L’astronomo Brescia: «da cattolico sostengo l’autonomia della scienza»
- Ultimissime
- 08 Mag 2012
L’astronomo italiano Massimo Brescia, docente di Tecnologie Astronomiche all’Università Federico II di Napoli e ricercatore presso l’Inaf (‘Istituto Nazionale di Astrofisica) presso l’Osservatorio astronomico di Capodimonte, dal 2006 membro dell’International Astronomical Union (IAU), ha rilasciato recentemente un’intervista sulla storia dell’astronomia e la situazione sulla ricerca in Italia.
Giustamente si è lamentato del «continuo taglio ai finanziamenti per la ricerca di base», rivelando che «l’Astronomia è una delle discipline più colpite, nonostante l’attivismo, l’intelligenza e la capacità di resistere della comunità astrofisica italiana», e ha anche spiegato come secondo lui il vero artefice della rivoluzione scientifica non è Galilei ma Leonardo da Vinci, il quale introdusse per primo «il metodo sperimentale come pietra miliare della speculazione scientifica moderna. Purtroppo era disordinato e troppo occupato a curiosare ovunque per scrivere trattati sistematici sulle teorie e scoperte che compieva su base quotidiana».
Sulla sua carriera scientifica ha parlato di uno degli ultimi progetti, legato al connubio tra Astrofisica e Informatica, ovvero il progetto DAM e ha anche risposto ad una domanda sull’attività della Specola Vaticana, ovvero un’organizzazione scorporata dall’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), anche se i risultati che si raggiungono vengono pubblicati su riviste internazionali. E’ uno degli Osservatori astronomici più antichi del mondo, risale risale alla seconda metà del secolo XVI, ed è dipendente dalla Santa Sede. E’ in questo osservatorio che Padre Angelo Secchi divenne fondatore della spettroscopia astronomica, diventando il primo ricercatore della storia a classificare le stelle in classi spettrali.
Il dott. Brescia stranamente non ha una grande stima per tale Osservatorio, ritenendo che non sia un «valido esempio di coniugazione tra scienza e fede. Per un motivo molto semplice: non pone scienza e fede sullo stesso piano, ma usa la prima per cercare testimonianze naturali alla seconda. E’ dunque utile e legittima sicuramente, ma non ha la prerogativa suprema della ricerca scientifica: la libertà da qualunque condizionamento del pensiero umano e da dogmi non dimostrabili scientificamente». Dubitiamo fortemente, tuttavia, che l’utilità della Specola Vaticana voglia essere il tentare di dimostrare scientificamente l’esistenza di Dio. Sorprende davvero questa affermazione. L’astronomo parla invece con grande realismo dell’argomento tra scienza e fede: «pur essendo un cattolico credente e praticante, ritengo che la scienza debba essere fine a se stessa per poter raggiungere in totale autonomia ed indipendenza le scoperte che rivelino le leggi che governano l’Universo e la natura umana. Qualunque condizionamento assoggetta la scienza ad un mezzo, piuttosto che ad uno scopo. In questo caso Machiavelli sbagliava…».
98 commenti a L’astronomo Brescia: «da cattolico sostengo l’autonomia della scienza»
Quanta confusione ! Certamente che la scienza deve essere metodologicamente separata dalla fede, altrimenti farei bruttissima scienza e farei un pessimo servizio alla fede, e questo vale per qualsiasi attività umana nel senso del suo ‘operare pratico’ (metodi, criteri di verifica ecc.).
Detto questo la prospettiva dell’uomo è per definizione una prospettiva integrata e la conoscenza e la verità è una sola per cui ALL’INTERNO DELL’ATTIVITA’ DEL SINGOLO SCIENZIATO sotto forma di posizione generale verso la realtà (es. rifiuto di soluzioni dogmatiche, niente idolatria verso le teorie scientifiche assodate, accettazione del mistero, rifiuto dell’uso in termini anti-umani dei risultati, apertura verso il collega senza smanie di protagonismo..) la prospettiva di fede conta e come. Queste sono cose non di poco conto, forse l’astronomia è un campo più elitario, formato da persone più educate e gentili, non lo so, però allo stato attuale queste dimensioni ‘personaliste’ del fare scienza sono di una importanza enorme.
Sono d’accordo. Credo comunque che Brescia abbia risposto in modo molto accademico alla domanda. Sicuramente, essendo lui cattolico, quello che lei dice lo sperimenterà. E’ impossibile tenere separata la fede dal proprio mestiere e da ogni cosa che si fa.
Non ho dubbi che lo sperimenti, il punto è che ora siamo chimati ad urlarlo dai tetti e a farlo trasparire dai nostri lavori. Ma come dicevo questo è forse un problema cha l’astronomia sente molto di meno della biologia.
Si, lo sperimento tutti i giorni. E’ vero, è impossibile tenere separata la fede dal proprio mestiere. Questo è vero semplicemente perchè per un credente, come me, la fede è intimamente legata alla propria vita quotidiana. Ma circa la commistione tra fede e mestiere, tutto dipende dal piano su cui poniamo l’intersezione tra le 2 cose. La fede non deve “guidare” l’essere uno studioso di scienza (sia essa la biologia o l’astronomia o qualunque altra disciplina). La fede coinvolge i principi di moralità e di onestà intellettuale di uno scienziato, non l’obiettivo della sua ricerca. Io non copio il lavoro o le scoperte altrui, non rubo informazioni di colleghi, non intendo direttamente collaborare con enti pubblici/privati i cui scopi siano lo sfruttamento di scoperte scientifiche e/o tecnologiche per scopi militari o per danneggiare altri esseri viventi e potrei continuare…
Ma nell’analizzare o proporre modelli cosmologici non parto da preconcetti di natura teologica o creazionista. Lo faccio su base esclusivamente “osservativa” e analitica. Se poi qualunque frutto della ricerca si ponesse in contrasto o contraddizione con qualche postulato teologico, non lo nasconderei, nè mi sentirei in dovere di occultarlo o di confutarlo. Certo ne rimarrei turbato intimamente, ne approfondirei in modo scettico (ma aperto e rigoroso) gli aspetti metodologici. E se poi alla fine fossero confermati, pazienza!
Chiarissimo Professore, grazie per essere intervenuto nella discussione.
Come ho già scritto, io non sono del tutto d’accordo con lei quando dice che “La fede non deve “guidare” l’essere uno studioso di scienza (sia essa la biologia o l’astronomia o qualunque altra disciplina)”. Ovviamente rispetto totalmente il suo punto di vista ma non sono d’accordo.
Io sono un Pediatra e sono stato un ricercatore (e continuo a lavorare nel mondo della ricerca) e siccome sono cattolico (e quindi credente) ho cercato di farmi sempre guidare, in ogni azione della mia giornata (come anche lei), e dunque anche nella ricerca, dalla fede in nostro Signore. Che poi ci sia sempre riuscito questa è tutta un’altra questione: sono un essere umano e come tale posso sbagliare come chiunque, e talvolta persino essere “infedele”.
I miei principi etici dipendono fortemente dalla mia fede. Alcuni, come quelli che anche lei cita, sono (o dovrebbero essere) principi universali: onestà intellettuale, correttezza professionale, ecc. Altri sono principi più indissolubilmente legati alla mia fede: la vita umana e la sua dignità prima di tutto. E questa fede, che genera anche principi morali, guida, secondo me deve guidare, la ricerca scientifica.
Fare ricerca sulle cellule staminali embrionali umane per me è sbagliato: punto! Lo è per la mia fede e le mie convinzioni etiche. Non posso, come ricercatore cattolico, dire che fare la ricerca utilizzando embrioni umani è comunque corretto ed è un’azione non in contrasto con la mia fede perchè la scienza è separata dalla fede e perchè la scienza è l’obiettivo e non il mezzo. Per me, ricercatore cattolico, la scienza è e sarà sempre un mezzo per arrivare a Dio e per collaborare con lui per il bene dell’umanità. Non può essere diversamente.
Lei dice che “nell’analizzare o proporre modelli cosmologici non parto da preconcetti di natura teologica o creazionista. Lo faccio su base esclusivamente “osservativa” e analitica”. E questo è assolutamente condivisibile. Ma ammetterà con me che la scienza biologica e quella medica sono un po’ diverse: per tornare all’esempio fatto sopra delle cellule staminali embrionali, un ricercatore cattolico secondo me non può approcciare in maniera “osservativa” e analitica la possibilità di utilizzarle a fini terapeutici ma, “guidato” dalla propria fede che genera i suoi principi etici, dovrebbe astenersi dall’utilizzarle.
Ovviamente questo è solo il mio modestissimo punto di vista. 🙂
Volendo si potrebbe dire che vale lo stesso per il rapporto tra politica e fede che, secondo i più, devono essere sempre assolutamente distinte.
Io invece credo che come per uno scienziato credente la guida della fede (ed i principi etici che ne discendono) è indispensabile per non allontanarsi mai con la sua ricerca dall’amore per Dio e per l’essere umano, così anche il politico cattolico deve farsi guidare in ogni sua azione e per lo stesso motivo dalla propria fede.
Ma questo è un altro tema, anche se strettamente connesso al primo. 🙂
Sono d’accordo con Brescia… ma la sua affermazione su Leonardo (come ideatore del metodo sperimentale) mi lascia un po’ perplesso…
Molto più che perplesso…Leonardo era essenzialmente un casinista, laddove il rigore è insito nel metodo sperimentale come in qualsiasi altro tipo di attività artigianale.
la vostra perplessità è legittima. Purtroppo il luogo comune di identificare Leonardo da Vinci come un “casinista” è fin troppo radicato nell’opinione pubblica. Anche il sottoscritto ne era convinto fino a quando ho avuto modo di incontrare il prof. Carlo Vecce, autore in particolare di importanti lavori sul codice Arundel con il collega Pedretti.
Studiando in modo approfondito il codice Atlantico e Hammer (alias Leicester), nonchè il trattato sulla pittura, ci si accorge di essere di fronte ad un gigante. Anzi ad un vero scienziato, nel senso moderno del termine, onnivoro di conoscenza, metodico, pignolo e sistematico nel curiosare “a mente aperta” qualunque cosa. Ciò è ancora più incredibile se si pensa che in tutto il suo sapere sia stato un autodidatta, per necessità più che per scelta. Non voglio convincere nessuno, ma ribadisco la mia affermazione di antesignano del metodo scientifico. Invito chiunque voglia verificarla di persona a leggere i suoi codici e la storia della sua vita. Ma ripeto, non fatelo da libri scritti da terzi, leggete direttamente i suoi codici.
Scusate il piccolo OT.
Per chi volesse capire cos’è il cristianesimo: http://archiviostorico.corriere.it/2012/maggio/07/Noi_cristiani_peccatori_senza_slogan_co_9_120507038.shtml
Ma se dai risultati scientifici traggo conclusioni esistenziali basate sulla speculazione intellettuale/sulla fede la scienza rimane scienza, è ovvio che non l’ho usata apposta per trarre quelle conclusioni, ma sono io che sono andato oltre per un’altra strada. O sbaglio?
pienamente concorde!
“La prerogativa suprema della ricerca scientifica: la libertà da qualunque condizionamento del pensiero umano e da dogmi non dimostrabili scientificamente”: parole senza senso.
Come fa un uomo a non essere condizionato dal “pensiero umano”, soprattutto nella sua attività di ricerca? La ricerca scientifica poi vive su assunzioni “non dimostrabili”, senza le quali non ci sarebbero né teorie, né predizioni, né applicazioni. L’importante è che le assunzioni siano a) poche (rispetto ai fenomeni che si vogliono spiegare), b) coerenti tra loro, c) capaci di predizioni controllabili e d) fertili di usi tecnologici.
Credo che lo scienziato in questione si sia espresso davvero male, troppo timore di staccarsi dalla visione mediatica del cattolicesimo. Ancora più un dispiacere dato che è cattolico e praticante.
e invece il dispiacere è mio nel vedere travisate le mie affermazioni, partendo da presupposti troppo superficiali, qualunquisti e retorici. Accetto le critiche, ma rimango delle mie opinioni.
Da cattolico dico invece che il Papa proprio di recente ha voluto mettere in guardia dal fuggire dalle tentazioni di vivere la vita come se Dio non esistesse. Questo è valido anche per i ricercatori. La scienza non mi impedisce di credere in Dio. E nell’eseguire un metodo scientifico non lo sto mica precludendo per il fatto di avere la Fede. E’ una posizione che non condivido per niente. Si fa l’errore ancora una volta di voler a tutti i costi mettere in conflitto le due dimensioni della scienza e della fede.
Non mi pare un buon proposito per uno che si dichiara “cattolico”.
vedere miei commenti sopra. Comunque ribadisco il concetto. La fede non deve influenzare l’obiettivo della ricerca scientifica, ma ispirare i principi di moralità, modus operandi e onestà intellettuale di uno scienziato. Era questo il senso delle parole del Santo Padre. Vivere la propria vita secondo la propria fede, non determinare lo scopo del proprio lavoro. A meno che uno non abbia la vocazione di farsi prete, nel qual caso la fede diventa anche l’obiettivo del proprio mestiere. Ma fino a prova contraria c’è una bella differenza tra un prete ed un astronomo, o mi sbaglio?
Al di là delle vostre condivisibili opinioni, la domanda da me posta al gentilissimo Dr. Brescia è la seguente:
“Secondo lei, al di là delle evidenti differenze formali, tra scienza e religione esistono anche dicotomie sostanziali e teleologiche? Cos’è l’Osservatorio Astronomico Specola Vaticana ed in che cosa differisce dall’Osservatorio astronomico di Capodimonte?”
Condivido il pensiero ed il lavoro dell’astronomo Brescia, anche se a mio avviso è giunto il tempo di aborrire l’idea dell’inconciliabilità sostanziale e teleologica tra fede e scienza.
un saluto a tutti.
Antonio Migliorino
Mi piacerebbe poter chiedere a Brescia se, secondo lui, oggi la scienza è più condizionata negativamente dalla fede degli scienziati cristiani, o dalla militanza ateistica di molti scienziati naturalisti che, soprattutto in cosmologia, biologia e nelle neuroscienze, fanno scorribande in campo filosofico e religioso, che umiliano la scienza.
Il rischio peggiore che vedo Giorgio é proprio quello di pensare che le conclusioni cui uno arriva dipendano in modo determinante dalle sue posizioni di fede o ideologiche, tanto da permetterci di affrontare non le argomentazioni ma la persona che le esprime e la loro ideologia: la bibbia al posto delle leggi di Keplero o delle osservazioni di Darwin, l’ateismo al posto della fisica e matematica di Hawking. Questa sarebbe mi pare la morte della ragione e della scienza e giustifica pienamente le parole di Brescia: la scienza deve essere fine a sé stessa.
Ne approfitto per ricollegarmi al bellissimo articolo di Galleni sull’evoluzionismo, che condivido intermente e che purtroppo mi ero perso. Credo che la maggior parte dei commenti volti a rifiutare la sua distinzione tra fede e scienza o ad attaccare direttamente la saldezza della sua fede sostanzino quanto scritto sopra.
Beato te: anch’io sono per “la distinzione tra fede e scienza”, ma nei proclami teilhardiani di Galleni ho trovato invece la “confusione” tra fede e scienza.
Confusione … solo se neghi ad un astronomo la possibilità di parlare della sua fede o ad un fisico di parlare di metafisica. Come detto anche in altre occasioni il problema vero secondo me é tutto ed esclusivamente nelle mani dei divulgatori più che in quelle degli scienziati ed é nell’uso che della divulgazione gli ideologi fanno. La prima distinzione tra fede e scenza per me é destinata a rimanere quella di San Paolo (1Cor13, che appunto é “parola di Dio”): “vediamo come attraverso uno specchio, per enigmi”. La distinzione sta secondo me nel prender atto e del mistero intangibile in cui crediamo (gli enigmi; solo “allora vedremo faccia a faccia”) e delle possibilità della ragione (lo specchio) che é esterno ed asettico rispetto alla nostra fede e che chiunque può utilizzare, senza che questo dia mai garanzie di verità unica e definitiva.
Luca ha scritto: “[…] possibilità della ragione (lo specchio) che é esterno ed asettico rispetto alla nostra fede e che chiunque può utilizzare, senza che questo dia mai garanzie di verità unica e definitiva”.
Questo è un tipico esempio di affermazione del tutto filosofica, che uno scienziato praticante scienza empirico-matematica no può permettersi per almeno due ragioni: 1) si tratta appunto di affermazione che si colloca esternamente alle scienze empiriche; 2) si tratta di un’affermazione che le stesse attività scientifico-empiriche contraddicono, poiché, se fosse vero che non esistono verità definitive, semplicemente non esisterebbe alcuna verità (diverso dire che ci sono verità empiriche il cui livello di imprecisione asintotica colloca le singole verità all’interno di un certo ambito entro il quale la loro intrinseca imprecisione non ne compromette i risultati pratico-predittivi – che comunque potranno essere migliorati tramite una migliore adeguazione-; e oltre il quale, invece, possono enunciarsi teorie più comprensive).
Aggiungo questo (Giorgio per cortesia correggimi, se dico scemenze). Proprio ieri spiegavo ai miei studenti come sia possibile comprendere esplicitamente che il nostro linguaggio è inadeguato per parlare di certe cose (il riferimento è al discorso filosofico riguardante la natura di Dio). Ciò può avvenire solo se in qualche modo noi si possa essere consapevoli dello “scarto” esistente tra il nostro linguaggio, come mezzo di comprensione ed espressione della realtà, e la realtà stessa. Ma allora ciò significa che lo stesso linguaggio è solo un mezzo ordinato alla nostra comprensione intellettuale della realtà, cioè esso non coincide con la nostra comprensione della realtà, altrimenti non potremmo renderci conto della sua inadeguatezza o approssimazione.
Ma questa approssimazione non vale solo per la “filosofia prima” (anzi, per essa vale in un modo del tutto peculiare), ma per ogni tipo di conoscenza e ciò è reso evidente dal fatto che ogni nostro concetto è un’astrazione, cioè è un “universale”, ossia un qualcosa che non può cogliere direttamente l’individualità della realtà, ma che esprime la realtà proprio prescindendo dalla sua individualità. E questo è quanto dà approssimazione alle stesse scienze empiriche (anzi in realtà molto più alle scienze empiriche rispetto a quelle filosofiche).
A questo proposito facevo questo esempio, dato che stavo commentando la nozione di “tempo” in Aristotele: la definizione aristotelica (“il tempo è la misura del moto secondo il prima e il poi”) è la definizione più aderente alla realtà, poiché fa del tempo una proprietà del movimento e, dunque, essendoci diversi tipi di movimento (se si considera ad esempio il ciclo temporale vita-morte, è evidente che gli enti rispetto ad esso esprimono movimenti, e dunque tempi, diversi, dato che una falena vive una giornata, un uomo mediamente 80 anni, una testuggine 200 anni), ogni movimento ha il suo proprio tempo. Al contrario la nozione newtoniana di tempo assoluto, che standardizza, per così dire, ogni tempo rispetto ad un’unica unità di misura, è proprio una concezione del tempo che astrae (per giustificatissimi motivi, poiché rende confrontabili tra loro i diversi tipi di moto) dall’individualità “dei tempi” singoli.
E’ vero, a-théos= a-éthos, l’ideale leibniziano di un linguaggio universale “esatto”, per tutte le scienze, è un’utopia: appena si aggiunga anche un solo quantificatore alle proposizioni del prim’ordine, cadiamo in una proposizione intraducibile in algoritmo e quindi soggetta ad interpretazioni diverse. Questo vale anche per la matematica e per tutte le scienze sperimentali. Non vale solo in ambito tecnologico, applicativo: ogni macchina è fatta in modo univoco.
Aggiungo ulteriormente che è proprio la stessa formalizzazione matematico-geometrica ad essere la causa dell’approssimazione delle scienze empiriche, come i paradossi zenoniani, basati su una descrizione geometrica della realtà, dimostrano. Nella realtà non esistono infatti punti o linee geometriche, cioè la realtà materiale non è uno spazio di “grandezze continue” (la realtà è fatta di spazi a “grandezze discrete”).
Non sono sicuro di aver capito bene a-theos perchè di filosofia mastico poco. Vorrei tuttavia precisare che non ho inteso dire che non esistono verità definitive ma intendevo piuttosto che la sola ragione non basta a raggiungerle. Non mi sembra un’affermazione incompatibile con la scienza, al contrario converge con quel che dice Popper sull’impossibilità di verificare un’ipotesi, quindi con l’esigenza di cercare costantemente di falsificarla quale unica garanzia che la ragione ha per renderla sempre più verossimile, senza mai pretendere di averla conquistata in via definitiva.
Per quanto poi riguarda la Verità della fede questa riguarda il senso della realtà e delle nostre vite e trovo che questo senso sia in un certo modo indipendente (anche se non indifferente) alla realtà fisica. Il passo di 1Co13 é uno dei riferimenti centrali nella Fides et Ratio.
In questo caso la situazione non cambia molto, tu esprimi dunque una posizione epistemologica (= riguardante la filosofia della conoscenza) di tipo agnostico-relativista e infatti un relativista assoluto come Dario Antiseri si rifà proprio all’epistemologia popperiana.
Inoltre lo stesso agnosticismo, come il relativismo, è passibile di contraddizione, poiché se è vero che non si possono conoscere verità definitive, la stessa posizione agnostica è falsa o priva di fondamento. Cosa che San Tommaso esprime egregiamente nel formulare una delle obiezioni avverse alla sua posizione sul fatto che l’esistenza di Dio non è immediatamente evidente (Summa Theologiae, I, 2, 1): “E’ di per sé evidente che esiste la verità; perché chi nega esistere la verità, ammette che esiste una verità; infatti se la verità non esiste sarà vero che la verità non esiste”. Il che mutatis mutandis vale anche per una posizione di agnosticismo, poiché se è vero che alcuna verità è conoscibile, è vero che una verità è conoscibile.
Porta pazienza e grazie comunque per il confronto, ma non capisco o comunque non mi ritrovo in quel che mi attribuisci. Secondo te San Paolo é agnostico-relativista ? Oppure: dove non ho capito bene quel che intende significarci ?
Assolutamente no. Non bisogna confondere la “parzialità” della nostra conoscenza, con l’impossibilità di addivenire a verità comunque definitive. E San Paolo è chiarissimo nel riferirsi ad una visione “parziale” rispetto ad una “totale”. Conoscere parzialmente non significa conoscere il parziale in modo sempre non definitivo, ma semplicemente significa non avere una conoscenza infinita (come quella di Dio, conoscenza che avremo per partecipazione solo nella visione beatifica).
Inoltre nella prima lettera ai Corinti il grandissimo San Paolo si riferisce al fatto specifico che in questa vita non vediamo Dio de visu, ma solo attraverso uno specchio, che rappresenta poi le realtà naturali. Infatti è proprio San Tommaso a citare San Paolo, quando introduce le prove filosofiche per dimostrare l’esistenza di Dio (Summa Theologiae I, 2, 2, sed contra): Lettera ai Romani 1, 20.
Quindi Luca, capisci? Si può conoscere con certezza definitiva il parziale, anche se è parziale. Ad esempio, per banalizzare, se ti incontrassi in stazione, nulla nell’universo potrebbe togliere la verità di quel fatto (del fatto cioè che ti ho incontrato), sebbene del tutto parziale, perché l’averti semplicemente visto in stazione, non mi dice il motivo specifico per cui eri là (potresti esserci stato per accompagnare qualcuno al treno, oppure per partire tu stesso, oppure per mangiare al fast-food interno alla stazione, ecc.).
Nello stesso modo, per applicare il medesimo concetto ai dati di fede, sapere che Dio è Uno e Trino, è dato di fede certissimo (in quanto rivelato de fide), ma non corrisponde certo ad avere compreso in toto cosa la SS. Trinità sia in se stessa.
Grazie. Spono assolutamente daccordo parola per parola e perciò non capisco cosa tu trovi in quel che scrivo di agnostico-relativista.
Luca ha scritto: “non ho inteso dire che non esistono verità definitive ma intendevo piuttosto che la sola ragione non basta a raggiungerle”.
Il che significa dire che la ragione naturale non può raggiungere con certezza definitiva alcuna verità = agnosticismo (e fideismo).
Intendiamoci. La scienza ha bisogno di saper distinguere tra dati ed interpretazioni. I dati sono la nostra “verità parziale” ma per la scienza ogni interpretazione sarà sempre per definizione in discussione soprattutto perché per sua natura tende ad interpretazioni sempre più generali e comprensive, “definitive” appunto. Questo é quel che suggerisce la ragione e comunque questo è quel che intendono gli scienziati, si chiamino essi Galileo, Darwin e Hawhing quando scrivono i loro articoli scientifici sottoponendoli alla critica razionale dei lettori (e ribadisco: questa é una differenza sostanziale rispetto alla divulgazione, in sé bellissima utile e necessaria ma sempre pericolosissima, soprattutto quando si fa ideologia). Questo perciò non vuol dire che la verità non esiste ma vuol dire che la nostra conoscenza é parziale. Non definitiva perché necessita di una revisione incessante e mai conclusa, sempre aperta a nuove interpretazioni. Non definitiva perché siamo uomini non dei ed il peccato originale in questo senso definisce il nostro limite. Mi pare che torni pienamente con quel che mi dice la fede. Ho l’impressione che tu per “ragione” intenda qualcosa di diverso, ma appunto non capisco.
Luca, ti esprimi in maniera imprecisa. Che ogni conoscenza scientifica sia rivedibile, nel senso di meglio precisabile (in quanto potenzialmente sempre spiegabile da una teoria più comprensiva), non significa che non corrisponda ad una verità definitivamente acquisita (nell’ambito in cui dimostra di dare risultati pratico-predittivi validi), altrimenti i ponti starebbero in piedi per caso (un giorno sì e l’altro no) e i razzi funzionerebbero pure del tutto per caso; cosa che non avviene.
Anche le leggi di Newton sono e restano predittive e valide, eppure non sono universali e definitive, come ci mostra la relatività. Se poi i neutrini corressero più della luce … Continuo a non capire l’origine del dissenso (se dissenso c’é).
Aggiungo: stai facendo una doppia capriola carpiata sostituendo “definitivamente acquisite” al senso che “verità definitiva” aveva sin qui nella discussione.
Luca, cerca di fare uno sforzo: è da 3 ore che ti ripeto che vero parziale non corrisponde a vero universale, ma che, tuttavia, ci può essere un vero parziale definitivo (cioè definitivamente valido nel proprio limitato ambito).
a-theos fai uno sforzo: cosa ho detto io di diverso e dove sta il dissenso ?
Allora falla finita e ammetti di avere sbagliato ad esserti espresso così (e si tratta solo di uno dei diversi esempi): “non ho inteso dire che non esistono verità definitive ma intendevo piuttosto che la sola ragione non basta a raggiungerle”; perché qui neghi in assoluto la possibilità che la ragione umana (senza l’aiuto della Rivelazione) possa raggiungere una qualsiasi verità definitiva, parziale o non parziale (= agnosticismo-relativismo).
Se capisci e ammetti i tuoi errori nell’esprimerti, O.K., altrimenti stammi bene, ché ho già speso tempo più che sufficiente nel risponderti puntualmente…
Non so se mi sono sbagliato io o tu ti sei rifiutato di capire quello che cercavo di dire. Per non sbagliarmi questa volta uso espressioni non mie
<> (ovvero: la sola ragione non basta).
Fides et Ratio 2
Sarà che mi ero espresso male (?) io intendevo dire esattamente e solo questo.
é saltato il copia e incolla
La Chiesa non è estranea, né può esserlo, a questo cammino di ricerca. Da quando, nel Mistero pasquale, ha ricevuto in dono la verità ultima sulla vita dell’uomo, essa s’è fatta pellegrina per le strade del mondo per annunciare che Gesù Cristo è « la via, la verità e la vita » (Gv 14, 6). Tra i diversi servizi che essa deve offrire all’umanità, uno ve n’è che la vede responsabile in modo del tutto peculiare: è la diaconia alla verità.(1) Questa missione, da una parte, rende la comunità credente partecipe dello sforzo comune che l’umanità compie per raggiungere la verità; (2) dall’altra, la obbliga a farsi carico dell’annuncio delle certezze acquisite, pur nella consapevolezza che ogni verità raggiunta E’ SEMPRE SOLO UNA TAPPA VERSO QUELLA PIENA VEROTà che si manifesterà nella rivelazione ultima di Dio: « Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente » (1 Cor 13, 12).
Come ti ho già risposto commentando direttamente i versetti della Prima Lettera ai Corinti, è ovvio che con la visione beatifica capiremo tutto meglio, anzi, al meglio (specialmente i misteri delle verità di fede), ma ciò non significa dire che la ragione naturale umana non abbia un proprio ambito indipendente, in cui non possa trovare verità definitive.
E’ ovvio che E’ SOLO UNA TAPPA VERSO LA PIENA VERITA’ ed é ovvio che la Chiesa la piena verità la possiede tutta già bella e confezionata, ma sul piano della ragione E’ PARTECIPE dello sforzo di ricerca che l’intera umanità compie. Questo dice la Fides et Ratio e solo questo io sostengo dall’inizio: non esistono verità definitive raggiungibili per il solo mezzo della ragione. Se poi tu vuoi leggerci qualcosa di diverso e scomunicare a destra e sinistra fai pure, ma allora sarebbe meglio prendersela con il papa. Perciò ribadisco con più forza: “non ho inteso dire che non esistono verità definitive ma intendevo piuttosto che la sola ragione non basta a raggiungerle.”
Per dinderindina, non ripetere le stesse cose, che ti ho già mille volte dimostrato essere false. Il Magistero non si sogna neanche di affermare che “non esistono verità definitive raggiungibili per il solo mezzo della ragione”. Questo è AGNOSTICISMO, convincitene ed è un tuo fraintendimento profondo della dottrina cattolica e una sciocchezza assoluta anche sul piano veritativo in genere. La ragione naturale ha un suo ambito, per quanto parziale, IN CUI SCOPRE FIOR DI VERITA’ DEFINITIVE!!!!
Quel che il magistero ha scritto é scritto. Se a te non piace affari tuoi, ma smettila per favore di attribuirmi cosa che non dico. Io dall’inizio ho solo inteso parlare di sforzi di ricerca comuni e di tappe: quel che il magistero mi scrive. Se poi vuoi continuare a ciurlare nel manico perchè é Luca che scrive e come a tutti qui é chiaro scrive solo sciocchezze e bisogna attaccarlo, bé grazie per lo sforzo, comunque gradito, ma sarebbe bene affinarlo un pò perché così si continua a non capire.
A ‘sto punto mi viene da pensare che tu sia un troll: ti ho spiegato già troppe volte dove sbagli, sia nell’esprimerti, che nell’intendere le questioni di cui parli quasi senza alcuna cognizione di causa. In certi casi se tutti ti rivolgono una critica, è forse perché, essendo tu l’unico che va contro-mano, ti illudi che sia tutto il resto del mondo a sbagliare…
Luca, posso chiederti se non ti sembra strano che ogni tuo ragionamento crea obiezioni tra i cattolici? Non ti viene il dubbio che ci sia qualcosa da rivedere nella tua posizione?
Certo Ugo, é per questo che trovo utile confrontarmi qui. Mi piacerebbe che i motivi di dissenso fossero più espliciti, perchè la maggior parte delle volte non ne capisco la ragione.
Esiste il libero arbitrio nella religione cattolica. Ognuno è libero di scegliere la propria vita e di viverla secondo la propria cognizione e coscienza. La scienza è una speculazione propria della mente umana, non un dogma religioso. Le due cose non devono essere mescolate in nessuno dei due sensi che Lei citava. Personalmente da scienziato non subordino l’obiettivo del mio lavoro alla fede e da cattolico cerco di applicare i principi della mia fede al modo in cui faccio ricerca quotidianamente. Cosa fanno gli altri è un problema loro. Non mi arrogo il diritto di fare crociate contro chi la pensa diversamente, nè tantomeno di additare come bigotto chi ritiene di dover unire scienza e fede in modo indissolubile.
Scusate se mi intrometto nuovamente nel vostro interesssantissimo dibattito, ma desidero esprimere il mio punto di vista. Secondo me, Scienza e Fede sono due facce della stessa medaglia, testa e croce di un unitario ed indissolubile dogma: la vita. A mio avviso, ad unire queste due correnti di pensiero è il cosmo/cielo; ergo, la brama di conoscenza del divino. La Bibbia, i vangeli e tanti reperti archeologici dimostrano che le nostre origini, il nostro Padre e gli angeli/elhoim provengono dal Cielo. Esistono lampanti differenze formali tra scienza e fede. La prima, per conoscere adotta il metodo scientifico galileano (induttivo). La seconda, si avvale, giustamente, delle verità e dei dogmi rivelati a Mosè sul Monte Sinai. A mio avviso, scienza e fede differiscono sul piano formale, ma non sul piano teleologico. intendo dire, che prima o poi, la scienza si renderà conto che le sue ricerche, teorie e sperimentazioni non sono altro che l’ennesima prova dell’esistenza di Dio. Ciò non significa che la scienza sia nata per dimostrare l’esistenza di Dio. L’onnipotente esiste a priori, perchè è il principio di ogni cosa. A mio avviso, La specola Vaticana fa da cartina al tornasole dell’esistenza di un sottilissimo, seppur esistente, legame tra le due correnti: il firmamento dei cieli. Lo stesso Einstein scrisse che: “il caso è il sentiero che Dio imbocca quando vuol restare anonimo”. Cari saluti.
Sono daccordissimo nel dire che sono due facce della stessa medaglia ma secondo me occorre esplicitare alcune conseguenze derivanti dall’esistenza di queste due facce. Perché non é detto che uno scienziato scopra nei cieli sé stesso o la fede in Dio né per questo posso squalificare la sua ricerca. Le sintesi tra le due facce per quanto diverse tra di loro restano inevitabilmente tutte personali ed in linea di principio insindacabili, altrettanto valide. Le “faccie” della fede che siano la mia, la tua, quella di Masiero, di Galleni o di Theilhard de Chardin nessuno tranne Dio stesso può permettersi di giudicarla (semmai discuterne qui può essere un piacere intellettuale).
Anche qui esprimi posizioni relativistiche, che non hanno nulla a che fare con la vera fede (che è esclusivamente quella cattolica), ma semmai con le demoniache pseudo-cristiane sette protestanti.
Galleni, Theillard de Chardin, F Ayala, Monsignor Facchini sono protestanti ? Forse qualcuno dovrebbe spiegarlo loro.
Theillard anche molto peggio che semplice protestante. Gli altri non li conosco. Ma il punto è che tu affermi che non si possono giudicare le posizioni dottrinali di nessuno, il che è profondamente falso ed esprimente implicitamente un relativismo puro in materia di fede.
Galleni, Ayala e Facchini (un prete) hanno scritto di evoluzionismo per questo sito. Protestanti o peggio ? Non sapevo che ti avessero eletto papa. Complimenti ed in bocca al lupo.
Luca, non si scrive di “evoluzionismo” perché è ideologia. Si scrive di evoluzione, al massimo. Già solo questo tuo lapsus è molto significativo. Inviterei poi maggior rispetto per Alessandro, persona di ampia cultura che ha sempre un giudizio chiaro e preciso.
Evoluzionismo lo trovo spesso come termine opposto a fissismo, ad intendere un complesso di teorie scientifiche. Il ché lo rende un sistema di pensiero articolato ma non necessariamente un’ideologia. Capisco e condivido l’obiezione: ti ringrazio, ma comunque sia basta intendersi. Chi é Alessandro ? Io mi sforzo di rispettare tutti, se mi sbagliassi segnalatemelo.
Tu ti sforzi, ma i tuoi ragionamenti risultano essere sempre controversi. Evidentemente dovresti rivedere la tua posizione.
Io penso sinceramente che le controversie nel rispetto reciproco siano una bellissima cosa, utile soprattutto ai contendenti per affinare le proprie idee. Non trovi ? Altrimenti se fossimo tutti pregiudizialmente daccordo perchè perder tempo ?
Io sono d’accordo con te su questo punto. Però il rispetto reciproco implica anche lo sforzo di tentare di capire cosa viene detto da colui con cui ci si confronta. Tu invece fai il sordo e questo fa perdere tempo a chi discute con te, piuttosto che consentirgli di guadagnare nuove prospettive.
Sei sicuro Luca?
Ayala scrive: «Noi scienziati parliamo di Darwin, non di darwinismo né di neodarwinismo. Queste ideologie sono fuori della scienza»: https://www.uccronline.it/2011/03/17/il-biologo-darwinista-francisco-j-ayala-%C2%ABdio-crea-attraverso-le-leggi-naturali%C2%BB/
Facchini scrive: “Ho scritto varie volte che non ritengo sufficiente la spiegazione darwiniana per l’evoluzione nel suo insieme, pur riconoscendone la validità a livello microevolutivo”: https://www.uccronline.it/2010/04/05/fiorenzo-facchini-contro-il-dogma-darwinistico/
Sei davvero sicuro di avere le competenze di quel di cui vuoi parlare?
Soprattutto, poi, mi sono espresso negativamente solo a proposito di Theillard, notissimo modernista, tenuto in palmo di mano da tutti i modernisti.
Pio X ha condannato alcune precise tesi del modernismo, non il modernismo in sé né Theillard de Chardin in particolare. A meno che tu non voglia estendere la condanna delle tesi moderniste sulla parola di Dio alla Dei Verbum. Poi eliminiamo pure Theillard se a te piace così, l’osservazione era sull’esistenza di scienziati cattolici portati dall’ identica ragione e dall’identica fede a conclusioni tra di loro contrastanti (appunto non definitive).
No, infatti. Theillard è stato pesantemente criticato dal Card. Ottaviani (oltre che dai superiori del suo stesso ordine), che era in primis il competente in materia (essendo allora il Prefetto dell’ex Sant’Uffizio)…
Mi piacerebbe proprio che tu facessi qualche esempio di tesi modernista accettata esplicitamente da San Pio X.
Su Theillard osservo che il cardinal Ottaviani ed il Sant’Uffizio sono stati stimatissimi organi della Chiesa, non LA Chiesa ed una critica anche pesante non corrisponde ad una scomunica per eresia quale tu vorresti comminare. Sul modernismo non so di storia della Chiesa o di dottrine, ma é semplice osservare che se benissimo ha fatto Pio X a condannare l’espressione modernista “la Bibbia è una raccolta di episodi mitici e/o simbolici, e comunque non si tratta di un libro divinamente ispirato” (la Bibbia é l’unica certezza assoluta che la Chiesa possiede e sulla quale la Chiesa si fonda: Populorum Progressio) … tuttavia il modo di leggerla che la Dei Verbum ci insegna é per alcuni aspetti sostanziali più vicina al modernismo che a Pio X. Nel senso perlomeno di spostare l’attenzione prevalente dall’interpretazione letterale della Parola (come già suggeriva Galileo …). Anche la Chiesa EVOLVE (evoluzionismo?) e non vedo perché vergognarsi di ammetterlo. A meno di non voler ridurre ed immiserire la fede stessa ad ideologia.
1) Sai quanta gente (sacerdoti e non) afferma e scrive formali eresie e non viene scomunicata e nemmeno sospesa a divinis? Se fosse solo questo il criterio per capire chi è o non è eretico, staremmo freschi. Mi pare che basti ampiamente un decreto del Prefetto del Sant’Uffizio, se non ricordo male, che impose il ritiro di tutte le opere del tuo maestro da tutte le biblioteche cattoliche (o ancora tali).
E se credere nella Chiesa volesse dire credere anche in loro o talora persino loro malgrado ? Credere insomma e per l’appunto in uno Spirito che non possediamo appieno ma che sovrasta ognuno di noi ?
Per dire quanto sia ancora feconda nella Chiesa di oggi l’opera di Theillard, vedi ad esempio il quaderno ed il convegno che gli sono stati dedicati da “La civiltà cattolica” nel 2005.
Hai un criterio tuo per l’eresia ? Davvero il soglio non ti pesa ?
Ma tu sei cattolico? Perché, non dico condividere, ma almeno essere a conoscenza della dottrina cattolica… Che significato può avere per uno che almeno conosca la dottrina cattolica, domandare (ad un vero cattolico) se costui ha un criterio “suo” per definire l’eresia?
5) Luca ha scritto: ” Davvero il soglio non ti pesa?”.
Questa mi risulta alquanto criptica… Intendi dire il soglio petrino?
6) Luca ha scritto: “Su Theillard osservo che il cardinal Ottaviani ed il Sant’Uffizio sono stati stimatissimi organi della Chiesa”.
Questo tipo di affermazioni rischia veramente di farmi incavolare pesantemente! Tu sei un modernista! Come accidenti fai ha ritenere stimabile un Card. come Ottaviani, totalmente anti-modernista? Sii almeno coerente (oppure proprio la dottrina modernista è intrinsecamente contraddittoria?). Tra il Card. Ottaviani, Pio IX e San Pio X non si sarebbe in grado di scegliere chi fosse maggiormente avverso al modernismo…
Infatti era un commento ironico riferito alla tua affermazione precedente: “sai quanti sacerdoti … eretici” ?
Forse volevi dire: “un commento cretino”.
2) Luca ha scritto: “la Bibbia é l’unica certezza assoluta che la Chiesa possiede e sulla quale la Chiesa si fonda: Populorum Progressio”.
Lascia che dubiti profondamente che ciò sia scritto nell’enciclica che citi, dato che sarebbe un’eresia. Per un cattolico è altrettanto importante la Tradizione, anzi, le Sacre Scritture non sono altro che la ritrascrizione di una parte della Tradizione apostolica precedentemente orale.
Perfetto. Con una postilla: la tradizione la stabilisce la vita dei credenti, cioé noi in questo momento in continuità con chi ci ha preceduto. Perciò per sua natura la tradizione evolve (sempre nella continuità). Quello che non cambia sono le fondamenta (la parola).
Oh mamma mia! La Rivelazione e la dogmatica non si evolvono! Ristudiati un po’ di catechismo elementare…, che forse troverai i termini appropriati per esprimerti correttamente.
3) Luca ha scritto: “Anche la Chiesa EVOLVE (evoluzionismo?) e non vedo perché vergognarsi di ammetterlo”.
Un bel corno fritto! Ecco dove ti porta una teologia modernistico-evoluzionista come quella theillardiana… La Chiesa dottrinalmente è assolutamente immutabile.
Immutabile … Non é quello che dice Benedetto XVI, proprio a proposito del Concilio. Non rottura, ma evoluzione nella continuità.
Appunto, appunto…
4) Luca ha scritto: “E se credere nella Chiesa volesse dire credere anche in loro o talora persino loro malgrado ?”.
Vedi anche qui ti esprimi in maniera terribilmente confusa. Se credere nella Chiesa significasse credere agli eretici, la Chiesa non esisterebbe. Invece credere alla Chiesa, nonostante taluni, formalmente dichiarantesi cattolici (specialmente se consacrati), si ostinino a propagandare dottrine eretiche, è una prova; ma è anche uno scandalo, di cui costoro pagheranno amarissime conseguenze, se moriranno da impenitenti (e tu con loro, attenzione!).
Quello che io non credo é che tu abbia l’autorità di stabilire chi é eretico e chi no. Con questa premessa, continuando a credere in TUTTA la Chiesa ed in TUTTE le sue componenti io preferisco credere in un unico corpo mistico di Cristo e nella guida di un’unico Spirito. Unico e GRANDE, capace di accogliere, contenere e far sintesi anche di quelle che a noi paiono insopportabili discordanze e divisioni.
Bene, con questa risposta dimostri la tua eresia assoluta. In base a cosa lo dico? In base al fatto che se tu dici “rosso”, ma ciò a cui ti riferisci è “verde”, tu stai semplicemente affermando il falso. L’alternativa, caro modernista, è, appunto, il relativismo assoluto, ma allora anche tu hai torto nel momento stesso in cui (per caso e a caso) avessi ragione… Comunque tempo sia proprio inutile continuare a dialogare con te e me ne dispiace.
Ci sono i modernisti e c’é chi preferisce fondare la sua Chiesa personale e sedersi sul trono. Va bene a-theos, ho capito, ognuno sarebbe comunque restato della sua opinione, grazie del confronto e alla prossima.
Certo, era probabile che saremmo rimasti della stessa opinione, con la sola differenza che, trovata l’opposizione irriducibile tra le nostre posizioni, solo uno dei due non rischia l’inferno a rimanere della propria opinione.
E poi ti farei notare che è proprio chi afferma tutto e il contrario di tutto, come fai tu, quello che giocoforza si costruisce una “sua” protestantica chiesa… Dai almeno un minimo di coerenza nel parlare, se non nel ragionare.
“Pur essendo un cattolico credente e praticante, ritengo che la scienza debba essere fine a se stessa per poter raggiungere in totale autonomia ed indipendenza le scoperte che rivelino le leggi che governano l’Universo e la natura umana. Qualunque condizionamento assoggetta la scienza ad un mezzo, piuttosto che ad uno scopo.”
Non so di astronomia e di molte altre cose ma riferendomi alla scienza medica e alla biologia questa affermazione non mi troverebbe affatto d’accordo se fosse fatta da un medico o da un biologo “cattolico credente praticante”.
La scienza medica e la biologia non possono essere fine a se stesse, non possono essere lo scopo. La scienza medica e la biologia sono un MEZZO tramite il quale lo scienziato può contribuire a fare il bene dell’essere umano. La scienza medica e la biologia intese come “scopo”, quando hanno smesso di mettere al centro della ricerca l’uomo con la sua dignità, hanno prodotto aberrazioni di diverso tipo (clonazione umana, embrioni chimera, produzione e utilizzo di cellule staminali embrionali, selezione di embrioni e soppressione di quelli non geneticamente perfetti, …).
No, secondo me lo scienziato cattolico credente e praticante, se è coerente con ciò in cui crede considera la scienza un MEZZO per collaborare con Dio al benessere dell’essere umano. Un medico cattolico credente e praticante non può, secondo me, non farsi “condizionare” (ma io preferirei usare la parola “guidare”) dai principi etici che da questa sua fede discendono.
Penso tu abbia ragione sugli esempi chde hai fatto, ma penso anche che Brescia intendesse parlare di rierca scientifica in termini diversi da quelli della ricerca “applicata”. Voglio dire (a spanne, cercando esempi in un campo che non conosco): se un biochimico si interessa dei legami atomici in una molecola, é bene ed utile alla ricerca e al progresso che di quei legami atomici si occupi, prima di domandarsi se la molecola in studio possa essere utilizzata per uno scopo buono o uno cattivo. Altrimenti non si sortirebbe nessuno scopo, né buono né cattivo.
Vero! Bravo!
Chi afferma simili sciocchezze, lo fa, speriamo perché l’alternativa è forse peggiore, per mettere tutti d’accordo (tipico stile relativistico da grembiulini).
Se era sarcastico non l’ho capito. Il cattolico Brescia ha torto o ragione nel sostenere l’autonomia della scienza ?
Perfettamente ragione dal punto di vista metodologico, perfettamente torto quando dice che la scienza (o qualsiasi altra cosa) è fine a se stessa.
Bravo, eppure le due affermazioni stanno nella stessa frase ed indica nell’intenzione dell’autore la stessa cosa. Forse qualcuno sta cercando una contrapposizione forzosa ed inutile. Eppure ribadisco: basterebbe assumere la fides et ratio.
Appunto, l’autore si sbaglia, se pensa che le due affermazioni siano identiche… Nessuna contrapposizione inutile: non esiste scienza o azione fine a se stessa (tutto in ultimo è ordinato a Dio).
Ma l’autore non si sbaglia se come a me parrebbe evidente pensa che l’una in un certo modo contenga l’altra. Il fatto che tutto sia ordinato da Dio é un fatto di fede non di scienza, perciò vivaddio in tema di scienza la metodologia é la sostanza. Non puoi assumere la ragione e poi sottrarti alle sue conseguenze in nome della fede che per la ragione é un pre-giudizio. Non sta dicendo niente di diverso da quel che dici tu ma sta dicendo qualcosa che a me pare ovvio ma a troppi in questo blog forse no: la ricerca di Dio non interessa alla scienza, non ha niente a che fare. Se non evidentemente nella coscienza del singolo ricercatore, come si diceva sopra, ma quella è la sua insindacabile coscienza.
Luca ha scritto: “Ma l’autore non si sbaglia se come a me parrebbe evidente pensa che l’una in un certo modo contenga l’altra”.
E invece si sbaglia, perché, forse non ti è chiaro, non basta “volere” o “pensare” che una cosa stia in un certo modo, affinché il nostro desiderio si realizzi nella realtà (se a te invece succede, per favore fammi sapere come…). Indipendenza metodologica e finalizzazione dell’attività di ricerca sono due cose distinte, ossia il metodo che uso per studiare una certa materia è totalmente separabile dal fine, cioè dallo scopo per cui la studio. Infatti uno può essere, almeno tecnicamente, un buon ingegnere, sia che sia ateo sia che sia credente. Cose banali da dire, ma tu, come al solito, o fai finta o proprio non capisci le distinzioni più elementari.
E allora se le due cose sono da distinguersi, non c’è alcuna contraddizione tra l’essere profondamente credenti e dunque tra il finalizzare l’attività scientifica a Dio e al bene del prossimo e lo svolgere tale attività in base ad una metodologia e a uno statuto epistemologico che non hanno nulla a che vedere con la teologia o la religione. Chiaro?
Chiarissimo, sono pure daccordo e ti ringrazio una volta di più. Solo che secondo me non hai capito cosa intendeva Brescia (né cosa ho cercato di dire io sin dall’inizio). Ti faccio semplicemente notare che Brescia fa l’astronomo, non il medico o il biologo ma qui mi fermo, ci saranno forse altre e migliori occasioni come ci invita a pensare Giuliani. La pace sia con te.
Benissimo, con questo ultimo intervento direi che a mio avviso siamo arrivati alla definizione di una bella sintesi. E’ stato un percorso faticos ma di una fatica esaltante che ha permesso via via di affinare e chiarire le posizioni.
Ecco credo che questo sia lo stile unico e inconfondibile dei cristiani.
Ringrazio tutti per l’insperato e inatteso “acceso dibattito” innescato dall’intervista. In un certo senso ne sono lusingato. Nelle risposte ad alcuni vostri commenti ho cercato di chiarire ulteriormente il mio punto di vista. Non mi ritengo all’altezza di poter iniettare verità assolute sulla controversa commistione tra scienza e fede. Anzi, ad essere sincero, questo argomento non rientra tra i miei interessi prioritari. Forse, anzi sicuramente, lo sottovaluto, ma non lo vivo come un problema. Parto dall’idea che esista il libero arbitrio per un cattolico e che la scienza sia un “parto” della mente umana, non già un dogma divino. Per cui, come tutte le cose prettamente “umane”, la scienza è imperfetta e perfettibile. Non mi sento quindi di mescolarla o di porla in competizione con la fede in Dio. Quando affermo che la scienza debba essere fine a se stessa, intendo proprio riferirmi alla volontà di non arrogare il diritto di porre sullo stesso gradino il “divino” con “l’umano”. Da scienziato non intendo spiegare i dogmi religiosi, nè tantomeno confutarli. Da cattolico non ritengo che la scienza, proprio perchè “misera cosa umana”, debba essere posta in competizione con la fede.
Ciò che ritengo importante è “fare” lo scienziato in modo moralmente corretto.
Dunque, personalmente, non vedo la necessità di scegliere tra scienza e fede. Piuttosto, il vero problema di cui discutere dovrebbe essere il connubio tra scienza e morale, perchè sono entrambe aspetti propriamente umani. Una morale ce l’ha anche un ateo. Si può essere un “buon” scienziato pur essendo non credente, ma con una morale che persegua il “bene” dell’umanità. Questo dimostra, a mio avviso, che scienza e fede non sono direttamente comparabili. Possono convivere tranquillamente e serenamente.
Egr. Professor Brescia, purtroppo mi accorgo solo ora del suo intervento nella discussione. Mi permetto di commentare in particolare alcune sue parole:
“La fede coinvolge i principi di moralità e di onestà intellettuale di uno scienziato, non l’obiettivo della sua ricerca. […] Ma nell’analizzare o proporre modelli cosmologici non parto da preconcetti di natura teologica o creazionista. Lo faccio su base esclusivamente “osservativa” e analitica”.
Lei nomina esplicitamente (tra virgolette) o si riferisce a: 1) “principi di moralità”, 2) “obiettivo della ricerca” e 3) metodo della ricerca.
L’unico appunto che mi permetto di farle, altrimenti mi pare che si rischi una certa ambiguità, è l’uso che lei fa del termine “obiettivo”, che pare infine quasi venire a coincidere con il “metodo” di ricerca. Concordo perfettamente con lei sul fatto che ogni scienza debba essere praticata attraverso l’utilizzo del migliore metodo di ricerca in quel momento disponibile per quella specifica area scientifica. E in questo senso qualunque elemento estraneo che turbi l’applicazione corretta del miglior metodo di ricerca è da ritenersi, non solo un errore, ma persino un male. Ma qui si parla, appunto, di metodo.
Quando invece incominciamo a parlare di scopi o fini della ricerca, le cose possono cambiare. E bisogna distinguere attentamente tra “scopi intermedi”, cioè interni ai lunghi e spesso complessi percorsi di ricerca (si tratta quindi degli obiettivi tecnico-scientifici che di volta in volta ogni tappa parziale di ricerca può assumere), e “scopi ultimi” della ricerca stessa, intesa in senso globale.
Ora, lo scopo ultimo della ricerca non è mai la ricerca stessa, perché, anzi, proprio la ricerca deriva da motivazioni di altro tipo, SEMPRE. Come dicevano Platone e Aristotele, l’uomo inizia a filosofare a causa della “meraviglia” che prova di fronte all’essere delle cose. Si può essere profondamente curiosi alla Leonardo, cioè si può essere spinti da un insopprimibile desiderio di capire tutto o il più possibile, si può essere spinti dal desiderio di servire la patria o l’umanità, ecc. Ed è proprio qui che non vi è alcuna contraddizione tra essere scienziati che usano rigorosamente il metodo adeguato alla propria disciplina ed essere credenti che ispirano i fini ultimi della propria ricerca a Dio e al bene del prossimo.
Ma questo per un credente non è solo una possibilità, che non è in contraddizione con il metodo scientifico più corretto, ma anche un dovere morale, poiché in generale non può esserci alcuna attività e alcuna azione che sia “fine a se stessa”, in quanto ogni azione deve armonizzarsi (e dunque essere ordinata ad esso, più o meno lontanamente) con il fine ultimo della nostra vita (Dio). Ed è proprio per questo che lei evita accuratamente di fare strumentalizzare la sua ricerca da chi potrebbe usarne i risultati a danno del prossimo.
Dunque si può dire che il metodo di ogni scienza deve essere indipendente e finalizzato alla scienza stessa, ma lo scopo finale della ricerca scientifica nel suo complesso non può mai essere fine a se stesso.
La ringrazio per la pazienza e la saluto cordialmente.