Il veto di Hilbert, ovvero perché l’Universo non è sempre esistito

 
di Giorgio Masiero*
*fisico

 

Oggi ricorre il 150° anniversario della nascita di David Hilbert, uno dei maggiori matematici di tutti i tempi. Lo commemoro illustrando una sua tesi, squisitamente “finitista” secondo la sua concezione della matematica ed interdisciplinare com’era la sua visione epistemica. La tesi riguarda un’ampia categoria di strutture (gli insiemi cantoriani) ed ha un corollario con ricadute in fisica ed in filosofia: un intervallo infinito di tempo passato è una contraddizione. Ne consegue che il tempo ha avuto un inizio, ed il mondo con esso: si ritrova così per via logico-matematica il risultato cui erano arrivati Agostino ed i filosofi del Kalam per via metafisica e cui perviene la fisica moderna nella teoria standard del Big Bang e con il teorema di Borde, Guth e Vilenkin (BGV, 2003) nelle speculazioni cosmologiche quanto-gravitazionali.

Prima di enunciare il “veto di Hilbert”, devo analizzare il concetto di “infinito”, perché la parola può essere usata in tre significati distinti che conviene esplicitare. In una prima accezione, infinito significa senza restrizioni. L’attribuzione non è data in positivo attraverso l’assegnazione di una qualità, ma negando limiti ad una qualità. Così si dice che un tale ha una pazienza infinita, a significare che ha una pazienza senza limiti; che Dio è bontà infinita, ecc. Questo tipo di accezione non appartiene alla matematica, perché non è operativa. C’è poi un secondo significato d’infinito, quello d’un processo indefinito che non arriva mai alla conclusione. Hilbert sulla scia di Aristotele lo chiama infinito potenziale. Un esempio è dato dall’operazione di dimezzare un segmento: è chiaro che, dopo averlo dimezzato una volta, posso dimezzare la metà; e poi dimezzare la metà della metà; ecc. Questa procedura di suddivisione può procedere in teoria quanto si vuole. Essa è genuinamente matematica perché è operativa, tanto che un teorema prevede (come risulterà evidente a tutti i lettori) che più si avanza nella procedura, più la lunghezza del risultato si avvicina a zero. Un altro infinito potenziale è la serie numerica 1 – 1/3 + 1/5 – 1/7 +…, dove si procede indefinitamente in operazioni alterne di addizioni e sottrazioni dei reciproci dei numeri dispari. La procedura è matematica perché è operabile, tanto che un teorema di analisi prevede (e ciò risulterà forse sorprendente a qualche lettore) che più si avanza nella procedura più la somma parziale si avvicina a π/4. (Tra parentesi: queste procedure matematiche indefinite non sono eseguibili da un computer, perché un software deve contenere un numero finito di istruzioni! Per quanto sia veloce il suo processore e grande la sua memoria, una macchina non potrà mai eseguire tutte le operazioni d’un infinito potenziale. Così, a differenza della mente umana, nessuna macchina potrà mai predire il risultato π/4 della serie a segni alterni che ho scritto sopra.)

La terza accezione d’infinito è l’infinito attuale. Con ciò s’intende un “insieme cantoriano”, ossia una collezione contenente un numero di elementi superiore ad ogni numero dato. L’alfabeto inglese è un insieme di 26 lettere, pertanto non è un insieme cantoriano; né lo è l’insieme dei granelli di sabbia del mare (come Archimede dimostrò al tiranno di Siracusa), né l’insieme delle particelle dell’Universo, il cui numero non supera 1080, il numero di Eddington. Invece l’insieme dei numeri naturali (che in matematica si indica con N) è un insieme cantoriano, perché contiene un numero di elementi maggiore di qualsiasi numero prefissato. Si può dire che N ha un numero infinito di elementi, dove in questo caso infinito va inteso nell’accezione d’infinito attuale, realizzato. Nella matematica – che è un dominio fuori dallo spazio e dal tempo – esistono molti insiemi cantoriani, anzi il loro numero è un infinito attuale! Oltre ad N, altri insiemi cantoriani sono: Z (l’insieme dei numeri interi), Q (l’insieme dei numeri razionali), R (l’insieme dei numeri reali), C (l’insieme dei numeri complessi), un segmento o la retta o il piano o lo spazio intesi come insiemi di punti, l’insieme di tutte le curve, ecc., ecc.

Il problema che Hilbert si pose fu: nel mondo reale possono esistere insiemi cantoriani? Ovvero: una struttura aggregata fisica può contenere un infinito attuale di elementi? Per gli atomisti greci la risposta era positiva, ed un infinito attuale reale sarebbe il mondo stesso, che immaginavano composto d’infiniti atomi. Nel “De rerum natura” il poeta latino Lucrezio, adepto di Leucippo e Democrito, canta: “Gli atomi delle cose che hanno figure simili tra loro sono infiniti. […] E in verità, dato che l’intero spazio è infinito fuori dalle mura di questo mondo, l’animo cerca di comprendere cosa ci sia più oltre, fin dove la mente voglia protendere il suo sguardo, fin dove il libero slancio dell’animo da sé si avanzi a volo. In primo luogo, per noi da ogni punto verso qualunque parte, da entrambi i lati, sopra e sotto, per il tutto non c’è confine: come ho mostrato, e la cosa stessa di per sé a gran voce lo proclama, la natura dello spazio senza fondo riluce. In nessun modo quindi si deve credere verosimile che, mentre per ogni verso si schiude vuoto lo spazio infinito e gli atomi volteggiano in numero infinito e in somma sterminata, in molti modi, stimolati da moto eterno, soltanto questa terra e questo cielo siano stati creati, e niente facciano là fuori quei tanti corpi di materia”. Dunque, anche i mondi sono infiniti per i filosofi atomisti, precursori del multiverso delle stringhe! Né c’è via logica di scampo per chi, non credendo in un Logos creatore ma nel caso, deve giustificare l’ordine del “nostro” cosmo: “Ammettono vari mondi coloro i quali non stabilirono una sapienza ordinatrice come causa del mondo, ma il caso” (Tommaso, “Summa Theologiae”).

La poesia però è “poìesis” (in greco, fabbricazione), non è matematica (dal greco “màthema”, conoscenza). La risposta alla domanda se una struttura aggregata reale possa contenere un infinito attuale di elementi, trovata per via logica da Hilbert fu “no”: non possono esistere insiemi cantoriani fisici. Nelle parole di Hilbert il veto suona: “Abbiamo dimostrato così che nella realtà non si trova l’infinito in nessun luogo, qualsiasi sia l’osservazione o l’esperienza che facciamo. […] Il nostro principale risultato è che l’infinito attuale non può esistere nel mondo reale, è unillusione” (D. Hilbert, On the infinite, in “Philosophy of Mathematics” – 1964. Edited by Paul Benacerraf and Hilary Putnam. Englewood Cliffs, NJ: Prentice-Hall). Hilbert stabilì così l’esistenza d’un limite per il numero delle particelle dell’Universo, che Eddington s’incaricò di calcolare.

Ebbene, contro il veto di Hilbert andrebbe un mondo che esistesse da sempre, perché in tal caso il tempo fisico conterrebbe infinite unità di Planck: se ne deduce che gli anni passati dall’inizio del tempo ad oggi sono un numero finito e che il mondo ha avuto un inizio. Se poi la sua età sia di 13 miliardi e mezzo di anni (secondo la teoria del Big Bang) o maggiore (come prevedono teorie non standard per le quali comunque vale il teorema BGV d’incompletezza del passato), questo è un problema della cosmologia scientifica. È notevole rilevare che già Aristotele, nella sua “Fisica”, era arrivato duemiladuecento anni prima, sempre per via logica, allo stesso risultato generale, senza trarne però l’applicazione alla necessaria origine del mondo. A margine segnalo che il veto di Hilbert non vale per un infinito tempo futuro: in questo caso, infatti, l’infinito sarebbe potenziale, non attuale. Nulla ci può dire la matematica sulla fine del mondo!

123 commenti a Il veto di Hilbert, ovvero perché l’Universo non è sempre esistito

  • Sesbassar ha detto:

    Ottimo articolo prof. Masiero! Ho fatto fatica a seguirlo (sono a digiuno da parecchio tempo di matematica), ma è veramente molto interessante 🙂

  • Kosmo ha detto:

    “Tra parentesi: queste procedure matematiche indefinite non sono eseguibili da un computer, perché un software deve contenere un numero finito di istruzioni!”

    Piccola nota: non è che non può eseguirla perchè abbisognano un infinito numero di istruzioni. E’ un CICLO!
    E’ che la rappresentazione di un numero reale ha delle limitazioni intrinseche, per cui, oltre un certo numero N di cicli, l’addendo da sommare sarà sempre ZERO (perchè non rappresentabile a partire da un numero reale piuttosto piccolo) per cui alla fine il risultato te lo sputa fuori.

    • Kosmo ha detto:

      void main() {

      int sum=0;
      int n=1;

      While (1) {

      if ((n mod 2)==0) /* pari*/
      sum +=1/n
      else
      sum -=1/n;

      n++;

      }

      }

      • Giorgio Masiero ha detto:

        Anche se il risultato fosse un numero intero, la Cpu non potrebbe mai eseguire un numero infinito di istruzioni: il ciclo non si arresterebbe mai!

        • Kosmo ha detto:

          come ho detto prima, a parte la rappresentazione di un numero float che è ovviamente limitata, oltre un certo numero di cicli non si avrebbe più alcun incremento o decremento per cui il risultato (di sum) resterebbe lo stesso.
          Ovviamente neanche noi umani potremmo sommare la serie così come lei l’ha scritta, ma ci vuole qualche altro teorema. La stessa cosa con un computer, basta mettere su MatLab, Mathematica, o simili… 😉

          • Giorgio Masiero ha detto:

            Prendiamo la serie: 1 + ½ + ¼ +… Noi umani “capiamo” subito, col nous e senza dianoia, che la sua somma è 2; un pc fa un grandissimo numero di operazioni di un ciclo, si ferma ad un numero inferiore a 2 che è funzione della sua Ram, “approssima” a 2 se è istruito a farlo… dall’umano che l’ha programmato. C’è una differenza? Sì, il nous!

            • Kosmo ha detto:

              Ma io non dico che non ha ragione. proponevo una semplice correzione relativa al fatto che non serve una infinita quantità di RAM (bastano 2 interi + il codice) per fare un calcolo del genere.
              Poi semmai il paragone dovrebbe farlo con un umano che non sa nulla delle serie, e che quindi calcola a mano tutti gli addendi.

        • Orbitalia ha detto:

          cioè, andrebbe in loop?

          • Giorgio Masiero ha detto:

            Non necessariamente. Sarebbe una macchina di Turing che non si arresta mai. Scrivi in qualsiasi linguaggio una routine che esegua la serie 1-1+1-1+1…

          • Kosmo ha detto:

            ma quale loop!

  • Riccardo ha detto:

    Buon pomeriggio professor Masiero e complimenti per il suo articolo!
    Le vorrei fare una domanda: esistono delle prove sperimentali a sostegno della teoria delle stringhe?

    • Giorgio Masiero ha detto:

      Ancora nessuna, dopo 40 anni di ricerche, che hanno impegnato più di 10.000 anni-uomo. In termini di risorse (pagate dai contribuenti), potrebbe essere utile un confronto con la teoria dell’elettromagnetismo, o della relatività, o la meccanica quantistica, le quali sono state tutte elaborate e sperimentalmente controllate nell’ordine di qualche decina di anni-uomo. Nel marzo 2011, ad un congresso scientifico a New York, il prof. Brian Greene, fisico alla Columbia University e uno dei massimi studiosi di teoria delle stringhe, iniziò il suo intervento dicendo: “Non chiedetemi se credo alla teoria delle stringhe. La mia risposta sarebbe quella di 10 anni fa: no. E questo perché io credo solo a teorie che possono fare predizioni controllabili”.
      Sto lavorando ad un articolo con gli ultimissimi aggiornamenti sul tema.

      • Antonio72 ha detto:

        Mi scusi professore, ma lo stesso Greene ammette che anche la cosmologia ciclica, come qualsiasi altro modello cosmologico, debba aver avuto un inizio.
        Per quanto riguarda le evidenze sperimentali Greene punta, o meglio puntava quando scrisse “La trama del cosmo” qualche anno fa, sull’acceleratore LHC del Cern di Ginevra. A questo proposito scrive: “Se le stringhe fossero lunghe 10^-18 metri, le particelle corrispondenti alle vibrazioni più energetiche non sarebbero necessariamente enormi, più pesanti della massa di Planck, ma potrebbero anche essere pari a poche centinaia o migliaia di masse protoniche. Questi ordini di grandezza saranno raggiungibili tra poco quando si completerà la costruzione dell’acceleratore LHC al Cern di Ginevra. Se qualche collisione ad alta energia riuscisse a far eccitare una stringa, i rivelatori non mancherebbero certo di accorgersene: si produrrebbero infatti una serie di particelle mai viste prima, le cui masse sarebbero correlate allo stesso modo in cui lo sono le note suonate da una corda di violino. La firma della teoria delle stringhe sulla natura sarebbe ben evidente, con tanto di svolazzo finale. Nemmeno un cieco potrebbe perdersi lo spettacolo.”

        Ora, riferendosi al Cern, Greene parlava ovviamente al futuro, un futuro che è già presente oggi. Non mi interessa entrare troppo nei particolari tecnici, ma siccome sappiamo che la teoria delle stringhe ha uno scopo molto ambizioso, secondo Lei, quando Greene parla di “alta energia” che riuscirebbe a fare eccitare una stringa, non crede che possa esistere un’energia sempre più elevata di quella precedente, e mi riferisco all’anello acceleratore? E allora qual è il limite di energia massima, se esiste questo limite, che la scienza si dovrebbe porre razionalmente, in base alle considerazioni fatte proprio da Lei, per confermare sperimentalmente una teoria così ambiziosa come quella delle stringhe? Secondo me la risposta non può che essere questa: la scienza, per costituzione, non si pone alcun limite; l’unico limite è sempre di natura tecnologica. Se non risultasse sufficiente la potenzialità del Cern la si aumenterà ancora, ed ancora e ancora, fintanto che non si avranno delle risultanze sperimentali soddisfacenti. Ma a quel punto, sono certo, che si dovrà continuare per confermarne altre di nuove, non previste né previdibili, oggi.
        In questo senso esiste l’infinito: la sete di conoscenza umana è infatti infinita. Allora il contrasto contro la finitezza del mondo e delle sue risorse appare più che mai stridente. Parafrasando lo stesso Greene: alla scienza non sfugge di certo una particella infinitesimale che corre nell’acceleratore, ma dal punto di vista dei suoi limiti intrinseci, la scienza è cieca, eccome!

        • Giorgio Masiero ha detto:

          Come ho detto sopra, Antonio, sto preparando un intervento su questi temi, che spero di pubblicare in febbraio. Nell’occasione spero anche di dimostrarti che la fisica, ai livelli più autorevoli, è tutt’altro che cieca relativamente ai suoi “limiti intrinseci” e che, se le persone che non ci lavorano eppure se ne interessano possono ricavare questa impressione, ciò si deve soprattutto alla circostanza che esse se ne abbeverano alla fonte inquinata della “divulgazione” piuttosto che a quella diretta (e severamente controllata) delle riviste universitarie specializzate.

          • Antonio72 ha detto:

            In realtà il mio era un discorso più complessivo sull’evidente contrasto tra l’illimitatezza della conoscenza scientifica e delle sue applicazioni tecnologiche, e la limitatezza delle risorse disponibili, in particolare quelle energetiche. Ci si potrebbe chiedere per es. quanta energia consumi un acceleratore di particelle come il Cern di Ginevra. Negli USA mi pare che almeno uno, l’abbiano fermato.
            Insomma, pur non essendo uno scienziato, non sono tanto a digiuno di fonti energetiche e, per es.:
            “Potremo soddisfare tutto il fabbisogno di energia del 2030 (previsto in trentamila miliardi di watt) con l’energia solare, catturando solo lo 0,03 per cento dell’energia solare che raggiunge la Terra. E la cosa sarà possibile con pannelli solari prodotti con nanotecnologie, estremamente poco costosi, leggeri ed efficienti, e con nanocelle a combustibile per l’immagazzinamento e la distribuzione dell’energia catturata.”

            Non si deve essere per forza scienziati del Cern per riconoscere le fole o i “sogni son desideri”. Il fatto è che l’equazione +tecnologia= +consumo è, potrei anche dire, provata sperimentalmente dalla realtà. E come ho detto la scienza necessita di +tecnologia come l’uomo dell’aria che respira, altrimenti non farebbe un passo avanti. Posso capire il suo esempio del limite computazionale delle macchine rispetto a quello umano; il fatto è che nessuno si mette a fare calcoli del genere con carta e biro, ma si sfruttano appunto le macchine, sempre più potenti e forse anche invadenti.

      • Antonio72 ha detto:

        Inoltre cosa pensa della teoria inflazionaria, che secondo lo stesso Greene, ha già avuto almeno un’evidenza sperimentale con la coincidenza straordinaria (parole di Greene) tra la curva per le discrepanze di temperatura della radiazione di fondo ed i dati sperimentali emersi dall’osservazione delle sonde?

        • Giorgio Masiero ha detto:

          Ti ho già rinviato ad un prossimo articolo. Ma intanto ti chiedo: perché sei interessato in maniera specifica alla teoria inflazionaria?

          • Antonio72 ha detto:

            In che senso? Lo sa bene che la teoria ammette le fluttuazioni del vuoto e quindi la casualità dell’origine dell’universo. E poi, anche se ovviamente non credo a nulla del genere, mi hanno colpito le sue spiegazioni cosmologiche che ritengo molto semplici ed intuitive, a differenza per es. della teoria delle stringhe che prevede undici o dodici dimensioni. E se dovessi dare retta al principio del Rasoio di Ockam…Insomma ha capito.

            • Giorgio Masiero ha detto:

              Fai una grande confusione, Antonio. Ne riparliamo al prossimo mio articolo.

  • nicola ha detto:

    Mah, N è attuale ( ad esempio ci sono tanti pari quanto tutti i numeri di N) e anche potenziale ( sommare 1 a partire da zero). O no?
    Anche Z è sia attuale che potenziale?

    • Giorgio Masiero ha detto:

      No, Nicola. Non conosco la tua preparazione matematica, ma se non hai studiato Cantor, è un po’ difficile da spiegare in due righe…
      N, Z, R, ecc., sono insiemi, non procedure; ed in matematica la loro cardinalità può essere finita (26 per l’alfabeto inglese; 5 per l’insieme delle vocali italiane), o infinita attuale (alef con 0, per Z; alef con 1, per R).

      • Kosmo ha detto:

        “alef con 1, per R”

        Ma non era 2^alef0 ?? (non ricordo)

        • Giorgio Masiero ha detto:

          Ti ricordi bene, Kosmo! Le due scritture sono uguali: alef con 1 è, per definizione, uguale 2^(alef con 0)!

          • Kosmo ha detto:

            OK, pero’ adesso dovrei riprendere gli appunti…
            === MODE Lezione di Analisi Matematica ON =====
            Che senso ha dare un indice agli aleph, se “più dei reali” non ce n’è?
            I complessi non sono ordinabili.
            aleph con 2 che cosa sarebbe?
            ==== MODE Lezione OFF ========

            • Diener ha detto:

              Kosmo volevo sapere una cosa: hai fatto l’università di informatica o di ingegneria informatica?

            • Giorgio Masiero ha detto:

              E no, Kosmo, adesso sbagli e… non supereresti l’esame di analisi due!
              begin
              1. Teorema (di Cantor): “La cardinalità di un insieme è inferiore alla cardinalità dell’insieme delle sue parti”. Quindi anche le cardinalità transfinite sono infinite e ordinabili: alef con 0, alef con 1, alef con 2, ecc.
              2. La cardinalità è un concetto distinto dall’ordinabilità. Cosicché C, anche se non ordinabile, ha una sua cardinalità: alef con 1.
              3. Un esempio di alef con 2 è l’insieme di tutte le curve dello spazio.
              end.
              E adesso chi mi paga la ripetizione?

              • Kosmo ha detto:

                birra e salsiccia (cit.) ?

              • nicola ha detto:

                C non ordinabile?
                Non mi pare.
                C è ordinabile e di totale ordine tuttavia quest’ordine non è compatibile con la struttura algebrica di C.

                • Kosmo ha detto:

                  quale viene prima, (2,3) o (4,5) ?

                  • nicola ha detto:

                    Presi due coppie (a,b) e (c,d) definisco una relazione di totale ordine ponendo (a,b)<=(c,d) se ( e solo se) a<c se ac e b<=d se a=c.
                    La relazione è riflessiva, transitiva e antisimmetrica inoltre è applicabile a tutte le coppie. O no?

                  • nicola ha detto:

                    Manca un fra a e c sopra. Comunque la risposta alla tua domanda è (2,3)<(4,5).

                    • Kosmo ha detto:

                      continua a mancare.
                      Cmq non è una relazione d’ordine totale.

                    • nicola ha detto:

                      Si? E quale proprietà della relazione di totale prdine non soddisfa? Ciò che manca è ‘diverso’ chee volevo scrivere come in Pascal ( linguaggio di programmazione che non so se si usa ancora).

                    • nicola ha detto:

                      Diversamente dai numeri reali, i numeri complessi non possono essere ordinati in modo compatibile con le operazioni aritmetiche. Non è cioè possibile definire un ordine tale che …
                      Non hai letto completamente la pagina o la mia risposta.
                      Io ho scritto che i numeeri complessi sono ordinabili ma questo ordine non è compatibile con la struttura algebrica.
                      Mi sembra semplice.

                    • Giorgio Masiero ha detto:

                      Scusa, Andrea: ma si chiamano numeri complessi le coppie ordinate di numeri reali(x, y) aventi una ben determinata struttura algebrica. Se nell’insieme C dei numeri complessi non è possibile istituire una relazione di ordinamento totale che conservi la struttura algebrica, vuol dire che l’insieme C dei numeri complessi non è ordinabile. Punto. Forse tu confondi l’insieme C dei numeri complessi con l’insieme R^2 delle coppie ordinate di numeri reali, che è una struttura matematica molto più semplice di C e in cui nessuno nega la possibilità di istituire relazioni d’ordine.

                    • Giorgio Masiero ha detto:

                      Ho scritto Andrea, ma volevo dire Nicola! Oggi sono molto stanco…

              • Kosmo ha detto:

                “2. La cardinalità è un concetto distinto dall’ordinabilità. Cosicché C, anche se non ordinabile, ha una sua cardinalità: alef con 1.”

                Di questo me ne sono accorto poi, troppo tardi per replicare.

                L’insieme {cane, gatto, canarino} ha cardinalità 3 ma non è ordinabile (in modo univoco).

                “Cosicché C, anche se non ordinabile, ha una sua cardinalità: alef con 1.”

                Questa cosa al momento mi sfugge, anche perchè non è al centro dei miei interessi e li ho fatto un po’ di tempo fa. Immagino ci sia un teorema.
                Ma ad intuito, se alef con 1 se lo “mangia” gia’ di suo la retta reale sul piano complesso, come fanno i complessi ad essere tanti quanti i reali?

                • Giorgio Masiero ha detto:

                  E’ un altro teorema di Cantor, Kosmo, che dato un insieme infinito il suo prodotto cartesiano per se stesso n volte abbia la stessa cardinalità. E poiché C=R^2, C ha la stessa cardinalità di R. Cmq, dico anche a te quello che ho detto a Nicola: mi fermo qua, perché non voglio tediare i lettori con la teoria degli insiemi!

    • nicola ha detto:

      Parto dalla nozione di base per l’infinito attuale:Un iniseme è infinito se è equipotente ( ha lo stesso numero di elementi) ad una sua parte propria.
      N, Z, Q, R C, usuali insiemi numerici sono infiniti attuali.
      N,Z e Q sono equipotenti fra loro, R non lo è ai precdenti.
      In generale mi sembra che se E è infinito, allora a maggior ragione lo è il suo insieme di parti solo che questo non è equipotente ad E quindi è un infinito di ordine superiore.
      La domanda era un’altra.
      N è un infinito potenziale oltre che attuale.
      Z è anche potenziale?
      In

      • Giorgio Masiero ha detto:

        Ti ripeto: in matematica, con N s’intende un insieme, non una procedura (del tipo: sommare 1 a partire da 0, ecc.), e lo stesso vale per Z. Però, a questo punto, poiché non intendevo con il mio articolo aprire una discussione sulla teoria degli insiemi, mi fermo con questo tipo di confronto, per non tediare i nostri lettori. Se vuoi continuare la discussione, Nicola, facciamolo a livello privato!
        gmasiero@infinito.it

        • nicola ha detto:

          Volentieri. Tu conosci la mia mail, se mi scrivi ti rispondo.
          Comunque con N non intendevo una procedura ma l’insieme dei numeri naturali.
          Aspetto una mail.

          • Giorgio Masiero ha detto:

            Io non conosco la tua mail.

            • nicola ha detto:

              Ma non fai parte degli gestori del sito?

              • Giorgio Masiero ha detto:

                Assolutamente no! Io collaboro con qualche articolo. Perché non lo fai anche tu, che mi sembri una persona molto preparata e poliedrica?

                • nicola ha detto:

                  Grazie. Purtroppo ho dei limiti nello scrivere e poi sono pigro.
                  Poi, non credo di essere preparato abbastanza. Ni piace leggere e scrivere opinioni anche su argomenti di cui ho una conoscenza ‘da bar’.
                  Scrivo qui perchè sono ‘tifoso’ della Chiesa Cattolica.
                  Grazie comunque e complimenti per l’articolo anche se non lo condivido per la parte che ho capito.

                  • Giorgio Masiero ha detto:

                    Di questo articolo, non condividi quello che dice Hilbert o quello che dico io?

                    • nicola ha detto:

                      Intanto sono totalmente ignorante sulla teoria delle stringhe e su altri argomenti di fisica a cui accenni.
                      Poi se il mondo reale ha in se un infinito potenziale ( insieme degli istanti futuri) allora ha anche un infinito potenziale al passato (insieme degli istanti precedenti). L’analogia è fra N e Z.
                      Tuttavia cedo che in queste cose è necessario andare con i piedi di piombo perchè il rischio di dire sciocchezze è molto alto.
                      Hilbert, dopo la scoperta delle antinomie nella teoria degli insiemi, affermò che non gradiva essere scacciato dal paradiso di Cantor o cosa del genere.

  • Francesco Santoni ha detto:

    Non credo si possa dimostrare logicamente che il mondo abbia avuto un’inizio, credo che da qualche parte nel discorso di Hilbert ci sia qualche passaggio ingiustificato. Tommaso d’Aquino (precedendo Kant) ammetteva che non si potesse dimostrare l’origine del mondo nel tempo. Comunque è un discorso complesso, adesso non ho il tempo di affrontarlo, anche perché dovrei prima documentarmi un po’. Prometto di scrivere qualcosa al più presto (massimo due settimane).

    • Francesco Santoni ha detto:

      “Un inizio” con l’apostrofo, cavolo! Odio quando pubblico senza rileggere e mi vengono questi errori.

    • Giorgio Masiero ha detto:

      Io sono tomistico, Francesco, e la penso come te. Ho solo riportato, nel giorno del suo anniversario, una riflessione di Hilbert, dal quale mi dividono molte altre questioni, ben più rilevanti di questa! Aspetto di leggere la tua confutazione di Hilbert!

    • Giorgio Masiero ha detto:

      Ancora (se può servire al tuo futuro intervento), Francesco, ti faccio notare che Hilbert non dimostra logicamente che il mondo ha avuto inizio, ma che “l’infinito attuale non esiste nel mondo reale”. Che il veto di Hilbert implichi l’inizio del tempo è un mio corollario, che deriva, come ho spiegato in chiusura del mio intervento, dalla congiunzione della proposizione logica di Hilbert con l’evidenza quanto-gravitazionale (cioè scientifica) che il tempo è una struttura fisica composta di quanti discreti, le unità di Planck.
      Strettamente parlando, quindi, la contraddizione con la nota proposizione di Tommaso “che il mondo non sia sempre esistito è tenuto soltanto per fede, e non può essere provato con argomenti dimostrativi” avverrebbe se assegnassimo alle proposizioni della fisica un valore di verità assoluta. Ma, almeno nel caso della questione cosmogonica, troverei molto arrischiata tanta confidenza nella fisica, proprio per la ragione logica spiegata da Tommaso, ovvero che “l’inizio del mondo non può essere spiegato partendo dal mondo stesso” (Summa theologiae, I, q. 46, a. 2).
      In conclusione, il veto di Hilbert crea un problema allo scientismo e al naturalismo, non certo a noi cristiani che, oltre a credere in un Creatore, siamo realisti, razionalisti, amanti della scienza naturale ma non suoi adoratori!

    • Scettivo ha detto:

      Anche io aspetto un nuovo articolo sul tuo blog! Questo potrebbe essere un argomento interessante!

  • Vronskij ha detto:

    Articolo scritto molto bene ed in stile, molto chiaro.

    Però avevo da dire per l’ultima frase: “Nulla ci può dire la matematica sulla fine del mondo!”. Forse mi sono sbagliato, ma vedo in questa frase un piacere prevenuto per il limite della scienza, che automaticamente da valore alla fede. Non so, non sono un scienziato, ma penso che per uno di professione sarebbe un motivo di tristezza.

    • Giorgio Masiero ha detto:

      Grazie, Vronskij.
      Naturalmente, io non provo piacere quando la ragione scopre dei limiti a se stessa. Ma penso, come Sant’Agostino, che la ragione non si sottometterebbe mai, se non giudicasse che ci sono casi in cui si deve sottomettere: dunque, è giusto che si sottometta, quando giudica di doverlo fare. La ragione umana è ragionevole nel riconoscere i propri limiti; ed irragionevole invece, quando, come fanno gli scientisti, si rifiuta di farlo.

      • Vronskij ha detto:

        Risposta perfetta contro i scientisti.

        Io, però, come uomo di fede, sono triste quando vedo le spiegazioni religiosi del Fine del Mondo, una più irragionevole dell’altra. Non nascondo che ho un po di invidia per i scientisti.

        • Fabrizio ha detto:

          Be i fanatici religiosi sono l’alter ego degli scientisti. 🙂

          • Vronskij ha detto:

            Appunto, il problema è di avere soltanto un ego (l’originale), altrimenti la schizofrenia, oppure il tiepido che fa vomitare.

  • Michele Forastiere ha detto:

    Grazie a Giorgio Masiero per questa splendida commemorazione di Hilbert!

  • Orbitalia ha detto:

    scusatemi, ma volete farmi credere che Lucrezio parlasse già di ‘infinito’? no, perché i matematici mi sembra che non facciano altro che benedire Giordano Bruno, in quanto il primo ad aver inserito il concetto di ‘infinito’ nella scienza

    • Giorgio Masiero ha detto:

      Che poveretti questi matematici… che non conoscono i filosofi ionici del 5° secolo a.C. e nemmeno Euclide che a cavallo tra il 4° ed il 3° ha dimostrato che i numeri primi sono INFINITI, per non parlare di Pitagora, ecc., ecc.!

    • Kosmo ha detto:

      Dio mio! Vatti a nascondere per l’incredibile ca***ta che hai detto!
      Stai attento che qualcuno potrebbe inseguirti con forconi!
      Giordano Bruno?? AH AH AH AH AH AH AH AH AH AH AH AH AH AH AH AH AH AH AH AH AH !

    • GiuliaM ha detto:

      Ecco il problema di chi ha una cultura a compartimenti stagni: ingegneri che non leggono un libro, letterati che non sanno usare un PC, ecc.

    • Michele Silvi ha detto:

      Fosse stato per Bruno, la matematica avrebbe potuto pure cessare di esistere…

    • nicola ha detto:

      E’ la prima volta che lo sento!
      E’ Giordano Bruno che avrebbe introdotto il concetto di infinito nella ‘scienza’?
      Sicuro?

      • Orbitalia ha detto:

        quando ritroverò i 2 libri (uno di un astrofisico, l’altro di uno storico della matematica) che ho letto e che dicevano questo, ti citerò le fonti. comunque credo che anche giorgio israel fosse di questa opinione, ma non vorrei citare in maniera sbagliata.

        • Orbitalia ha detto:

          ad ogni modo… Kosmo: keep calm and bee gentle, please

        • Giorgio Masiero ha detto:

          Anche se 100 premi Nobel lo dicessero, sarebbe falso: basta leggere Lucrezio o Euclide. Non conosco inoltre una sola, dico una, proposizione scientifica di Bruno.

          • Orbitalia ha detto:

            devo precisare che sono d’accordo con quello che dite (ma su questo la mia opinione conta niente, visto che non sono del ramo); volevo solo far presente questa posizione: magari potremmo informarci e creare un atricolo sull’argomento, che ne dite?

            • Orbitalia ha detto:

              *articolo

              • Orbitalia ha detto:

                ‘Finito o infinito? Limiti ed enigmi dell’universo’
                Autori Luminet Jean-Pierre; Lachièze-Rey Marc
                in questo libro (sempre se non ricordo male) si parlava di Bruno come colui che parla per primo di infinito riguardo ‘universo

                l’altro libro in cui si menziona qualcosa del genere dev’essere certamente uno dei libri di giorgio israel (o ‘la macchina vivente’ o ‘liberarsi dai demoni’, non ricordo, ne ho letti diversi)
                inoltre, si veda l’intervento di Israel riguardo un articolo di
                Francesco Agnoli su Bruno

  • Luigi Pavone ha detto:

    Parlerò come mi si compete, cioè grossolanamente. Supponiamo che sia vero ciò che qui chiamiamo il veto Hilbert, cioè: non esistono insiemi infiniti di oggetti fisici. Immaginiamo ora una linea continua discreta di punti temporali numerati t_1, t_2 etc. Immaginiamo anche un punto t_0 rappresentante il tempo Presente. Poiché non c’è dubbio che in t_0 tutti noi esistiamo, e che l’universo intero esiste, ne dovremmo concludere che in t_0 non esistono insiemi cantoriani di oggetti fisici. La domanda è questa: in che modo il passare del tempo può moltiplicare gli oggetti fisici? L’unico modo che mi viene in mente è l’indicizzazione, onde la mia penna nel tempo t_1 e la mia penna al tempo t_2 non è la stessa penna ma sono due entità numericamente distinte. Ma in questo caso, non si dà mai il caso che la mia penna in t_1 e la mia penna t_2 formino un insieme attuale in qualche istante temporale.

    Se vogliamo mettere le cose al livello intuitivo: non c’è assolutamente nulla di contraddittorio in un insieme finito di oggetti fisici eternamente esistente. Possiamo moltiplicare l’indicizzazione di ogni entità per ogni istante temporale in una linea temporale infinita, così da ottenere un insieme infinito di oggetti per ogni entità fisica esistente in t_0, ma non otterremo mai un insieme attuale di oggetti. In aggiunta, l’infinito sembra potenziale sia guardando da t_0 verso il futuro, sia da t_0 verso il passato.

  • Flavio ha detto:

    L’articolo è certamente interessante, tuttavia, pur essendo assolutamenet convinto che il cosmo abbia avuto un inizio, non credo assolutamente che dal veto di Hilbert si possa inferire la finitezza del passato dell’universo. Il “corollario” di G.Masiero si regge su un’assunzione (non formulata esplicitamente)che il tempo abbia struttura quantizzata; che il “tempo di Planck” sia una quantità indivisibile. Io credo che si debba osservare che in fisica quantistica il tempo (e lo spazio) mantengono la loro struttura continua. La materia e l’energia vengono quantizzati, ma non lo spazio e il tempo. Sarebbe assai arduo risolvere il paradosso di Zenone con un tempo quantizzato.
    Bisogna anche dire che non mi consta sia stata data risposta definitiva a chi considera il tempo (e lo spazio) entità non dotate di esistenza propria, ma “emergenze” dalle proprietà della meteria e dell’energia.

    • credino ha detto:

      se il tempo fosse soggetto a quantizzazione, dovremmo poterlo descrivere tramite un operatore autoaggiunto, ma in realtà la meccanica quantistica non è`in grado matematicamente di supportare un tale modello per l’osservabile “tempo”. e nemmeno per l’osservabile “spazio-tempo” quantizzare lo spazio-tempo comunque non signicherebbe suddividerlo in granuli elementari, ma rimpiazzare la sua struttura matematica con una differente struttura di determinate proprietà operatoriali.

  • Enzo Pennetta ha detto:

    Gran bell’articolo prof. Masiero!
    Aspetto con impazienza il seguito che ha annunciato.

  • credino ha detto:

    bellissimo articolo.

  • credino ha detto:

    personalmente non sono sicurissimo che il num di particlle dell’universo sia finito. nel caso di metrica euclidea o aperta, che è il caso supportato dalle osservazioni, avremmo un’estensione spaziale infinita, mentre il num. di eddington si riferisce alla sola regione di universo causalmente connessa con noi osservatori, che è delimitata da un orizzonte finito. d’altra parte, però, se l’energia totale dell’universo è finita (e mi pare che lo sia) allora il numero di particelle non può divergere. hmmm..

  • Giorgio Masiero ha detto:

    @ Flavio
    Ti ringrazio, Flavio, per il tuo commento che, in un gioco di classe, considererei il più denso e stimolante tra tutti. Anch’io, come ho già spiegato a Francesco Santoni, penso come te che la parte debole del corollario sulla finitezza del tempo trascorso non sia tanto nel veto logico di Hilbert a strutture fisiche cantoriane, quanto nella struttura scientifica dello spazio-tempo. Ma non per le ragioni che dici tu, che considero errate, quanto piuttosto perché non siamo “del tutto” certi della quantificazione dello spazio-tempo. Voglio dire che io ritengo probabile ma non definitivamente dimostrata la struttura discreta dell’arena fisica e solo per questo mi rimane qualche dubbio sul corollario riguardante la finitezza del tempo passato.
    Procediamo in ordine.
    Intanto vorrei osservarti che la mia assunzione sulla struttura quantizzata del tempo non è stata sottintesa, ma esplicitamente dichiarata, sia nell’articolo (dove ho citato le unità di Planck), sia in un commento esplicativo.
    In secondo luogo, è vero che nella cosmologia quanto-gravitazionale attuale la struttura dello spazio-tempo non viene quantizzata (salvo in qualche ricerca pionieristica) a differenza della materia-energia, ma questo accade non perché non lo si ritenga necessario, ma perché non si è capaci di farlo! I fisici convivono così con questo “mostro” di fisica per metà classica e per metà moderna che è la cosmologia quanto-gravitazionale, ben sapendo che la relatività generale è incompatibile con la meccanica quantistica: quanti problemi di infinità da cancellare e di rinormalizzazioni da eseguire euristicamente nella fisica quantistica dei campi! Che alternative abbiamo se, al momento, i matematici non sanno quasi nulla di aritmetica ed i fisici devono allora approssimare la natura con l’analisi?
    Non si sa ancora, dici, se lo spazio-tempo sia un’entità esistente autonomamente dalla materia-energia o emergente da essi. Ma questa è (brutta) metafisica, non fisica! Se assumiamo del tempo la prima definizione tomistica (tempus), cioè quella coincidente con (la zeresima coordinata del-)l’osservabile fisica della relatività generale, l’intrico spazio-tempo-materia-energia è inscindibile come è codificato dalle equazioni di Einstein che non sono lineari! E’ vero da un lato che la materia-energia comanda allo spazio-tempo come curvarsi, ma insieme dall’altro lato lo spazio-tempo comanda alla materia-energia come muoversi! Che cosa emerge da che cosa?!
    Infine, per quanto riguarda i paradossi di Zenone, ti dirò che, nella mia visione, essi sono risolvibili soltanto con uno spazio-tempo discreto. Quando in terza liceo la prof di filosofia ce li raccontò (la freccia che non raggiunge mai il bersaglio perché prima deve arrivare a metà strada, e prima ancora deve fare un quarto di strada, e prima ancora un ottavo … e così via all’infinito, sicché deve prima passare per infiniti punti e quindi è necessario che trascorra un tempo infinito prima che essa raggiunga il bersaglio; o Achille piè veloce che non sorpassa mai la lenta tartaruga, ecc.), io rimasi muto e perplesso. Ma ancor più ci rimasi in quarta, quando il prof di matematica e fisica, gesso e lavagna, presunse di confutarli per mezzo delle serie geometriche convergenti. Ristetti con una punta d’amaro in bocca. All’università, poi, quando imparai da Cantor che i punti di un segmento lungo un metro sono, rigorosamente, tanti quanti i punti di un segmento di un kilometro (non uno di più non uno di meno!), e addirittura tanti quanti quelli di una retta, che è illimitata da entrambe le parti, non ci capii più nulla. E vidi la luce solo quando il teorema di Banach-Tarki mi fece capire che gli assiomi euclidei di contiguità, densità, continuità ecc. sono incompatibili con la realtà fisica. Allora vidi gli atomi, anche dello spazio e del tempo, e capii che i paradossi di Zenone sono sofismi che cadono solo se vietiamo allo spazio e al tempo la proprietà del continuum di suddividersi indefinitamente, ma li concepiamo invece come ruote dentate, tic tic tic…, in cui le cose si sorpassano in tempi che sono in rapporti razionali. E, dalla gioia, andai a Cordoba a venerare la tomba di Mosè Maimonide (1138-1204), che primo tra tutti aveva battuto Zenone: “Il tempo è composto di atomi di tempo…, e questi sono di fatto indivisibili”.

    • Flavio ha detto:

      Poche battute per non protrarre eccessivamente la discussione.
      Non credo basti nominare il tempo di Planck per dare per scontato che si stia parlando del “quanto di tempo”. Io direi che bisogna starci un po’ attenti con le unità di Plank, per non finire come un noto matematico impertinente, e poco competente, che ha definito la massa di Planck come il “quanto di massa”.
      Dici che “non siamo “del tutto” certi della quantificazione dello spazio-tempo”. In altre parole “ne siamo quasi certi”. Chi è il soggetto? l’intera comunità dei fisici? non direi; la frequento 8 ore al giorno, 5 giorni alla settimana (e anche qualcosina di più), e non ho questa percezione. Probabilmente ti riferisci alla comunità dei fisici teorici (e ancor più probabilmente, ad un sottoinsieme di essa). Per quanto mi riguarda, ho imparato a non badare troppo alle loro teorie (tante e tanto stravaganti esse appaiono) finché non riescono a formulare almeno un abbozzo di “tentativo di falsificazione” (per non dire “esperimento di verifica” che spesso è un concetto non applicabile) delle loro teorie. Comunque non insisto; ammetto la mia ignoranza in fisica teorica. Quando ho iniziato il mio corso di laurea, relatività generale era un corso facoltativo per i teorici più temerari (per lo più veniva affrontato nei corsi post laurea); il modello standard praticamente non esisteva (non veniva proprio insegnato, e le avventure della vita mi hanno portato ad esplorare altri “orticelli”) , ma mi sono laureato con i primi esperimenti che lo verificavano. Quindi in un lustro, o poco più, esso passava dagli studi dei teorici alle stanze dei laboratori. Le attuali teorie sulla gravitazione quantistica (varie, incompatibili tra loro e, per quanto ne so, non tutte contemplano la quantizzazione di spazio e tempo) girano tra i teorici da decenni, ma non hanno ancor prodotto un progetto di esperimento. Né mi sembra sufficiente, a discolpa, invocare l’oggettiva difficoltà sperimentale del settore. Orami due generazioni di rivelatori di onde gravitazionali hanno concluso, o stanno concludendo, la loro vita (le antenne inerziali e le antenne interferometriche) senza produrre risultati, e il prossimo esperimento (LISA, l’interferometro in orbita) è talmente ambizioso e fantascientifico che, benché siano partiti i test di fattibilità in orbita, non è detto che si riesca a fare, e se ci si riesce, ci vorranno molti, molti anni; senza sapere se sarà utile (un esperimento che non trova ciò che cerca non è utile né a confermare né a falsificare).
      Non conosco il teorema di Banach-Tarki, ma non ho bisogno che me lo dica nessuno che le proprietà degli enti matematici non sono trasportabili agli enti fisici, tanto mi pare di evidenza solare. Il punto è che, per come la vedo io, spazio e e tempo sono enti “geometrici” non enti fisici. Non basta dire che nelle equazione dei modelli matematici un ente è intimamente connesso ad enti fisici per dargli sostanzialità. Energia e campo, inizialmente almeno, erano puri strumenti matematici. Elettroni di Bloch, hole nei semiconduttori, fononi… sono tutti dotati di massa, energia, momento… ma… semplicemente non esistono.
      Ed ancora, non si può salvare contemporaneamente la quantizzazione dello spazio e del tempo, visto che gli enti fisici hanno velocità diverse (i teorici certamente sono coscienti del problema ed altrettanto certamente hanno una soluzione che mi è del tutto sconosciuta).
      Sul paradosso di Zenone io dissento radicalmente da te, non occorre tirare in ballo serie convergenti; il ragionamento di Zenone è sbagliato perché, dopo avere spezzettato un intervallo di spazio in un numero infinito di sotto-intervalli, si “dimentica” di fare l’analoga operazione per il tempo, proprio come se lo spazio fosse continuo e il tempo discreto (ricordo che i greci avevano difficoltà a concepire la continuità e la conseguente esistenza di enti di misura nulla; basti pensare allo stupore dei pitagorici nello scoprire l’incommensurabilità della diagonale sul lato del quadrato). Lo stupore degli studenti deriva dalla possibilità di dividere una quantità finita in un numero infinito di parti; lo stesso stupore che colpì Cantor quando vide che, in un insieme infinito, una parte può esser equipotente all’intero. Ma sono “effetti speciali” della matematica; nulla che possa fare dubitare che una freccia, una volta scoccata, raggiunga il suo bersaglio in un tempo finito.
      Ne avrei ancora da dire, ma basta così; sono andato ben oltre le intenzioni iniziali. Non ti avrò convinto, ne sono certo, consapevole della mia ignoranza. È difficile che uno sperimentale convinca un teorico, a meno di esperimenti che clamorosamente falsifichino una teoria.
      Con amicizia.
      Flavio

      • Giorgio Masiero ha detto:

        Non sono d’accordo con te sull’interpretazione dei paradossi di Zenone, che riguardano anche l’indefinita divisibilità del tempo: Zenone, discepolo del sommo Parmenide, non era così sprovveduto, Flavio!
        Cmq, la nostra divergenza principale riguarda, mi pare, il significato di esistenza, che tu assegni alla materia-energia, ma non (almeno nella stessa misura) allo spazio-tempo. Io, invece, assegno a tutte queste cose lo stesso, identico significato di esistenza; mentre, ovviamente, constano di diversa essenza. Ma, come vedi, siamo in ambito filosofico e non scientifico: cosìcché, temo, nessuno di noi riuscirà mai a falsificare la posizione dell’altro!

        • Flavio ha detto:

          Perdonami, ma c’è assai poco da intrepretare nei paradossi di Zenone. Avrebbero potuto passare alla storia come la scoperta che il tempo è continuo, dopo la scoperta dei pitagorici che lo spazio è continuo; e invece alla storia passano come il primo sofisma secondo il quale, se i fatti contrastano con le idee, tanto peggio per i fatti. é uno dei non rari passi falsi della scienza dei greci, che tanto hanno condizionato, nel bene e nel male, lo sviluppo della scienza occidentale.

          • Giorgio Masiero ha detto:

            Perdonami tu, ma non sono d’accordo. All’opposto i paradossi di Zenone (si chiamano paradossi, che vuol dire teoremi “in apparenza” falsi, non sofismi) sono tutto l’opposto delle ideologie (se i fatti contrastano ecc.): essi per me, e mi dispiace solo di non poterci incontrare in un’aula per vedere se posso convincertene, implicano logicamente, se vogliamo salvare i fatti!, che lo spazio ed il tempo non sono un continuum, ma sono discreti.

  • Davide ha detto:

    Prof. Masiero, grazie per il suo articolo. Potrebbe, però, spiegare in due parole semplici il suo significato? Purtroppo non siamo tutti matematici. Glielo chiedo senza ironia, ma con la volontà di capire meglio. Grazie ancora.

    • Vronskij ha detto:

      Se Tommaso d’Aquino era convinto che non si potesse dimostrare l’origine del mondo nel tempo, che valore ha per un tomista la teoria di Big Bang (in quanto teoria)?

      • Giorgio Masiero ha detto:

        Ha Lo stesso valore di tutte le teorie scientifiche: approssimativo, verosimile, probabile fino alla prossima prova contraria!

        • Vronskij ha detto:

          Aspetta se qui non si parla più di cose probabili, approssimative ecc, me se ha senso di cercare un origine, oppure no. Per un tomista convinto non ha senso, allora e meglio che i soldi e i sforzi passano in un altro campo.

          • Giorgio Masiero ha detto:

            Così è con le “verità scientifiche”: sono vere fino alla prima falsificazione. Non ci posso far nulla. O tu conosci una teoria scientifica senza errori e sicura al 100%?

            • Vronskij ha detto:

              “Non ci posso far nulla”
              Perché, puoi fare il giardiniere, era anche il sogno di Einstein, se ricominciava da capo la sua vita.

              Anche con tutta l’evidenza, non accetto mai l’idea di falsificazione di Popper, per me il termine prende perfino connotati letterali (conoscendo bene anche le sue teorie messe in pratiche sociali, e per di più che tipi di persone, per esempio il falsificatore Soros). Non si può vivere pensando che Achille non sorpassa mai la tartaruga.

              • Giorgio Masiero ha detto:

                Intanto ho dimostrato sopra, matematicamente (quindi con certezza), che Zenone aveva torto su Achille! Poi, fuori dagli scherzi, io vado matto per la fisica che, anche se non mi dà una verità sicura, completa e perfetta, mi dà cmq la migliore possibile sulle cose della natura.

    • Giorgio Masiero ha detto:

      Se 1) credi che uno dei + grandi matematici mai esistiti non può aver fatto un banale errore logico e 2) che il tempo procede a piccoli scatti e non con continuità, come quasi tutti i fisici, allora puoi considerare scientifico che il mondo non esiste da sempre, ma ha avuto inizio.

  • rolling stone ha detto:

    Prof. Masiero, due brevi domande.
    1. Se il tempo ha avuto un inizio dobbiamo anche rivedere il concetto del “Dio eterno”?
    2. Ammesso che uno degli attributi di Dio sia “eterno” (come il parroco buonanima mi spiegava a catechismo), per quale motivo circa 14 miliardi di anni fa Dio avrebbe deciso di creare il mondo? Perché 14, e non 15 o 13? Cosa faceva prima di creare il mondo? Si stava forse annoiando ed ha sentito la mancanza di qualcosa? Dobbiamo forse rivedere anche il concetto di Dio “ente perfetto”?

    • Kosmo ha detto:

      cosa c’entra Dio con il tempo, essendone fuori?

    • Giorgio Masiero ha detto:

      Bentornato, rolling stone, sentivo la Sua mancanza di interventi sempre arguti e stimolanti.
      Non ho capito la prima domanda, quindi aspetto che Lei voglia rifarmela con altre parole. Intanto rispondo alla seconda.
      Una delle più grandi gioie della mia vita è stata la lettura delle “Confessioni” di Sant’Agostino. Non sarà mai sopravvalutata la ricerca sul tempo (filosofica, religiosa, metafisica e psicologica) che il principale esponente della Patristica fece nel suo capolavoro. Non c’è oggi testo di cosmologia quantistica né di relatività generale, che non lo citi come esempio delle vette dove può spingersi il pensiero puro, delle profonde intuizioni cui può giungere l’introspezione dell’anima, nell’anticipazione di ciò che, millecinquecento anni dopo, la macchina poderosa della fisica moderna – comprendente la matematica più sofisticata, i più potenti telescopi astronomici per l’osservazione delle galassie più lontane ed i laboratori alle più alte energie per l’osservazione delle particelle più piccole – avrebbe quantitativamente confermato.
      I compagni pagani di Agostino lo canzonavano per la sua fede biblica in un inizio del mondo: “Ma che cosa faceva Dio in tutto quel tempo – un tempo infinito – prima dell’Inizio? perché ha aspettato così a lungo – infinitamente a lungo – a creare le cose?”. Analoga domanda è fatta oggi anche a me, fisico, ogni volta che mi trovo a parlare del Big Bang avvenuto 13,7 miliardi di anni fa: e prima, che cosa c’era? Ebbene, Agostino anticipò la risposta che oggi dà la relatività generale. Egli rispose semplicemente che prima dell’Inizio non c’era il tempo. Il tempo è nato insieme a tutte le altre cose. C’era arrivato con la teologia, oggi la fisica ci arriva con i suoi strumenti. Il tempo, ragionò Agostino, non è Dio: allora è una cosa creata da Dio. Che cos’è? Questo è un altro problema, interloquì Agostino tra sé e sé, mettendolo momentaneamente da parte; ma intanto possiamo dire che, se il mondo ha avuto un inizio come c’insegna la Bibbia, anche il tempo lo ha avuto. Non può essere passato tempo prima dell’Inizio, perché se fosse passato vorrebbe dire che il tempo era già stato creato. D’altra parte, aggiungeva, non ha senso chiedersi che cosa Dio facesse prima dell’Inizio, perché non c’era un prima. “Non chiedere che cosa Dio facesse allora: non c’era allora dove non c’era il tempo”. Questa è teologia agostiniana: logica greca più religione cristiana!
      La relatività generale e la cosmologia quantistica non hanno nulla da correggere, qualitativamente; hanno un numero da aggiungere (13,7 miliardi), per la precisione quantitativa, ma questo è il loro mestiere.

      • Carmine V. ha detto:

        Commento molto bello, complimenti prof.
        La domanda n°1 di Rolling però mi incuriosisce e -se all’inizio credevo che nella sua risposta vi avesse comunque dato compimento-, ora ho qualche dubbio in realtà.

        La mia perplessità è questa: se Dio ha creato il tempo e lo spazio, evidentemente doveva in qualche modo esserci “prima” del tempo (capisco che “prima” è un concetto temporale e quindi è in qualche modo un errore…però chi crea implicitamente preesiste a quel che crea).

        Capisco che la questione è più filosofica e io sto domandando questo ad un fisico, però noto che sul sito scarseggiano un pochino i filosofi e abbondano piacevolmente gli scienziati.

        • Giorgio Masiero ha detto:

          Giustamente all’istante dell’origine dell’Universo (o del multiverso) si arresta la fisica. Di questo sono perfettamente coscienti gli scienziati e ne parlerò in un prossimo articolo. Per chi, come noi cristiani, crede in un Creatore si pongono dei problemi filosofici, o meglio metafisici, riguardanti l’Essere divino e la Sua relazione col mondo creato. Della concezione tomistica dell’aeternitas, in relazione alla vita di Dio, ho già parlato in un commento ad un recente articolo su Stenone apparso nel sito.
          Riguardo alla relazione tra Creatore e creature non si deve commettere l’errore di pensare che la causalità implichi necessariamente una priorità temporale. Ci sono molti esempi anche nella vita comune di casi in cui la causa non è temporalmente precedente all’effetto, ma in cui causa ed effetto sono simultanei, al punto che intervengono talvolta anche accese discussioni su quale evento sia stato la causa e quale l’effetto (per es., negli incidenti stradali). Nel nostro caso, il Creatore dell’Universo è causalmente, ma non temporalmente, precedente alla singolarità del Big Bang, e il Suo atto di causare l’Universo a venire all’esistenza è simultaneo, o coincidente, col venire all’esistenza dell’Universo. Si può con perfetta coerenza logica sostenere, come scrive Agostino nelle “Confessioni”, che il Creatore senza l’Universo esisteva in uno stato d’immutabilità e a-temporalità, e che alla singolarità del Big Bang Egli creò l’Universo insieme al tempo e allo spazio. Per un Creatore senza l’Universo, semplicemente non c’era il tempo, perché non c’erano eventi di alcun tipo; il tempo comincia col primo evento, al momento della creazione. Il tempo del primo evento fu non solo il primo istante nel quale l’Universo è esistito, ma anche, tecnicamente, il primo istante vissuto dal Creatore, poiché senza l’Universo il Creatore non vive “quanti di tempo”, ma vive in uno stato a-temporale: “Io sono Colui che è”. Tommaso direbbe che Dio è vivente nell’aeternitas e, dal momento della creazione, partecipa del tempus. Il filosofo contemporaneo Thomas Senor ha chiamato questo tipo di divina eternità col nome di “temporalismo accidentale”.

      • rolling stone ha detto:

        a) L’affermazione „Prima dell’inizio non c’era il tempo“ è una contraddizione nel termine aggiunto (nel linguaggio della logica), quindi è una affermazione senza senso.
        Il primo termine “prima dell’inizio” esprime un ordinamento temporale e significa: “nel tempo che precede l’istante iniziale”. Ma il secondo termine, il termine aggiunto: “non c’era il tempo”, contraddice il primo. La contraddizione risulta palese se si riscrive la medesima frase in termini equivalenti: “nel tempo che precede l’istante iniziale non c’era il tempo”.
        Comunque, questo e altri sofismi sono stati già sotterrati da Kant con le sue antinomie, tra le quali quella del tempo, appunto. In questa antinomia Kant dimostra che se il tempo esistesse di per se si può dimostrare, con la medesima legittimità logica, sia che ha avuto un inizio sia che non ha avuto alcun inizio.

        b) Ma ammettiamo una volta tanto che la affermazione di Agostino abbia un senso. La risposta però continua a zoppicare. Rimane infatti da spiegare perché il mondo è stato creato 14 e non 140 miliardi di anni fa. Perché è stato creato in un determinato istante, e non prima o dopo? Un capriccio del Padreterno? Addirittura, perché è stato creato? Ma qui si apre un capitolo a parte.

        c) Lei continua a ripetere che la teoria della relatività e del big-bang hanno dimostrato che il tempo, lo spazio e la materia sono stati creati. Non è vero (e Lei lo sa). Questa conclusione è solo un pio desiderio dei creazionisti. La teoria della relatività infatti dice solo che esiste una relazione tra la geometria dello spazio tempo (il tensore metrico) e la distribuzione della materia (il tensore energia-impulso della materia). Punto. La teoria del big-bang dice che c’è stata una esplosione. Cosa ci fosse prima dell’esplosione non si sa. Punto. Il resto sono solo pii desideri.

        • Giorgio Masiero ha detto:

          a) Se si fa fisica, invece di filosofia, il tempo è un’osservabile, né più né meno della materia e dell’energia, e tutti, ormai tutti, i modelli cosmologici scientifici moderni, che sono quanto-gravitazionali (cioè fondono la relatività generale e la meccanica quantistica) fanno risalire il tempo ad un’origine. Del simposio più recente, che ha riunito i più importanti fisici del mondo, in cui si dànno queste conclusioni sull’inizio del tempo, parlerò nel prossimo articolo. Lei non sa immaginarsi un “prima” dell’origine tempo? Per questo neanch’io. Come potremmo, se noi umani siamo “immersi” nel tempo? Lei pensa che un pesce possa immaginarsi che cosa vuol dire volare? All’istante t=0, si ferma appunto la scienza. E, forse, c’è spazio solo per la metafisica. Lei mi ha fatto una domanda di metafisica, io Le ho risposto con le parole di Agostino. Se non la soddisfano, mi dispiace, ma non ne ho di migliori.
          b) Curiosità legittime, ma a cui la scienza galileiana, che si ferma all’istante t = 0, non può rispondere. Le sue domande sono metafisiche ed hanno risposte diverse a secondo che si assuma che il mondo è stato creato dal caso o da una Volontà intelligente. Nel primo caso, per definizione, le Sue domande sono senza senso. Nel secondo caso, investono la teologia ed io non ho miglior risposta di quella proposta da Tommaso: “Bonum diffusivum sui”.
          d) Temo sia Lei a confondere la fisica, che non conosce, con i suoi pii desideri. Le propongo i testi recentissimi di due fisici atei: “The grand design” di S. Hawking e L. Mlodinov uscito l’anno scorso, o “A universe from nothing” di L. Krauss, uscito 22 giorni fa, e che contiene una postfazione entusiastica del biologo ateista Dawkins. Entrambi dichiarano l’universo (e il tempo) originati dal caso. La rinvio, cmq, per un prosieguo al mio prossimo articolo, che ho preparato anche per persone come Lei che non sono esperte di cosmologia scientifica quanto-gravitazionale.

  • Luigi Pavone ha detto:

    Molti filosofi che si sono occupati della creazione divina hanno cercato di darne una rappresentazione per così dire laica, non coinvolta con i contenuti della rivelazione divina. In questa direzione hanno sempre preso le distanze da una visione causale temporale, preferendo la via della specificazione – in un modo o in un altro – del concetto di dipendenza ontologica del mondo da Dio – in linea di principio compatibile con la nozione di eternità temporale del mondo. Poiché sto leggiucchiando il libro di Alessandro Sanmarchi, L’ apriorismo metodologico come assunzione esiziale della filosofia, mi viene in mente il modo in cui Gustavo Bontadini precisò, da un punto di vista squisitamente filosofico, il concetto di dipendenza ontologica come dipendenza dell’essere diveniente dall’essere immobile. La necessità della creazione – così intesa – sarebbe dal punto di vista di Bontadini la necessità che il divenire non sia originario, perché così posto sarebbe logicamente, ontologicamente impossibile.

    • Giorgio Masiero ha detto:

      Tutto bene. Però qui si parte dalla proposta scientifica che il mondo ed il tempo abbiano avuto inizio e s’interroga la metafisica su quali conseguenze questo comporta sulla relazione tra creatura e Creatore.

  • Luigi Pavone ha detto:

    Non ho assolutamente idea di come possa venir precisato il concetto di inizio del tempo se non entificando o materializzando in qualche modo il tempo – oddio mi sembro Heidegger – e collocandolo in una linea temporale più ampia tale che si possa indicare un Tempo 1 antecedente il Tempo 2 in cui il tempo ha inizio. Nel Tempo 1 il tempo non esisteva, nel Tempo 2 il tempo esiste per la prima volta.

  • Vronskij ha detto:

    Vedi Giorgio che la domanda “pagana” di rolling stone (lo scarno un po per dare l’essenziale):
    “… per quale motivo Dio … avrebbe deciso di creare il mondo? Cosa faceva prima di creare il mondo? Si stava forse annoiando ed ha sentito la mancanza di qualcosa? Dobbiamo forse rivedere anche il concetto di Dio “ente perfetto”?

    Agostino l’ha schivata come un premio Nobel per la fisica in un’intervista televisiva. In questo caso il problema del tempo è secondario, infatti si domanda si pone sulla motivazione interiore per creare, sul piano di sentimenti. Se Dio era perfetto stava nello stato della procreazione, e non faceva tutto quel casino del Bing Bang, seguito dai altri casini fino ai casini di Agostino, Mick Jagger e Vronskij. Lui stava tranquillo, e noi in Lui altrettanto tranquilli, perfetti e felici.

    Se si da una risposta a questa domanda filosofica (che anche i scienziati devono farla, e non respingerla come cosa da cantautori), si può trovare anche una risposta per la domanda “scientifica “ sul tempo.

    • Giorgio Masiero ha detto:

      Non sono d’accordo, Vronskij, né di confondere le scienze naturali con la teologia (1), né sul tuo giudizio che Agostino abbia schivato la domanda filosofica (2), e nemmeno di trattare tali problemi in maniera canzonatoria: se tu hai risposte migliori, potresti scendere dal tuo piedistallo e donarci la tua soluzione.
      (1) Filosofia e fisica sono due metodi diversi di conoscenza, come l’orecchio è distinto dall’occhio. E come tu non puoi chiedere alla vista di giudicare una sinfonia di Beethoven, così non puoi chiedere ai fisici che cosa faceva Dio “prima” dell’inizio del tempo. I fisici sono talmente coscienti della soglia dove si arresta la loro capacità d’indagine, che sto lavorando ad un articolo sullo stato attuale dell’arte per i non fisici come te.
      (2) Agostino poi, dal punto di vista filosofico, ha risposto perfettamente alla domanda 2 di rolling stone. Alla domanda 1 di rolling stone, non ho risposto perché non ho inteso che cosa egli intendeva dire e sono in attesa di capire da lui meglio il problema. Se intendeva dire quello che ha chiesto poi Carmine V., ho risposto a Carmine V. Se invece intendeva la questione che hai posto tu, ovvero “perché” Dio, ente perfetto ha creato il mondo, messe le mani avanti che la nostra ragione è limitata e non possiamo sapere tutto né tantomeno conoscere i pensieri di Dio, la risposta che più mi piace è quella di Tommaso: “Bonum est diffusivum sui” (Summa theologiae, I, q. 5 a. 4, ad 2).

      • Vronskij ha detto:

        Hai ragione Giorgio che sono stato troppo canzonatorio. Anche se, ti giuro, non ho avuto un intenzione maligna, ad ogni modo non è un buon modo di comunicare con i altri, che sentiti presi in giro e offesi, non accettano mai quello che dici, neanche se fosse la cosa più evidente. Scusami, e prometto che non lo faccio più.

        Il senso del mio commento (eh, e cosa si puoi fare con un commento?) è che prima di prendere una risposta per questo problema capitale (forse il Problema), deve essere preparati per prendere la risposta. E’ successo milioni di volte che una nova verità, anche se proclamata, non è accettata per questa ragione. Un tipico parallelo storico: quando Gesù proclamava una sua verità, quelli del sinodo ebraico (una specie di elites intellettuali e premi Nobel di allora), mostravano il testo. Per non ripetere la storia, o meglio Le Storie (successe anche nella storia della scienza), è consigliato di non aggrapparsi troppo al testo del passato (in questo caso biblico, e ancor di più a quello latino).

        1)Io posso chiedere ai scienziati di essere persone integrali. Filosofia (teologia) e scienza originariamente fanno copia come marito o moglie, il cielo e la terra. Tutti i malanni nella ricerca della verità è il divorzio tra loro. Qui sta il problema, e non il sintesi tra religione e scienza. La religione fa coppia con la politica, prima si sposa con lei, e poi va a fare visite decenti alle altre coppie.

        Dall’inizio del secolo scorso diversi musicisti e pittori hanno avuto l’intuizione che esiste una correlazione tra il suono e il colore. Esistono anche ricerche matematiche in questo campo. In molte piazze dell’Europa si può sentire musica correlata con colori di una sfavillante fontana. Un altro esempio sono i due film “Fantasia” di Disney.

        2)Secondo me, basata nella mia esperienza in casi simili, esiste soltanto una domanda di Rolling Stone (1 e 2 sono una). E’ una domanda provocatoria che in fondo testimonia il solito disagio di quelli adolescenti (chi più intelligente e chi più ribelle, spesso tutti i due insieme) prima di staccarsi dal parroco (non per caso richiamato nel commento di Roll.Sto) e nello stesso tempo dal padre fisico in casa (lo stronzo del 68). Purtroppo sono quelli i migliori (potenzialmente) che prendono l’altra strada di sofferenza (non pagata) per loro e per i altri. Jean Guitton ha fatto un’analisi coraggiosa al problema, dimostrando che persone come Hitler e Stalin & com. erano persone geniali che potevano fare molto per Dio, purtroppo passati nel campo dell’Avversario (anche per cause “banali” di esperienze negative con il padre o con il parroco). Qui c’i vuole un romanzo per dire tutto.

        Il problema non è che la nostra ragione è limitata, ma che la nostra ragione è illimitata (siamo potenzialmente onniscienti, onnipotenti ed onnipresenti come figli del Nostro Padre), purtroppo incontrollata e diretta in direzione sbagliata. Per questa ragione l’uomo è una creatura terribilmente pericolosa, temuta dal Dio e dal Satana. Quest’ultimo non arriva mai a mettere in repentaglio la Creazione (nel senso del principio antropico), perche vuole vivere anche lui come parasita, mentre l’uomo rischia di suicidarsi, e mandare alla malora tutto.

        Ho il desiderio forte di sentire la tua voce in un aula, più come musicalità, senza badare molto all’idee. Ammiro molto quel che scrivi come stile, e cosi all’occhio, da quel che vedo nello scherno, sento anche una bella melodia.

        • Giorgio Masiero ha detto:

          Anche a me, Vronskij, piacerebbe sentire dal vivo la tua voce, con i suoi piccoli errori e accenti esotici!
          Non è la nostra ragione che è illimitata (mi sai dire se ci sono transfiniti intermedi tra il discreto e il continuo? nessuno lo saprà mai [teorema di Cohen]), ma è l’umano desiderio di conoscere che è illimitato (v. Pascal). Non bisogna confondere le due cose, se non si cade nell’errore positivista.
          Del problema grave della separazione tra scienze naturali e scienze umane, e persino (specializzazione) all’interno delle scienze naturali, sono completamente d’accordo con te: tutta la mia vita l’ho dedicata all’interdisciplinarietà e all’integrazione, come dimostrano (spero) anche questi miei articoli nel sito.
          E come è dimostrato dai commenti contradditori che essi suscitano, o da parte di filosofi che non conoscono la scienza naturale, o da parte di scienziati che non conoscono la filosofia.

          • Vronskij ha detto:

            Credo che non c’i capiamo perché io parlo per uno status originale, mentre tu parli per la situazione reale dell’uomo.

            Non credo che Dio ha creato l’uomo con un desiderio di conoscere illimitato e con ragione limitata (nel senso che non può conoscere razionalmente i pensieri di Dio o principi divini o leggi celesti). Dare a una creatura desideri illimitati e possibilità di realizzazioni limitati vuol dire condannarla con infelicità eterna. Io credo che il nostro destino è la felicità, altrimenti che senso ha un Dio di amore? (una bella espressione?).

            • Giorgio Masiero ha detto:

              Il nostro destino è la felicità perfetta, ma non in questa terra! Dopo il peccato di Adamo ed Eva, l’uomo è stato cacciato dal paradiso terrestre e condannato anche alla sofferenza quaggiù: ti guadagnerai il pane col sudore della fronte e tu, donna, partorirai nel dolore (Genesi)

              • Vronskij ha detto:

                Il senso generale della tua replica, tipicamente dogmatica cristiana, è come se c’è una fatalità o una predisposizione nel piano di Dio che l’uomo non può essere per definizione felice in terra (poi perché “questa terra”, la terra una è). E come supporto di questa tesi porti un passo biblico che è vero in un contesto storico, dopo la caduta. Prima della caduta esisteva il paradiso terrestre (costruito in questa terra da Dio), perché non si può ritornare nella situazione originale? (Tutta la cultura umana, anche la fisica, è spinta dalla nostalgia per Eden perduto).

                Risparmi di portare il famoso passo di Gesù, perche anche quello è detto in un contesto specifico, dopo che lui ha capito che non c’era altra strada che la croce. Esiste una promessa per la seconda venuta. Cosa succederà, un Big Crunch accelerato e tutti si salveranno in un momento distruggendo “questa terra” e andando in cielo per vivere felici e contenti?