Nuovo studio: gli europei sono felici solo se sono religiosi
- Ultimissime
- 25 Gen 2012
Due ricercatori dell’Univeristà di Navarra, Alejo José G. Sison e Juncal Cunado, basandosi sui dati forniti dall’European Social Survey nel 2002/2003, nel 2004 e nel 2006 che hanno coinvolto, complessivamente, 114.019 persone in 24 Paesi diversi, hanno provato a dare una risposta scientifica alla domanda se la fede e la pratica religiosa rendono gli europei felici.
Il primo gruppo di domande della ricerca riguardava il tipo di “fede religiosa” professata, mentre il secondo gruppo si concentrava sulla “pratica religiosa”. Infine c’era la domanda “Quanto sei felice?”, a cui si poteva rispondere indicando un numero su una scala da 1 (non felice) a 10 (completamente felice). Il risultato nei 24 paesi europei è stato, mediamente, 7.26. Naturalmente all’interno di questi 24 paesi si sono riscontrate notevoli differenze ed è questo che ha permesso di capire, secondo i ricercatori, l’esistenza di una correlazione fra religione e felicità.
In generale infatti, chi apparteneva ad una religione ha indicato un livello di felicità maggiore degli altri. Tra le varie religioni, inoltre, gli indici non sono risultati tutti uguali: gli ortodossi e chi segue le religioni orientali hanno segnalato indici di felicità più bassi dei fedeli della religione cattolica, protestante e delle altre denominazioni cristiane. Un altro risultato interessante è stato rilevare che più marcata è la religiosità, più ci si dichiara felici, mentre coloro che si sono dichiarati non religiosi hanno segnalato livelli bassi di felicità. Infine, coloro che hanno affermato di frequentare più assiduamente le celebrazioni religiose sono risultati essere più felici di chi non lo fa mai. Risultati dunque perfettamente in linea con tutta la mole di letteratura scientifica precedente.
La psicologia ritiene che questa relazione positiva fra felicità e religione sia dovuta innanzitutto all’appoggio sociale, il far parte di una comunità, cosa assai sperimentata dalle persone religiose. Inoltre, una fede salda offre un senso unitario e un orientamento preciso nella vita e questo rende, indubbiamente, più felici. In realtà queste spiegazioni seppur valide non esauriscono l’argomento sulle motivazioni che legano così strettamente la felicità alla religione, infatti sembra che sia l’apertura stessa al trascendente ad essere sorgente di felicità. La questione è stata spiegata approfonditamente in Ultimissima 8/01/12, anche distinguendo il tutto dall’effetto placebo.
AGGIORNAMENTO ORE 13:56
Poco tempo fa è anche uscito uno studio in cui gli atei vengono rappresentati come razionali, e non cinici o senza gioia. Un risultato completamente in controtendenza, una buona notizia comunque. Tuttavia un piccolo sospetto è nato quando ci si è accorti che lo studio faceva esplicito riferimento ad una ricerca “scandalosa” in cui è stato dimostrato come negli USA i non credenti siano considerati la categoria di persone meno affidabili (uno stereotipo causato dalla pessima pubblicità dei New Atheist militanti all’ateismo stesso). La reazione è stata immensa, come accade sempre quando una minoranza è “sotto attacco”. Che sia stato “artificialmente realizzato” per combattere politicamente l’ingiusto stereotipo? Il dubbio sulla manipolazione dei dati è cominciato a diventare fastidioso quando si è osservata la presenza, tra i quattro ricercatori, di Benjamin Beit-Hallahmi, un vero e proprio integralista ateo che ossessiona i lettori del “Guardian” sostenendo frequentemente proprio la superiorità della condizione irreligiosa e l’alta diffusione dell’ateismo tra gli scienziati (sempre citando la solita ricerca del 1990). L’ipotesi che in questo caso abbia prevalso il principio d’autorità e non il metodo scientifico è divenuta molto forte quando si è osservata la metodologia utilizzata: i campioni di riferimento utilizzati sono stati 42 atei, 22 cristiani e 18 buddhisti. Questi sarebbero per i ricercatori dei numeri rappresentativi di una Nazione intera, o addirittura della comunità internazionale. Sappiamo purtroppo che questa strumentalizzazione ideologica della scienza è abbastanza frequente, come accade nella promozione dell’omosessualità: su “American Sociological Review” è stato dimostrato che decine di studi sui bambini cresciuti da genitori omosessuali sono stati appositamente male interpretati per ragioni politiche in modo da non attirare le ire degli attivisti omosessuali o incoraggiare la retorica anti-gay.
Luca Pavani
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71 commenti a Nuovo studio: gli europei sono felici solo se sono religiosi
Certo he sono più felici, beata ignoranza!
AHAHAHHAHAHAHAHAHHAHAHAHAHAHA!
L’ignoranza rende felici? C’è qualche correlazione dimostrabile?
Una correlazione pare sia dimostrata tra errore e felicità!
Ma anche tra aumento di vendita dei cuscini e le copie vendute dal Riformista, se è per questo.
Il problema è che si tratta dello stesso studio citato nel post!
what???
Ha parlato il mimmo il water……infatti i religiosi attuali vivono nelle caverne….con le clave e mangiano insetti. Sono gli atei che parlano, vnno all’universita’ e lavorano. Meglio tirare la catena sui commenti di Mimmo
Mimmo, sei molto simpatico!
Sul fatto che Mimmo sia divertente e simpatico concordo anch’io.
Anche se probabilmente non per le sue stesse ragioni.
Bravo, Riccardo, non si comprometta troppo nell’essere d’accordo con me! 🙂
Pavone, Riccardo è Mimmo e Mimmo è Riccardo. Credo che ormai anche un razionalista possa averlo capito, no?
Come Superman e Clark Kent? Ma se io suggerisco a Superman di non compromettersi troppo con me, affermo con ciò stesso che Superman non è Clark Kent? Elementare, Raffa!
La cosa elementare è che Mimmo -essendo Riccardo- si prende gioco di lei, anticipando le risposte che lei, caro Pavone, darebbe. La simpatia è in realtà ironia su di lei. Mi auguravo che un simpatizzante del razionalismo l’avesse già capito, ma evidente lei è uno di quelli più rappresentativi.
Ah Ok, ho capito. Grazie Raffa! 😉
Piu’ che superman io lo paragonerei a superciuk…la minaccia alcolica…..i fumetti del gruppo TNT!
Ciao, segnalo una svista.
L’articolo è
http://www.thearda.com/asrec/archive/papers/Sison_Religious_Belief.pdf
e parla di un campione di 114.019 soggetti, non 11.019. Nel testo dell’articolo è stato dimenticato un 4.
Grazie Roberto, correggiamo.
Quindi chi non è religioso non è felice?
Non necessariamente. Ma se fosse religioso, probabilmente sarebbe PIU’ felice.
Il fervore religioso è presente più tra le masse di derelitti che tra i ceti abbienti, più nei Paesi depressi economicamente che non in quelli ricchi: la religione fornisce un sostegno morale lì dove è presente un disagio. È evidente che non risolve i problemi alla radice di questo disagio: il morto di fame rimane tale, ma trova nella fede la forza per sopravvivere.
E allora come mai nei paesi sviluppati si registra un alto tasso di suicidi e persone depresse? Non dovrebbero essere felici, dato che stanno bene?
http://wisesociety.it/incontri/mariano-bassi-la-depressione-riduce-la-qualita-della-vita/
Non mi metto nemmeno a confutare i tuoi deliri, faccio solo notare il tuo disprezzo per le persone povere e malate, magari del Terzo mondo, da te definite “derelitti e morti di fame”. Ovviamente per te sono persone di serie B.
L’Uomo a pancia piena si dimentica di Dio.
Questa domanda a chi la rivolgi, scusa? Questi sono i dati di uno studio scientifico, non l’opinione di qualcuno. E’ vero? E’ falso? Perché questi risultati? Queste sarebbero le domande da fare secondo me…
Eppure Joseph mi ha risposto. Quello che intendevo dire io è che il metro di valutazione lascia parecchio a desiderare. Indicare la felicità da 1 a 10? La felicità non è una segmento che misura x centimetri, è un fattore totalmente personale che non si può certo indicare da 1 a 10, come non si può stabilire un giudizio così approssimativo. L’impressione che da questo articolo è che chi crede è felice e chi non crede non è felice. Ma tra l’altro non si era detto solo in questo articolo, lo leggo spesso anche in altri articoli. Chissà se è davvero così difficile accettare che è la persona ad essere felice o non felice, e non l’ateo o il religioso.
Ma guarda che i riduzionisti sono gli atei. Quelli che pendono dalla bocca della scienza sono gli atei…quindi rifiutate la scienza e dite che essa non è una fonte di verità? Ma così uscite dal dogma, cari amici. Diventate dissidenti agli occhi di Odifreddu & Augias. Io sono d’accordo con te, ma la guerra vera è fra te e i riduzionisti.
Ti ringrazio, però non capisco questo continuo voler ricondurre qualunque ateo a Odifreddi e compagnia. Sinceramente non ho mai letto nulla di lui, se ne avrò l’occasione lo farò, ma non è di certo il mio portatore di verità e felicità.
Dovrai prima o poi ammettere che sono “loro” quelli di cui devi maggiormente preoccuparti, come vedi ormai chi parla di “ateo” parla di loro (pensa anche sui media). A voi, sempre “loro”, vi hanno condannato ad essere atei devoti quando va bene. Finché verrai qui a contestare me, loro continueranno a fare questo tipo di pubblicità all’ateismo.
Pensaci meglio, cos’è la felicità? Forse sembrerebbe più corretto dire che non si può oggettivamente misurare la propria felicità ma certamente si può classificare la percezione che si ha di essa. A questo punto si potrebbe obiettare che bisognerebbe correggere allora i termini dello studio ma non è forse anche la felicità stessa una sorta di percezione di benessere? In definitiva ha perciò senso dare una stima percentuale (in questo caso semplificata ad una stima in decimi) a quanto ci si sente felici in proporzione al proprio concetto di massima felicità a cui si possa aspirare. Di sicuro non si può paragonare la felicità in un certo senso “oggettiva” di due persone perché la “scala di misura” sarebbe differente e forse lo sarebbe anche il concetto stesso, ma di certo si può paragonare la percezione che loro hanno di essa (ed alla fine dei conti questa percezione si può semplificare alla felicità stessa)
Mi sono letto il PDF. Scusate ma se ho letto bene (parlo della tabella 3) le persone che dichiarano di non appartenere a nessuna religione sono più felici degli altri (7.27 vs 7.25). E che quelli che non pregano mai lo sono di più di quelli che pregano tutti i giorni (7.34 vs 7.23).
Di contro chi si dichiara “Very religious” vince contro i “Not at all religious” (7.28 vs 7.24).
Insomma il titolo lo ritengo un tantino fuorviante. Mi aspettavo di trovare dati diversi.
Non mi metto a leggere tutto il pdf perché non ho tempo, mi basta l’estratto: “I risultati suggeriscono che sia” credo religioso che la pratica religiosa “hanno un effetto positivo sulla felicità individuale. Tuttavia, troviamo che partecipare ai servizi religiosi è più indicato (ho tradotto così, ma sono dubbioso) che pregare, per spiegare la felicità, e suggeriscono l’esistenza di un rilevante “aspetto sociale” nell’essere religiosi”.
Il titolo dunque non è sicuramente fuorviante.
Ma questo dove se l’è bevuto fuori il 7,27 ecc…????
Panthom
La statistica è fatta da numeri, da medie etc.
Quindi se si va a guardare la tabella i numeri parlano chiaro.
La tabella 3 che è quella dei dati riassuntivi alla prima riga, quella “Belonging to a particular religion”, dice chiaramente che la media dei “SI” sta a 7.25 quella dei “NO” sta a 7.27
Questo dicono i dati.
Ercole
Leggi le righe qui sopra saprai dove mi sono “bevuto” il 7.27 visto che a quanto pare il pdf non lo hai neanche letto.
Se poi parli di bere sempre a disposizione per una bella birretta. 😀
Nel pdf devi valutare l’interpretazione dei dati: “” The main results are the following. First, we obtain a significant effect of belonging to a religion on happiness. Those who belong to a religion report higher levels of happiness than those who do not”.
Il 7,27 e 7,25 vanno sempre interpretati nel contesto. Sono le conclusioni che vanno riportate.
Quram
Scusa quale contesto?
Dalla lista dei paesi mi sembra che ci sia quasi tutta l’europa.
Gli unici dati interessanti potrebbero essere quelli sull’appartenza ad una determinata religione ed ai paesi in cui questa è più praticata. Vedi iprotestanti che vivono sicuramente in zone con un miglior tenore di vita rispetto agli ortodossi dell’est che vivono negli ex paesi comunisti.
Vogliamo parlare del contesto in cui è nata questa ricerca?
L’università di Navarra è roba dell’Opus Dei. Penso che fin qui non ci piova. Quindi le valutazioni potrebbero essere sospette di partigianeria.
Ma che tu ci creda o meno una ricerca sulla fonte, l’univeristà, l’ho fatta solo ora che ti sto scrivendo.
La mia opinione data prima ti assicuro che non era viziata dalla conoscenza della fonte.
A me piace, e non è la prima volta che lo dico, valutare il messaggio non il messaggero. Almeno fin quando non noto qualcosa di strano. In questo caso le “valutazioni”.
Sai qual’è la cosa più comica della faccenda?
E’ che stiamo parlando di uno scarto 0,02. Con deviazioni standard molto vicine tra loro.
Conteggiare la felicità sinceramente lo trovo freddo quanto può essere farlo per l’amore.
Ma dai un pò di serietà. Non dico a te naturalmente.
Non era più facile dire che si appartenga o meno ad una religione poco cambia. Sarebbe più onesto a mio modo di vedere.
Notimenowhere, appena leggo qualcuno che mette in dubbio la buona fede non ci vedo più. Quindi non ho letto nient’altro dopo che hai sostenuto la partigianeria dei ricercatori perché parte della migliore università privata di Spagna. Come se dicessi che i risultati della Cattolica in Italia valgono meno perché non sono attendibili. I dati vanno sempre interpretati, non basta il numerino.
“The main results are the following. First, we obtain a significant effect of belonging to a religion on happiness. Those who belong to a religion report higher levels of happiness than those who do not. Second, we also find that the religion or denomination to which the individual belongs has a significant effect on happiness. Protestants, other Christian religions and Roman Catholics report higher happiness levels whereas Orthodox and Eastern religions report the lowest. Third, there seems to be a positive relationship between how religious a person is and his happiness response. That is, the more religious a person, the happier he is. However, those who consider themselves to be “not at all religious” (0) have comparable levels of happiness to those who give themselves a “5” in the scale of religiosity. Fourth, as far as religious practice is concerned, we find that the frequency of attendance at services is likewise positively
correlated with happiness. For example, those who attend religious services every day say they are happier than those who never attend. Fifth, still in the realm of religious practice, our study reveals that the frequency of prayer is positively correlated with happiness, with those who pray every day reporting higher levels of happiness than 9those who never pray. Sixth and lastly, we find that frequency of attendance in services is a more relevant variable than frequency of prayer in the self-reported happiness levels”.
Questo è il risultato, sei vuoi invece ridurre tutto ad un numerino e ad una percentuale fai pure.
Quram
Tu sei liberissimo di leggere o meno. Frega una cippa.
Io ho detto che “potrebbero essere”.
Hai presente la grammatica italiana e la differenza tra il “potrebbe essere” e “è”?
Riduco tutto a numerini? Moi?
Beh che ti piaccia o meno la statistica è fatta da numeri. Ed i numeri parlano chiaro. Poi uno ci può fare tutte le valutazioni che vuole. I numeri se ne fregano e restano tali. E questo il bello dei numeri.
Se certe persone sono ridotte a questi artifici numerici per sostenere che la religione è bella e rende felici stanno ridotte proprio male.
I numeri sono puramente indicativi e vanno letti nella complessità di tutte le statistiche create dallo studio. Proprio per questo ci sono le conclusioni dei ricercatori, che tu preferisci ignorare per concentrarti sul 7,25
Garazie notime, ne ho approfittato per leggermi lo studio e ho trovato tante cose interessanti.
1) I paesi con minore percentuale di individui religiosi sono l’Estonia e Repubblica Ceca. Due Paesi fortemente ex comunisti, vi lascio immaginare la qualità della vita. La più alta percentuale corrisponde a Grecia, Polonia, Portogallo e Irlanda. Non c’è l’Italia invece, che tanti descrivono come l’unica fortemente religiosa a causa del Vaticano.
2) La tabella che tu citi dimostra invece che c’è un effetto significativo nell’appartenente ad una religione per la felicità. Coloro che appartengono a una religione hanno un rapporto più alto di livelli di felicità di quelli che non lo fanno (” The main results are the following. First, we obtain a significant effect of belonging to a religion on happiness. Those who belong to a religion report higher levels of happiness than those who do not”).
Secondariamente la tabella dimostra che cattolici e protestanti hanno livelli di felicità maggiori rispetto ad altre religioni (“Second, we also find that the religion or denomination to which the individual belongs has a significant effect on happiness. Protestants, other Christian religions and Roman Catholics report higher happiness levels whereas Orthodox and Eastern religions report the lowest”).
Poi c’è questo dato: chi è più religioso è anche più felice. Tuttavia, coloro che considerano di essere “non religiosi” (valore zero su religiosità) hanno livelli comparabili ai religiosi (livello 5, e non livello 7,27 come dici tu). Questo significa che i non religiosi sono felici quanto i poco religiosi.
Infine si nota che la frequenza di partecipazione alla messa è altrettanto positivamente correlata con la felicità.
Rissumendo:
Risultati: “Coloro che hanno un rapporto religioso con livelli più elevati hanno più felicità di quelli che non lo hanno”, quanto più una persona religiosa tanto più è felice, la frequenza di partecipazione ai servizi è correlato positivamente con la felicità e la frequenza della preghiera è positivamente correlata con la felicità (“hey undoubtedly support findings (1) “Those who belong to a religion report
higher levels of happiness than those who do not”, (3) “The more religious a person, the
happier he is”, (4) “The frequency of attendance at services is positively correlated with
happiness” and (5) “The frequency of prayer is positively correlated with happiness”. But we do not find them necessarily helpful in explaining findings (2) “The religion or denomination to which the individual belongs has a significant effect on happiness” and (6) “Frequency of attendance in services is a more relevant variable than frequency of prayer in the self-reported happiness levels”.
La tua obiezione che senso ha??
Hugo
Ho letto per prima i dati e dopo le valutazioni fatte su questi.
Ma come ho già detto tra i SI e i NO della prima riga della tabella 3 vedo cose differenti dalle valutazioni.
Addirittura vedo che i non religiosi, quelli del gruppo “Religion or denomination belonging to” vengono superati solo dai Protestant, Other Christian denomination, Eastern religions, Other non-Christian religions.
Devo per questo pensare che i cattolici sono meno felici di me agnostico. Naaaa.
Comunque per me questo tipo di studi statistici lascia sempre il tempo che trova.
Li considero alla stregua di quelli che trovi sui settimanali pecorecci che ti fanno passare il tempo d’estate sotto l’ombrellone.
Questo sito ha alti e bassi. Gli alti sono gli ottimi articoli tipo quello sul libero arbitrio. I bassi sono come in questo caso. E ci posso anche stare. Non si può essere sempre troppo seriosi. Se no sai che palle.
Sono studi statistici che per di più non contemplano nozioni operative di religiosità e di felicità. Ciò che al massimo dimostrano è che statisticamente chi si auto-dichiara religioso ha una più alta propensione ad auto-dichiararsi felice. Inoltre, come questo dibattito ha ampiamente dimostrato, molti di noi hanno nozioni differenti di felicità (finanche all’interno delle persone religiose). Questo significa che un religioso che si auto-dichiari felice intenderà la felicità in modo diverso da un non-religioso che si auto-dichiari felice, le due auto-dichiarazioni, sebbene formalmente identiche, non lo sono affatto da un punto di vista contenutistico.
Il solo auto-dichiararsi persona felice è fonte di dati significativi, le differenze sul concetto di felicità emergono se si affronta la questione da un punto di vista filosofico-teologico. Di fronte ad una domanda secca: “sei felice?”, tutti abbiamo in mente lo stesso tipo di significato della parola felicità.
Mi è capitato spesso che qualche credente mi abbia chiesto come faccio a campare felicemente senza fede, con che cosa la rimpiazzo, come se esistesse negli esseri umani un vuoto che in qualche modo deve essere colmato. Sarebbe il caso che queste persone capissero che si può vivere felicemente senza postulare l’esistenza di alcunché di trascendente.
Che tu sia una persona felice lo metto in dubbio. In ogni commento c’è un’offesa e un senso di frustrazione per chi la pensa diversamente…dubito che una persona felice si possa comportare così. Tieni conto che per te la scienza è qualcosa di sacro e dunque dubitare dell’attendibilità degli studi scientifici per avvalorare la tua esperienza personale (ininfluente nella media della popolazione) è un comportamento -definito così dai tuoi fratelli di fede- irrazionale, antiscientifico, oscurantista e arretrato. Spero vorrai modernizzarti il prima possibile…
P.S.
Non lo dico a Carcano che rifiuti la scienza, stai tranquillo.
La smettiamo di prenderci in giro? Cioè in pratica (secondo te e molti altri) voi potete dire che gli atei non sono felici e se un ateo prova a dire che è felice e che non ha bisogno di un rimpiazzo a dio è automaticamente infelice perchè sta confutando la vostra affermazione? Guarda l’hai proprio scritto “Che tu sia una persona felice lo metto in dubbio. In ogni commento c’è un’offesa e un senso di frustrazione per chi la pensa diversamente…dubito che una persona felice si possa comportare così.” Allora io ti chiedo questo: quando al telegiornale senti un fatto che non rispecchia la tua ideologia (un caso di aborto, ad esempio) e osi dire che chi ha abortito è un mostro, allora non sei più felice? Sono curioso di saperlo. Ah e ti faccio notare che anche molti credenti lasciano commenti “con un senso di frustrazione” (come lo chiami tu) nei confronti degli atei.
La felicità del credente è ben oltre. Si può essere felici piangendo, si può essere felici e dispiaciuti della perdita di una vita umana. C’è un gap tra me e te e non è colmabile perché viviamo due vite diverse. Non c’è nessun cristiano che insulta un ateo per il fatto di essere ateo, al contrario di quello che accade normalmente. Non c’è nessun cristiano che si dice “anti-ateo” o anti-qualcosa, al contrario dell’anticristianesimo e dell’anticlericalismo. Mi spiace se i vari Enzo abbiano promosso questa visione dell’ateismo, devi prendertela con loro. Come io me la prendo con i creazionisti fondamentalisti perché offrono al mondo una visione assurda di cristianesimo.
Ma perchè la felicità del credente è ben oltre e quella dell’ateo la fate sembrare una felicità a caso? Si tratta di felicità, stop. Io vivo la mia vita in un modo, tu in un altro, ma non mi permetto assolutamente di dire che io sono più felice di te perchè non prego. Capisci cosa intendo?
Di visioni dell’ateismo puoi averne quante ne vuoi, io ho la mia visione della vita, non devo seguire come una pecora nessuno. E mi spiace davvero anche a me se hai questa visione dell’ateismo. Penso che un ateo non possa capire la vita di un credente e un credente non possa capire la vita di un ateo. Non perchè sono stupidi, ma perchè è una vita totalmente diversa. Io ti ripeto, parlo sempre per me e non per gli anticristiani ebrei musulmani satanisti omosessuali etc etc.
Tu confondi la felicità con il sorridere, questo è il problema. Che felicità c’è nel nulla? Nell’essere nulla, anzi nel credersi nulla? Lo prendi come un attacco personale, come se l’ateismo fosse una religione. Non capisco affatto cosa intendi, mi spiace. Sei felice? Bene, qual’è il problema se questi studi dicono che mediamente non è così?
“Che felicità c’è nel nulla?” e io ti chiedo “Che felicità c’è nel trovare un essere che ci ha creati?” Io sinceramente la tua felicità non la capisco, come tu non capisci la mia dalle domande che mi hai fatto. Ed è normale che sia così; trovo invece sbagliato porre i credenti sul piedistallo della felicità. Non capisci cosa intendo? Intendo dire che gli atei non possono dire che i credenti non sono felici così come i credenti non possono dire che gli atei non sono felici.
Io mi baso su questi studi, tu invece li rifiuti. Non capisco perché…mediamente gli atei hanno il doppio di suicidi, e soffrono mediamente di più di depressione. Perché non sarebbero reali questi dati? Perché contrastano con la tua esperienza personale? Ma tu credi che siano queste risposte valide? Io nell’ateo vedo una persona che non sa davvero cosa ci sta a fare nel mondo, che non riesce ad avere un senso unitario delle cose che fa e che ama, non può avere nessun tipo di speranza (lo diceva il grande Bobbio) perché sa che tutto ha una data di scadenza, non può che essere determinato dalle circostanze che gli accadono perché non ha nessun appiglio oltre ad esse. Puoi negare che sia così? E’ proprio la condizione implicita dell’essere atei, questa. Come può una persona così essere felice senza essere distratta? Io non lo, ma mi fido di quanto dici di te. Tuttavia ci sono questi studi che confermano il mio dubbio…cosa faccio, Diener?
Li rifiuto perchè mi sembra assurdo indicare la felicità da 1 a 10. Sono sempre rimasto molto perplesso da tutti questi tipi di sondaggi, non perchè non li ritengo veri, ma perchè poi si finisce col fare di tutta l’erba un fascio, e noto che è davvero così. Non sto a rispondere su tutto l’elenco di descrizioni dell’ateo perchè è un discorso senza senso, io ti potrei dire le stesse cose.
“Tuttavia ci sono questi studi che confermano il mio dubbio…cosa faccio, Diener?” Sei libero di fare quello che ritieni più giusto, non sono di certo io che ti devo dire cosa fare e cosa non fare. Volendo puoi anche andare da uno sconosciuto e tirargli un pugno in faccia. Pensi che un ateo non possa essere felice; se tu ci credi buon per te, non posso dirti nient’altro, se non quello che ho già detto.
Ma questi studi confermano il mio pensiero. Cosa ci posso fare? E’ falso che gli atei si suicidano il doppio dei credenti? E’ falso dire che i grandi atei hanno tutti sofferto della loro esistenza? Hai mai letto i grandi che ti hanno preceduto? Mai sentito parlare dell’ateismo tragico? Ora va di moda essere orgogliosi, ma non è sempre stato così. Il mio giudizio me lo sono formato leggendo Leopardi e Nietzsche e paragonando alla mia esperienza. Poi questi studi confermano…io sono libero di pensarla come voglio, mi pare. Come lo sei anche tu.
Leopardi non piace neanche a me, tranquillo. Ci sono modi e modi di vedere le cose..esiste l’ateismo tragico, e quindi? Cioè è come se io domani pubblicassi uno studio e dicessi che chi ha i capelli neri è più propenso a divorziarsi. Benissimo, allora io che ho i capelli castani sono messo meglio di chi ha i capelli neri. Sì ok, e quindi? Presumo che tu capisca che le cose non sono collegate, anche se sono vere.
Non sto dicendo che i dati sono falsi, ma sto dicendo che non vogliono dire assolutamente nulla, perchè continueranno ad esistere cristiani infelici e atei felici. Quello che non condividevo per niente all’inizio della discussione era la convinzione di molti utenti “a me tu non sembri felice perchè porti odio nel tuo post”. Ma quale odio? Si sta dicendo che non si è d’accordo con l’articolo. Allora io posso dire che voi non siete felici perchè avete da poco pubblicato un articolo contro le femministe? Cioè sì, volendo potrei, ma non so quanto senso abbia.
Diener, la scienza è un metodo affidabile? Si o no? Esiste ciò che non si può misurare scientificamente?
Sono d’accordo con chi ha manifestato perplessità sul modo in cui la felicità sia stata misurata, perché ciò che al massimo lo studio dimostra non è che la religione (in particolare gli aspetti sociali di essa) abbia un impatto positivo sulla felicità, ma che le persone più religiose sono più propense a dichiararsi felici. Perché dovremmo considerare felice colui che tale si dichiara? Infatti, Enzo dice di essere felice, ma pochi gli credono.
Perché dovremmo considerare ateo colui che tale si dichiara? Perché omosessuale colui che si dichiara tale? Pavone, continui a vestire i panni del razionalista?
Secondo me non si tratta di felicità in senso compiuto. Può darsi che gli atei non hanno piena consapevolezza dello spirito, non vengono appagati alla fine poiché non riconoscono una realtà fuori dal materialismo.
Di emozioni cariche ne proveranno, ma saranno umane.Non vanno oltre.
Tu dichiari di essere una persona fisica, eppure perché dovrei ritenere che tu lo sei davvero e non sia il sito web che genera accostamenti casuali di lettere? Soltanto perché lo dichiari tu? Perché dovremmo considerare un essere umano colui che lo dichiara su internet?
Mi correggo: lo studio dimostra che chi si dichiara religioso è più propenso a dichiararsi felice.
Ha un’autostima migliore dunque, e anche una percezione di sé migliore, positiva. Non è vittima di vittimismi o di complottismi, non soffre di piagnistei inutili, come invece capita a te quando leggi studi come questo. Come vedi, lo stesso dichiararsi felice dimostra l’autenticità delle conclusioni dei ricercatori. Oppure pensi di essere più sgamato di chi ha tratto le conclusioni dello studio?
Certo, dome, in aggiunta è chiaro che il religioso ha unna nozione diversa di felicità da chi non è religioso. Questo pregiudica ancora di più la possibilità di ricavare le conclusioni annunciate nel sommario dell’articolo.
Sbagli, non pregiudica nulla perché è una auto-dichiarazione sulla base di test specifici. Il 90% delle indagini viene fatta per auto-dichiarazione, come l’omosessualità e il numero di atei nel mondo. Anche gli esperimenti di Libert sul libero arbitrio sono basati al 99% sull’auto-dichiarazione (“quando hai deciso di muovere il dito?”). A questo punto dovresti mettere in dubbio la capacità della scienza di dire qualcosa di vero o oggettivo, ma credo ti infileresti in una tematica assai problematica per te.
E’ falso dire che lo studio in questione dimostra che chi si dichiara religioso è più propenso a dichiararsi felice? Mi pare che la tesi che la religiosità influenzi positivamente la felicità delle persone sia una tesi più forte che richiede uno studio appunto scientifico in grado di stabilire criteri più oggettivi di felicità e di religiosità, o se non proprio universalmente condivisi, comunque resi espliciti come operativi all’interno dello studio.
Verissimo, ma il solo fatto di auto-dichiararsi felice è un segno molto positivo e significativo. I non credenti non lo fanno.
Le ricerche in questo campo non scarseggiano e stranamente c’è una certa unanimità di vedute: https://www.uccronline.it/2010/08/10/la-fede-cristiana-rende-piu-felici-intelligenti-e-sani-psico-fisicamente/ Mi auguro che vorrai studiare tutti quelli citati.
Ma anche la religiosità è auto-dichiarata! La stessa conclusione che la religione è causa di una maggiore propensione a dichiararsi felice è una tesi più forte rispetto a quella che lo studio è in grado di dimostrare. Occorrono dei criteri operativi di religiosità e di felicità per quelle conclusioni.
Questa è una tua dichiarazione. Quale tipo di validità può avere?
Io penso che l’essere umano non può stare in questa realtà col solo corpo fisico, o coi sistemi logici derivati dal cervello.
Sarebbe riduttivo e ciò comporta una visione materialistica porta all’insoddisfazione personale poiché ci si ritrova a svolgere le quotidiane mansioni in modo denotativo come fanno tutti gli altri animali.
Ma all’uomo non basta per questo motivo i religiosi sono più soddisfatti.
Dovreste capire anche che la religione, con i suoi dettami morali, spesso tradotti in leggi dello Stato, è, per molte persone, di ostacolo al pieno raggiungimento della felicità. Pensiamo a un omosessuale che, se credente, vive un conflitto tra i precetti religiosi e lo stile di vita che potrebbe consentirgli di essere felice; se ateo, deve comunque convivere con pregiudizi e discriminazioni all’interno della società, che trovano la loro origine nella concezione cristiana della sessualità umana. Pensiamo a una coppia, o anche solo a una donna, che non possa procreare naturalmente: la scienza medica, ovvero secoli di lavoro per garantire all’umanità un’esistenza migliore, le permetterebbe ugualmente di avere il tanto desiderato figlio, ma la chiesa no e, di conseguenza, nemmeno la vigente legge sulla procreazione assistita, il cui obiettivo è evidentemente quello di garantire l’osservanza di precetti religiosi anche da parte di chi religioso non è, invece che quello di garantire ai cittadini il diritto alla felicità.
Ovviamente è quello che ti hanno insegnato questo e non corrisponde alla realtà, naturalmente.
Omosessuali: tu sei di sinistra, il 90% degli atei è di sinistra, quindi ammiri Vendola probabilmente, omosessuale. Ecco cosa dice della Chiesa: https://www.uccronline.it/2010/04/16/nichi-vendola-difende-la-chiesa-sulla-questione-omosessualita/
Confutato dal tuo stesso leader politico.
Fecondazione artificiale: l’opposizione è fortemente laica, come dice la Grande Chambre: https://www.uccronline.it/2011/11/07/grande-chambre-legittimo-il-divieto-austriaco-di-fecondazione-eterologa/
La Chiesa esprime il suo parere, mica fa le leggi. Figuriamoci poi se l’Unione Europea è interessata dalla Chiesa!
Tutto quanto hai detto è stato facilmente confutato, hai altro?
Sul primo caso non mi pronuncio, ma sul secondo, quello della donna che desidera un figlio.
Beh, se se ne sbatte della Chiesa e di ciò che dice, eterologa e via. No problem.
Se ascolta ed è Chiesa allora non sente l’eterologa come esigenza. No problem.
Se si dichiara cattolica ma non condivide il punto di vista della Chiesa c’è un problema evidente, ma non certo a proposito dell’eterologa quanto sul senso della sue appartenenza alla Chiesa stessa. Ed è un altro paio di maniche.