Il mistero della coscienza: non è nel cervello e non arriva dall’evoluzione
- Ultimissime
- 13 Mag 2012
«La maggior parte degli atei sembrano essere certi che la coscienza dipende interamente (e sia riducibile al) dal funzionamento del cervello. Nell’ultimo capitolo del mio libro, sostengo brevemente che questa certezza è ingiustificata. La verità è che gli scienziati non sanno ancora quale sia il rapporto tra coscienza e materia» (The End of Faith, Norton & Company 2004). Questa frase appartiene sorprendentemente al filosofo Sam Harris, conosciuto per essere uno dei leader internazionali dell’ateismo scientifico (si, farà anche sorridere, ma c’è ancora gente che ci crede).
Curiosi personaggi che fino a ieri proclamavano l’infallibilità scientifica come dogma universale, mentre oggi -dopo due secoli di ubriacatura illuminista- reintroducono la parola “mistero” al culmine delle grandi questioni umane. Certo ancora ci sono in giro soggetti superstiziosi, devoti alla “dea scienza”, come Paolo Flores D’Arcais, come Danilo Mainardi che parla apertamente di «culto della ragione» alla stregua dei rivoluzionari francesi, come Piergiorgio Odifreddi che parla della scienza in chiave mistica (da “Il Vangelo secondo la Scienza”): «concentrazione, meditazione, illuminazione. Essa può adeguatamente fornire le basi per una religione completamente decostruita, punto di arrivo finale del percorso di dissoluzione del teismo nell’ateismo». Anche nel mondo anglosassone c’è ancora qualche esemplare di positivismo, la maggioranza di essi diligentemente al seguito del gran sacerdote Richard Dawkins. Ad esempio il chimico Peter Atkins, secondo cui «in futuro, la scienza sarà in grado di stabilire che cosa si intende per coscienza […] in altre parole tutto quel genere di cose che classifichiamo come ‘spiritualità umana’. Credo anche che la scienza, quasi inevitabilmente, riuscirà a costruire macchine in grado di simulare la coscienza in modo così completo da non consentirci di distinguere la loro coscienza dalla sua o dalla mia» (da “La scienza e i miracoli”, Tea 2006). Non è una citazione del 1800, ma di pochi anni fa.
Mettendo da parte questo genere di odifreddure, interessante andare a leggere la recente opinione, ad esempio, di Robert Lanza, responsabile scientifico presso l’Advanced Cell Technology e docente presso la Wake Forest University School of Medicine, il quale scrive: «nonostante i superconduttori che contengono una quantità sufficiente di filo di niobium-titanium per fare il giro della terra sedici volte, non abbiamo una maggiore comprensione del perché esistiamo rispetto ai primi pensatori della civiltà […] Quanto più scrutiamo lo spazio, tanto più ci rendiamo conto che il segreto della vita e dell’esistenza non può essere trovato controllando le galassie a spirale o visionando lontane supernovae . Si trova più in profondità. Si tratta di noi stessi […]. Siamo molto di più di quanto ci è stato insegnato nelle ore di biologia a scuola. Non siamo solo una collezione di atomi […] c’è di più per noi che la somma delle nostre funzioni biochimiche. La scienza non è riuscita a riconoscere le proprietà della vita che lo rendono fondamentale per la nostra esistenza». Ed infine: «La risposta alla vita e all’universo non può essere trovata guardando attraverso un telescopio o esaminando i fringuelli delle Galapagos. Si trova molto più in profondità. E’ per questo che esiste la nostra coscienza».
La “coscienza” è il filo conduttore di questo articolo, partendo da Harris e passando per Atkins. Tre mesi fa anche il filosofo Colin McGinn, docente presso l’Università di Miami, ha affrontato la tematica: «Più guardiamo il cervello, tanto meno sembra un dispositivo per la creazione della coscienza. Forse i filosofi non saranno mai in grado di risolvere il mistero». Ecco dunque, come si diceva, che la parola “mistero” torna a fare capolino. Parlando della filosofia della mente, ha delineato le 5 posizioni correnti sulla coscienza: eliminativista, cioè non esiste la coscienza, è solo una nostra illusione, essa si riduce solo a stati cerebrali, posizione sostenuta da Atkins (e da molti ateologi), come abbiamo visto, ma definita da McGinn «assurda, una forma di pazzia». C’è poi la concezione dualista: la realtà si divide in due sfere giganti: il cervello fisico da un lato, e la mente cosciente dall’altro, ma risulta essere una posizione contraddittoria e inefficace a spiegare i molti dubbi che emergono. La posizione idealista, anch’essa assurda, afferma che non esiste nulla se non la mente, la materia è pura illusione tutto è un’allucinazione del cervello. La concezione panpsichista tenta invece di risolvere il “mistero” della coscienza affermando che essa è diffusa in tutto il mondo pre-materiale, era già presente nel Big Bang ma -spiega il filosofo- non offre alcuna prova a suo sostegno. Infine, rimane la posizione detta “mysterian”, a cui McGinn appartiene, ovvero la concezione per cui la risposta è al di là dell’apparato concettuale delle risorse umane. Più le neuroscienze studiano il cervello, afferma, e più si capisce che esso non può aver prodotto la coscienza. «Ultimamente», conclude, «mi sono accorto che il mistero è abbastanza diffuso, anche nella più difficile delle scienze».
Concludendo, se -come afferma il dott. Lanza-, la coscienza non è un prodotto dell’evoluzione, se -come afferma il filosofo McGinn- la coscienza non è un prodotto del cervello e non è un’illusione, allora da dove essa arriva? Se non si vuole entrare in campo teologico, l’unica risposta valida è introdurre la parola “mistero”. Lo ha spiegato in modo poetico il premio Nobel per la fisica, Richard Feynman: «La stessa emozione, la stessa meraviglia e lo stesso mistero, nascono continuamente ogni volta che guardiamo a un problema in modo sufficientemente profondo. A una maggiore conoscenza si accompagna un più insondabile e meraviglioso mistero, che spinge a penetrare ancora di più in profondità» (“The Value of Science”, Basic Book 1958)
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120 commenti a Il mistero della coscienza: non è nel cervello e non arriva dall’evoluzione
Pare che sia più facile conoscere il cosmo che il proprio ego, se quest’ultimo è più lontano della distanza da ogni stella.
Beh? La fisica quantistica è ancora un mistero! I confini dell’Universo sono ancora un mistero e forse non ci arriveremo mai! E allora? Non vedo grandi sconvolgimenti nella scienza solo perchè il concetto di identità individuale è ancora sepolto nei meandri dei geni! Prima di dichiarare sconfitta l’interpretazione evoluzionistica, dovremo aspettare qualche millennio, secolo più secolo meno.
Vedi Comandé, tu fatichi a capire. Lo si vede quando dici: “è ancora sepolto nei meandri dei geni!”. Il concetto è che l’uomo non è riducibile ai geni.
Nessuno sta dichiarando sconfitta l’interpretazione evoluzionistica, non ti allarmare. Il tuo sostegno rimane saldo. Leggi l’articolo, ok?
Faccio parte del Popolino(e me ne vanto),sono un Signor Nessuno(e me ne vanto)ma voi intellettuali di peso avete un livello di cultura goliardica che chi vi legge non riesce a capirvi.Cosa significa:dovremo(dovremo?)aspettare qualche millennio?
Il bello è che il contenuto di questo commento è proprio ciò che i due autori citati nell’articolo smentiscono. Mi piace questo circolo vizioso in cui continuate a cadere…come se vi avessero fatto il lavaggio del cervello.
Comandé: la coscienza non esiste, è un’illusione, è un prodotto dei geni e dell’evoluzione.
Scienziati: no, non sappiamo nulla di come sia nata la coscienza, non è un’illusione, non è nei geni e non è un prodotto dell’evoluzione.
Comandé: beh? La coscienza è nei geni, aspettiamo il fantomatico futuro quando capiremo tutto!
Beh? Quante divergenze ci sono tra scienziati? C’è chi pensa che si risolverà tutto e c’è chi si arrende ora. Ma è presto per gridare vittoria. Ripeto che fra qualche millennio sapremo chi ha ragione. Già oggi sappiamo che i geni non sono tutto, metà dipende dall’ambiente.
Ancora non hai capito…., so bene che lo scientismo positivista è duro da morire…ma l’uomo non è spiegabile totalmente dalla scienza. Non c’è bisogno di aspettare 1000 anni o 10 mila per capirlo, come non basta aspettare 10 mila anni per capire che un bambino non può scalare l’everest.
Sapremo, chi?
Ma a lei Sig. Comande’ cosa importa della verita’ circa al coscienza?
Lei sostiene le tesi riduzioniste dei neuroscienziati, e secondo queste concezioni i nostri processi cerebrali sono tutti rigidamente determinati da meccanismi che inseguono un guadagno biologico selettivo. Meccanismi che mostrano inesorabilmente come i concetti di verita’ e di autocoscienza siano in realta’ una pura illusione. Sotto questo aspetto la sua posizione razionalistica, al pari della mia di credente, sono entrambe solo illusioni prive di valore e, in fondo, non sono neanche nostre….
Nel suo mondo esistono solo i geni, il caso e la necessita’; non c’e’ spazio per altro.
Come dire: non di solo pane vive l’uomo? Negare gli assunti genetici significherebbe dire che l’uomo che contempla Dio non vive per niente di pane! Bella fiducia nella scienza!
Non ci provare…nessuno nega la genetica, ma si nega il riduzionismo genetico. Open the mind!!
Brava Fede_81, hai colto il punto della questione: la differenza tra scienza e scientismo.
Nel mio mondo la scienza e la fede convivono in maniera armoniosa. Nel suo, purtroppo, si assolutizza la scienza e si finisce con lo sprofondare nel nichilismo.
E chi la sconfiggerebbe? Chi si inventa l’anima perchè rinuncia ad avere un cervello?
La sconfiggerebbe? Ma sei ubriaco?
L’anima? Ma chi ne ha mai parlato?
Certo che tra Comandé e Priapus abbiamo due esemplari degni di nota…aspettiamo il terzo va.
Beh, una persona che sceglie come nickname “Priapus” qualcosa degno di nota deve certamente di averlo (o credere di averlo)! 🙂
Chiedo scusa per la “grezzezza” della battuta!
ROTFL…. e non aggiungo altro!
Potresti argomentare meglio la tua trita e ritrita frase fatta? 🙂
Se ti riferisci a me, ti accontento subito; la scienza, quella che spesso sbaglia, ma
corregge sempre gli errori od inesattezze, non ha ancora trovato traccia di anima, ma
studiando il cervello con la risonanza magnetica funzionale ha rilevato che quello dei credini ha meno neuroni e sinapsi di quello delle persone normali.
Come osi offendere i credenti con affermazioni volgari e razziste, dandoci dei minorati mentali? E ci credo che la scienza non abbia trovato traccia di anima, dato che questo è campo della metafisica; studia un po’ di metafisica ed epistemologia e poi ne riparliamo.
Mi sa che hai sbagliato strada: MSIEHTA (amnesia teista) 🙂
I credini? 😀
Ottimi argomenti, Priapus. Evidentemente hai svelato la setta fondamentalista e razionalista da cui ti hanno liberato.
Sarà mica Boris/uomonero? 😉
credini?… eccomi 🙂
Eccellente argomento Priapus….
Quindi se fosse possibile sottoporre a risonanza magnetica funzionale Newton, Einstein, Pascal, Tommaso d’ Aquino, Dante, Michelamgelo, Bach ed altri “credini” troveremmo nei loro cervelli meno neuroni e meno sinapsi che nei cervelli delle persone “normali”. Interessante….. Ti dispiacerebbe indicare con precisione grazie a quali studi si e’ giunti a questi sorprendenti risultati?
In base a quali presupposti, poi, definisci “normali” le persone non credenti?
Per ultimo vorrei farti notare che la tua definizione “la scienza, quella che spesso sbaglia, ma corregge sempre gli errori od inesattezze” rivela una certa ignoranza epistemologica…..
Vedi, Priapo, ma per ogni stronz**a che sparate vi danno le noccioline?
Se gli atei fossero tutti come te, abbiamo una certezza: tra un secolo l’ateismo sarà polverizzato al pari della borghesia radical-chic spazzata via da qusta crisi, mentre il cristianesimo rimarrà.
Purtroppo (per noi) gli atei sono anche come quel tal Atkins, che se ho capito bene, è quello che ha scritto l’Organic Chemistry, detto appunto l’Atkins; ottimo testo e mi piace anche l’approccio allo strudio della organica, non per gruppi funzionali come il Morrison, ma per gruppi di reazioni.
E prima di vomitare termini come i “credini” che avrebbero meno neuroni, sciacquati la bocca con la varachina, anzi, con l’acido solforico.
Alla concentrazione che preferisci tu, purchè sia solforico.
Intervenendo in questo interessantissimo sito mi sono ripromesso di rimanenere sempre neutrale.Infatti non a caso premetto sempre di essere un convinto Laico.Ma francamente la classe di certi FANFARONNER mi disgusta.La maleducazione assoluta in questo paese,purtroppo trionfa.Ho potuto constatarlo su Facebook per l’arrivo del Pontefice nella provincia di Arezzo.Ma per concludere debbo anche dirle che in “casa mia”ci lavorano con la Risonanza Magnetica Funzionale e non credo che lei sia il collega di nessuno.Dunque i CREDINI si trovano da entrambe le sponde.Non se ne vanti.
Bravo, sta coi frati e zappa; non sono medico e dei medici ho l’opinione che ne aveva
Descartes. Quanto a maleducazione, nessuno uguaglia Natzingher e voialtri cattopite chi.
Bravo.Infatti il tuo livello culturale è quello dei fogliettini allegati ai cioccolatini di una famosa ditta di Perugia.Vai a leggerti “il Galateo”…e mangia meno cioccolatini.
Ricorda pure che offendendo i “credenti”non offendi solo i Cattolici e il loro Pontefice,ma anche le altre Religioni.credo che questo sito sia sempre stato aperto a tutte le opinioni.
Come osi darci dei maleducati quando hai detto che noi siamo dei minorati mentali e della gente che non usa il cervello (e non osare negare, ci sono le prove!)? Come osi dare a Benedetto XVI del nazista, quando all’età di 17 anni disertò per due volte dal suo lavoro (era telegrafista presso la Wehrmacht) solo per essere riacciuffato e brutalmente punito? Come ti permetti? Con quale autorità?
Priaupus, grazie per aver dimostrato ancora una volta che la morale atea non esiste. E pensare che ci sono babbei che continuano a dire che anche gli atei possono essere persone civili ed educate 😀
Ogni giorno abbiamo la dimostrazione che non è così. Chissà quando qualcuno vorrà invertire le dimostrazioni. Per ora noto che nessun militante laicista che frequenta questo sito (Roberto Dara??) ha sentito il bisogno di prendere le distanze o intervenire. Evidentemente ritiene che i propri correligionari hanno sempre ragione.
Priapus,
Prima parli di studi scientifici, fatti da medici, a sostegno della tua tesi, poi dichiari di non avere una buona opinione dei medici… Non ti sembra di contraddirti da solo?
La tua pesante affermazione sulla maleducazione dei credenti rivela un odio profondo che dovresti cercare di curare, in quanto rappresenta una malattia grave.
Natzingher? Usi il tuo cervello per concepire un termine utilizzato fino alla nausea dai laicisti? No, dico, un pensiero autonomo nemmeno a parlarne, vero? Devi copiare dagli altri.
Priapo, non umiliarti, torna nel sito dove sei scappato fuori e non dimenticarti la bottiglia dell’acido solforico stasera da impastare nel dentifricio.
Te lo dice anche l’Atkins, del quale sono convinto tu non conosca nemmeno l’esistenza.
Se tu fossi un mio studente, domani ti interrogo e facciamo i conti.
Un mitragliamento di organica, con 10 minuti di lavagna sei morto.
Anch’io trovo Priapo simpatico.Non lo capisco quando usa una linguaggio che non dovrebbe mai essere usato tra persone civili.Gli utenti di questo sito non sono i personaggi “Dell’Armata Brancaleone”.Dunque bisognerebbe pesare le parole.Cari saluti.
“The more we look at the brain, the less it looks like a device for creating consciousness. Perhaps philosophers will never be able to solve the mystery.”
Un articolo che inizia cosi’ dovrebbe almeno citare un singolo mistero che sia stato mai risolto dalla filosofia prima di indurci a proseguire nella lettura. Putroppo proseguendo la promessa d’inconsistenza viene ampiamente mantenuta in passaggi tipo questo:
“this kind of view is tacitly a rejection of the very existence of consciousness, because the brain processes held to constitute conscious experience consist of physical events that can exist in the absence of consciousness. Electricity in the brain correlates with mental activity but electricity in your TV presumably does not – so how can electrical processes be the essence of conscious experience? If there is nothing happening but electrochemical activity when I say, “My finger hurts,” or, “I love her so,” then there is nothing experiential going on when I say those things. So reduction is tantamount to elimination, despite the reductionist’s intentions (it’s like maintaining that people called “witches” are nothing but harmless old ladies – which is tantamount to saying that there are no witches).”
Una sfilza di sensazioni travestite da ragionamento che non merita nemmeno l’impiego dei secondi che ognuno di noi deve spendere per leggerle
E perché non ci racconti tu, Andrea, un “mistero” che sia stato risolto dalla scienza?
Sarei tentato di cominciare dai fulmini o da qualcosa di ancora più basico… Ma io non ho sostenuto nel mio post che la scienza risolva i misteri e la filosofia no, ho semplicemente detto che non conosco nessun mistero che sia stato risolto dalla filosofia.
Ma di quale mistero parli? Filosofia e scienza lavorano in campi separati…ma la seconda è senz’altro meno importante della prima, perché la prima affronta le grandi questioni che interessano davvero all’uomo.
“Filosofia e scienza lavorano in campi separati…”
Sono d’accordo
“ma la seconda è senz’altro meno importante della prima, perché la prima affronta le grandi questioni che interessano davvero all’uomo.”
beh non credo si possa assolutizzare l’importanza della filosofia con questa facilità, per potersi porre gli interrogativi di cui parli (e dico per poterseli porre, perchè da qui a risolverli ne corre…) è necessario avere la pancia piena, essere sani e avere il necessario tempo libero, cosa che nell’odierna società non ti è garantita certo dalla filosofia. Dopodichè ognuno ha le sue priorità ci mancherebbe.
La scienza spiega il “mistero” dei fulmini?!
Sentiamo la fisica: il fulmine è una scarica di elettricità statica nella ionosfera. Capito tutto, Andrea? La scienza “descrive”, Andrea, 10 fenomeni diversi ricorrendo a 2, ma non spiega questi 2 né tantomeno nessun mistero. Che cos’è l’elettricità?!
Perfetto col tuo approccio tutto è un mistero, diviene quasi inutile anche porsi domande.
se ho capito bene il mistero è, secondo la tua definizione, l’insieme delle domande cui tutte le discpline tranne la scienza, che descrive e basta, promettono di dare risposta (senza riuscirci, altrimenti che mistero è)….
E’ corretto?
Caro Andrea, ti ricordo che Colin McGinn non è credente, ed è professore di filosofia presso l’Università di Miami. Noto che il tuo commento non contiene nessuna “confutazione” a quanto lui dice, ma si limita a citare sue frasi sottolineandone la presunta banalità. Tutto qui?
Ciao Norberto.
E per quale motivo i credenti dovrebbero avere l’esclusiva sulle mie eventuali accuse d’aver proferito stupidaggini?
“because the brain processes held to constitute conscious experience consist of physical events that can exist in the absence of consciousness…”
Forse se traduco lasciamo da parte l’esterofilia e ci concentriamo sulle stupidaggini:
“I processi cerebrali ritenuti costituenti dell’esperienza cosciente consistono di eventi fisici che possono esistere in assenza di coscienza. L’elettricità nel tuo(vostro) cervello è correlata ad attività mentale ma quella nel televisore no, quindi come possono i processi elettrici essere l’essenza dell’esperienza cosciente?”
MA che diavolo di dimostrazione è???
Continuo a non capire la tua argomentazione.
Non sto fornendo nessuna argomentazione a favore o contro affermo solo che quella del filosofo non è una argomentazione, sempre che la tesi che vuole sostenere sia che i processi cerebrali non possono essere alla radice dell’ “io”.
A te sembra così lampante il suo ragionamento?
ma a questo punto estendo l’interrogativo:
“qui a tutti sembra che il ragionamento del filosofo non faccia una piega”?
Se l’autocoscienza fosse un semplice prodotto del cervello, dovrebbe derivare che il cervello è autocosciente.
Invece la coscienza si identifica con l’ ‘io’, che si sente qualcosa di altro rispetto al corpo e dunque anche al cervello che di suo è incosciente.
Lo dimostra il fatto che, mentre l’autocoscienza è un dato immediato e intuitivo, la conoscenza del cervello deriva dallo studio ma nessuno istintivamente identificherebbe il suo io (che è intuitivo) col cervello.
Il cervello è certamente strumento della coscienza (e infatti mentre noi pensiamo sentiamo che la testa lavora, in particolare a livello frontale, così come, se si danneggiano alcune parti del cervello, si può diventare incoscienti) ma, se fosse esso la sede e la causa della coscienza, dovrebbe essere il mio cervello ad essere cosciente di me e non viceversa.
E’ un buon argomento, Licurgo.
io ritengo invece che l’io sia semplicemente la variabile cui il tuo cervello assegna l’unico elemento comune ad ogni sua esperienza, ossia la sua stessa presenza ad essa….
il cervello crea il concetto dell’io perchè l’io è un’astrazione utilissima.
“dovrebbe essere il mio cervello ad essere cosciente di me e non viceversa.”
un cervello che è cosciente di sè non è assolutamente in contrasto con questa tua affermazione.
Peccato che le tue credenze contrastano con quelle degli studiosi nell’articolo. Sicuramente sei libero di credere a quello che vuoi.
Ti ringrazio di aver riaffermato questa libertà che per quanto mi riguarda è reciproca, mi spiace tuttavia che tua ravveda nel mio avere un’opinione personale che non sia frutto di citazioni d’altri, un difetto… (almeno questo traspare da quell’incipit: “peccato che…”)
No Andrea,
Il cervello non puo’ creare concetti ed astrazioni: il cervello e’ il substrato biologico necessario al pensiero, ma il pensiero e’ di una natura diversa dalla materia. Il pensiero dematerializza cio’ che pensa…
Ciao Lucio,
perdonami ma concoredrai con me che non basti dire “non può”, bisogna anche dire perchè non potrebbe.
“il cervello e’ il substrato biologico necessario al pensiero ma il pensiero e’ di una natura diversa dalla materia”,
ma io non ho mai detto che i pensieri siano materia, ho solo detto che ritengo che non si possa dimostrare che i pensieri non siano astrazioni di meccanismi materiali nè più e nè meno di quanto non si possa affermare che il coniglio o una casa siano un’astrazione della moltitudine di atomi e molecole che li costituiscono.
Con la differenza che il coniglio,la casa, i mattoni, li tocchi (perchè “esistono” ad un livello dimensionale in cui riconoscerli può far la differenza nella vita di tutti i giorni) e i processi chimico elettrici che avvengono all’interno del nostro cervello non sono , per definizione, allo stesso modo tangibili.
il pensiero non dematerializza, semplicemente rappresenta ciò che è materiale ( o che presuppone essere immateriale) in un modo simbolico attraverso meccanismi che si sono evoluti per farlo perchè ciò rappresentava presumibilmente un vantaggio. (l’avere un idea di te in relazione all’idea degli altri, piuttosto che associare una tua azione passata ad una presente, e guarda caso entrambe avrebbero proprio l’IO come elemento comune… Tutte queste sono forme di intelligenza che fanno la differenza tra animali sociali, in grado di apprendere dalle proprie esperienze e di cooperare , ed animali di più basso livello)
Ciao Andrea, se tu sostieni che i pensieri umani sono astrazioni di meccanismi materiali allora devi convenire con me che dentro di te esiste la elevata facolta’ di riconoscere i pensieri come astrazioni. Come ben sai anche un animale riesce a pensare: i primati, i mammiferi ed alcuni uccelli, ad esempio, lo sanno fare molto bene. Ma niente indica che siano in grado di compiere astrazioni simili a quella fatta da te. Ti risulta inoltre che uno scimpanze o un delfino possano farsi domande sul senso della loro vita? Oppure che possiedano una sfera morale?
In conclusione, quindi, le nostre capacita’ mentali, rispetto a quelle degli animali, sono non solo piu’ elaborate da un punto di vista quantitativo ma anche qualitativamente diverse. Questo punto e’ talmente evidente che non vale neanche la pena di spenderci sopra altro tempo ed altre parole. Naturalmente esistono posizioni scientifiche riduzionistiche (oppure preformazionistiche o fulgorazionistiche) che si oppongono a questa evidenza in nome della assolutizzazione della ragione. Ma sono davvero credibili? Se si seguono davvero queste concezioni tutto cio’ che di nobile e bello e’ stato creato dall’ uomo viene automaticamente svuotato del suo significato piu’ profondo. Non so se tu abbia dei figli o una moglie ma in caso positivo, qualora tu volessi essere coerente con le concezioni scientiste, dovresti essere costretto a fargli un discorso del genere: In realta’ l’affetto che provo per voi e’ del tutto illusorio e tale illusione esiste solo perche’ comporta un guadagno biologico selettivo…. Non trovi che questa conclusione sia avvilente e, soprattutto, non corrispondente a quello che invece in realta’ provi per loro dentro di te?
Un saluto!
Ciao Lucio,
dici:
“Ma niente indica che siano in grado di compiere astrazioni simili a quella fatta da te. Ti risulta inoltre che uno scimpanze o un delfino possano farsi domande sul senso della loro vita? Oppure che possiedano una sfera morale?”
ma certo su questo sono d’accordissimo, tuttavia se è vero che nel regno animale vi è proporzionalità nei vari gradi d’intelligenza , seppur a gradini, poichè non esiste ogni possibile creatura concepibile ma solo quelle che la selezione naturale a portato fin qui , è plausibile che l’uomo sia semplicemente in cima alla montagna, l’ultima molecola d’acqua sulla punta dell’iceberg.
“Se si seguono davvero queste concezioni tutto cio’ che di nobile e bello e’ stato creato dall’ uomo viene automaticamente svuotato del suo significato piu’ profondo.”
questo tuttavia è un limite del tuo modo di ragionare rispetto all’interpretazione che dai del mio. Mi spiego meglio. E’ più rilevante sapere che l’amore è un complesso di attrazione, reazioni chimiche e regole incise a martellate nel nostro DNA, oppure che esso è un insieme di sensazioni di esperienze gratificanti?
Per me non è un problema ammettere che a differenti livelli d’astrazione l’amore sia entrambe le cose. Posso (tentare di) studiarlo al primo livello, oppure viverlo godermelo (e studiarlo da un punto di vista psicologico) al secondo.
Questo non mi comporta affatto l’annichilimento che prospetti tu, nè tantomeno modifica in peggio le mie esperienze. La corrispondenza che tu non trovi è in realtà una spiegazione su un ordine di grandezza differente.
La nostra gratificazione ovviamente è legata alla seconda interpretazione perchè è quella a cui istintivamente (e quindi probabilmente per motivi evolutivi) ci muoviamo nella nostra società. Inoltre a livello microscopico la fenomenologia dell’amore sarebbe probabilmente di una complessità al di fuori della nostra portata, in termini di modelli e comprensibilità.
Quindi per risponderti l’affetto non è illusorio ma è “vero”, o meglio non è più illusorio di quanto non lo sia un sasso quando lo tocchi.
ti ricordo che il sasso è in fondo la rappresentazione che il cervello fa di un accrocchio di atomi che riflette la luce verso la tua retina. certo è poco romantico pensare ad un sasso, magari di forma curiosa, in questo modo, e infatti non sei costretto a farlo quando lo apprezzi sdraiato sulla spiaggia.
quanto al fatto del salto qualitativo dell’uomo lo riconosco, ma in quale altro momento dell’evoluzione della vita un organismo avrebbe dovuto iniziare a riflettere su questo salto se non proprio nel momento in cui si è verificato?
Visto che il salto coincide consta anche nella capacità di accorgersi del salto stesso?
Ti rispondo molto semplicemente Andrea: secondo le visioni evoluzionistiche che tu condividi, in ultima analisi, i nostri corpi vivono o, per meglio dire, si danno la pena di vivere, poiche’ costretti a comportarsi cosi’ dalle leggi della biologia. Siamo solo macchine viventi molto raffinate in cui e’ stato scritto l’ordine di sopravvivere e trasmettere la vita.
Ma se e’ davvero cosi’ allora perche’ siamo cosi’ interessati alle domande sul senso della vita e sull’ esistenza o meno della coscienza?
Se davvero il nostro cervello e’ stato programmato dall’ evoluzione unicamente per risolvere i problemi relativi alle strategie migliori da adottare per sopravvivere e per aumentare la prole, allora perche’ perdiamo tanto tempo nel farci domande che sono del tutto inutili a questo scopo?
“nessuno istintivamente identificherebbe il suo io (che è intuitivo) col cervello.”
Perdonami Licurgo, tuttavia nessuno identificherebbe nemmeno il suo mal di pancia (che è intuitivo) con l’intestino, senza aver compiuto gli opportuni studi
Andrea, certo, perchè il primo punto è l’autocoscienza, ovvero devo sapere che quel mal di pancia lo provo io, e l’io me lo formo in automatico; però il mal di pancia è localizzato ed intuitivo, cioè appunto ‘io’ sento che ‘mi’ fa male la pancia.
Sul cervello che crea l’io perchè ‘gli è utile’: solo un’intelligenza autocosciente capisce cosa sia l’utile, per cui il tuo ragionamento torna paradossalmente al problema che il cervello, per compiere azioni finalizzate, dovrebbe essere intelligente e personale (così come quello di un cane dovrebbe avere una coscienza minore di tipo sensitivo…), oppure, avendo un’intelligenza finalizzata di tipo puramente funzionale, si arriva al problema di come essa possa esserci senza un’intelligenza cosciente dietro, oltre al paradosso che in tutto questo meccanismo una semplice variabile derivata(l’io) è l’unica ad essere cosciente ed intenzionale pur derivata da un’attività funzionale…l’esatto opposto di quel che dice la logica.
il cervello crea l’io non perchè gli è utile a livello conscio ma perchè tale astrazione crea (o meglio ha creato) un vantaggio competitivo), lo crea nelle gazze, lo crea nelle scimmie e lo crea in noi.
Non è affatto necessario capire cosa sia utile perchè la cosa in questione lo si riveli veramente, crendo un vantaggio.
Non credo che le termiti abbiano un concetto dell’utilità di costruire un termitaio, eppure lo fanno…
Il paradosso esiste solo se parti dall’assunto che l’utilità necessiti necessariamente di un soggetto per il quale tale utilità sia una funzione conscia..
“avendo un’intelligenza finalizzata di tipo puramente funzionale, si arriva al problema di come essa possa esserci senza un’intelligenza cosciente dietro,”
ma questo è un falso problema introdotto dalla superbia umana che crede che l’intelligenza sia solo sua e non possa esistere in altre sfumature, come possiamo escludere che la coscienza di sè esista a livelli sfumati man mano che si procede verso il basso nella catena evolutiva?
Credo non si possa, e ci sono esperimenti formulabili sugli animali che lo dimostrano.
Non è un falso problema di superbia, è semplicemente applicazione della logica alla realtà. Si può non essere d’accordo, ma allora è inutile pensare e ragionare e conviene affidarsi alle emozioni (la superbia in filosofia non è una categoria).
Lo scarto tra l’uomo e gli altri animali, e che lo differenzia da essi, è il metapensiero e la formazione di concetti astratti: questa è autocoscienza, il resto della presenza a sè che si trova in natura è pura e semplice autopercezione…certamente, più il sistema nervoso degli animali è complesso più ci sono gradi di intelligenza, ma mai in nessun caso l’animale non umano mostra di possedere i cosidetti concetti dai quali formare giudizi e sillogismi e unendo la coscienza di farlo e il riflettere sul proprio pensiero: questo, che è il lato che trasforma la presenza a sè in autocoscienza non si da in altri animali.
E, applicando la logica, pensare che la coscienza derivi da un’intelligenza funzionale che cerca l’utile senza saperlo (ma che genera egualmente un’intelligenza conscia) è un paradosso perchè inverte la logica; nulla c’entra la superbia, ma c’entra l’applicazione delle categorie del ragionamento.
Le termiti sono il classico esempio di intelligenza funzionale collettiva incosciente, e infatti una singola termite o formica non è intelligente nè capace di formare astrazioni e sillogismi, a meno che non si voglia abbandonare il comportamentismo per darsi all’empatia con gli animali, che è categoria emotiva.
E infatti il grosso problema di interpretare la natura in senso puramente materialista è l’esistenza di intelligenze funzionali non coscienti. La ragione ci dice che la funzionalità deriva da un’intelliegnza cosciente, mentre ci dice assurdo l’opposto. E, se si vuol usare la ragione, il problema è quello.
A me fa anche ridere, leggendo questo discorso, pensare che la nostra coscienza che ci fa arrivare a questi concetti, sia un derivato di un’intelligenza funzionale inconscia e credo che se si riflette con onestà intellettuale, l’assurdo sia evidente e intuitivo.
Peraltro, Andrea, anche volendo ammettere l’assurdo logico di un’intelligenza funzionale senza coscienza (ma senza coscienza qualsiasi azione funzionale è impensabile visto che senza coscienza e volontà non può esserci ricerca dell’utile) rimane lo stesso problema a monte: il cervello produce l’autocoscienza -per utilità ma strananente senza che in natura, o fuori (Dio), ci sia nessuna intelligenza cosciente per compiere un’azione utilitaristica (ovvero l’oggetto senza soggetto…) e, ripeto, alla ragione ciò suona male come un pianoforte non accordato suona all’orecchio- ma il cervello non è autocosciente, mentre questa autocoscienza è individuale e personale; l’io non identificabile col cervello (io mi percepisco come Licurgo e non come il cervello di Licurgo, anche se capisco che il cervello sia lo strumento dell’io)ma sarebbe il cervello la sede dell’io e dell’autocoscienza senza che il cervello, che agirebbe utilitaristicamente, ne sappia nulla…
Scusate i tre commenti di fila, ma le contingenze personali mi impediscono di poter svolgere un intervento compiuto e ogni volta che posso rileggere mi accorgo che mancano alcuni spunti per evitare di tornare su obiezioni un poco ingenue.
L’obiezione che Andrea potrebbe muovere è che anche animali che non hanno autocoscienza svolgono azioni finalizzate.
Negli animali superiori, come abbiamo visto, esiste un grado di soggettività e di autopercezione che istintivamente fa cercare loro l’utile senza che nemmeno sappiano cosa voglia dire utilità (come non sanno cosa sia la ragione, il sentimento e la bellezza ad esempio, cioè i concetti astratti); viceversa un cervello non ha alcun tipo di coscienza soggettiva.
Se invece si paragona il cervello all’intelligenza dell’ape, rimane il problema di fondo del materialismo: dietro la ricerca dell’utile e qualsiasi azione funzionale deve in qualche modo esserci un’intelligenza cosciente; pensare che un’intelligenza cosciente e soggettiva sia prodotto di un’intelligeza funzionale senza un’altra intelligenza dietro che programma l’intelligenza funzionale è un assurdo, visto che la ricerca di un utile non può esserci senza che da qualche parte ci sia un soggetto pensante: un meccanismo non può esserci, se vogliamo stare alla ragione, senza un’intelligenza che lo produce.
non sono d’accordo con queste due affermazioni:
1) “La ragione ci dice che la funzionalità deriva da un’intelliegnza cosciente, mentre ci dice assurdo l’opposto”
2) “senza coscienza e volontà non può esserci ricerca dell’utile”
il primo punto non tiene conto dei differenti livelli di astrazione:
a) quello a cui si possono muovere attori che generano azione collettivamente intelligente
b) quello a cui rileviamo dell’intelligenza stessa.
Nel caso delle termiti infatti l’intelligenza è espressa a livello di gruppo e non unitario, quasi il vero organismo fosse il termitaio (e forse in un certo senso lo è). Allo stesso modo i nostri organi interni non sono intelligenti, pur tuttavia il nostro organismo si autoregola in modo intelligente anche a livello di interazioni tra i vari organi o a livello d’astrazione ancora più basso, a livello di singol reazioni chimiche che sono utili, che generano equilibri dinamici funzionali alla sopravvivenza, ma non certo coscienti.
l’utilità in natura non è solo ricercata, , se associ l’utilità all’intenzione allora sono d’accordo con te, ma se definiamo l’utilità intrinseca (legata ad esempio alla differenza tra sopravvivere o non sopravvivere) non è necessaria alcuna volontà, nè tantomeno e cosciente l’azione di ricerca di utilità, essa si svolge come semplice meccanismo di selezione.
persino il nostro pianeta è, all’opportuno livello d’astrazione, considerabile come una forma di vita a sè, per la quale noi e le altre “creature” biologiche svogliamo esattamente il ruolo che vitamine, proteine anticorpi e virus svolgono all’interno del nostro corpo…
Ovviamente la terra non ha coscienza di sè, la sua complessità è paragonabile a quella di un pianta…
“pensare che un’intelligenza cosciente e soggettiva sia prodotto di un’intelligeza funzionale senza un’altra intelligenza dietro che programma l’intelligenza funzionale è un assurdo”
Non ne sarei così certo.
In una rete neurale sufficientemente complessa il programma si modifica da solo, non ha bisogno di esser creato se non in forma molto basica (che equivale a quella associabile ad un intelligenza funzionale). Dato un numero sufficiente di neuroni è invece perfettamente plausibile che le funzioni di utilità producano una coscienza soggettiva, perchè essa è a sua volta utile e vantaggiosa. QUesto non implica che tutto ciò che noi facciamo ci debba dare dei vantaggi in termini di sopravvivenza. Ascolto della musica e contemplazione dell’arte, ricerca scientifica ne sono esempi. Ma sono esempi che si imperniano sui meccanismi di soddisfazione intrinseca che il nostro cervello ha sviluppato e che derivano dall’efficienza di comprimere al massimo le informazioni, e questo è un meccanismo di base che invece crea una distinzione a livello di competizione evolutiva.
@ Andrea.
Un programma elaborato ha bisogno che ci sia qualcuno che lo elabori. Nel cervello, dopo tutto quello che dici, rimane il problema iniziale: l’io è cosciente ma il cervello no, però questa coscienza sarebbe utilitaristicamente creata dal cervello, il quale però rimane incosciente. La logica del tuo ragionamento vorrebbe che il cervello stesso prendesse coscienza, non che producesse un io che non si identifica col cervello ma che addirittura lo comprende mentre il cervello rimane incosciente. Ripeto, è talmente contraddittorio da essere evidente.
Il problema dei meccanismi vegetativi del nostro corpo, dell’autoregolamentazione del pianeta e di tutto ciò che di suo è incosciente (compresa la singola termite) è proprio quello: come fanno ad avere meccanismi senza qualcuno che li abbia progettati, ma al contrario che l’unica intelligenza paragonabile a quella di un progettista universale sia un prodotto effimero e contingente di qualcosa che continua a rimanere cosciente?
Infine….sì, l’utile può anche capitare caso, ma senza una coscienza che lo seleziona come ‘utile’ non avrebbe nemmeno sensoparlare di utilità
“come fanno ad avere meccanismi senza qualcuno che li abbia progettati”
Da questa tua frase devo dedurre che tu non creda che la terra si sia raffreddata senza che nessuno ne abbia progettato il raffreddamento è corretto?
Credi che i fiumi siano stati progettati, insieme alle nuvole e ai mari?
Credi che il ciclo dell’acqua sia un progetto?
Licurgo,
un programma può riscrivere sè stesso. Un programma semplice deployato su una rete neurale di opportune dimensioni può riscrivere sè stesso.
nel caso delle reti neurali: Un programma semplice + esperienza = programma complesso,
ed infatti un bambino non ha coscienza di sè dalla nascita, ma la acquista nei primi mesi.
L’io è un concetto astratto come lo è coscienza, entrambi girano su un hardware che si chiama “cervello”.
Certo il programma semplice deve avere un origine, ebbene la sua origine (remotissima probabilmente ) è la pura copia delle informazioni attraverso i diversi legami chimici e fisici della materia. Il meccanismo di copia può essere stato progettato, non posso escluderlo, l’intera tabella degli elementi potrebbe esserlo stata, ma oltre quello non mi sento di andare a livello di progetti, almeno stanti le evidenze che abbiamo fin qui raccolto.
Nell’intervento sotto alla fine ‘cosciente’ ovviamente doveva essere ‘incosciente’; lo scrivo qua perchè non mi apre più i ‘rispondi’ sotto.
Insomma: il cervello produce l’io cosciente ma esso rimane incosciente in quanto tale…a me pare un’inversione logica palese.
D’altronde, il formicaio o il termitaio non sono coscienti nemmeno loro, dunque se per formiche o termiti abbiamo il problema di un’intelligenza funzionale senza autocoscienza, per l’uomo abbiamo il problema aggiunto di una coscienza che deriva da un’intelligenza funzionale inconscia e che rimane inconscia anche dopo aver prodotto questa intelligenza cosciente, problema che si aggiunge al primo delle api o delle formiche.
Difficile poter negare che il problema di ordine logico non sia notevole…
Ciao Licurgo,
si quello dell’indentazione è il classico problema delle discussioni che si annidano troppo, (cosa che capita quasi sempre quando sono coinvolto io 😉
tu dici:
“il cervello produce l’io cosciente ma esso rimane incosciente in quanto tale…a me pare un’inversione logica palese.”
se l’io è la rappresentazione che il cervello fa di se (e per estensione dell’intera persona che lo “porta in giro”) dove sta l’incongruenza?
Questo negherebbe che il cervello sia incosciente, nell’ipotesi che la coscienza sia una funzionalità del cervello.
Se invece parti dall’assunto che la coscienza sia qualcosa che debba esistere separatamente dal cervello come entità a sè stante allora l’incongruenza esiste. Ma lo scopo del mio intervento era cercare l’interpretazione più possibilmente semplice dell’emergere della coscienza. E credo che sia più semplice come ipotesi esplicativa, a parità di altri fattori, quella che vede un’esistenza della coscienza legata al funzionamento del cervello.
si può essere coscienti di sè senza qualunque altro organo ma non senza il cervello, per me questo è un forte indizio verso tale semplificazione. Il fatto che il cervello sia un’immensa rete neurale mi incoraggia inoltre a formulare ipotesi rispetto al fatto che sia sede di processi di funzionamento simili a quelli che sperimentiamo nelle reti neurali artificiali (e questo indipendentemente dalla questione dell’origine della vita). Le reti neurali artificiali si ispirano proprio a quelle cerebrali e nelle loro forme più avanzate (quelle ricorsive), sono in grado di ospitare meccanismi di apprendimento che riscrivono pezzi dello stesso programma che le fa funzionare.
Andrea: ma se il cervello fosse cosciente, sarebbe cosciente in quanto cervello, non produrrebbe un’autocoscienza soggettiva individuale che si sente diversa dal cervello e che addirittura può comprenderlo e studiarlo; dunque non possiamo dire che l’io sia una rappresentazione che il cervello fa di sè, perchè mancia l’io-cervello che possa rappresentarsi (o, detto come al solito, manca un’autocoscienza del cervello in quanto cervello).
Questo è il motivo che mi rende assai difficile accettare il riduzionismo (e si badi bene, io non sono credente nelle religioni, dunque non ho motivi altri se non la coerenza razionale) e che mi porta a considerare il cervello come ‘strumento’, ed essendo strumento è certo che senza di esso non si può pensare l’autocoscienza, ma questo è altro dal dire che ne sia la causa.
” ma se il cervello fosse cosciente, sarebbe cosciente in quanto cervello, non produrrebbe un’autocoscienza soggettiva individuale che si sente diversa dal cervello”
Se ho capito bene stai sostenendo che la coscienza pur nell’ipotesi di una sede cerebrale non potrebbe per definizione applicare una sorta di estensione del proprio dominio d’attribuzione estendendosi all’intero corpo, ma sarebbe costretta ad essere confinata al cervello stesso.
Ma questo non può assolutamente quadrare a mio avviso con meccanismi quali quello del dolore che fanno percepire al cervello tale unità. Ognuno di noi sente di essere anche il proprio braccio e la propria gamba, ma questo mi sembra un side-effect del tipo di interconnessione che essi hanno col cervello piuttosto che un indizio sulla natura totalitaria della coscienza stessa (e quindi in un certo senso sovracerebrale)
Viceversa credo che la coscienza si sentirebbe diversa dal cervello proprio perchè espressione di un insieme di sensi che trovano nel cervello la loro codifica ma non la loro manifestazione (quando ti scotti il dito ti fa male il dito non il cervello, tuttavia tutti sappiamo che è nel cervello che tale segnale giunge è codificato ed elaborato al fine di apprendere che è meglio intentare comportamenti atti ad evitare di bruciarsi)
Mi sembra più plausibile l’ipotesi secondo cui il cervello dovendo proteggere le funzioni che ne garantiscono la permanenza in vita (anche se si svolgono in remoto, laggiù, nello stomaco e nelle gambe) generi una coscienza che è totalitaria rispetto all’intero organismo e non una sensazione tipo “uomo in scatola”
Sì, Andrea, ma quella non si chiama coscienza o autocoscienza ma percezione.
Il cervello percepisce, ma senza l’io unificante non ci sarebbe soggetto della percezione.
Se il cervello fosse autocosciente sarebbe lui stesso, e non l’io- Licurgo (che considera il cervello come il suo cervello e non come se stesso), il soggetto della percezione.
Ma così non succede…
In rispetto ed amicizia io credo che tu abbia bisogno di una maggiore precisione concettuale e dunque di un maggior studio della teoretica: dire che l’io è un concetto astratto e confondere registrazione della percezione con autocoscienza secondo me ne sono prove.
Ovvio che se si sta al campo epistemico della scienza va benissimo studiare l’intelligenza in rapporto al cervello, in quanto il cervello ne è la causa prossima (e la scienza studia le cause prossime e fenomeniche) ma, visto quanto detto finora, non ultima (e la filosofia studia le cause ultime e noumeniche); ma a livello di ragione in senso filosofico credo che il problema sia enorme e la discussione parrebbe mostrarlo.
Si può dire che la filosofia ponga falsi problemi, ma la scienza stessa si fonda su categorie filosofiche e non scientifiche, a cominciare dal concetto stesso di scienza, dagli assiomi della logica, e dal campo epistemologico che definisce la scienza stessa.
@ Andrea.
Sul tuo secondo intervento: il problema sarebbe che se fosse come dici tu io mi sentirei -almeno a rigor di logica- una somma di parti e sensazioni e non un soggetto a cui esse (parti e sensazioni) appartengono.
Una pura curiosità visto che hai affermato di non essere credente pur riferendoti ad un progetto.
ti vorrei chiedere se Nella tua visione della realtà l’identificare un soggetto progettante abbia una qualche rilevanza (non è necessario che lo siia), e in caso di risposta affermativa ti chiederei di dirmi a quale risultato sei giunto nella tua ricerca se hai escluso che il soggetto possa essere non necessariamente degno di essere riverito e pregato.
Bella domanda amico.
Io credo, Andrea, che all’atto pratico non cambi nulla se non l’acquisizione di fiducia nella capacità della ragione nel rappresentarsi i concetti con un buon grado di oggettività,dal momento che riesce ad arrivare a rispondere parzialmente ad alcuni problemi.
Si tratta dunque di un problema esclusivo di logica filosofica (e l’atto puro è ente di ragione senza caratteristiche di amore provvidente) e proprio per questo cerco per quel che posso il confronto con chi la pensa diversamente da me, dall’ateo materialista a chi crede in una religione, a chi ha diverse concezioni filosofiche.
Se dovessi trovare una secca smentita di tipo razionale alle mie tesi le cambierei immediatamente, come si deve fare per ogni ragionamento quando smette di reggere al confronto.
Purtroppo il non voler impiegare tempo sui libri di filosofia è un mio grosso limite legato all’estrema noia e la scarsissima soddisfazione intellettuale che me ne deriva, ammetto che si tratti di un mio limite.
IN questo forum mi si obietta spesso che che ad ogni concetto anche in relazione ad un’ipotesi scientifica corrisponda una sfumatura filosofica, e quindi nel farla sto facendo filosofia, e quindi sono un “filosofo”, ma povero, perchè non studio filosofia….
Non è un argomento logicamente convincente, purtroppo vivo benisssimo anche facendo quel poco di filosofia che mi basta a formulare spiegazioni ed ipotesi più o meno scientifiche sui fenomeni che mi circondano. Ogni tentativo d’approfondimento mi ha consegnato ad un triste mondo di categorie circonvolute, in cui il filosofo nel tentare di definire “cosa è x” dopo aver abbozzato una definizione di x si concentra su cosa sia “è” per poi andare a sbattere nel tentativo vano di definire – cosa sia “cosa”.
Detto questo ti inviterei ad esprimere tu stesso la differenza tra coscienza di sè e percezione di sè senza mandarmi a studiare. Se non si può fare senza leggere un libro intero temo che non sia un concetto che mi interessi o che aumenti il mio livello di comprensione del mondo.
La bellezza intrinseca della scoperta scientifica, della musica dell’arte e perfino dell’umorismo è che si basano su meccanismi di compressione del dato, di individuazione di regolarità e proporzioni che aumentano la comprensione della realtà trovando pattern laddove pareva esserci rumore o irregolarità. Se per capire concetti così semplici come coscienza e percezione devo leggere un libro intero temo di imbattermi in un esercizio di falsa conoscenza, e quindi mi astengo volentieri pur facendomi carico dei limiti che tale approccio rappresenta
Andrea, pensavo di aver già espresso la differenza.
L’autocoscienza va oltre il percepirsi come soggetto unificato, ma arriva a pensare al fatto stesso che penso (questo è il metapensiero di cui dissi sopra) e a farmi domande sul mio pensiero e di qui a formarmi concetti astratti (la ragione, la bellezza, la verità, l’autocoscienza stessa…questi sono i concetti astratti, mentre la rappresentazione mentale transitoria di un qualsiasi ente è un concetto di tipio empirico).
Sulla filosofia: nessuno è obbligato a fare il filosofo, nè la filosofia è una disciplina più nobile di altre.
Semplicemente, come per tutte le attività dell’ingegno umano (ivi comprese quelle tecniche e operative), se si affronatno, come in questo caso, discussioni filosofiche è bene conoscere discretamente le questioni per la comodità e la scorrevolezza stessa della discussione.
OK perdonami, il fatto che tu non mi ritenessi sufficientemente esperto per comprenderlo mi aveva fatto inizialmente sospettare che ci fosse altro.
A me sembra plausibile che la coscienza di sè sia un sottoprodotto della percezione di sè. Io sono presente alle mie stesse esperienze e se me ne accorgo ho percezione di me, lo step successivo è riflettere su questa percezione di me, non ci vedo nessun salto di paradigma se non quello naturalmente conseguente alle capacità concettuali, e quindi cerebrali necessarie ad eseguirlo
Purtroppo la filosofia gode della proprietà essenziale di tutte le discipline da cui cerco di tenermi alla larga, essa è la seguente:
“Io sono la , la mia utilità non è rilevabile senza avermi prima studiata ed approfondita”.
Il motivo per cui mi tengo alla larga da tali discipline pur essendo persona amante della ricerca, della vita e dell’approfondimento è che, essendo umano sono sottoposto ai seguenti constraints:
1) ho un tempo limitato a disposizione
2) le discipline la cui utilità è immediatamente percepibile (sia essa sollazzo, conoscenza, previsione o quant’altro) non ho ancora finito di approfondirle
3) anche avendo una quantità sufficiente di tempo a disposizione non saprei come prioritizzare l’approfondimento delle altre .
Perciò perdonami se ti costringo a degli sforzi di semplificazione anche in termini di linguaggio, ti consoli il fatto che pur procedendo a ritmi non filosoficamente ideali magari in questa semplificazione ci rendiamo comprensibili ad una schiera più vasta d’interlocutori.
scusa sostituisci:
“Io sono la , la mia utilità non è rilevabile senza avermi prima studiata ed approfondita”.
con
“io sono la – nome della disciplina n-esima -, la mia utilità non è rilevabile senza avermi prima studiata ed approfondita”.
Per essere più chiaro sul perchè ritengo vi sia stretta relazione tra coscienza e percezione, partendo sempre dall’assunto materialista del programma che “gira” nel cervello:
siccome sono sempre presente –> il programma assegna tale concetto ad una variabile che chiama l’io, senza dover rifare la constatazione di tale presenza ogni volta daccapo–> percezione di sè.
utilizzata la variabile io un sufficiente numero di volte –> il programma inizia ad approfondire l’io cosi’ come fa con tutte le altre forme di regolarità che i sensi riscontrano, ipotizzando teorie sull’io –> coscienza di sè.
Andrea, mi pare che torneremmo a ripeterci.
Ho già espresso le motivazioni per cui, a rigor di logica (quella stessa logica basata su qualsiasi ragionamento umano) è difficile considerare la coscienza un sottoprodotto del cervello.
Visto che non ci sono nuove motivazioni, ma si continua a considerare la coscienza e il cervello nei termini di software e hardware con la differenza che non esistono software auotoscienti ma, guarda caso, in tutta quella situazione l’unico ad avere autocoscienza è l’uomo che progetta software e hardware, mi parrebbe ripetitivo tornare a ripetere tutta la pappardella visto che non ci sono argomenti di grossa novità; non essendo nemmeno mio interesse convincere nessuno della bontà delle mie motivazioni, ma interessandomi di più verificarle attraverso il confronto, credo che possa bastare qua, e ognuno, se ha voglia, potrà leggere e farsi un’idea.
Mi dispiace se hai preso il mio richiamo ad approfondire la filosofia (se e solo se ami questi dibattiti, altrimenti non è certo un dovere) come una critica personale: era semplicemente un consiglio, visto che mi sembri un interlocutore intelligente e appassionato a questi che a tutti gli effetti sono ragionamenti filosofici.
“non esistono software auotoscienti ma, guarda caso, in tutta quella situazione l’unico ad avere autocoscienza è l’uomo che progetta software e hardware”
verissimo non esistono ancora, nè esisteranno almeno finchè non avremo riprodotto una rete neurale con la stessa potenza (in termini di parallelismo e non di velocità) del cervello umano, nè io so dire se esisteranno mai. Potresti dirmi che “se il cervello esiste senza che nessuno lo abbia progettato” non si capisce perchè se ne debba progettare uno noi… In effetti da buon materialista non ti saprei rispondere se non dicendo che non so se la creatività umana possa essere più efficace dei semplici algoritmi genetici che suppongo l’abbiano, essi stessi, generata, nè conosco la genesi di tali meccanismi, ma staremo a vedere, e io nel frattempo per carattere, e forse anche limiti miei, mi limito a formulare il minor numero di ipotesi possibili, e per quanto possibile semplici.
Ok, non non mi sono offeso, e scusa se ho reagito con un po’ di veemenza, no preoccuparti ma sai com’è, quando vedi una sagoma nella penombra, pensare che sia un killer ti salva la vita o genera al più un falso positivo, pensare che sia tua madre, potrebbe ucciderti 😉
sono lieto di aver incontrato una persona che ama discutere serenamente.
Grazie e buona serata.
Stiamo al paradosso.
Mettiamo che costruissimo noi un software autocosciente e personale: anche in questo caso sarebbe un’intelligenza autocosciente (il progettista in quanto persona autocosciente) che costruisce un’altra intelligenza, non una inconscia che ne progetta una conscia, come invece voi materialisti dite che sia in natura!
Per cui in ogni caso il problema a monte rimarrebbe. Io non credo che si possa arrivare mai a questi livelli di transumanesimo, ma è una scommessa difficile la quale però non risolve il problema anche perchè a ben pensarci, per avere un’interiorità che non si sente somma delle parti ed avere così un pieno parallelo, si dovrebbe costruire integralmente un organismo biologico…roba da dottor Frankenstein!!! 😉
E comunque nè io nè tu credo che saremo vivi casomai ciò avvenisse…
Buona notte.
“non una inconscia che ne progetta una conscia, come invece voi materialisti dite che sia in natura”
ma non so gli altri, io accetto di definirmi materialista solo per comodità rappresentativa delle mie posizioni rispetto a chi qui non mi conosce, ma non conosco quali siano i meccanismi precisi che fanno di un materialista un materialista, nè tantomeno mi interessa aderire ad una categoria precisa.
Personalmente non ritengo che l’intelligenza sia frutto di un progetto ma semplicemente che emerga per effetto della probabilità applicata ad:
– un set base di leggi fisiche
– una quantità di energia/materia distribuita in modo sufficientemente vasto e irreglare (a seguito di un evento, una singolarità che per quanto ne so io potrebbe tranquillamente essere stato progettat/a)
Ho motivo di sospettare che su scala universale stanti queste premesse l’intelligenza possa emergere, ma ovviamente non posso fornire una prova sperimentale di tale teoria (come del resto nessuno mi pare possa fornire prove sperimentali di qualsivoglia teoria che affronti questo argomento). Se tali vastità e durate sono criteri da introdurre in una simile sperimentazione dubito che avremo mai a disposizione la capacità di calcolo sufficiente anche solo a simulare l’evoluzione dell’universo a partire da un microsecondo dopo il Big Bang), e soprattutto il tempo necessario ad attendere i risultati dell’esperimento.
–
Scusa se mi intrometto Licurgo, ma forse vale la pena prender atto di alcuni fatti. Come mai il cervello di uno scimpanzé messo di fronte ad uno specchio é in grado di sviluppare coscienza di sé ?
Io credo nessuno neghi che il cervello umano é il sistema più complesso dell’universo conosciuto. Credo anche che tutti conoscano il male ed i problemi che l’intelligenza causa, eppure l’intelligenza e la capacità di astrazione si rivelano estremamente funzionali ed elastici ed ognuno di noi non ne farebbe mai a meno. Necessità, caso, strategie di adattamento e tutti i meccanosmi evolutivi io credo siano molto meno rigidi di quel che si può pensare: non c’é nessun determinismo nell’evoluzione non ci sono strade già segnate dalla genetica, c’é la “libertà” della natura che “soffre e geme le doglie del parto” (prendo a prestito la lettura di Theillard de Chardin sul famoso passo della lettera ai Romani, cap.8). Ci sono specie che si estinguono a causa dell’evoluzione (pensa ad esempio al problema del gigantismo di alcuni arti. Spesso infatti danno vantaggi immediati ma rendono irrigidiscono le capacità di adattamento. L’intelligenza e la coscienza dell’uomo a me pare si possano inquadrare bene in questo senso: sono certamente sproporzionate rispetto alle nostre esigenze materiali ma sono lo strumento più elastico ed adattabile che si possa immaginare, quindi più che funzionali. Contemplare questo meccanismo non mi impedisce certo di pensare ad un creatore, al contrario se rende razionali alcune osservazioni di fatto mi fa ammirare una volta di più la sua grandezza.
Mi dispiace.
Perché dobbiamo inficiare il dialogo con insulti e repliche aspre?
…forse non avete afferrato pienamente il concetto di troll e cyberbullo.
Con loro le buone maniere non funzionano, servono solo a farti ridere dietro e divertirli ancora di più.
Sai, si dice: don’t feed the trolls, non dare spago ai bulli.
Sabato sera mi trovavo con altre due persone nella cappella di un eremo in un luogo isolato per la recita del rosario.
Non eravamo solo noi tre, c’erano altre persone in un’altra camera della stessa struttura, non credenti o indifferenti in tema di religione.
Gente per bene, non hanno partecipato al rosario e se ne sono stati in un’altra stanza a scaldarsi al fuoco.
Con loro è giusto e doveroso essere educati, perchè sono educati e rispettosi nei nostri confronti.
Ma con quei trolls le buone maniere falliscono, loro offendono per trarre divertimento dalle nostre risposte che educatamente li richiamano ed un comportamento civile, e ridono alle nostre spalle.
Se uno di quei trolls e cyberbulli si fosse materializzato sabato sera durante la recita del rosario, l’avrei gentilmente preso per un braccio, accompagnato fuori di peso, e con una bella zampata nel di dietro l’avrei fatto ruzzolare giù per le scale intimandogli di non farsi più vedere.
Sono un “nazzingher” pure io? Non può fregarmene di meno.
Penso che “Cristiada” ci dia una grande lezione: bisogna scrupolosamente rispettare gli altri, ma se minacciati, per rispetto verso noi stessi, la nostra cultura e la nostra fede, abbiamo l’obbligo morale di difenderci.
Io la penso così.
Allora in un caso di bullismo a scuola, cosa faresti? Povero ragazzo (il bullo), bisogna comprenderlo…No! Nota sul libretto e registro, avviso al preside, eventuale convocazione dei genitori e alla terza nota si convoca il consiglio di classe per decidere la sospensione e, in caso di recidiva, il 5 in condotta, il che significa “da quel cancello sei entrato, e a fine anno ci esci, perchè questa è una scuola, non è un lupanare, hai capito bello mio?”.
A volte ci vuole polso e non dare il messaggio ai malintenzionati che possono fare quello che vogliono.
Questo per come la penso io.
E ribadisco: una cosa è un sito, cattolico o laico che sia, frequentato da persone che liberamente esprimono le loro idee e le confrontano ed ognuno esprime le proprie ragioni, ben altra cosa è un “lupanare virtuale” in cui si presenta un …….(puntini per non offendere)…. qualunque, e si rivolge alla gente “ehi, voi, credini che non avete abbastanza neuroni nel cervello”.
Adesso vi lascio perchè devo preparare la lezione di laboratorio di teoria acido-base di Arrhenius, Lowry/Bronsted e Lewis, sai, perchè la scienza è appannagio degli anti-clericali e i credenti sono troppo credini mono-neuronali per capire la sce…sce…scenza!
(E forse ho un pochino pesato sull’acceleratore, ma ho spiegato il mio concetto di rispetta e sii rispettato. Ho detto cose sbagliate secondo voi?)
http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2012-05-13/contraddizioni-bernadette-081838.shtml?uuid=AbGVarbF
Grazie pippo per questo “illuminante” post.
Renato Pierri… Già il fatto che sia amato, citato ed intervistato dall’UAAR la dice lunga sulle idee del soggetto:
http://www.uaar.it/news/2007/04/14/intervista-renato-pierri/
In effetti non sembro essere il solo ad avere certe perplessità:
http://www.oggi.it/posta/lettere/2011/03/21/un-nostro-lettore-ha-molti-alias-una-sola-testa-con-molti-nomi/#more-4594
Uno che sputa sentenze e spara a zero contro Chiesa e papi e vuol far credere di essere ciò che non è:
http://www.officinavolturno.com/renato-pierri-docente-di-religione-in-pensione-lomicidio-e-altra-cosa/
http://www.kaosedizioni.com/schnomedio_sposagesu.htm
http://www.lavocedifiore.org/SPIP/article.php3?id_article=2466
http://www.officinavolturno.com/renato-pierri-ex-docente-di-relgione/
http://www.lucidamente.com/5831-la-violenza-della-chiesa-cattolica-nei-riguardi-degli-omosessuali/
Bel tipetto davvero! Grazie per avercelo fatto presente!
Copio e incollo il commento di ‘Andrea’ sull’articolo di questo sito per l’articolo del Sole: 30 righe senza dire nulla, un minuto di lettura del tutto sprecato.
😉
veramente io ce l’ho non con l’articolo di questo sito, ma con l’articolo da cui pare essere stato ispirato.
Questo in effetti può tradursi indirettamente in un accusa a questo stesso articolo, ma vige sempre il dubbio di buona fede ed errore interpretativo…
Contraddizioni? Ah beh, se lo dice lui 🙂
Immagino un tipo neutrale, vero?
Ho letto all’ultimo link postato da Stefano le elucubrazioni cervellotiche di quel tal Roberto Pierri e chissà quali altri nicknames, alla frase:
«accolti con compassione» (violenza mascherata)
relativo agli omosex.
Dunque: li prendi a botte, ed è violenza, e qui non ci piove sopra, è pertinenza del codice penale, li “accogli con compassione” ed è “violenza mascherata”.
Oh, siamo violenti sì, ma mascherati, magari da Zorro!
Ma…io a volte mi chiedo: ma che minestrone hanno nel cervello quelli che pensano e scrivono ste robe?
Teresa di Calcutta odiava i poveri e amava la povertà (viene da Hitchens o da Dawkins questo “aborto mentale” che altro non saprei come definirlo). Salvo poi scoprire che Teresa si era vivacemente opposta al programma di aborto e sterilizzazione messo in cantiere dall’ONU, altro bel consesso di raponzoli su cui è meglio stendere un velo NON pietoso sopra.
Gli omosex che non accettano il loro stato ed esprimono il desiderio LIBERO da condizionamenti, di sottoporsi a terapia psicanalitica “riabilitativa” o come la chiamano, sarebbero plagiati da persone che attuano su di loro una “violenza mascherata”. E di fatto sono trattati come appestati dai loro ex-amici.
Certo che è una chimica cerebrale balorda questa!
…E i “credini” con lo spettro NMR che rileva meno neuroni….mi viene da ridere, il bue che dà del cornuto all’asino! Mamma mia, a che punto siamo ridotti!
A me come credente la parola “mistero” quando si parla di realtà materiale piace molto, trovo che mi si confaccia e non sminuisca ma anzi acuisca la voglia di applicarci la mia (nostra) coscienza e ragione. Trovo bello che anche uno scienziato ateo la riscopra. Detto questo non vedo perché la mia fede debba essere influenzata dal fatto di sapere la coscienza prodotto dell’evoluzione piuttosto che di un evento unico ed irripetibile. L’opinione degli atei a riguardo la trovo del tutto irrilevante. Può darsi che io non abbia capito la sostanza della cosa …
Per maggior chiarezza: la sostanza della cosa la ammettiamo o no come “mistero” ? E’ questo che vorrei capire
Caro Luca, ogni scienziato degno di questo nome accetta il mistero con rispetto e devozione, il credente vi riconsoce il limite della scienza e l’apertura all’infinito’, la purissima ‘luce di tenebra’ dei mistici come S.Giovanni della Croce, il non credente vi troverà il limite sempre mobile e irragiungibile dell’avventura umana che grantisce che l’investigazione della natura non finirà mai. Se non ci fosse mistero (qualunque delle due posizioni di cui sopra decidiamo di abbracciare) non ci sarebbe scienza che, mi piace ricordarlo, si occupa delle cose che ancora non comprendiamo, cioè delle cose misteriose.
Detto questo il mistero è qualcosa di molto molto materiale, e questo è il fondamento comune a scienza e cristianesimo, noi cristiani crediamo in un Dio che si è ‘incarnato nel seno della Vergime maria e si è fatto uomo..’ così implicitamente ammettendo che la materia può accogliere il trascendente, insomma, mi si perdoni l’ossimoro ciò che caratterizza il cristianesimo è un sano ‘materialismo mistico’. Chiunque sia un pò addentro ai fatti di scienza sa che in una semplice molecola proteica c’è una tale densità di ‘essere’ (insomma la compresenza di innumeri livelli di spiegazione dagli stati quantici dell’acqua legata alla macromolecola fino al mistero del ripiegamento del polimero in un tempo brevissimo incompatibile con la pura ricerca casuale di un minimo di energia che impiegherebbe anni invece dei pochi secondi che effettivamente occorrono da far venire voglia di inginocchiarsi e pregare.
Diverso è il caso degli scientisti, a ben vedere i veri nemici della scienza che fanfalucano di una scienza per cui non ci sono più misteri o, ancora peggio fanno delle previsioni sborone sul tempo che ci vuole per risolvere vari problemi insoluti, così Veronesi ogni anno da trenta anni a questa parte ci assicura che ci vorranno dieci anni per curare il cancro, molti fisici nucleari ci assicurano ogni anno da quaranta anni che ci vorranno cinque anni per arrivare a fare energia pulita dalla fusione nucleare…senza capire il concetto elementare che posso fare delle previsioni di tempo solo per dei procesi di cui conosco le diverse tappe non per ciò che ancora non capisco…
Detto questo sì, la materia è mistero, tantissime cose ancora non si capiscono, ma tante altre sì, se la mia coscienza è prodotto dell’evoluzione non lo so, so però che la teoria continuista neodarwiniana di piccoli passi, di singoli cambiamenti aminoacidici ad una singolarità come l’emergere della coscienza non mi ci porterà mai, e lo so con la stessa sicurezza con cui so che la gravitazione e l’interazione eletromagnetica lavorano su due scale di energia molto diverse.
Dice Alessandro Giuliani “… ad una singolarità come l’emergere della coscienza non mi ci porterà mai …”.
Daccordo Alessandro e grazie per la risposta. Per dir meglio: più che daccordo sulla metà “fede” del ragionamento, diciamo invece che mi fido sulla metà “scienza”. Ma se anche sulla materia avessere ragione gli atei, cambia qualcosa per un fedele ? E’ rilevante in questo articolo che la tesi evoluzione > coscienza sia sostenuta dagli atei, motivo che sostanzierebbe la ricerca di una sconfessione oppure é un puro ed asettico ragionamento di logica scientifica ? Onestamente da quel che leggo qui non si capisce.
Per la verità questa continua commistione di argomenti la osservo costantemente su ogni vostro articolo tra fede e scienza. Mi dispiace fare il rompiballe ma io questa forzata contrapposizione fede-logica scientifica non riesco proprio a vederla. La trovo sciocca negli scientisti, la trovo fuori luogo nei cattolici.
Materialissmo mistico … mi ricorda l’esclamazione “santa materia” di Theillard de Chardin 😉
Ma quando capirai, Luca; quante volte te lo dobbiamo ripetere che proprio questo sito, fin dal suo nome UCCR, non vede nessuna contrapposizione tra fede e logica scientifica? Tutti gli articoli hanno questo scopo, di far vedere che la fede cristiana si concilia con la scienza.
Noi ci contrapponiamo non alla scienza, ma a quelle correnti filosofiche che vorrebbero mettere in contrapposizione fede e scienza. E’ chiaro?
Mi dispiace solleticare la tua impazienza Wil, ma il mio interesse é sincero. L’ho capito benissimo quello che tu dici ma per quanto si legge su queste pagine si può affermare che la fede non é in contrapposizione con la scienza solo se si dimostra NON che la scienza si sbaglia sulla fede MA … si sbaglia su sé stessa (!) Fonderemo una “scienza cristiana” separata ed a sé stante ? Francamente non mi riesce di capire.
Per stare al problema della coscienza io posso “fidarmi” di quanto mi dice Alessandro Giuliani che dice di “sapere con sicurezza” perché non ho elementi di ragione scientifica a riguardo, se però si vuol fare un discorso di pura ragione e negare i “piccoli passi” bisognerebbe almeno tener conto degli argomenti scientifici citati dagli avversari. Ad esempio le forme di coscienza di sé che alcuni primati sarebbero in grado di sviluppare davanti ad uno specchio.
Perciò, e per riassumere la questione nei termini più generali:
– trovo assolutamente scontato che in ambito scientifico esistano diverse opinioni e diverse percezioni dei “limiti” della scienza e della ragione: di questo e solo di questo si nutre la ragione: del confronto tra idee diverse, come stiamo facendo io e te;
– trovo assurdo e contraddittorio essere portato per fede a scegliere pregiudizialmente sulla ragionevolezza dei diversi contendenti.
La contraddizione mi sembra palese: la volta che la ragione scientifica provasse la tesi a noi contraria avremmo provato o la non esistenza di Dio o l’estarneità della ragione.
In realtà interrogarsi sull’origine della coscienza é certamente un compito ambizioso ed incredibilmente affascinante per la ragione, ma non vedo come possa interferire con il dettato della fede, da “credo in Dio … creatore del cielo e della terra” sino a “la resurrezione della carne e la vita eterna”. Sono gli atei a voler vedre questa contrapposizione, io questa convinzione gliela lascio volentieri. Penso che certamente la scienza (gli scienziati atei) si sbagliano quando parlano di fede (non hanno alba idea di cosa dicono) ma con altrettana sicurezza guardo con estremo interesse alle loro proposte interpretative sulla natura (anche quelle degli atei), convinto che in qualche modo la ragione che sono in grado di individuare mi parli di Dio.
Caro Luca, in realtà il punto è molto diverso da quello di Theillard e ha molti più punti di contatto con Florenskij )e ovviamente il grandissimo Chesterton), per farla breve, parafrasando un tagliente giudizio di Pascal su Cartesio direi che a mio avviso Theillard ‘Da troppa importanza alla scienza’ insomma, (da non scienziato, o meglio da entusiasta dilettante) si fida troppo dei risultati degli scienziati, chi è del mestiere di solito ha uno sguardo più disincantato sulla scienza, proprio perchè in qualche modo la ama di più e la ama di un amore carnale che consente di vedere brufoli, doppie punte, unghie incarnite, rotoli di ciccia ecc. nascosti ai filosofi entusiasti.
Non è che la materia sia santa è solo che la contemplazione della materia con le sue incredibili voragini di mistero è una via verso Dio, ma lo è in quanto ‘teologia negativa’ svelamento della necessità di tutto dimenticare e di affidarsi, senso del limite, insomma se ti leggerai le poesie di S.Giovanni della Croce (tra l’altro bellissime) è tutto molto chiaro, se varai volgia di filosofia e spiegazioni esaurienti invece ciò che fa per te è la ‘La colonna e il fondamento della verità di Pavel Florenskij’, se ti vuoi insieme fare quattro belle risate ‘Ortodossia’ di Chesterton.
Detto questo siamo agli antipodi del positivismo degli atei, che vedono sì il limite ma credono che sia solo un fattore tempo (magari mille anni, magari diecimila..) che ci separa dal suo disvelamento. Questo presuppone una vista continuista sulla scienza che comunque sarà nel futuro un’apposizione lineare (pietra su pietra) di quella esistente. Questo è profondamente diverso dalla vista di uno scienziato credente che sa che il continuo è solo una nostra comoda via per calcolare qualche derivata e poco più, questo ha profonde ripercussioni anche nel mestiere scientifico, nel modo di fare scienza giorno per giorno. E’ qualcosa che traspare dallo stile, così come osservando un quadro di Caravaggio si comprende la sue enorme, carnale (e quindi cattolica) e possente Fede, mentre è abbastanza chiaro che Leonardo era sostanzialmente ateo.
Grazie di nuovo per la risposta Alessandro, anche questa volta su fede e filosofia sono interamente daccordo con te. Con una postilla, giusto per la chiarezza: citavo Theillard con una certa ironia, una piccola provocazione per come ho visto irriso (non da te) il suo pensiero teologico. La provocazione é poi quella contenuta in ogni ossimoro, credo che anche Theillard la usasse in senso provocatorio e resta esattamente sul piano dei significati da te ricordati.
Quanto alla scienza degli scienziati positivisti la vedo in modo un pò diverso. Non credo di essere così ingnuo sulla scienza (con pochissimo merito ma anch’io come te ci campo). Detto e sorriso con te dell’ingnuità dei positivisti in tema di assoluto-trascendenza-fede … io penso che se crediamo nella scienza e nella ragione é con gli strumenti della scienza e della ragione che le argomentazioni scientifiche degli scienziati positivisti debbano essere trattate. Troppo spesso su queste pagine mi pare si giochi sull’equivoco: siccome … il positivismo non sa render conto anzi irride la nostra fede, … allora la sua scienza non può essere vera. Questo atteggiamento, come ho cercato di dire qui sopra, lo trovo irrazionale (ma posso benissimo aver letto male).
Caro Luca,
se le argomentazioni degli “scienziati positivisti” sono scientifiche, a me vanno bene, come quelle degli scienziati cinesi o degli scienziati donne e degli scienziati cristiani. Ma quando sono positivistiche, allora la scienza non c’entra, sono solo le loro visioni filosofiche irreligiose, e noi cristiani abbiamo secondo me il compito di confutarle.
Ma tu continui a far confusione tra scienza e filosofia…
Giusto Wil. Dunque il punto é cosa ci sia da confutare perché struttralmente positivistico nell’ipotesi scientifica che la coscienza sia materialmente “costruita” da DNA ed evoluzione così come nell’idea che scimpanzé ed uomo abbiano antenati in comune. Lo so anch’io che i positivisti vorrebbero implicare in queste ipotesi la “non necessità” di Dio ma appunto:
cosa me ne viene a me credente da questa loro strana fede ?
Perché non devo tener conto delle loro osservazioni di fatto ?
Posso continuare a ritenermi razionale se non ne tengo conto ?
Qual’é la teoria alternativa ?
A me pare di non aver nessun bisogno di una teoria alternativa, se poi viene e si dimostra razionalmente migliore dell’altra bene, ne terremo conto. So già per consuetudine di non incontrare il tuo favore in questo, ma lasciamo dire che se la mia fede in Dio dipendesse da una teoria scientifica … ne sarei terribilmente spaventato.
Hai ragione ci sono stati fior fiore di scienziati positivisti che hanno fatto ottima scienza. Il guaio del paradigma continuista portato all’estremo è che diventa un ‘blocco’ per le nuove scoperte.
Insomma è quel tipo di blocco che faceva dire all’amico del giovane Max Planck ‘ma che fai, vuoi fare il fisico ? Ma se già si sa tutto..’ Inteendendo per tutto non che non ci sarebbero stati successivi miglioramenti ma che non ci sarbbero stati bruschi cambi di rotta che avrebbero rifondato la nostra visione della natura..fortunataente per lui (e per noi) il giovane Max non gli diede retta.. tutto qui.
L’atteggiamento critico (almeno a mio avviso) è verso questa disposizione d’animo non verso i contenuti particolari delle scienze la qual cosa non avrebbe senso.
Bravo Alessandro, su questa affermazione sono completamente daccordo con te. Questo implica tuttavia una cosa molto semplice: rispetto alla ricerca scientifica i paradigmi sono in determinati periodi storici degli stimoli, in altri dei freni. In un preciso periodo della storia umana il paradigma Aristotele (ipse dixit) ed il paradigma Bibbia sono stati di stimolo essenziale poi ad un certo punto l’interpretazione letterale della parola di Aristotele e della Parola é divenuta un freno. Lo stesso potrebbe rivelarsi per teorie scientifiche ampie, complesse e ambiziose come quelo che achiami “continuismo” ma ciò non toglie che é dal lato razionale che dobbiamo continuare a trattarle. Il loro opposto (vogliamo chiamarlo “creazionismo” ? E’ solo come l’altro un possibile paradigma di partenza e se accettiamo questo fatto fede ed ateismo sul piano razionale si equivalgono in tutto, restano una scelta necessaria che ognuno di noi fa sul senso della realtà e della propria vita. Questo almeno é quello che credo io.
Data una possibile spiegazione ad un fenomeno è impossibile definire a priori se essa sia la più corretta o sia la più semplice tra tutte quelle formulabili per quello stesso fenomeno, solo quando se ne presenta una migliore riconosciamo che la precedente non lo era, questo concetto pare avere addirittura dei fondamenti matematici, negli Essays on Complexity Gregory Chaitin lo spiega molto bene.
Questo è per me l’unico vero “mistero”.
Infatti Andrea. In filosofia della scienza è quello che dice Popper: nessuna ipotesi é verificabile in assoluto, tutte sono solo falsificabili. Io credo onestamente che i problemi maggiori con la scienza nascano non dagli scienziati (che conoscono tutti benissimo i limiti logici delle loro teorie) ma dalla percezione distorta che il pubblico ne ha, quindi dalla divulgazione scientifica. Chiaro che il problema diventa inestricabile quando uno scienziato come Hawking veste contemporaneamente anche i panni del divulgatore e dell’ideologo. Fatta questa critica generale l’unica difesa possibile dagli ideologi é quella della critica razionale, l’unico sbaglio quello di assumere come criterio un principio assoluto e non criticabile. Questo non mi impedisce di credere in un assoluto trascendente, ma inevitabilmente questo pensiero resterà frutto del mio personale stupore di fronte al mistero, non di una legge fisica.
Sono d’accordissimo,
direi che ad un certo livello d’approfondimento, soprattutto quando ci si spinge ai limiti della conoscenza umana, le tesi sposate sono anche una funzione del carattere, dell’indole delle persone, delle frequentazioni, delle passioni e del tipo di letture che si conducono, perchè nessuno ha in realtà sufficiente tempo per approfondire ogni ipotesi allo stesso modo.
Personalmente cerco di adottare un framework di valutazione delle alternative che includa diverse dimensioni d’analisi: semplicità della teoria, capacità esplicativa di fenomeni diversi da quello studiato direttamente, capacità di fare previsioni etc etc, ma essendo umano non posso definirmi con certezza libero da condizionamenti e la stessa scelta di queste dimensioni non è esente dagli impatti di cui sopra.
Professore non sò esattamente se posso contraddirla ma definire Leonardo ateo!Sicuramente(come tanti Toscani)poco avvezzo alle Gerarchie.Lui è stato utilizzato per novelle anticristiane ma sono convinto che in fondo non apprezzerebbe lo sfruttamento per questi fini del suo nome.Pro e contro Leonardo si sono scritte montagne di parole.Comunque caro Professore…
Alessandro non dovresti chiedere perdono per l’ossimoro.
Noi stessi siamo un ossimoro: siamo animali spirituali.
Non a caso Chesterton (dal tuo nickname capisco che tu condividi la mia passione per il grandissimo GKC) indicava nel paradosso l’essenza del Cristianesimo
..Scusate la foga con cui scrivevo di getto mi ha fatto fare degli errori di grafia imperdonabuli ‘Nel seno della Vergine Maria’ ovviamente è ciò che volevo scrivere…
Grazie, Alessandro, non so dire altro per questo tuo post pregno di più sensi profondi.
Mi fa piacere che ti sia piaciuto Giorgio, ho sempre pensato che la fede degli scienziati sia essenzialmente una fede Mariana.
@ Andrea (non mi apre più dunque finisco qua la risposta).
La coscienza si forma con la crescita e l’età adulta: infatti ho sempre affermato, già dal primo intervento, che il cervello è strumento e non involucro (forma vegetativa, sensitiva e razionale…), per cui ovviamente lo sviluppo del sistema nervoso non è indifferente ma importantissimo.
L’esempio di software e hadware è fuorviante perchè nessuno dei due è cosciente.
L’io non è un concetto astratto, perchè i concetti non sono autocoscienti e personali.
Sulle leggi della materia: appunto, spiegare la materia (mutevole e diveniente) con se stessa (per spiegarsi con se stessa dovrebbe essere fuori dallo spaziotempo e immutabile) è filosoficamente molto difficile, per usare un eufemismo.
Grazie per i tuoi interventi Licurgo: li trovo davvero interessanti!
Grazie a te, Lucio, per l’interesse e l’apprezzamento, e grazie a tutti voi per la pazienza con cui mi sopportate!