Studio USA: il divorzio danneggia i figli ed indebolisce la società
- Ultimissime
- 06 Mar 2012
Secondo un recente studio statunitense, il divorzio indebolirebbe tute le principali istituzioni della società. La ricerca condotta da Patrick F. Fagan ed Aaron Churchill tocca una serie di ambiti: primo fra tutti la relazione con i genitori. Si legge infatti che “lo stress causato dal divorzio danneggia il rapporto madre-figli nel 40% delle madri divorziate. Questa carenza è più marcata quando i figli sono al liceo e all’università”. Secondo lo studio, inoltre, “quasi la metà dei bambini – che nel 90% dei casi vivono con la madre – ha dichiarato di non aver visto il padre nel corso dell’ultimo anno”.
Il dramma relazionale si ripercuote anche sull’educazione religiosa che, da quanto emerge, è accolta con meno interesse. L’abbandono della fede, oltre ad escludere un rapporto personale con Dio, impedirebbe l’interiorizzazione di quei valori che maturano l’identità sociale dell’individuo: l’amore coniugale, l’impegno sociale, l’importanza di un lavoro, la salute fisica e mentale. Ma gli effetti del divorzio si abbattono anche sul rendimento scolastico che registra un calo significativo a partire dalla scuola elementare. Secondo lo studio “i figli di coppie divorziate hanno il 26% di probabilità in più di abbandonare la scuola secondaria”. In un sondaggio, citato nello studio, condotto su studenti della settima e dell’ottava classe (seconda e terza media nel sistema italiano) la separazione dei genitori rappresenta il terzo evento più stressante su una scala di 125, preceduto solamente dalla morte di un genitore o di un parente stesso. “Il divorzio – così concludono i ricercatori – indebolisce la società, la famiglia, la chiesa, la scuola e lo stesso governo”.
In uno studio pubblicato su “American Sociological Review” nel 2001 si è dimostrato come per i bambini «il divorzio prevede più bassi livelli di benessere psicologico in età adulta». Nel 2010 sul “Canadian Medical Association Journal” si è rilevato che «il divorzio offre il doppio di probabilità di ictus ai figli». Nel 2011 ricercatori italiani hanno dimostrato che la separazione dei genitori quando si è ancora bambini, comporta gravi problemi respiratori in età adulta, sempre nel 2011 una ricerca ha dimostrato il maggiore tasso di suicidi per i figli dei divorziati. Uno studio autraliano ha invece sottolineato un peggior benessere psicologico dei bambini con genitori single o divorziati. Sono da sottolineare due articoli in merito su “Vatican Insider” e “La Bussola Quotidiana”.
A questo punto verrebbe da chiedersi se, di fronte ad una questione di semplice buonsenso, ci sia bisogno di un costoso rapporto statistico. In un’epoca di grandi innovazioni che sembra aver perduto il senso innato delle cose, la risposta è sì. Purtroppo anche l’ovvio va confermato. Va comunque rilevato che ancora una volta la ricerca scientifica avvalora la lungimirante posizione della Chiesa contenuta nel Catechismo: «Il divorzio è una grave offesa alla legge naturale. Esso pretende di sciogliere il patto, liberamente stipulato dagli sposi, di vivere l’uno con l’altro fino alla morte. Il divorzio offende l’Alleanza della salvezza, di cui il Matrimonio sacramentale è segno. Il carattere immorale del divorzio deriva anche dal disordine che esso introduce nella cellula familiare e nella società. Tale disordine genera gravi danni: per il coniuge, che si trova abbandonato; per i figli, traumatizzati dalla separazione dei genitori, e sovente contesi tra questi; per il suo effetto contagioso, che lo rende una vera piaga sociale».
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43 commenti a Studio USA: il divorzio danneggia i figli ed indebolisce la società
Il divorzio ha indebolito la società, mi pare un’evidenza empirica.
Oggi c’è bisogno di queste scoperte dell’acqua calda, strano ma vero…
Sarebbe interessante conoscere quanto è il costo anche economico dello sfasciarsi delle famiglie. E chi, più o meno direttamente, lo paga.Perchè, secondo me, con semplice ed umile fermezza, senza giudicare nessuno, i cattolici dovrebbero dire che i costi sociali delle famiglie disastrate li pagano anche loro, ma, normalmente, non li provocano. Ma siamo talmente conigli ed un pizzico astratti che non ce la facciamo ad esprimere verità così evidenti. Perchè lo stato non riconosce che la fecedeltà coniugale gli fa risparmiare un sacco di soldi?
vabbè, non provochiamo nemmeno le valanghe e i crolli della Borsa, ma fa parte dell’essere cittadini contribuire a tamponare le falle nella società (di cui facciamo parte).
Dici bene invece quando inviti a far sentire chiaramente, anche se pacatamente, la nostra voce.
I costi economici sono elevatissimi ed i primi a pagarli sono proprio i coniugi. Lo Stato non riconosce il dato di fatto del valore della fedeltà coniugale perché entrerebbe in conflitto con le istanze di “libertà” che salgono forti da buona parte della popolazione che aspira a sempre maggiori spazi di individualismo per cui semplici aspirazioni devono essere riconosciute come “diritti” (ovviamente senza la contropartita in “doveri”).
Escludendo le ipotesi in cui una separazione possa rendersi necessaria perché si verificano effettivamente le circostanze previste dall’art.151 cod. civ., sulla base della mia esperienza di avvocato familiarista, posso dire che le cause dello sfascio familiare sono molteplici ed il più delle volte afferiscono ad una profonda immaturità umana, affettiva e relazionale.
E tale immaturità trova a sua volta fondamento nella percezione che la vita sia un susseguirsi di opzioni intercambiabili, che si possano intraprendere strade importanti (tra cui la costituzione di una famiglia) così come si sceglie un prodotto dagli scaffali del supermercato, che su ogni decisione presa (in barba all’etimologia del termine che implica un “taglio” con le altre opzioni) si possa tornare indietro e ricominciare.
Tranne poi rendersi conto che quella “libertà” così tanto desiderata ha un costo elevatissimo e che ha il sapore amaro di una schiavitù di cui difficilmente ci si libererà per il resto della vita.
Mi viene di citare il pensiero di una persona a me cara sintetizzabile così: “per superare un esame, per vincere una gara, per riuscire in qualche impresa non ci risparmiamo niente. Affrontiamo sacrifici, sputiamo sangue, passiamo notti insonni e rinunciamo a tanto per saper fare bene quella cosa. Non così per maturare come persone: diamo per scontato che solo per il fatto di essere vivi, sappiamo anche vivere”.
Gentile avvocato,
Mi può chiarire la parte in cui afferma che “Lo Stato non riconosce il dato di fatto del valore della fedeltà coniugale perché entrerebbe in conflitto con le istanze di “libertà” che salgono forti da buona parte della popolazione”?
Visto che siamo tutti d’accordo che la fedeltà coniugale sia un valore, in che modo lo Stato dovrebbe riconoscerlo?
Mi tolga una curiosità. Avvocato matrimonialista (quale è lei) non è sinonimo di avvocato divorzista (ossia l’avvocato che si occupa di divorzi e separazioni)? Oppure il matrimonialista si occupa solo di matrimoni?
Secondo me è esattamente il contrario. E’ la debolezza, o meglio la disgregazione della società moderna, che aumenta il rischio di separazioni e dunque divorzi.
E’ quindi lo stile di vita caotico, disordinato, stressante, impersonale, razionalista, individualista, ecc.. a non essere più compatibile con la stabilità della famiglia tradizionale.
Anche se non ci si separasse il bambino o il ragazzo risentirebbe cmq della disarmonia introdotta nella sua famiglia, con le inevitabili ricadute sulla sua salute psico-fisica non certo dissimili da quelle elencate, forse anche peggiori (si immagini un bambino costretto a vivere in un ambiente familiare anaffettivo o peggio violento).
In definitiva se non si rifonda la società moderna su un nuovo umanesimo è inevitabile che sarà la società utilitaristica a plasmare a sua immagine e somiglianza il nucleo, o meglio i nuclei familiari. Il fragile argine della famiglia tradizionale non può reggere l’impatto devastante della piena impetuosa e fragorosa del mondo contemporaneo.
Antonio io non capisco perché disdegni lo sviluppo umano.
L’uomo occidentale-cristiano ha conosciuto: progresso scientifico, libertà e benessere (in modo alterno) in virtù della cristianizzazione svolta dagli Apostoli.
Non vedo nessun sistema: mediorientale, cinese, indonesiano o australiano che possa paragonarsi all’Occidente.
Ma la società contemporanea sta regredendo con la progressiva scristianizzazione del mondo (ormai non ha nemmeno senso parlare solo di secolarizzazione), soprattutto dell’Europa.
La famiglia non è l’elemento costitutivo della società come un mattone lo è per la casa, ma subisce anche le influenze culturali ed il sistema valoriale dominanti.
La famiglia non è quindi una monade chiusa in se stessa, ma una camera con porte e finestre che danno sul mondo.
E se si aprono quelle finestre quando fuori imperversa lo smog non ci si deve meravigliare se tra i componenti familiari si diffonde il tumore ai polmoni.
Trovo curiosa una cosa, ho notato che sei nato 11 febbraio, noto (non credo all’astrologia premetto) che molti nati in quel periodo dell’anno (sarà qualche influenza lunare) hanno una tendenza al pessimismo.
Tornando seri, la questione è che il mondo oggi vive una fase di stallo, da un lato (egoismo, solitudine, repressione) dovuta a fattori del Novecento: come l’invenzione della psicologia, comunismo e anarchia; dall’altro lato: il motore produttivo, la religiosità e la tradizione.
Io credo che ancora oggi, il destino della civiltà è messo in bilico.
Ma non credo che sia tutto segnato, non credo alla “casa aperta”, vedo invece una prospettiva che è mutata in peggio, passando dalla religiosità (comunione, libertà ) ad una psicologica realtà (collettivista e allo stesso individualista) che mina alle fondamenta di quell’Uomo divino costruito con il Rinascimento, Romanticismo e Romanità.
@dome
Ma io non sono nato l’11 febbraio!? E non sono pessimista, piuttosto realista.
@Gab
Non sono d’accordo che oggi l’uomo sia messo al centro (forse solo in apparenza). E non si arriva a Dio senza passare attraverso l’uomo. Per arrivare all’uomo spirituale si deve riconoscere nell’uomo un’essenza originaria e naturale. E secondo me oggi, per varie ragioni economiche, filosofiche e scientifiche, non la si riconosce. Ma se non lo si fa è inutile anche parlare di uomo. E se non c’è l’uomo non ci può essere nemmeno Dio.
Comunque la tua è una posizione pretestuosa.
Sei un pacifista, odi il progresso tecnologico e odi il capitalismo.
Antonio quello che odi è la tua identità come fai fatica ad accorgertene…
L’Uomo occidentale ora sta indietreggiando per una questione morale.
Ha perso l’anima, ma ciò non significa che bisogna ripudiare il corpo.
Non mi pare che Gesù Cristo fosse un guerrafondaio.
Non mi piace il progresso tecnologico che comporta un regresso umano.
Il capitalismo non può che piacere per definizione al capitalista, ed io non lo sono.
Non ripudio affatto il corpo, anzi se vuoi proprio saperlo lo tengo bene in forma, senza troppo esagerare ovviamente. Cmq sì, ho un fisico asciutto e abbastanza atletico.
Vuoi sapere qualcos’altro di me?
Ah già dimenticavo, sono nato il 21-01-1972.
No assolutamente e non mi permetterei mai.
Comunque il progresso tecnologico non genere un regresso umano.
Io penso che la colpa è delle correnti del Novecento, ti linko Cacciari http://www.youtube.com/watch?v=pjLTZz4a7Lg in cui parla di un modernismo filosofico (ahimè odierno) che nulla a che vedere con la tecnologia,ma che ha distrutto le figure paternali con il ’68, così facendo ha compromesso la moralità.
E’ la morale che è cambiata Antonio, tu commetti l’errore di Hawking che confonde due piani separati (fisica e teologia) e tu fai lo stesso (morale, tecnica) interscambiando i significati.
Non faccio l’errore di confondere i diversi piani del progresso tecnico-scientifico e dell’etica, come non faccio l’errore che fai tu di considerarli come due rette parallele che non si incontrano mai.
Per es.: Lo sai cos’è una Commissione Bioetica? Una commissione prettamente medico-scientifica che discute di etica. Avrebbe mai potuto esistere un dibattito etico sugli stati vegetativi o di minima coscienza nella medicina arcaica ottocentesca?
O il dibattito sulla pillola RSU486 prima della sua invenzione? O quello sulla FIV prima che questa tecnologia fosse disponibile? O l’etica della rete internet, prima che questa fosse diffusa? O quella sull’utero in affitto? ecc….
Le nuove tecnologie introducono sempre nuovi enigmi etici nella società, le cui soluzioni spesso sono consentite dall’introduzione di nuove tecnologie, le quali a loro volta introducono altre problematiche morali che la società aspetta di superare con l’introduzione di altre tecnologie, e così via..
Ecco che allora paradossalmente è proprio l’etica ad essere guidata dalla tecnologia e non viceversa.
Si potrebbe anche confrontare il progresso tecnologico con la degenerazione della famiglia tradizionale.
Infatti l’attuale società consumistica è legata intimamente con il progresso tecnico, in quanto abbisogna di nuovi prodotti, sempre più sofisticati e performanti (confronta il tuo pc con uno di venti anni fa o un cellulare di dieci anni fa, o lo schermo a led contro il tubo catodico, ecc…).
Ma il target principale della tecnologia è sempre l’individuo e questa non può fare altro che stuzzicare in continuo la sua bramosia di possedere-consumare-cestinare. Quindi l’attuale società non può che essere fondata sul possesso. E quando l’appetito individuale si scontra con le esigenze di compromesso ed armonia familiare, ecco che in certi casi potrebbe uscirne vincente causando lo sfascio della famiglia.
Antonio mi sembri un comunista 🙂
Siamo in una società libera.
Pensi in modo errato, quei problemi che dicevi (l’utero in affitto) sono iniziati mezzo secolo fa!
Intere generazioni negli anni 70 avevano abbandonato ogni moralità, per una maggior libertà.
Erano i figli dei fiori, erano guarda caso anti-capitalisti.
Rifiutavano le figure paterne, esaltavano giovinezza. In questo quadro storico devi far iniziare il declino, l’aborto, il sesso libero, completa emancipazione femminile e abbandono delle religione.
La tecnologia è subentrata dopo e se c’è un nesso è formale, perché concettualmente l’amoralità è nata nella pancia dell’anti-capitalismo, liberismo
collettivista.
Non capisco la polemica sul fatto dell’avanzamento industriale, meno male che c’è.
Prodotti sempre più belli, economici e pratici. Milioni posti di lavoro. Se le famiglie spendono più del dovuto, è perché non sono state educate moralmente.
Guarda dome che la distinzione manichea tra rosso e bianco è passata da un bel pezzo. E ti vorrei ricordare che gli ex-sessantottini sono cresciuti ed oggi rappresentano la classe dirigente (i capitalisti di cui dicevo).
Io sono nato dopo il ’68 e quindi mi sento di criticare il mio tempo, non quello che fu.
Cmq il mio giudizio sul ’68 non è così perentorio, in particolare sull’emancipazione femminile, per me un processo necessario in una democrazia.
Per me “l’emancipazione femminile, un processo necessario in una democrazia.” è stata una violenza ideologica pretestuosa.
Antonio è inutile dire che non c’eri nel ’68, perché li è la fonte dei guai.
La moralità si è perduta in quel periodo storico e ha fatto proseliti negli anni.
Quella mentalità si è diffusa.
La tecnologia, il capitalismo sono scuse, il problema è che le generazioni non hanno una base morale adeguata: in virtù dei valori sessantottini viene data ai giovani (da tre generazioni) una “libertà” malata e distorta, la libertà del piacere.
Questa è la sostanza.
L’approccio consumistico della vita: sesso “libero”, egoismo: (la serietà e maturità non sono valori …)
Le famiglie sono sfasciate perché l’impegno coniugale non è più un valori; non perché ci sono i computer, questo o quell’altro.
Se si è morali, la tecnologia si vive bene, ami le avanguardie e ti stupisci della ricchezza di Dio.
Invece oggi (a causa di una rivoluzione “morale” della metà del secolo scorso) molte persone vivono con questa morale a-spirituale, figlia di quella cultura sessantottina.
Infatti nel ’68 i computer erano cose ancora strettamente militari.
@dome
sui disvalori che racconti siamo d’accordo, ma non sul giudizio tranchant che dai del ’68 e sempre per la medesima ragione di cui ho già detto e cioè per la giusta e doverosa emancipazione femminile. Ovviamente non mi riferisco a certo femminismo estremista, tuttavia non dimentichiamoci che per es. la legge sul delitto d’onore fu abolita in Italia solo nel 1981, e che nell’epoca pre-liberazione femmininile, le donne erano ben tenute al guinzaglio dai rispettivi maschi. Senza ovviamente parlare della totale (o quasi) mancanza di presenza femminile nelle varie attività politiche ed economiche del Paese, ed anche nella maggior parte delle facoltà universitarie (le quali una volta, ti ricordo, erano appannaggio solo della borghesia medio-alta).
In definitiva non va bene la disgregazione familiare di oggi come non andava bene l’unità familiare imposta con la forza maschile di ieri. Ho sempre creduto, e lo credo tuttora, che maggiori coinvolgimento e partecipazione attiva delle donne nell’attuale società, anche all’interno della stessa Chiesa, siano auspicabili. Se nella famiglia è necessaria la figura della donna, non lo è di meno anche nella famiglia allargata che è la società umana.
Antonio non c’è mai stata un’emancipazione giusta…
L’Uomo è la guida morale della famiglia, mettere sullo stesso piano figure diverse è sbagliato.
Sei ideologico.
E perchè l’uomo con la maiuscola?!
Ovviamente anche tu sei ideologico.
Ancora una volta dome insulta e attacca briga.
Capisco invece la riflessione di Antonio, però ieri andava bene così. Giudicare la storia (anche fossero 10 anni fa) con gli occhi di oggi è troppo sbagliato.
Panthom “Ancora una volta dome insulta e attacca briga.”
Mi puoi spiegare dove, quando, e altro…
Ogni tanto spuntate come i funghi per dire cavolate.
Antonio, Uomo con la maiuscola perché pongo esalto l’umanità, l’universalità e i valori della razionalità.
Tu sei ideologico perché non ti rendi conto che la cultura relativista attacca “in virtù di un’uguaglianza” malata cieca, l’ordinamento umano naturale; uomo-donna sono due figure diverse e complementari, vi invito a leggere il catechismo.
Hanno propugnato un’idea di ideologia liberale estremista, in cui, ogni tanto eguagliano tutto a tutto.
Ora, dome, non esageriamo… il femminismo ha portato sì confusione, ma riconosceva anche diritti (tipo il lavoro) che oggi alle donne sembrano imprescindibili. Bisogna chiedersi piuttosto dove siano i diritti delle donne nell’immagine odierna di donna-oggetto… le femministe sbraitano per la Lego femminile e non fiatano quando si tratta di vallette mezze nude che propagandano la concezione di “easy girl”!
Purtroppo oggi si tende alla maschilizzazione della donna: deve essere disponibile a numerose esperienze sessuali, in carriera, senza impedimenti noiosi come la gravidanza e i bambini… dove sono le femministe quando si tratta di difendere la parte più bella dell’essere donna, cioè la maternità?
Giulia io constato i fatti: alcuni ruoli lavorativi non sono adatti alla femminilità; credo che spesso, si confonde la discriminazione con l’oggettività.
Il ruolo della donna deve essere esaltato per le sue capacità, non in virtù di una prassi ideologica.
Lavori del tipo (a parte il sacerdote, che è un discorso a parte 😉 )? E quali sarebbero i lavori non adatti alla maschilità?
Giulia non facciamo una polemica inutile, perché so per certo che spunteranno i Phantom a dire che io faccio…
Ti rispondo in modo semplice, la spiritualità maschile si colloca in un ambito lavorativo: gestione, fermezza e conduzione; la spiritualità femminile: auto-controllo, unità e laboriosità.
Naturalmente non sono muri queste qualità, sono in tutte e due le sessualità, ma si pongono con maggior enfasi rispetto al loro stato.
@GiuliaM
Hai proprio ragione quando parli di maschilizzazione delle donne al lavoro. Ma lo sai perchè avviene questo processo? Perchè le donne ci sono costrette, dato che il mondo è stato fatto, se mi consenti la simitudine, ad immagine e somiglianza dell’uomo.
E’ quindi naturale che la donna, perchè in minoranza e per non essere estromessa senza tanti complimenti, si deve adeguare. Il problema della timida maschilizzazione delle donne è dovuto al minore peso specifico femminile, anche se in Italia si potrebbe dire anche ininfluente.
Ricordo a dome le altre qualità maschili che ha tralasciato: aggressività e competitività estrema, volontà di potenza, uso prevalente dell’emisfero sinistro sede del pensiero logico e matematico. A questo proposito si è scoperto sorprendentemente che le donne non sono lateralizzate come gli uomini, ovvero sfruttano entrambi gli emisferi. Che cosa significhi tutto ciò non credo che qualcuno possa spiegarlo con certezza (forse Ivan B.) se non avanzare ardite congetture, spesso strumentalizzate dalle ultra-femministe le quali credono di avere trovato la prova scientifica della maggiore intelligenza femminile. Per quanto mi riguarda non credo che esista solo un tipo di intelligenza, dunque quando si parla di intelligenza si dovrebbe prima darne una definizione condivisa. Sulle donne sacerdoti…veramente è un discorso a parte? E se lo è oggi, siamo certi che lo sarà ancora per molto tempo?
Antonio ma che sta a dire?!!!
Per piacere, inizi a ragionare come i relativisti.
L’Uomo è la guida naturale.
La Donna la sua compagna.
Tutto il resto sono sciocchezze.
Le donne di oggi sono molto pretestuose, infatti è stato dimostrato che nei rapporti di lavoro sono più litigiose.
Non voglio discriminare.
La società deve essere ricomposta secondo l’ordine naturale e chi lo altera (omosessualismo, femminismo) ne compromette il futuro.
“Ed egli rispose: “Non avete letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina e disse: Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola? Così non sono più due, ma una carne sola. Quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi”. (Mt 19,4-6)
Dome ha dimenticato di citare anche il “maschilismo”…..
“Ed egli rispose: “Non avete letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina e disse: Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola? Così non sono più due, ma una carne sola. Quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi”. (Mt 19,4-6)
Dome ha dimenticato di citare anche il “maschilismo”…..
Per l’amore del Cielo ti contraddici e accusi.
L’Uomo ha una natura paternale, autorevole, pastore, la Donna è la compagna. Non sono la stessa cosa.
Ma Antonio, il discorso del prete è un discorso a parte per forza, non riguarda la maschilizzazione delle donne… proprio oggi hanno pubblicato qua un interessante articolo sul tema.
“su un nuovo umanesimo”
Caro Antonio … il problema dello sfascio delle società è proprio l’umanesimo. La rivoluzione culturale che parte sostanzialmente dal Rinascimento comincia a mettere da parte Dio, mettendo al centro solo l’uomo. Ecco a cosa si è arrivati.
Bisogna invece avere il coraggio di rifondare la società su valori religiosi e morali senza avere paura di alcuna “teocrazia”. Il problema è che da quando si è innestato il perverso piano di instaura un “nuovo ordine mondiale” tutto questo non potrà che peggiorare se la Chiesa non riprende il coraggio di ritrovare se stessa. Meno ecumenismo, meno pacifismo e più Verità.
di instaurare*
Credo che Antonio per “nuovo umanesimo” intenda proprio una rinascita dal “vecchio umanesimo”, quello di cui parli tu.
Si Antonio, può essere che vi sia anche l’aspetto che dici tu. Credo sia un danneggiamento reciproco.
E in Italia ad approvare tutti il divorzio rapido ….. che tristezza
Questo sito, e non è la prima volta, parte della presentazione di un problema generale e poi si “sfilaccia” in una dialettica, più o meno polemica, più o meno pertinente,più o meno dotta, tra due, massimo tre persone. Che, evidentemente, hanno risorse di tempo e di energia impegnabile nell’agone: Col rischio che l’agone diventi….agonia del tema d’avvio.
Sono perplesso.
Non c’è più voglia di donarsi all’altro. Troppo individualismo!
Non penso che per i figli sia educativo e/o salutare assistere a liti, scontri e magari reciproche violenze tra i genitori. Quando la convivenza si fa insostenibile, la scelta migliore è lasciarsi e non certo subire recitando un ruolo apparentemente felice “per il bene dei figli”. I quali riescono benissimo a capire quando i genitori ormai non hanno nulla più in comune salvo l’astio – se non l’odio – reciproco.
Peraltro, la cronaca nera è piena di storie tragiche di donne uccise da mariti e fidanzati: quante di loro hanno sopportato e “salvato le apparenze” pagando con la vita?
Eppure l’uomo è capace di cambiare, di mettere da parte l’odio e di rimboccarsi le maniche. Non c’è nulla di predeterminato. Il divorzio taglia le gambe, cioè taglia il tentativo di cambiamento..”tant’è c’è il divorzio”, si dice. E la gente non si impegna nemmeno a costruire qualcosa di duraturo.