L’attacco fallace di Sam Harris al libero arbitrio

Il nuovo pamphlet di Sam Harris, il noto filosofo rappresentante dei New Atheists, porta un titolo semplice e diretto: “Free will”. Memori dell’ultimo episodio che aveva visto Harris protagonista – di cui abbiamo dato conto nel nostro sito, ci aspettavamo una disamina sufficientemente equilibrata sul tema del libero arbitrio. In questo senso, siamo rimasti un po’ delusi.

Il filosofo statunitense pare essere riapprodato alle posizioni più radicali della corrente ideologica cui professa appartenenza. Il ritorno all’ovile appare totale, tanto più che le pagine del blog in cui pareva avesse manifestato opinioni non del tutto allineate con quelle ufficiali sono state oscurate, e sostituite dalla pubblicità del suo ultimo libro (si tratta degli articoli intitolati “Morality without free will”, “Free will: why you still don’t have it” e “You do not choose what you choose”). Della diatriba interna al New Atheism non rimarrebbe alcuna traccia, se non fosse per qualche fuggevole cenno in un thread di discussione sfuggito alle forbici dell’ipotetico censore.

Sebbene non ci interessi giudicare la coerenza delle opinioni altrui, ci sembra tuttavia che questa “ritirata” sia indicativa di un fatto: il tema del libero arbitrio costituisce ancora e sempre un nervo scoperto di ogni sistema di credenze ateo. Detto in altri termini, così come per un credente è dogma di fede l’idea che ognuno sia responsabile delle proprie azioni – fintantoché esse si possano considerare liberamente scelte – allo stesso modo per un New Atheist deve essere dogmatico che nessuno possa essere ritenuto, in ultima analisi, responsabile delle proprie azioni. Lascerei da parte, per il momento, ogni (pur doveroso) distinguo di carattere giuridico ed etico: del resto, lo stesso Harris fa notare che una concezione “minimale” di libero arbitrio deve obbligatoriamente permanere in ogni sistema legale moderno e futuro, al fine di consentire una civile convivenza tra i membri della società.

Tuttavia, mi sembra interessante chiedersi il motivo di tale categorica inflessibilità. La risposta è, secondo me, piuttosto semplice: anche una pur minima incrinatura nella concezione meccanicistica delle azioni umane mette a repentaglio i capisaldi della propaganda ateista. Questo è un passaggio logico di cui lo stesso Harris è evidentemente ben consapevole, ed è presto spiegato. Come è noto, una delle strategie di attacco alle religioni da parte dei New Atheists è il problema del male (“Perché il Creatore, che è infinitamente buono e tutto regge e governa, permette che ci sia tanto male nel mondo?”). A quanto pare, questo argomento risulta per molti un facile ed efficace confutatore della credenza in Dio. D’altro canto, basta un poco di riflessione – magari alla luce delle parole dei Padri della Chiesa – per individuare un contro‑confutatore, altrettanto efficace, nell’idea del libero arbitrio (“Dio ha creato il mondo libero in una certa misura, e l’Uomo in misura massima, in grado liberamente di scegliere tra bene e male”, qui un approfondimento). È logico, dunque, che ogni annuncio di “morte del libero arbitrio” – magari apocrifamente accreditato dalle ricerche neuroscientifiche – possa rappresentare una potente arma retorica a favore della causa ateista; ed è analogamente evidente che la confutazione (o perfino la ragionevole messa in dubbio) di tale annuncio tenderebbe a spuntare l’arma. Chiarito questo punto, possiamo passare ad analizzare il testo di Harris.

A mio parere, “Free will” vuole essere un’arma dialettica proprio del genere di cui ho appena detto, e la cosa salta subito all’occhio. Il filosofo, infatti, decide di affrontare il problema del libero arbitrio partendo dall’analisi di un delitto particolarmente efferato. Non ho alcuna intenzione di ammorbarvi con i dettagli della storia, che è piuttosto violenta; per proseguire la nostra discussione, basterà solo notare che a un certo punto Harris (a commento delle gesta di uno dei malviventi) afferma: «Se fossi stato davvero nei panni di Komisarjevsky il 23 luglio 2007 – cioè, se avessi avuto i suoi geni e la sua esperienza di vita e un identico cervello (o un’anima) in uno stato identico – avrei agito esattamente come ha fatto lui. Non c’è, semplicemente, alcuna posizione intellettualmente rispettabile in base alla quale si possa negare ciò. […] Come possiamo dare un senso alla nostra vita, e ritenere le persone responsabili delle proprie scelte, data l’origine inconscia delle nostre menti consce? Il libero arbitrio è un’illusione». Ohibò. Appena ho letto questa dichiarazione mi sono detto: possibile che questo sia tutto l’armamentario argomentativo che Harris riesce mettere in campo? Francamente, mi sembra un po’ poco, e anche scarsamente fondato, sia dal punto di vista logico che da quello più strettamente scientifico.

Per esempio: che cosa intende esattamente Harris quando dice «Se fossi stato in lui, avrei fatto lo stesso»? Secondo me, l’unica posizione intellettualmente rispettabile in base alla quale egli può fare tale affermazione è la seguente: «Se gli fosse possibile tornare indietro nel tempo, Komisarjevsky [non Harris!] agirebbe nello stesso modo». Qualsiasi altra interpretazione implicherebbe una specie di incubo meta-cognitivo, secondo il quale qualcosa come l’”essenza vitale” di Harris sarebbe in grado di fare un viaggio di andata e ritorno nel corpo di Komisarjevsky, e di osservarne le azioni pur non determinandole direttamente – perché esse dipenderebbero, in ultima analisi, solo dallo stato fisico del cervello-ospite… bah! Onestamente, non potrei accusare nessuno di credere sul serio a un garbuglio del genere. In realtà, dunque, penso che Harris stia banalmente dicendo che accetta il determinismo ontologico, e che fonderà la sua analisi successiva su questa assunzione fondamentale. Il fatto è che sarebbe stato più onesto – a mio parere – se avesse dichiarato subito la sua personale adesione a questa particolare concezione filosofica, piuttosto che cercare di spacciarla per l’unica intellettualmente rispettabile.

Infatti, il determinismo ontologico non è affatto il solo schema teorico in grado di spiegare il funzionamento della realtà fisica: tutt’altro. Non starò qui a ridire i motivi di questa affermazione: ne ho parlato ampiamente in un precedente articolo. Basti osservare che la meccanica quantistica tende fortemente a escludere tale punto di vista (i tentativi di far rientrare il determinismo nella fisica moderna – le cosiddette teorie “a variabili nascoste” – non risultano a tutt’oggi particolarmente soddisfacenti). Ancora, Harris dà per scontato che non vi sia alcuna azione causale della mente sul cervello, ed esprime ciò mediante la lapidaria affermazione:”Il libero arbitrio è un’illusione”. Posizione filosofica, questa, che coincide con il riduzionismo materialista, e che è del tutto lecita: ma che, di nuovo, non è l’unica intellettualmente rispettabile. Anche di questo ho diffusamente parlato altrove (qui e qui), quindi non mi ci dilungherò oltre. Ricorderò solo che i risultati scientifici riportati da Harris non sono affatto univocamente interpretabili nel senso suggerito dal suddetto enunciato (e per la verità, si tratta sempre delle solite ricerche neuroscientifiche, vale a dire quelle di cui riferivo negli articoli appena citati).

Da questo punto in poi, l’esposizione del filosofo americano non è altro che lo sviluppo dialogico della tesi di fondo: la presunta illusorietà del libero arbitrio. Si tratta di una dissertazione piuttosto prevedibile, che non porta contributi conclusivi sul piano scientifico – e neppure convincenti argomentazioni filosofiche – e che pertanto non aggiunge niente di nuovo alla discussione sul libero arbitrio. In definitiva, dunque, nulla su cui valga la pena di soffermarsi.

Michele Forastiere

23 commenti a L’attacco fallace di Sam Harris al libero arbitrio

  • Alèudin ha detto:

    consiglio caldamente di leggere e meditare questo:

    http://www.atma-o-jibon.org/italiano6/guardini_la_coscienza1.htm

  • Giovanni Pastormerlo ha detto:

    So che il filosofo Harris sta studiando anche neuroscienze motivato a dimostrare proprio l’inesistenza del libero arbitrio…ne parlava in un blog con Dawkins qualche anno fa. Se questi sono i risultati…

  • Ugo La Serra ha detto:

    Sinceramente non vedo questo stretto legame tra l’esistenza o meno del libero arbitrio, con il “riduzionismo materialista”, cioè che siamo fatti solo ed esclusivamente di materia.

    Io penso che: il libero arbitrio esiste, *e* siamo fatti *solo* di materia.

    • Qumran ha detto:

      La congiunzione “e” non è applicabile all’interno dei delle due convinzioni pena la contraddizione.

    • Riccardo ha detto:

      No, se non si ammette una dimensione spirituale è molto difficile credere al libero arbitrio, tant’è vero che questa è la teoria di moltissimi studiosi evoluzionisti come Will Provine, Christiane Nusslein-Volhard,Daniel M. Wegner,

      • Michele Forastiere ha detto:

        Interessante, Riccardo: saprebbe indicarmi, gentilmente, qualche riferimento accessibile a lavori di questi studiosi? 🙂

    • Michele Forastiere ha detto:

      Gentile Ugo, la sua posizione è validissima, ma non la definirei riduzionista: materialista sì, ma non riduzionista. Per l’appunto, la sua è una di quelle concezioni intellettualmente rispettabili che non coincidono con quella di Harris. Mi perdoni se provo a interpretare il suo pensiero riguardo al libero arbitrio, ma non ho altre informazioni oltre a quel poco che leggo qui sopra: se ho capito bene (ma mi correggerà se sbaglio) la sua idea – che implica una forma di vera “libertà” nell’organizzazione della materia del cervello – potrebbe corrispondere a qualcosa sul genere dello schema non-algoritmico di Penrose-Hameroff. Molto bello e interessante, e totalmente materialista. Naturalmente è possibile che ce ne siano altri che io non conosco (magari anche di tipo algoritmico): mi farebbe piacere se le volesse indicarmeli.
      Cordiali saluti

    • J.B. ha detto:

      Che siamo fatti di materia lo sapevano anche quelli che hanno scritto la Bibbia… grandi passi avanti insomma

  • Fulton Sheen ha detto:

    “No, se non si ammette una dimensione spirituale è molto difficile credere al libero arbitrio, tant’è vero che questa è la teoria di moltissimi studiosi evoluzionisti come Will Provine, Christiane Nusslein-Volhard,Daniel M. Wegner”

    Permesso che io alla dimensione spirituale ci credo eccome, non capisco dove sarebbe la difficoltà nel credere che il mio apparato cerebrale lasci spazio libero alla coscienza, indipendentemente dai suoi processi neuronali.

  • Giorgio Masiero ha detto:

    Io devo ringraziare Forastiere perché dalla lettura dei suoi molti interventi sul libero arbitrio ho imparato a riflettere sul problema con un’intensità nuova e, soprattutto, da diversi punti di vista (filosofico, fisico, informatico, ecc.). Sono un principiante, non è il mio campo, dirò delle cavolate, però voglio dire la mia idea.
    Per una volta tanto sono d’accordo con Ugo La Serra, cioè si può essere materialisti e credere allo stesso tempo nel libero arbitrio, secondo me. Se le mie sensazioni, i miei pensieri, le mie più elevate attività intellettive, la mia autocoscienza, possono essere epifenomeni delle mie funzioni bio-chimiche cerebrali, non vedo perché non lo possa essere anche la mia libera volontà. Quindi, a meno di non credere che lo spiritualismo sia dimostrabile scientificamente (ed io non credo lo sia), il materialismo (nel senso del naturalismo, non di un meccanicismo settecentesco) è compatibile con il libero arbitrio.
    Il fatto è, e qui vengo al punto secondo me fondamentale, che l’esistenza del libero arbitrio è una questione di filosofia e non di scienza naturale. Io non mi riferisco a reazioni pavloviane, a scelte d’istinto, ecc., che possono essere provocate da meccanismi neuronali senza l’intervento della mia volontà. Ma quando faccio una scelta meditata, quando pondero riflettendo a lungo sulle diverse opzioni ed infine faccio una scelta, ebbene in questo caso io non riesco ad immaginare nessun esperimento che possa discriminare se i miei neuroni hanno deciso la mia scelta finale, o se sia stata la mia volontà a muovere il sistema nervoso.
    Ciascuno deve fare la sua scelta di Weltanschauung: si sente libero (non assolutamente certo, con tutti i condizionamenti del caso, della cultura e dell’ambiente, ecc.), ma alla fine si sente libero nelle sue scelte ponderate e importanti, o no?
    Io dico subito che mi sento libero e “la prova” che sento fortissimamente consiste, paradossalmente, soprattutto quando pecco, facendo quello che non dovrei fare, che non voglio fare, e che tuttavia faccio poi pentendomi e provandone rimorso. E’ la voce della coscienza che dimostra a me la mia libertà.
    Harris è ridicolo, perché non è coerente fino alla fine: se non c’è responsabilità morale, perché la legge dovrebbe comunque agire come se ci fosse? Per diminuire i reati, risponde pragmaticamente (alla Voltaire: se non ci fosse Dio, bisognerebbe inventarlo). Ma allora vuol dire che c’è il libero arbitrio, perché la legge ha una funzione dissuasiva che spinge “con efficacia” la gente a scegliere diversamente! Se il libero arbitrio non ci fosse, se gli uomini fossero macchine mosse deterministicamente, ogni legge sarebbe inutile!
    Come in campo gnoselogico, l’ateismo filosofico militante sfocia nichilisticamente nel suicidio, lì nella ricerca della verità, qui in campo etico.

    • Michele Forastiere ha detto:

      Grazie, Giorgio, dell’interessantissima (come sempre) riflessione!

    • credino ha detto:

      sono d’accordo. credo comunque che a l’aderire o meno a tale posizione filosofica giunga come risultato di riflessioni più o meno profonde, che vanno sicuramente oltre il comune “sentirsi libero”. cioè chiunque si “sente libero” nelle piccole azioni quotidiane, a prescindere dalle tesi che sostiene.

  • ignotius ha detto:

    intervento un po’ più banale e impressionistico il mio:
    dal punto di vista materialistico la nostra psiche è un campo di gioco, o di scontro, di varie forze di varia natura (chimica fisica psichica..), forze che, in questo contesto, si possono anche chiamare bisogni e che condizionano la nostra coscienza, che spesso ne è inconsapevole, e orientano la nostra volontà a determinate scelte.
    es.: ci sentiamo liberi di scegliere un gelato alla menta o al cioccolato o di rinunciarvi, ma in realtà potrebbe essere la sete o il calo di energie o la paura di mettere su peso a condizionare la nostra scelta.
    Anche la scelta di credere può essere dovuta al riconoscimento di un bisogno più forte di altri: la fede dà forza a chi l’ha.
    In altri termini per un materialista: mi piace una cosa o mi serve, la voglio! non mi piace o non mi conviene, non la voglio! la libertà si gioca in questo.
    Messo così il discorso è un po’ riduzionista, complicando le cose si può dire che la libertà comunque può essere condizionata dalla conoscenza e in ogni caso implica la capacità di discernere il bene, o tra i beni possibili quello maggiore.

  • enrico ha detto:

    Dunque un ateo nemmeno sceglie di essere ateo, se non crede nel libero arbitrio.
    Strano modo di segare il ramo su cui si sta seduti.

  • Licurgo ha detto:

    Con la scoperta dell’inconscio certamente il campo del libero arbitrio si restringe rispetto ad un tempo.
    Però un certo margine di libertà dalla ragione non può non esserci, altrimenti sarebbe ben strano il fatto stesso che ci interroghiamo sul concetto del libero arbitrio, visto che se fossimo completamente determinati non potremmo nemmeno avere il concetto di libertà (e dunque di bene e di male), dal momento che non si capisce da quale percezione, esterna o interna, ce lo formeremmo.
    Certamente le passioni influiscono, visto che tante volte ci accorgiamo a giochi fatti di avere sbagliato scelta perchè la nostra razionalità è stata offuscata dalle passioni, ma proprio il grado di discernimento quando le passioni non sono attive dimostra un certo margine di libertà della ragione e dunque un carattere più freddo e meno passionale potrebbe scegliere, nel momento della tensione, in modo più razionale di un carattere più focoso.
    D’altronde, come detto da altri, se non ci fosse libero arbitrio non vi sarebbe nulla da fare e sarebbe inutile fare politica, gestire l’economia, studiare la scienza, e addirittura sarebbe impossibile uno stato di diritto visto che ogni colpevolezza sarebbe ingiusta, ma non si capisce allora di dove tutta questa attività intellettuale -volta alla ricerca del bene di tutti o di, troppo spesso nella storia, pochi contro molti- nasca, dal momento che senza libero arbitrio non solo il concetto di libertà, ma anche quelli di bene e di male sarebbero impossibile.
    Da un punto di vista ateo materialista del resto il determinismo totale, mascherato dall’illusione della libertà (perchè noi ci sentiamo, perlomeno in parte, liberi di scegliere) pone un grosso problema: al solito se qualcosa è totalmente determinato c’è qualcuno che lo determina, e se si ammette una volontà, come dice Schopenauer, resta il problema di dove venga questa volontà, e come sia possibile un qualsivoglia grado di oggettività razionale (che esiste nella realtà) in una pura volontà senza coscienza.

    • enrico ha detto:

      @ Licurgo

      “Con la scoperta dell’inconscio certamente il campo del libero arbitrio si restringe rispetto ad un tempo.”

      Perchè?
      Già Dante quando tratta l’episodio di Paolo e Francesca indica il primo cedimento come l’origine del peccato finale.
      E’ quel primo cedimento, quando non si è ancora travolti dalla situazione, la scelta libera.

      • Licurgo ha detto:

        @ Enrico

        Perchè l’inconscio fa sì che tu agisca convinto di voler ottenere un fine, mentre senza accorgerti ne stai perseguendo un altro e, se non hai chiaro alla coscienza il fine della tua azione, il libero arbitrio si restringe per forza visto che non essendo chiaro alla coscienza il fine reale anche il discorso morale diventa più sfuggente.
        Per cui l’esempio non mi pare molto calzante, visto che Francesca sapeva quello per cui agiva.

        • enrico ha detto:

          “Perchè l’inconscio fa sì che tu agisca convinto di voler ottenere un fine, mentre senza accorgerti ne stai perseguendo un altro”

          @ licurgo

          Non lo trovo per nulla convincente.
          A me non accade, se non quando decido di autoingannarmi.
          Comunque.
          Il sorriso tra Francesca e Paolo è il momento in cui stabiliscono di varcare una determinata soglia.
          Non è detto che in quel momento avessero già stabilito fin dove spingersi in seguito.
          Tuttavia tale soglia è stata varcata volontariamente.
          Successivamente la situazione diviene via via più travolgente e diminuisce di molto la capacità di uscirne e di conseguenza il libero arbitrio nelle scelte successive.
          Non però nel momento che precede l’accecamento dovuto alla passione.

          • Licurgo ha detto:

            Enrico.
            Le faccio un esempio minimo, così forse riesco a far capire meglio cosa intendo visto che quel che dice lei mi pare di averlo capito, aggiungendo che l’inconscio non è sempre e solo quello freudiano legato alla sessualità ma può essere un’intenzione che sta dietro quella di avere consciamente e allo stesso modo la passione non è, per come la intendevo, solo quella erotica ma anche il personalismo, la tendenza all’ira o alla ripicca ecc…

            Ecco l’esempio.
            Mettiamo che io un docente che sta discutendo la promozione di un alunno che mi sta antipatico e non è molto meritevole. Può succedere che io, insistendo per bocciarlo,sia arciconvinto di difendere la giustizia scolastica, poi ripensandoci dopo mesi a mente fredda mi accorgo che era solo una ripicca mia personale e avevo un po’ esassperato le sue lacune…fino a quanto io in quel momento stavo valutando serenamente e liberamente le sue capacità o ero razionalmente un po’ offuscato dall’intenzione inconscia?
            Di qui tutto il discorso che ho provato ad esprimere prima e che ora sarebbe inutile ripetere.

            • enrico ha detto:

              @ Licurgo

              Io mi accorgo quando sono mosso da risentimenti personali nel formulare un giudizio sulla persona.
              Quando muovo la lingua sono io che decido di farlo. io responsabile di quello che dico.
              Fermarsi a riflettere o tacere è sempre possibile.

  • Licurgo ha detto:

    @ Enrico.

    Io non ho detto che il libero arbitrio non esiste, ho detto che è limitato dall’emotività e dall’inconscio soprattutto nelle persone meno fredde e razionali.
    Se lei è convinto di aver sempre saputo analizzare cosa la muoveva le faccio i complimenti per il suo logos quasi perfetto! Io, che pure ci sono stato attento, non posso dire altrettanto ed in modo così sicuro. Mi è capitato di conoscere persone a cui questo problema è successo molto più spesso che a me.
    Per cui, data la casistica, non vedo in che modo io stia dicendo qualcosa di inesatto come lei sostiene.