Qual è la verità sul processo a Galileo Galilei?

«Con questo articolo diamo avvio alla collaborazione con Luigi Baldi, dottore di ricerca in Filosofia presso l’Università degli Studi di Genova, dove collabora alla sezione Storia delle idee e filosofia della cultura, è autore del volume “Veritas mutabilis. Natura umana e ricerca della verità in Tommaso D’Aquino” (Accademia Ligure di Scienze 2006), e di vari articoli sul pensiero del Dottore Angelico»

 

di Luigi Baldi*
*dottore di ricerca in Filosofia presso l’Università degli Studi di Genova

 

L’episodio nel 2008 della rinuncia del papa Benedetto XVI a intervenire all’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università La Sapienza di Roma ha riproposto all’attenzione dell’opinione pubblica il caso Galilei. Tale caso, infatti, è stato preso a pretesto dai contestatori dell’invito, attraverso il richiamo a una citazione che il Papa ha fatto, ancora cardinale, in un discorso tenuto proprio alla Sapienza del filosofo della scienza americano Paul Feyerabend (1924-1994). L’episodio rivela che in alcuni ambienti filosofici e scientifici persiste pervicacemente un’immagine di Galilei come di una sorta di mito e martire del libero pensiero scientifico, contrapposto all’oscurantismo clericale, e simbolo di un conflitto strutturale e insanabile tra Chiesa e scienza, in ultima istanza tra fede e ragione. Si è diffusa, peraltro, negli ultimi tempi, anche in ambienti cattolici una lettura volta a ridimensionare i contenuti del caso Galilei, tendendo a presentare la controversia che lo vede protagonista come una questione di metodo o semplicemente di rapporti personali tra lo scienziato pisano e il cardinale Bellarmino o papa Urbano VIII, sottacendo le conclusioni della commissione istituita da Giovanni Paolo II allo scopo di studiare il caso e autorevolmente da lui avallate. La superficialità e l’approssimazione di molti commenti e giudizi espressi in tale occasione rivelano un approccio schematico e ideologico a un problema di grande complessità sia dal punto di vista storico che speculativo.

CONTESTO STORICO
Il caso Galilei deve essere, innanzitutto, considerato nell’ambito della rivoluzione scientifica che segna l’inizio dell’età moderna tra Cinquecento e Seicento e che è innanzitutto una rivoluzione astronomica. I fenomeni celesti, infatti, a causa della loro regolarità, risultarono analizzabili con lo strumento matematico (il metodo scientifico considerato più adeguato alla natura) in modo particolarmente agevole ed efficace rispetto agli stessi fenomeni naturali terrestri. Proprio nel campo astronomico, infatti, si registrano le posizioni più sconvolgenti. Il polacco Niccolò Copernico propose una spiegazione dell’universo di tipo eliocentrico, tale da capovolgere la concezione fino ad allora ritenuta valida, quella geocentrica, propria del greco Tolomeo e legata alla fisica di Aristotele. La teoria copernicana non si poneva ancora in diretto conflitto con la fisica di Aristotele, in quanto, era pur sempre basata su una visione dualistica dell’universo, distinto in mondo celeste e sublunare o terrestre. Poneva, però, le premesse del suo scardinamento perché, contrastando con le sue esplicite affermazioni geocentriche (“la terra non si muove e non si trova altrove che al centro”, dice per es. nel “De caelo”), otteneva il risultato di detronizzare la terra e l’uomo con lei. Affermare che la terra è dotata di movimento come i corpi celesti significava, infatti, porre fine alla loro posizione privilegiata: terra e uomo sembravano vagare come gli altri corpi in un universo non più pensato come una sfera finita e chiusa, determinata e compiuta in se stessa, ma, in base a quanto sosteneva proprio alla fine del Cinquecento Giordano Bruno, come infinito, tale da contenere un numero infinito di mondi, senza un centro vero e proprio. L’uomo europeo del Seicento, ancora scosso dalla scoperta dell’esistenza di altri popoli oltreoceano, vide improvvisamente crollare la concezione del mondo che costituiva il paradigma culturale da sempre ritenuto evidente. Lo “shock culturale” provocato dalla nuova scienza produsse un’impressione di sconcerto e di angoscia esistenziale paragonabile alla caduta dell’impero romano d’occidente per Agostino e gli uomini colti del quinto secolo o alla diffusione della spiegazione darwiniana di fine ottocento dell’origine dell’uomo. L’età moderna si apriva, così, con l’interrogarsi inquieto e drammatico di un uomo, che non riconosceva più il cosmo come la propria casa, perdeva la stabilità e certezza di un punto di riferimento fisico e diventava nomade, pellegrino errante insieme alla terra in un mondo che si muove senza un fine. La cosmologia si separava, così, dalla metafisica. Il senso ultimo della realtà non aveva più una proiezione e una corrispondenza nel mondo della natura, caratterizzato da un procedere cieco, in base a un principio di pura necessità, alla mera legge della causa e dell’effetto. E’ il senso nuovo dell’angoscia, della vertigine di fronte all’abisso del nulla, che ispirerà le riflessioni esistenziali di Pascal e Kirkegaard, il lamento accorato dello Jacopo Ortis del Foscolo sulla natura e l’“incomprensibile suo sistema”, il drammatico interrogativo di Leopardi alla luna del “Canto di un pastore errante nell’Asia”, e dell’uomo folle de “La Gaia scienza” di Nietzsche.

LA POSIZIONE DELLA CHIESA, DEI PROTESTANTI E DEGLI ARISTOTELICI
La soluzione copernicana si presentava, in effetti, più semplice di quella tolemaica, in grado di ovviare agli inconvenienti e alle contraddizioni che emergevano in quest’ultima. L’astronomo polacco, tuttavia, non riuscì a provarla in modo convincente, tanto che il suo collega tedesco Osiander, curatore dell’opera principale di Copernico “De revolutionibus orbium coelestium”, inserì una prefazione anonima, invitando a considerare la spiegazione eliocentrica come una semplice ipotesi matematica. Per giustificare il moto dei corpi, del resto, Copernico addusse argomenti teologici di matrice platonica, parlando del sole come di un sovrano che siede su un trono e che è fonte di luce, di vita, immagine di Dio. Tale moto, del resto, per lui era ancora circolare: sarà Keplero a scoprire e dimostrare che l’orbita dei pianeti è ellittica. Galilei, dal canto proprio, con la scoperta, grazie al telescopio, delle irregolarità della superficie lunare, dei satelliti di Giove, delle fasi di Venere e delle macchie solari, mise in crisi l’idea aristotelica di un cielo immutabile e incorruttibile. In realtà la sua polemica non era rivolta tanto contro Aristotele, quanto piuttosto contro gli aristotelici del suo tempo. Costoro, infatti, invitati a guardare attraverso il cannocchiale pretendevano di mettere in dubbio e disputare ciò che si vedeva, in base all’ipse dixit. In tal modo, attraverso una pedissequa e letterale osservanza dei testi del filosofo greco, finivano per tradirne lo spirito più profondo di acuto osservatore della realtà naturale e umana e, comunque, di pensatore convinto che la conoscenza del nostro intelletto non può che passare, nel suo stadio iniziale, attraverso i sensi. La ricerca scientifica, sottolinea il pisano, progredisce non in base al principio di autorità ma in virtù dell’osservazione dei fatti. Con Copernico la cosmologia si separava anche dalla teologia. L’ipotesi eliocentrica pareva contrastare con alcuni passi dell’Antico Testamento, tra i quali quello in cui Giosuè ordina al Sole di fermarsi per poter sconfiggere gli Amorrei (Gs 10,12-13) e quello che accenna alla Terra che “rimane sempre al suo posto”, mentre “il Sole sorge e tramonta tornando al luogo dal quale si è levato” (Qo 1, 4-5). L’eliocentrismo incontrò per questo una forte opposizione innanzitutto nel mondo protestante, in virtù del richiamo alla Bibbia come fonte esclusiva della Rivelazione, che rendeva i seguaci della Riforma particolarmente sensibili a qualunque problema di incompatibilità letterale con la Parola di Dio. Lutero parla di Copernico come di un “insensato” e “un astrologo da quattro soldi” mentre giudizi altrettanto drastici giungono da Calvino e dallo stesso Melantone.

Più articolata la posizione all’interno della Chiesa Cattolica, dove le idee dell’astronomo polacco furono inizialmente accolte con interesse, in particolare dai Gesuiti, tanto che Copernico insegnò astronomia a Roma e medicina a Bologna, partecipò alla commissione del Concilio Lateranense V, incaricata della riforma del calendario, dedicò il suo “De revolutionibus” al Papa Paolo III, mentre presso l’Università cattolica di Salamanca, nel 1561, la sua concezione astronomica risulta insegnata in concorrenza con quella tolemaica. Un problema di rapporto tra le Sacre Scrittura e la visione eliocentrica sorse all’inizio del Seicento quando quest’ultima si diffuse al di fuori dell’ambiente matematico e cominciò a essere considerata, non come una ipotesi matematica volta a calcolare meglio le posizioni dei pianeti e spiegare i fenomeni celesti, ma come una teoria, cioè una verità fisica, un fedele rispecchiamento della realtà naturale. La teologia cattolica e gli ambienti della Curia romana si orientarono, allora, in senso critico verso una teoria non sufficientemente motivata, che contrastava con l’interpretazione letterale del testo sacro da sempre ritenuta autentica. Il problema è complicato dal fatto che Copernico sembrava attribuire alla centralità del sole un significato mistico-religioso di tipo magico-sacrale o, almeno, così la sua posizione era interpretata dagli ambienti neoplatonici, neopitagorici ed ermetici del Cinquecento, a cui facevano riferimento Ficino, Bruno, Campanella, convinti della natura spirituale dei corpi celesti. Il dibattito sul sistema copernicano si inserisce, infatti, in una partita a tre tra scienza, magia e fede cristiana, tipica del XVI sec. Magia naturale, astrologia e alchimia giocarono un ruolo fondamentale nello stimolare il rinnovato interesse per la scienza naturale. Mago, astrologo, alchimista e scienziato erano spesso accomunati dal metodo, consistente nella ricerca delle cause dei fenomeni naturali, da individuarsi nella loro dinamica interna. Il fine di tale ricerca, poi, non era inteso come meramente speculativo, ma innanzitutto pratico, volto al dominio delle forze della natura, intesa come un corpo vivente, una totalità quasi divina. Rispetto alle interpretazioni magiche della natura, tuttavia, la posizione delle Chiese era fortemente critica. La Chiesa Cattolica trovò, poi, nel Seicento un alleato, sebbene solo di fatto, paradossalmente proprio nel nuovo spirito scientifico galileiano-cartesiano, che, ispirandosi al metodo matematico, escludeva qualunque rilevanza di componenti magiche o astrologiche nella conoscenza naturale. Non a caso la Congregazione del Santo Uffizio in occasione della convocazione di Galilei del 1616 condannò la “dottrina pitagorica della mobilità della terra e dell’immobilità del sole”, intendendo riferirsi alla prima formulazione di un’ipotesi eliocentrica (il fuoco centrale, attorno a cui ruotano i corpi celesti), propria della scuola pitagorica, nell’ambito di una concezione magica del mondo legata al numero. Da questo punto di vista gli ambienti della Chiesa più impegnati contro la magia e i culti astrali in nome della centralità della ragione, come era nella tradizione scolastica, erano gli stessi che diffidavano di Copernico e soprattutto delle interpretazioni che circolavano del suo sistema.

GALILEI E LETTURA DELLE SCRITTURE
Galilei, dal canto proprio, sul piano teologico, è convinto che Dio si è rivelato all’uomo con due libri, quello della natura, scritto nel linguaggio matematico, e quello della Scrittura, cioè con la Creazione e con la Parola, e che tra di essi non può esistere contrasto. Ne deriva, come scrive nella lettera al Padre Benedetto Castelli il 21 dicembre 1613, che la verità della fede e quella della scienza non possono essere in reale contraddizione, come del resto risulta dalla riflessione teologica e filosofica della tradizione cristiana sull’armonia di fondo tra fede e ragione. Se un conflitto emerge è necessariamente apparente e va imputato a un’erronea interpretazione dell’una o dell’altra. Qualora si tratti di questioni inerenti a realtà sovrannaturali l’errore è nella lettura e interpretazione del libro della natura e occorre seguire la parola di Dio come rivelata nella Scrittura. Se, invece, il conflitto riguarda questioni attinenti alla realtà naturale, l’errore è da cercare nell’interpretazione della Bibbia ed è tale lettura che va rivista, occorrendo seguire la parola di Dio come rivelata nel libro della natura. Il linguaggio della Scrittura, infatti, non va interpretato alla lettera ma tenendo conto del suo carattere antropomorfico, cioè del fatto che è a misura d’uomo e utilizza figure e immagini comprensibili anche dagli uomini semplici e privi di istruzione. Il fine della Scrittura, poi, non è scientifico ma salvifico, religioso: Galilei, citando una efficace affermazione del cardinale Baronio, successore di San Filippo Neri, era convinto “l’intenzione dello Spirito Santo essere d’insegnarci come si vadi in cielo, e non come vada il cielo”. La Bibbia non è per sé un testo scientifico o un libro di storia, ma una guida per i Credenti, in cui Dio rivela all’uomo la via della salvezza. Giovanni Paolo II osserva che Galilei, nella succitata Lettera a Benedetto Castelli e nella lettera alla Granduchessa Madre di Toscana, Cristina di Lorena del 1615, scrive “un piccolo trattato di ermeneutica biblica”. In tal modo anticipa il riconoscimento da parte dell’enciclica “Divino afflante Spiritu” di Pio XII della legittimità della “pluralità delle regole di interpretazione della Sacra Scrittura” sulla base della “presenza di diversi generi letterari nei libri sacri” e quindi della “necessità di interpretazioni conformi al carattere di ognuno di essi”. I testi della Scrittura, ricorda Galilei, non possono errare ma possono errare i teologi nell’interpretarne il significato, se si soffermano solo sul senso letterale delle parole, senza guardare all’intenzione di fondo che li ispira. Le risposte alle domande sui fenomeni naturali, infatti, sono date non dall’autorità della Scrittura o di Aristotele, ma dalle “sensate esperienze” e “necessarie dimostrazioni”, cioè attraverso il metodo matematico-sperimentale. Questo è basato sulla formulazione di una ipotesi e la successiva verifica “in laboratorio”, atta eventualmente a trasformare l’ipotesi in teoria e legge scientifica.

IL PROCESSO
Il nuovo metodo pose con urgenza il problema del rapporto tra la Scrittura e la sua interpretazione, che la teologia del tempo non colse in tutta la sua complessità e novità. Giovanni Paolo II osserva che “Galileo, sincero credente, si mostrò su questo punto più perspicace dei suoi avversari teologi”, il cui errore, “nel sostenere la centralità della terra fu quello di pensare che la nostra conoscenza della struttura del mondo fisico fosse, in certo qual modo, imposta dal senso letterale della S. Scrittura”. Il cardinale Bellarmino, in verità, sembra consapevole della questione nel momento in cui, nella Lettera al Padre A. Foscarini, 12 aprile 1615 scrive: “Dico che quando ci fusse vera demostratione che il Sole stia nel centro del mondo e la Terra nel terzo cielo, e che il sole non circonda la terra, ma la terra circonda il sole allhora bisogneria andar con molta consideratione in esplicare le Scritture che paiono contrarie, e piú tosto dire che non l’intendiamo che dire che sia falso quello che si dimostra. Ma io non crederò che ci sia tal dimostratione, fin che non mi sia mostrata”. Bellarmino non si dimostra pregiudizialmente contrario al sistema copernicano e a Galilei; del resto la condanna di quest’ultimo (1633) è successiva alla sua morte (1621). Il rapporto tra Galilei e l’autorità della Chiesa risulta in effetti non riducibile alle facili schematizzazioni degli “opposti estremismi”. In un primo tempo il problema delle implicazioni teologiche del sistema copernicano e delle scoperte galileiane semplicemente non si pose. Nel 1611 lo scienziato pisano sollecitò un pronunciamento dei Gesuiti del Collegio Romano, che si mostrarono interessati alle sue scoperte (compreso il Bellarmino), e fu accolto nella Accademia dei Lincei. Il decreto del 1616 della Congregazione dell’Indice condannò la dottrina copernicana in quanto teoria scientifica, consentendo che la medesima fosse proposta come ipotesi matematica e inserì nell’indice dei libri proibiti il “De revolutionibus orbium coelestium”, finché non fosse stato in tal senso corretto (donec corrigantur) eliminando la parte relativa alle Sacre Scritture. La condanna di Galilei del 1633 all’abiura pubblica e alla prigione a vita, commutata successivamente negli “arresti domiciliari” nella sua villa di Arcetri, vicino a Firenze, fu motivata proprio con l’argomento che Galilei, pur ammonito a mantenere il silenzio sulla questione, proponeva il sistema copernicano non come mera ipotesi matematica, ma come una effettiva realtà fisica, provocando l’opposizione del papa Urbano VIII, che pure lo aveva precedentemente appoggiato (leggendaria sembra, tra l’altro, la frase “Eppur si muove” a lui tradizionalmente attribuita in questa occasione, in quanto originata da una ricostruzione di fantasia del giornalista e letterato Giuseppe Baretti nel 1757). Da questi due pronunciamenti e dalle parole del cardinale Bellarmino risulta che la Chiesa, certo non unanime sulla questione, non era, in definitiva, interessata a prendere posizione sul sistema copernicano in sé, ma solo nella misura in cui questo era proposto come unica descrizione scientifica dell’universo, tale da costituire criterio di interpretazione della Sacra Scrittura. I rapporti tra Galilei e la Curia romana peggiorarono nel momento in cui parve a quest’ultima che il primo esorbitasse dalla sua competenza scientifica fisico-matematica e pretendesse di cimentarsi senza titolo nell’esegesi della Parola di Dio. Il problema era che Galilei non disponeva ancora di prove certe e inconfutabili a sostegno dell’eliocentrismo, adducendo tra l’altro come argomento l’esistenza delle maree, che invece gli astronomi gesuiti collegavano non alla rotazione della terra ma all’attrazione lunare. La Chiesa, d’altro canto, appariva, oltreché impegnata a tutelare un senso di stabilità, anche fisica, che l’uomo comune sembrava perdere dinnanzi allo sconvolgimento portato dal sistema copernicano, anche timorosa che la libertà di ricerca scientifica divenisse criterio di interpretazione e di giudizio della Sacra Scrittura.

L’idea di una superiorità della ragione sulla rivelazione e sulla fede, che non è propria di Galilei e ancora meno di Copernico, si affermerà, in effetti, a partire da Spinoza come una delle tendenze di fondo del pensiero moderno. La rivendicazione della legittima autonomia della ricerca scientifica e del rigore del metodo matematico-sperimentale, d’altro canto, si accompagnava in Galilei ad una chiara consapevolezza, non da tutti avvertita, del danno che proviene alla fede dal coinvolgimento dell’autorità della Scrittura in questioni opinabili e legate al variare delle concezioni fisiche e cosmologiche. Già Tommaso d’Aquino, aveva messo in guardia quattro secoli prima dal rischio per l’autorevolezza della fede di appoggiare quest’ultima su verità razionali non sufficientemente fondate e argomentate, essendo preferibile in materia astenersi dal dire ciò di cui non si può parlare con certezza. Proprio l’insufficienza delle prove addotte da Galilei a sostegno della propria tesi cosmologica è alla base del giudizio critico dell’epistemologo Feyerabend citato dal Papa e che gli è stato impropriamente attribuito come prova di un suo presunto atteggiamento antiscientifico: “La Chiesa dell’epoca di Galileo si attenne alla ragione più che lo stesso Galileo, e prese in considerazione anche le conseguenze etiche e sociali della dottrina galileiana. La sua sentenza contro Galileo fu razionale e giusta, e solo per motivi di opportunità politica se ne può legittimare la revisione”. D’altra parte, commenta il cardinale Ratzinger, “sarebbe assurdo costruire sulla base di queste affermazioni una frettolosa apologetica. La fede non cresce a partire dal risentimento e dal rifiuto della razionalità, ma dalla sua fondamentale affermazione e dalla sua inscrizione in una ragionevolezza più grande. Il Papa non avalla il giudizio di Feyerabend ma prende atto che proprio dal seno del pensiero scientifico contemporaneo emerge la consapevolezza dei limiti della razionalità scientifica. La sua conclusione, però, non è nel senso di contestare per questo la razionalità scientifica in quanto tale, ma di proporre un allargamento del concetto di ragione, non solo come strumento matematico-sperimentale ma come logos, facoltà dell’uomo che lo apre alla totalità del reale nella molteplicità delle sue dimensioni.

50 commenti a Qual è la verità sul processo a Galileo Galilei?

  • Orbitalia ha detto:

    “terra e uomo sembravano vagare come gli altri corpi in un universo non più pensato come una sfera finita e chiusa, determinata e compiuta in se stessa, ma, in base a quanto sosteneva proprio alla fine del Cinquecento Giordano Bruno, come infinito, tale da contenere un numero infinito di mondi, senza un centro vero e proprio.”

    • Alèudin ha detto:

      quindi?

      • Orbitalia ha detto:

        niente, aleudin, volevo solo evidenziare il fatto che, proprio per questo, la figura di giordano bruno viene tenuta cara da certi ambienti del mondo scientifico. l’aver introdotto il concetto di ‘infinito’ nel dibattito culturale e scientifico. tutto qui

        • DSaeba ha detto:

          Nel dibattito scientifico, forse, anche se non in matematica. Nel dibattito culturale il concetto di infinito era conosciuto da tempo.

    • Giorgio Masiero ha detto:

      E proprio questa, Orbitalia, era la concezione filosofica, niente affatto scientifica, che la Chiesa si sentiva (ed era) legittimata a combattere, nell’interesse della sua missione, ma anche nell’interesse della scienza.

      • Locca ha detto:

        Era legittimata a combattere la concezione filosofica, ma non a bruciare chi la sosteneva a Campo de’ Fiori…

        • Katy ha detto:

          D’altra parte sappiamo che in questo momento -e non certo un brutto episodio di secoli fa- a diversi chilometri da noi, numerosi atei convinti e militanti (Cambogia, Corea del Nord, Cina ecc..) stanno ancora mettendo al rogo e ai lavori forzati i credenti a causa della loro concezione filosofica e per non volerla abbandonare. Credo che entrare su certi argomenti per pura provocazione, caro Locca, sia la cosa più controproducente che puoi fare.

          • Locca ha detto:

            Perchè invece di rispondere onestamente dovete additare gli altri? Io non sto certamente dicendo che i comportamenti di certi regimi nei quali l’ateismo di stato è stato (ed è) portato avanti massacrando chiunque la pensi diversamente siano legittimi, sono il primo a condannarli. Però non capisco il comportamento di alcuni che si sentono di difendere a spada tratta quella Chiesa Cattolica di un periodo durante il quale si comportava esattamente come un regime oscurantista e che mandava al rogo personaggi come Giordano Bruno. Perchè sentite (non mi rivolgo ovviamente a tutti voi) il bisogno di giustificarla in ogni suo aspetto passato, persino quando indossava le vesti dell’Inquisizione? Non sarebbe più onesto riconoscerne gli errori, come già fece Wojtyla molto onestamente? Quando leggo frasi come “bisogna prima considerare il contesto storico” mi vengono i brividi.

            • Matteo ha detto:

              “Perchè invece di rispondere onestamente dovete additare gli altri?”
              Perché sei venuto qui apposta ad additarci.
              Non sei qui ad ammirare i banner o ad osservare la grafica, sei qui a dirci “ah ah lui aveva ragione e voi no, assassini”.
              “Si sentono di difendere a spada tratta” perché tu gli dai contro. È un comportamento non troppo bello, lo ammetto. Ma ogni cristiano conosce le crociate, il processo a Galileo, l’inquisizione, la caccia alle streghe, e si sente accusare di cose successe mezzo millennio fa da gente che non conosce o minimizza cose fatte da chi la pensa come loro negli ultimi due secoli, si lava le mani dicendo “si, che cattivelli, mi straccio un po’ le vesti” e poi magari inventa teorie per dimostrare che comunque era colpa dei cattolici pure quello (se frequenti questo sito dovresti aver letto i commenti di chi dice che il cristianesimo è colpevole dei morti di Pol Pot). Sono cose che pensa lontane, che non conosce bene, che non fa conoscere, che dichiara “di essere il primo a condannare” per chiudere rapidamente il discorso. “Essere il primo a condannare” è una frase fatta talmente senza vita che se dicevi che non ci sono più le mezze stagioni era uguale.
              Il senso è: hai letto “La cabala del Cavallo Pegaseo” di Giordano Bruno? Hai letto un libro di Galileo? Mi sai dire un nome di uno scienziato imprigionato o ucciso per aver sostenuto teorie “dei preti” come quella del big bang e la genetica (oh beh, furono complotti del vaticano pure quelli, dopo tutto)?
              Ne parli solo per accusarci ed additarci, per te sono solo pretesti.
              Questo è un sito d’approfondimento, se parliamo di Galileo lo facciamo con un articolo di approfondimento.
              Se domani vogliamo parlare di Giordano Bruno lo faremo dopo un’articolo d’approfondimento.
              Tu invece sei qui a puntare il dito, e non abbiamo bisogno di te per conoscere gli errori del passato: ne sappiamo comunque più di te.

              • Locca ha detto:

                Guarda che hai capito proprio male. Non ho additato nessuno, se non la Chiesa Cattolica di 400 anni fa, Chiesa che era certamente legittimata a combattere le ideologie avverse alla propria, ma non a bruciare i “colpevoli”. E’ così difficile da capire? Non sto puntando il dito contro di voi, non vi addosso certamente le colpe per quanto hanno fatto, ma mi stupisco che non legga mai commenti di ferma condanna da parte vostra (anche nel tuo mi sembra mancasse quella parte) per le atrocità commesse dalla Chiesa Cattolica, come ad esempio il rogo di Giordano Bruno. Sembra che vi prema di più “contestualizzarne” l’omicidio, un po’ come dire: “Sono ragazzi, cosa vuoi farci?”. Questo è un atteggiamento che non sopporto. E almeno uno che dice “sono il primo a condannare” lo dice, invece che esordire con un “ma analizziamo il contesto storico”. Forza, è così difficile ammetterlo? Nessuno che abbia risposto con un “è vero, hanno fatto una stronzata”, ma qualcuno che dice “e vogliamo parlare dei soliti regimi comunisti” c’è sempre…chi è che addita?

  • Giorgio Masiero ha detto:

    Una ricostruzione bellissima, perché è completa sotto tutti gli aspetti: storico, filosofico, scientifico, religioso. Questo s’intende quando si parla di ragione più vasta di quella meramente scientifica, che è data all’uomo per avvicinarsi alla verità.

  • Castigamatti ha detto:

    Se non erro la “pena” a cui fu condannato Galileo fu recitare ogni giorno i salmi penitenziali. O sbaglio?

    • Pino ha detto:

      sì, una volta la settimana non tutti i giorni, incombenza che Galileo girò alla figlia suora

  • Pino ha detto:

    ottimo chiarimento ma, se ben ricordo, l’elemento che fece scattare il processo contro Galileo fu determinato da un fatto non citato nell’articolo. Galileo scrisse alcune lettere ai colleghi scienziati in cui sosteneva che, sulla base delle considerazioni scientifiche emerse relative al metodo copernicano (che però non era in grado di dimostrare), occorreva modificare il passo della Bibbia relativo a Giosuè. Questo fece sobbalzare il Card. Bellarmino che correttamente disse “adesso ci manca solo che la scienza si metta a riscrivere le Scritture e questo è inaccettabile”. Ricordiamo che siamo dopo lo scisma protestante nel quale uno degli elementi di spaccatura fu il libero esame, assolutamente vietato dalla Chiesa cattolica. Fu quindi una posizione di tipo “eretico” quale la revisione delle Scritture che mise Galileo nei guai. Galileo si era messo a fare il mestiere del Papa e dei vescovi e questo era totalmente inaccettabile.

    • Katy ha detto:

      Quello che dici è contenuto sotto il paragrafo “Il processo”.

      • Pino ha detto:

        non è esplicitamente citato, infatti il processo a Galileo intentato per “eresia” non era dovuto al fatto che sostenesse la tesi copernicana, cosa del resto sostenuta anche dagli astronomi gesuiti della Specola vaticana, ma alla sua pretesa di modificare le Scritture. Corettamente nell’articolo è detto che la Bibbia non è un testo scientifico ma un libro sapienziale, vuole cioè semplicemente veicolare un messaggio, quello della Rivelazione ed usa un linguaggio metaforico e simbolico. Ma non vengono citate le lettere scritte da Galileo, fra l’altro furono proprio i suoi colleghi a renderle pubbliche, colleghi con i quali aveva pessimi rapporti dovuti al suo pessimo carattere.

        • Antonio72 ha detto:

          Scusa Pino, ma quello che affermi (e ammetto di non conoscerne i dettagli) non coincide affatto con ciò che viene riportato nell’articolo, in particolare con il seguente brano:

          “La condanna di Galilei del 1633 all’abiura pubblica e alla prigione a vita, commutata successivamente negli “arresti domiciliari” nella sua villa di Arcetri, vicino a Firenze, fu motivata proprio con l’argomento che Galilei, pur ammonito a mantenere il silenzio sulla questione, proponeva il sistema copernicano non come mera ipotesi matematica, ma come una effettiva realtà fisica, provocando l’opposizione del papa Urbano VIII, che pure lo aveva precedentemente appoggiato”

          E cioè Galilei fu condannato per il fatto di aver chiaccherato un po’ troppo e non perchè volesse correggere le Sacre Scritture. Anzi semmai fu imposta proprio a Galilei la correzione del suo libro, il quale ricordo, venne inserito nell’indice dei libri proibiti.
          Quindi mi capisci che le tue affermazioni sono gravi in quanto contraddicono il contenuto dello stesso articolo.
          Cmq resta l’evidente paradosso, inspiegabile secondo me, del fatto che Galilei, ovvero il padre del metodo sperimentale scientifico, fu il primo a tradirne lo spirito.
          E poi in cosmologia, per forza a quei tempi ci si doveva basare sull’osservazione diretta con il cannocchiale, attività non credo ignota allo stesso Galilei. Allora mi domando: che cosa ha osservato di particolare Galilei col suo cannocchiale, tanto che si convinse alla teoria eliocentrica copernicana? E a quei tempi, con quell’arcaica tecnologia, sarebbero state possibili in cosmologia delle prove certe ed inconfutabili? Anzi chi discrimina in cosmologia, o se vogliamo nella stessa scienza, una prova certa ed inconfutabile da una che non lo è?

          • Pino ha detto:

            il fatto che quello che dico non coincida con quanto scritto nell’articolo potrebbe significare una cosa e cioè che l’articolo è incompleto. Quale motivo avrebbe avuto Roberto Bellarmino a mettere sotto processo Galileo per una questione che eretica non era affatto e cioè se il sistema copernicano dovessere essere insegnato come ipotesi o come tesi? Come ricordato anche nell’articolo i primi sostenitori di Copernico erano gli astronomi gesuiti della Specola vaticana. Quindi il motivo doveva essere un’altro e più grave, e cioè la pretesa di Galileo di modificare il passo della Bibbia relativo a Giosuè. Aggiungo un’ultima considerazione: Roberto Bellarmino è stato proclamato santo e dottore della Chiesa, la sua festa liturgica è il 17 settembre. Perchè l’articolo non lo dice?

  • Franck ha detto:

    Bello l’articolo! Complimenti!

  • Gab ha detto:

    Chi glielo spiega ai laicisti che sui libri di scuola si fa revisionismo storico invece di fare storia autentica e dettagliata?

    L’espisodio di Galileo è solo uno dei tanti. L’altro giorno vidi sul libro di mio fratello (più piccolo di me) un paragrafo dal titolo “L’ideologia papista nel Medioevo”.. (sigh!) pare scritto da protestanti…..

  • Max ha detto:

    Ma ci sono anche atei che ormai pensano che sul caso Galilei vi siano dei giudizi forse troppo duri contro la Chiesa.

    Questo e’ Timothy O’Neill, un australiano con un background di studi storici – e non credente – che recensisce il libro di James Hannam che gia’ conosciamo:

    http://armariummagnus.blogspot.com/2009/10/gods-philosophers-how-medieval-world.html

    Vi invito a leggerlo tutto; comunque forse il pezzo piu’ rilevante e’ questo:

    “The common conception that Galileo was persecuted for being right about heliocentrism is a total oversimplification of a complex business, and one that ignores the fact that Galileo’s main problem was not simply that his ideas disagreed with scriptural interpretation but also with the science of the time.

    Contrary to the way the affair is usually depicted, the real sticking point was the fact that the scientific objections to heliocentrism at the time were still powerful enough to prevent its acceptance. Cardinal Bellarmine made it clear to Galileo in 1616 that if those scientific objections could be overcome then scripture could and would be reinterpreted. But while the objections still stood the Church, understandably, was hardly going to overturn several centuries of exegesis for the sake of a flawed theory. Galileo agreed to only teach heliocentrism as a theoretical calculating device, then promptly turned around and, in typical style, taught it as fact. Thus his prosecution by the Inquistion in 1633.”

    Al di la’ di tutto, sicuramente la Chiesa fece un grave errore con Galileo, ma non e’ chiaro se questo errore sia stato peggiore della persecuzione di decine di scienziati che si occupavano di genetica – mandati in Siberia, uccisi – da parte di istituzioni di ricerca fortemente laiche, come quelle dell’Unione Sovietica, durante il periodo in cui Lysenko esercitava una forte influenza.

    • Gab ha detto:

      “sicuramente la Chiesa fece un grave errore con Galileo”

      Tecnicamente no come dice giustamente l’articolo. La Chiesa si mosse saggiamente con spirito di prudenza e non certo si può paragonare al fanatismo del “Sola Scriptura” dei protestanti.

    • Pino ha detto:

      la Chiesa non fece un errore con Galileo, la Chiesa era nel giusto e Galileo nell’errore tanto che Galileo lo riconobbe alla fine del processo ma si sa le panzane sono sempre più forti della verità storica e si ricorda solo una panzana come l'”eppur si muove” che mai Galileo pronunciò ma fu inventato 150 dopo la sua morte.

    • Max ha detto:

      Pino, Gab,

      fate attenzione. Non date argomenti in mano a coloro che affermano che e’ in corso una revisione filo-cattolica della Storia. Ho notato che purtroppo ve ne sono in giro.

      Nel testo di cui sopra un passaggio centrale e’ la lettera di Bellarmino, che dimostra come la Chiesa era disposta ad accettare l’eliocentrismo, rivedendo l’interpretazione delle Scritture, purche’ questo eliocentrismo fosse riconosciuto come il modello scientificamente giusto. In particolare, si risolvesse il problema delle parallassi: se la Terra di muove, allora le ‘stelle fisse’ dovrebbero sembrare muoversi di riflesso. Invece non si rinveniva traccia di questo movimento – e per una buona ragione, che oggi conosciamo: e’ estremamnte piccolo, molto piu’ piccolo di quanto gli strumenti del ‘600 potevano misurare.

      Anche se il comportamento della Chiesa di allora e’ meno grave e piu’ ragionevole di quello che la leggenda vorrebbe farci credere, sempre ingiusto rimane. Non si deve imporre ad una persona di giurare sui Sacri Vangeli che le proprie idee scientifiche siano sbagliate, ne’ si deve mettere il rilevante testo nell’Indice dei libri proibiti.

      Ciao.

      • Gab ha detto:

        Veramente la revisione l’hanno fatta i massoni coi loro libri di storia. Mentre gli archivi vaticani sono da lì da sempre a contraddirli. Non cambiamo le carte in tavola.

      • Giorgio Masiero ha detto:

        Non sono d’accordo, Max. Galileo fu il primo a rilevare la “relatività” del moto, principio che i gesuiti e Bellarmino compresero benissimo. Quindi fu Galileo stesso a contraddirsi quando, anziché accettare la proposta di Bellarmino dell’eliocentrismo come modello matematico, s’intestardi’ a considerarlo un moto assoluto. Quella di Galileo era una mera concezione filosofica e oggi, sul piano scientifico, è Bellarmino a uscire vincitore!

        • Antonio72 ha detto:

          Mah..professore questa sua tesi non mi convince. Come fa a sostenere che la tesi scientifica di Galilei era sbagliata alla luce delle evidenze odierne?
          O se vogliamo, anche quella di Bellarmino non poteva essere che una posizione filosofica e non scientifica, ma dominante in quanto esprimeva l’autorità della Chiesa, tanto che il libro di Galilei fu messo all’indice.
          Sono quindi d’accordo con l’ultima frase di Max anche se si dovesse sostituire “idee scientifiche” con “idee filosofiche”.

          • Giorgio Masiero ha detto:

            L’ho spiegato nell’articolo su “Verità ed interpretazione”: il modello tolemaico è altrettanto scientifico di quello copernicano, così come sarebbe un modello “selenico” che mettesse al centro la Luna. Il moto è relativo e non ha alcun senso dire che cosa ruota intorno a che cosa. Mi meraviglio di te, su questo e hai letto, mi pare, molto distrattamente l’articolo…
            Bellarmino ed i gesuiti, parlando di modello matematico, avevano scientificamente ragione. E allora, Bellarmino, la Chiesa, i religiosi, ecc. erano non solo l’autorità religiosa ma l’autorità anche in campo scientifico: la Chiesa controllava tutte le università che aveva fondato!
            Copernico, come spiega bene l’articolo, aveva proposto il suo modello eliocentrico non sulla base di risultanze scientifiche (cioè su osservazioni astronomiche che non esistono nemmeno oggi), ma su assunzioni pitagorico-platoniche riguardanti il sole, come fonte di vita, luce, ecc., luogo di Dio. E il cannocchiale non aveva aggiunto nulla a Galileo per supportare una cosa senza senso, cioè un moto assoluto!

            • Antonio72 ha detto:

              Ma il modello scientifico copernicano è più semplice o se vuole più conveniente di quello tolemaico per spiegare il moto dei pianeti: non era quindi, proprio dal punto di vista scientifico, da prediligere? Cmq sia oggi è quello prediletto. L’errore della Chiesa non era quello di controllare le università che aveva fondato ma di controllare il pensiero scientifico, e di censurarlo qualora contrario al contenuto delle Sacre Scritture (in questo caso il modello tolemaico era di certo più aderente alla verità biblica). Se vogliamo, anche lo stesso filosofo Bruno aveva ragione quando parlava dell’esistenza di infiniti mondi. Oggi per fortuna la Chiesa ha assunto un’altra posizione, altrimenti per coerenza dovrebbe appoggiare il creazionismo.
              E poi professore, proprio Lei viene a dire che non ha senso un moto assoluto, quando in un suo recente articolo ha avanzato una tesi scientifica sull’esistenza di un sistema di riferimento assoluto? Mi pare infatti che la relatività dei corpi in moto è del tutto coerente col modello relativistico einsteiniano.

              • Giorgio Masiero ha detto:

                Stasera, Antonio, non ti riconosco: sei proprio tu?
                1. “Ma il modello scientifico copernicano è più semplice o se vuole più conveniente di quello tolemaico per spiegare il moto dei pianeti: non era quindi, proprio dal punto di vista scientifico, da prediligere?”: è esattamente, quasi anche nelle parole, l’obiezione di Bellarmino. Mettere il Sole al centro semplifica il calcolo matematico, tutto qua. Ma non consente una sola predizione esatta più del modello tolemaico. Ciò cui Bellarmino si oppose fu che, sulla sola base della comodità di calcolo, si dovesse assumere una concezione metafisica dei moti celesti con al centro il Sole e di conseguenza una reinterpretazione di alcuni passi biblici.
                2. “Lo stesso filosofo Bruno aveva ragione quando parlava dell’esistenza di infiniti mondi”: non sapevo che tu, Antonio, credessi nel multiverso! Cmq, Bruno non era originale neanche in questa concezione che aveva preso da Democrito.
                3. Non ho mai parlato di spazio assoluto, né tanto meno con il Sole al centro! Ti trascrivo le mie testuali parole: “Non intendo l’etere secondo gli schemi dell’800, ma come un sistema spazio-temporale di riferimento privilegiato che ci rivelano i tachioni (se esistono!), che però non è solo una struttura matematica, perché ospita cmq l’arena della relatività generale. E quindi ha una sua realtà fisica. E la TRS non sarà sostanzialmente toccata, proprio per l’inosservabilità del sistema”. La realtà fisica dello spazio-tempo non va confusa con l’assolutezza dello spazio “e” del tempo!
                $. Col processo di Galileo, è vero, è iniziata l’emancipazione della scienza (e delle università) dalla Chiesa ed è giusto che sia così: paradossalmente però ciò è accaduto su una questione in cui scientificamente aveva ragione la Chiesa e su cui era lo scienziato che voleva intromettersi su questioni teologiche!

                • Antonio72 ha detto:

                  1. Ho sempre creduto che la semplicità matematica di una teoria scientifica andasse privilegiata rispetto ad un calcolo più complesso che dimostrasse la medesima teoria. Ma forse mi sbaglio.
                  2. Per infiniti mondi non credo che Bruno potesse riferirsi al multiverso, piuttosto ad infiniti pianeti come la terra e quindi sistemi solari, e su questo aveva ragione. Almeno così credo sia da intendere data le scarse conoscenze cosmologiche di quel tempo.
                  3. Infatti anch’io ho parlato di sistema di riferimento assoluto o se vuole privilegiato, che per me è lo stesso. Ma è proprio rispetto a questo sistema privilegiato, ancorchè inosservabile, che i corpi si muoverebbero assolutamente. E quindi la funzione di questo sistema è identica alla funzione della Terra nel sistema tolemaico e di quella del Sole nel sistema eliocentrico. La cosa a livello concettuale non cambia un granchè.

                  • Giorgio Masiero ha detto:

                    1. Una teoria scientifica è preferibile ad un’altra se con un MINOR numero di assunzioni fa un MAGGIOR numero di predizioni e con MAGGIOR esattezza numerica delle grandezze misurate. Ma se hanno lo stesso numero di assunzioni, fanno le stesse predizioni con la stessa esattezza, le due teorie sono equivalenti dal punto di vista scientifico, e la complessità della matematica dell’una rispetto all’altra è un fatto secondario di comodità. Cmq, ti ripeto, Bellarmino si oppose – come è spiegato nell’articolo – alle estrapolazioni teologiche di Galileo, il quale non si accontentò del solo riconoscimento di comodità matematica, ma pretendeva una revisione teologica.
                    2. Bruno parlava di un universo illimitato (ciò che non è), di infiniti (in senso letterale, cantoriano) pianeti e soli (ciò che non è), e per giunta di infiniti mondi “abitati” (ciò che non risulta). Pura speculazione filosofica, cui non possiamo “dare ragione”, come vuoi tu.
                    3. Lo spazio-tempo della relatività generale è una realtà fisica, dove “oggi” ogni sistema di riferimento (il Sole o la Luna o Alfa Centhauri) vale l’altro sotto tutti gli aspetti. Quindi dove non esiste un sistema assoluto. “Se” domani si dimostrerà l’esistenza di tachioni (tipo neutrini superluminali), per salvare la TRS e allo stesso tempo la causalità, occorrerà a mio parere postulare l’esistenza di un sistema privilegiato però inosservabile. Quindi si potrà sempre scegliere il Sole o la Luna o Alfa Centhauri e le previsioni saranno uguali. Però l’esistenza metafisica del sistema privilegiato ci garantisce anche la causalità. Che cosa c’entra questo con la superiorità del sistema copernicano?

                    • Antonio72 ha detto:

                      1. L’articolo afferma che Galilei non si accontentava di proporre il modello eliocentrico come una mera ipotesi matematica ma come una vera e propria realtà fisica.
                      Dov’è in tutto questo la teologia, essendo il peso scientifico del modello eliocentrico equivalente a quello del modello tolemaico? Bellarmino non ha quindi proposto un modello più valido di quello galileiano, essendo impossibilitato a farlo, ma ha agito solo in base al principio di autorità per le motivazioni di cui già detto. In questo caso è quindi errato affermare che Bellarmino avesse scientificamente ragione e Galilei torto. Entrambe avevano ragione nelle rispettive interpretazioni della realtà fisica. Solo che Bellarmino era più potente di Galilei e lo costrinse ad abiurare. Io la vedo come una situazione risolta in base ai diversi rapporti di forza, ma non scientifici né tanto meno intellettuali, dato che alla fine il sistema eliocentrico copernicano prese il sopravvento.
                      2. In ogni caso Bruno ci è andato molto vicino visto che ancora oggi non sappiamo precisamente quanto sia esteso l’universo, cmq si parla di centinaia di miliardi di galassie.
                      3. Niente. Ho solo fatto un confronto a livello filosofico (e non scientifico) tra l’assolutezza di quel sistema privilegiato e l’assolutezza del Sole nel sistema eliocentrico e della Terra nel sistema tolemaico. D’altronde la scienza volle provare l’esistenza dell’etere fintanto che lo stesso Einstein decise di accantonare per sempre quella ipotesi.

                    • Giorgio Masiero ha detto:

                      1. Bellarmino aveva ragione perché aveva capito che la discussione scientifica tra tolemaico e copernicano doveva riguardare soltanto quale “modello matematico” fosse migliore (e Bellarmino riconosceva sotto questo aspetto la superiorità del copernicano) ed intendeva mantenere separati i domini astronomico e teologico (ciò che non aveva fatto Copernico con le sue speculazioni e che era restio a fare Galileo). Ha avuto il torto storico (a posteriori) di usare oltre ai tentativi di convinzione anche la sua autorità armata, ma questo allora era legittimato dalla legge e quelli erano i tempi.
                      2. Che le stelle siano innumerevoli basta guardare il cielo! Oggi non conosciamo i confini dell’Universo, è vero, MA SAPPIAMO che è limitato (primo errore di Bruno), che la sua massa-energia è limitata (secondo errore di Bruno), e non c’è nessuna prova che esistano altri “abitanti”. Possiamo evitare di cadere nella trappola di chi considera Bruno uno scienziato al pari di Galileo e Newton, soltanto perché è stato vittima dell’inquisizione?
                      3. Ok, sull’etere. Ma, se anche domani risultasse la sconfitta dell’Einstein neopositivista e la vittoria del Lorentz realista, con l’evidenza di un etere assoluto, questo non avrebbe nessun impatto pro o contro il sistema tolemaico/copernicano.
                      4. Penso, Antonio, che dobbiamo capire che il copernicanesimo è nato da una speculazione filosofica e non è una teoria scientifica IN NULLA superiore al tolemaismo. Sono due modelli che hanno lo stesso numero di assunzioni e (con geometrie diverse) fanno le stesse previsioni con la stessa accuratezza. L’avanzamento scientifico vero, rispetto a Tolomeo, si è avuto con Newton e la sua teoria della gravitazione, che con meno postulati ha spiegato molti più fenomeni e con grande esattezza (poi superata solo dalla relatività generale). Il copernicanesimo è stata una rivoluzione filosofica che ha scalzato l’uomo dal centro dell’Universo e ci sono voluti 500 anni dalla nascita di Copernico perché Carter, al simposio di Cracovia, rovesciasse la situazione con il principio antropico. Quindi il copernicanesimo ora è morto e l’unica alternativa filosofica all’antropocentrismo è il multiverso.

        • Max ha detto:

          Ma non sto contestando questo! Stavo dicendo: “Non si deve imporre ad una persona di giurare *sui Sacri Vangeli* che le proprie *idee scientifiche* siano sbagliate, ne’ si deve mettere il rilevante testo nell’Indice dei libri proibiti.”

          Scienza e teologia devono andare su binari separati. Sono il primo a ricordare che Bellarmino aveva proposto a Galileo una cosa ragionevolissima: “Quando lei, Messer Galilei, ci dimostrerà che la sua ipotesi e’ quella giusta, superando anche l’obiezione della mancanza delle parallassi delle stelle fisse, cambieremo l’interpretazione delle Sacre Scritture, che per ora e’ basata sul modello scientifico che abbiamo, che spiega le osservazioni”. Galileo, da testone qual era, ando’ dritto per la sua strada, insegnando la tesi eliocentrica come fatto e non come scenario. E qui cominciarono i guai.

          • Antonio72 ha detto:

            La distinzione tra fatto e scenario è alquanto dubbia. In ogni caso anche l’interpretazione di Bellarmino era uno scenario e non di certo un fatto, se non appunto, un fatto biblico o teologico e quindi di valenza scientifica nulla.
            Per quanto riguarda la tua prima frase sono invece d’accordo; d’altronde l’ho già scritto.

            • Giorgio Masiero ha detto:

              Il cannochiale non fa vedere chi si muove e chi sta fermo (che sarebbe un fatto), ma è solo un’interpretazione filosofica (o scenario) a decidere questo.
              Io, rispetto allo scenario (Susskind lo chiama proprio così) del multiverso, preferisco lo scenario di un solo Universo antropocentrico.

          • Giorgio Masiero ha detto:

            Ok, Max. Siamo d’accordo.

  • Pippo ha detto:

    Non è stata rilevata una cosa piuttosto importante:
    Copernico o Koppernigt era un Canonico di Santa Romana Chiesa.
    Le uniche reprimende che essa gli propinò riguardavano i suoi rapporti non con le sfere celesti ed i suoi numerosi epicicli ma con la sua “focaria” (perpetua).
    Pippo il Vecchio

  • DSaeba ha detto:

    Luigi Baldi… certo che il mondo è proprio piccolo 😀

    Complimenti Professore, e ci vediamo a lezione.

  • Michele Forastiere ha detto:

    Grazie al prof. Baldi per questo articolo, che aiuta a fare chiarezza su una vicenda troppo spesso strumentalizzata.

  • a-ateo ha detto:

    Grazie per il completo e illuminante articolo che mostra una Chiesa Cattolica, attraverso studiosi anche Gesuiti, perfettamente a proprio agio nelle enormi questioni scientifiche dell’epoca, grazie anche a Pippo per aver ricordato il “Canonico” Copernico, e Pino per aver accennato alla figlia Suora dello stesso Galilei.
    Credo, pertanto, che vada anche sottolineato il fatto che l’episodio storico è tutto interno alla Chiesa e che risulta risibile ogni tentativo di “scippo”da parte di ambienti atei assurti, abusivamente, a paladini della scienza.
    Tutta la discussione sull’errore della Chiesa andrebbe rivisitata non solo sul piano della contestualizzazione dei fatti e della incredibile situazione nella quale l’osservazione scientifica contraddiceva, forse per la prima volta, i dati percepiti direttamente dai sensi…è incontrovertibile il fatto che anche oggi “vediamo” girare il sole e non la terra…
    Io ricordo di aver letto in Erodoto il suo commento totalmente incredulo sul racconto di un paese dove il giorno e la notte duravano sei mesi…Erodoto non ci avrebbe creduto mai! E,credo, Erodoto sia morto non credendoci.
    E ricordo anche gli errori di Einstein e le sue diatribe con Bohr, ambedue tra i massimi geni scientifici dell’umanità…
    E nessuno parla di questi errori, commessi da uomini di scienza, perchè mai?
    Insomma, chiedo un parere espresso ai professori qui presenti sul blog:
    Non è che gli atei abbiano tentato una speculazione in merito, tentando anche di camparci di rendita, falsificando i dati storici in modo sensibile?

    • Giorgio Masiero ha detto:

      No, almeno dal 1973, noi non “vediamo più” la terra girare intorno al sole, ma semmai tutto l’Universo girare intorno all’uomo terrestre.

    • Pippo ha detto:

      Ho dimenticato di ricordare che,come lo conosciamo oggi, il sistema solare fondamentale era stato descritto, con una certa precisione, da Aristarco da Samo già nel terzo secolo avanti Cristo.
      Pippo il vecchio.

  • a-ateo ha detto:

    @pippo,
    “E’ un po’ sconcertante trovare che la sola opera rimasta di Aristarco, Sulle dimensioni e sulle distanze del sole e della luna, aderisce alla teoria geocentrica.”
    http://www.galeazzo.it/uniutopica/Aristarco.html
    a-ateo il giovane