti, almeno secondo me, un fanciullo può crescere sano. E la mia guida è la Chiesa, come pressapoco lo è il faro per il naufrago. La tragedia degli atei è che anche loro sono naufraghi, ma credono di non esserlo. Così, non avendo un punto di riferimento fisso, e nell’oscurità più completa dell’ignoranza umana, sono costretti a cozzare l’uno contro l’altro. Ed il paradosso è che vanno fieri di questo cozzarsi a vicenda.

    • Piero ha detto:

      Purchè non si diventi tutti dei cattolici adulti. Tra l’altro ho sbagliato quando mi sono dichiarato cattolico adulto…la giusta definizione è cattolico fanciullo.

      Certo e’ facile confondere le due definizioni, eh? 😀

  • tommaso b. ha detto:

    Bellissimo, grazie 🙂