Il laico Giuliano Ferrara: «il suicidio assistito usato contro il cristianesimo»

Ancora una volta il laico e non credente Giuliano Ferrara dimostra una lucidità di giudizio senza paragoni. Lo avevamo citato in Ultimissima 26/4/11, ma vale ancora la pena soffermarsi sulla recente puntata del programma “Qui Radio Londra”, dove il direttore de “Il Foglio” ha preso posizione sul gesto estremo e pubblicitario di Lucio Magri, che ha voluto togliersi la vita a causa della depressione recandosi nella clinica della morte svizzera.

Abbiamo già avuto modo di giudicare la vicenda sostenendo che per un “senza Dio” non ci può essere alcun valore nel dolore e nella sofferenza e che è quasi un obbligo il suicidio per chi non condivide la prospettiva cristiana, un dovere di coerenza estrema. Perciò tanti vedono in queste persone degli eroi, degli esempi. Ferrara ha però posto la questione del suicidio assistito, del diritto a suicidarsi richiesto allo Stato, come sfida diretta al cristianesimo, ovvero alla visione sacra dell’uomo, alla visione che difende la vita, la sua inviolabilità, che combatte l’autodeterminazione radicale. Ancora una volta la cultura della morte sfida i cristiani.

«Quello che è sicuro è che la pratica di stato del suicidio assistito», dice Giuliano, «la pratica di business e questa generale messa in scena come messaggio culturale significa una cosa sola: via Cristo dalla faccia della terra, via le beatitudini, via il Vangelo, via quell’idea e quella concezione della persona umana per cui c’è qualcosa di misterioso che non è riducibile alla nostra libertà, al nostro potere di fare della cose». E ribadisce la sua posizione: «Io sono di questa scuola, nel senso che non si regge il mondo occidentale su queste idee estreme, radicali di autonomia dell’individuo, di potere nichilista, annientatore dell’individuo […]. In molti hanno sostenuto questo atto di libertà per sradicare il cristianesimo dalla terra. Dal punto di vista della mia felicità personale, della mia coscienza», dice infine, «preferirei che restasse».

120 commenti a Il laico Giuliano Ferrara: «il suicidio assistito usato contro il cristianesimo»

  • Daphnos ha detto:

    Ho visto in diretta l’episodio in questione. Mi sorprende però una cosa: pur essendo vero, a mio parere, che si stia formando in questi ultimi tempi un’accettazione del suicidio assistito anche per contrapposizione sistematica alle opinioni della Chiesa, Ferrara non accenna al fatto che la teoretica dell’opposizione al suicidio ha origini precristiane: affonda radici profonde nella cultura greca classica, che, come al solito, viene ritenuta foriera di civiltà soltanto quando fa comodo.

  • Jack ha detto:

    Bravo Ferrara! Condivido poco delle sue idee politiche ma di certo lo stimo moltissimo per queste sue posizioni. E’ un non credente che non rifiuta il cristianesimo e questo basta fargli capire l’orrore della cultura della morte.

  • Fabrizio ha detto:

    Non condivido il Ferrara politico su una sola virgola, ma quando fa queste battaglie di laicità seria e non caricaturale è da condividere.

  • Chissenefrega ha detto:

    Veramente il filosofo Zenone, caposcuola dello stoicismo, riteneva che il suicidio fosse doveroso nel caso in cui venisse compromessa la libertà dell’uomo, o per costrizione esterna (il tiranno) o per condizioni di salute che limitassero la capacità di pensare e di scegliere autonomamente. Lo stesso Zenone si tolse la vita e così fecero i suoi successori Cleante e Crisippo. Lo stoicismo ebbe poi grande fortuna nell’antichità fino a diventare la filosofia più diffusa a Roma, spesso in polemica con l’Epicureismo, e dalla cultura stoica vennero celebrate le morti degli uomini illustri (exitus ilustrium virorum)fino a diventare topos letterario e figurativo. Chi non ha studiato al liceo il suicidio di Seneca o di Petronio?. Questi suicidi hanno avuto poi grande risonanza anche nel mondo cristiano, se è vero che Catone,morto suicida per non cadere nelle mani del “tiranno” Cesare, viene posto da Dante a custodia del Purgatorio (e quindi salvato!) in quanto strenuo difensore della libertà (che per Dante è libertà dal peccato). Il rapporto suicidio-libertà è un tema reale e complesso e andrebbe affrontato senza schematizzazioni ideologiche.
    Io penso che chi si toglie la vita meriti rispetto. Accusare Magri di aver fatto un gesto plateale è una mistificazione. Lo si è saputo solo dopo la sua morte e che se ne fosse parlato era inevitabile, data la notorietà del personaggio.

    • Daphnos ha detto:

      E’ proprio quello che intendevo: viene usato solo quando fa comodo. Per inciso stavolta si è accennato alla Grecia del periodo ellenistico, non classico.

      Mi limito a ricordare che Platone e Aristotele erano fortemente contrari al suicidio, e che il giuramento di Ippocrate proibisce ai medici di lasciare morire i pazienti.

    • (have)mercyBEAUcop ha detto:

      Per Daphnos e Chissenefrega:
      La sindrome da post “colto” si sta pian piano espandendo. Tanti contenuti, tante fotocopie. Veramente poche le opinioni personali sostenute da un substrato culturale e coscienziale. Parlare per citazioni alimentando una consapevolezza schizoide che si predica di ogni pensiero (spesso mediocre e che non pone le basi per una discussione di tipo dialettico) pare che stia diventando la regola. Platone, Aristotele, Seneca, gli Stoici…puntualizzare su cosettine da caminetto giusto per guadagnare un minimo di autorevolezza…tanto siamo a casa e nessuno può pretendere da noi una risposta immediata.
      Cercate di studiare, ma anche di dimenticare tutto ciò che avete appreso, affinché sia la vostra consapevolezza a far da lume in questo regno d’ombre.

      • Marco ha detto:

        Questo è frutto del solo Jack Daniel’s o anche altro?

      • DSaeba ha detto:

        e questo pistolotto a cosa è dovuto?

      • Daphnos ha detto:

        Ok. Per quanto riguarda l’opinione, preciso che io non ne ho espressa alcuna sul suicidio; che Platone, Aristotele e Ippocrate fossero contrari al suicidio, credo che sia un fatto, da caminetto o meno non mi importa, cionondimeno devono aver ragione loro piuttosto che Zenone.

        Riguardo alla “sindrome da post colto”: ammetto che effettivamente cerco di mantenere un tono adeguato alla discussione. Ma non ho problemi ad ammettere una cultura non superiore alla media. Piuttosto, essendo da qualche anno frequentatore di blog e siti, ed osservando come uno dei commenti più gettonati relativi al qui citato Giuliano Ferrara recita “MA COME CAZZO FA LA PEDANA A GIRARE CON QUEL SACCO DI MERDA SOPRA?”, preferisco essere affetto dalla “sindrome da post educato” invece che contagiato dall’epidemia di turpiloqui, coprolalie e nefandezze di ogni tipo che un mezzo come Internet non può essere in grado di arginare.

        • Daphnos ha detto:

          Scusate… “cionondimeno NON devono aver ragione”.

        • (have)mercyBEAUcop ha detto:

          Ciao Daphnos, mi trovo perfettamente d’accordo con te. Il tono, più educato è, meglio si presta ad uno scambio di opinioni cristallino e senza infruttose e scoccianti logiche di profitto basate sul “chi ha ragione”. L’unica RAGIONE che deve dominare è quella di un confronto trasparente e smaliziato. Putroppo, come te, noto che molti si dedicano volentieri a veri e propri atti di linciaggio linguistico, e questa è una vera tristezza. Per quanto riguarda la questione del “post colto”, la mia voleva essere una tiepida provocazione (senza unghie né denti) nonchè un diversivo per constatare quanto l’impersonalità e il citazionismo testimonino una carenza di prospettive personali (tuttavia trovo più che lecito che queste ultime poggino sulle classiche conoscenze “istituzionali”). Ma la conoscenza non porta né alla critica né alla nostra liberazione se non diviene AUTENTICA, ovvero valorizzata mediante un atteggiamento che pone noi stessi in gioco, affinchè i movimenti del nostro pensiero possano includere ciò che ci preme più da vicino, ciò che per noi è più prioritario.

          • Andrea ha detto:

            Quoto al mille per cento il discorso sull’impersonalità e il citazionsimo da cui cerco di astenermi a mia volta, e nei quali ho la presunzione di ritenere di essere incappato più volte nel corso di queste discussioni.

            Ovviamente ritengo che citazionismo non sia sinonimo di cultura ma semplicemente un maschera per truccare il nozionismo da cultura, o un errore di persone realmente colte nell’eccedere in citazioni nell’ambito di discussioni che potrebbero farne a meno.

            Con questo non voglio necessariamente associare simili errori Daphnos, che, devo ammettere, è uno degli interlocutori più equilibrati e piacevoli con cui mi sia fin qui confrontato.

            • Qumran ha detto:

              Opposto al citazionismo c’è la sopravvalutazione di sé. Ognuno sceglie se essere umile o arrogante.

              • Andrea ha detto:

                giustissimo, se è un’accusa mi faccio un esame di coscienza 😉 ma, posto che la sopravvalutazione di sè sia alla base di un mancato citazionismo, credo sia indimostrabile che il citazionismo è necessariemente sinonimo d’umiltà.

                • Qumran ha detto:

                  Citazionismo è mettersi da parte per dare spazio a chi è competente. Non è sicuramente legato all’umiltà, ma per me è così.

                  • Andrea ha detto:

                    beh ma se ci “sfidiamo” a citazioni di competenti, allora tanto vale assistere solo alle loro conferenze e non discuterne tra noi. (ok il discorso non vale per i competenti già morti , ma io tendo a partire dall’assunto che i competenti attuali sappiano citare meglio di me i competenti già morti)

                    • Qumran ha detto:

                      L’esperienza dell’altro e la sua competenza diventano per me motivo continuo di crescita e di studio. Il sapere va condiviso, altrimenti domina l’arroganza.

  • Pino ha detto:

    condivido il pensiero politico di Ferrara, figuriamoci se non condivido questo. Ferrara è uno dei pochi laici che ha capito che le radici cristiane non possono essere estirpate senza distruggere la società stessa.

    • Andrea ha detto:

      “Ferrara è uno dei pochi laici che ha capito che le radici cristiane non possono essere estirpate senza distruggere la società stessa.” Non è un po’ forte questa affermazione?
      Ci sono società non cristiane che stanno in piedi benissimo. Però forse ho capito male, intendi che il Cristianesimo non è necessario ad originare una società ma una volta che c’è se lo togli la società muore?

      Poi c’è una cosa che non mi quadra, se io esprimo a priori, il desiderio che , qualora mi trovassi in determinate circostanze vorrei essere ucciso. Nell’impedirlo non si limiterebbe il mio libero arbitrio ed ancor di più quello del medico compiacente?
      lo chiedo indipendentemente dalla sfida diretta al cristianesimo, rappresentata dal modo in cui un simile atto viene eventualmente presentato dai media. Lo chiedo tenendo conto della volontà di un poveraccio che decide di suicidarsi e non può pur peccando e volendosi assumere il carico delle pene dell’inferno che ne seguirebbero (sempre eventualmente, perchè quand’anche esistesse l’inferno non starebbe a noi formulare il giudizio finale su questa persona)

      • Gabriele ha detto:

        Andrea tu scrivi (se posso darti del tu) : “Ci sono società non cristiane che stanno in piedi benissimo”. Certo, questo è vero, ma a che prezzo stanno in piedi? Molte di queste sono degli inferni e sono sotto gli occhi di tutti.

        • Andrea ha detto:

          Certo che puoi darmi del tu, diciamo che a questo punto dovremmo capire quante sul totale sono degli inferni e se lo sono per problemi di ordine religioso.

          • Daphnos ha detto:

            Andrea, più andiamo avanti e più mi assomigli a uno stereotipo… detto senza cattiveria.

            • Andrea ha detto:

              Daphnos non mi offendo tanto più che la definizione credo possa valere reciprocamente, per questo non mi interessano le classificazioni. Io valuto quello che dici indipendentemente dal fatto che sia in accordo o meno con quello che dice qualsivoglia categoria. ossia non sono portato ad associare una persona ad una categoria, derivandone considerazioni su aspetti che non ho discusso in prima persona, solo perchè generalmente associabili a quella categoria. Se ritieni ti sia più utile farlo nei miei confronti, sei liberissimo di farlo.

              • Daphnos ha detto:

                Non volevo offenderti, nel senso che per la prima volta vedo un accenno al fatto che secondo te “alcuni inferni” possano essere creati da problemi di ordine religioso. Non so come la pensi tu personalmente, ma vedo che spesso, soprattutto negli ultimi anni, i polemisti atei si buttano su questo aspetto, con semplificazioni che mi lasciano esterrefatto. Per questo il commento mi sembrava assimilabile a quello degli scatenati fans di Hitchens e Dawkins che imperversano in rete, ma posso assolutamente sbagliarmi.

                Scusa se ti sei risentito.

                • Andrea ha detto:

                  no problem ci tenevo solo a precisare il mio approccio alla questione delle categorizzazioni.
                  Ho sempre il terrore che le persone si schierino da una lato o dall’altro per motivi legati a sentimenti di tifo, avversità o spirito di gruppo, e questo timore ce l’ho nei confronti di chi è in disaccordo con me perchè lo dice la Bibbia, o è d’accordo con me perchè le dice Dawkins (faccio riferimento ad un ipotetico caso astratto).

                  Non mi ritengo un polemista, se attribuire bassa probabilità ad un Dio che ci ha creati intenzionalmente e che ci ama, sia assimilabile alla categoria dell’ateo, facciamo pure questa semplificazione, purchè io non venga, by definition, associato necessariamente a qualunque scelleratezza o atto compiuto nella storia da qualunque persona si definisse ateo.

                  forse mi sono spiegato male: la mia frase : “Certo che puoi darmi del tu, diciamo che a questo punto dovremmo capire quante sul totale sono degli inferni e se lo sono per problemi di ordine religioso”

                  non era volta ad introdurre sospetti sul fatto che una società fosse potenzialmente infernale perchè religiosa, ma sul fatto che potesse essere potenzialmente equilibrata pur senza essere religiosa.

                  CIoè Non intendevo religioso –> società infernale
                  intendevo : mettiamo in discussione il fatto che non religioso –> implichi infernale.

      • Pino ha detto:

        il suo intervento mi fa sorridere. Certo che ci sono delle società non cristiane che “stanno in piedi” la storia è piena di esempi: l’Unione Sovietica di Stalin stava in piedi, ma per “stare in piedi” sono stati necessari 60 milioni di morti. Anche la Cina di Mao stava in piedi, stesso discorso, 150 milioni di morti ed ancora oggi è una società in cui i diritti fondamentali vengono negati. Oppure preferisce parlare della Corea del Nord o della Cambogia di Pol Pot?
        Passando alla seconda parte del suo post noto che lei non riesce a capire la differenza fra comportamento individuale e regolazione normativa. Se lei vuole suicidarsi gettandosi dal tetto o sparandosi un colpo di pistola in testa, nessuno glielo può impedire, esercita il suo libero arbitrio. Cosa completamente diversa è se lo Stato la sopprime seguendo la sua volontà. Occorre una legge e basterebbe aver studiato un minimo di diritto per capire che una legge non è mai neutra, ma esprime sempre una scala di valori. Quindi introdurre una legge che permette l’eutanasia ha pesanti implicazioni di carattere sociale, perchè il diritto regola la società, non i desideri o i capricci dei singoli. Anzi, il diritto è stato creato proprio per impedire i desideri individuali in vista del bene comune, altrimenti vivremmo in una società anarcoide nella quale ognuno fa quello che meglio crede.

        • Kosmo ha detto:

          “altrimenti vivremmo in una società anarcoide nella quale ognuno fa quello che meglio crede.”

          Ed è proprio questo quello a cui molta gente aspira. Ancora non l’hai capito? 😉

          • Pino ha detto:

            certo che l’ho capito, l’ho capito benissimo. Infatti lo scopo dei radicali e dei laicisti è proprio questo, piegare il diritto ai capricci dei singoli, renderlo ancor più relativo di quanto lo sia ora, e lo è già molto vista la logica interpretativa di certa magistratura. Il caso di Eluana è stato emblematico a questo proposito.

        • Andrea ha detto:

          Lieto di averla fatta sorridere, non credo ci siano gli estremi per definire progresso e diritti sociali siano appannaggio esclusivo delle società di ispirazione Cattolica. Senza nulla togliere ai valori espressi dal Cattolicesimo, s’intende.

          Per ciò che riguarda differenza tra norma e comportamento individuale credo di aver chiarito la mia posizione nella risposta a Nofex.

          Lei dice Il diritto è stato creato proprio per impedire i desideri individuali in vista del bene comune”, stiamo appunto discutendo di situazioni in cui un desiderio individuale non impatta sul bene comune.

          • Pino ha detto:

            lei dice “stiamo appunto discutendo di situazioni in cui un desiderio individuale non impatta sul bene comune” questa è una impostazione completamente errata. E’ il tipico modo di ragionale basato sul relativismo etico e cioè: tutte le opzioni etiche sono uguali e, basta che non impattino su di un terzo, vanno bene. Non è vero. Qualsiasi scelta giuridica ha un impatto, non è mai neutra, come lei vuol far credere. Crea una mentalità, un modo di pensare, una moda ideologica. Lei sostiene che l’eutanasia riguarda solo il singolo individuo, non è così, riguarda la socetà ed il bene comune in quanto riguarda il modo in cui viene intesa la vita.

            • Andrea ha detto:

              Probabilmente dissentiamo proprio sul fatto che della vita sia obbligatorio avere tutti la stessa idea. Nella mia ipotesi, che lei non condivide, questa obbligatorietà non è necessaria per viverla appieno ognuno nel senso che le vuole dare e nel reciproco rispetto dei possibili differenti significati. Improrre un un unico significato implica togliere una libertà, che a mio avviso non ha impatti sociali. Se sostiene che legalizzare il suicidio aumenterebbe il numero dei suicidi questa è una tesi di cui possiamo discutere, ma ho già esposto che la mia posizione etica, per quanto relativistica come la bolla lei, mi permette di gestire il trade off tra i desideri delle varie persone nella misuara in cui questi non si intralciano gli uni con gli altri.

              Dice “E’ il tipico modo di ragionale basato sul relativismo etico”, la categorizzazione non scatena in me nè bisogno di difendermi da essa aprioristicamente nè necessità di farmi forte di idee sostenute anche da altri.

              Dice “non è mai neutra, come lei vuol far credere”, io non voglio fare credere niente, semplicemente questa è la mia visione che lei è liberissimo di non condividere, se volessi annoiarmi andrei a discutere solo con persone che sono d’accordo con me…Ma trovo molto più stimolante confrontarmi con lei anche se questo non comporta necessariemente volverla convincere di alcunchè.

      • Nofex ha detto:

        @Andrea.

        Non rispondo sulla prima questione che pone perché non nasce da una mia affermazione e il discorso è formulato non bene. La sua domanda è corretta e mi ritrovo in pieno, non avrei risposto come le è stato risposto.

        Sulla seconda questione le ha invece risposto bene Pino spiegando la differenza tra atto personale (libero) e richiesta di aiuto allo Stato, rendendolo complice in questo modo. Per come lei, Andrea, ha presentato la questione ha dato per implicito che l’uomo possa fare quello che vuole della sua vita e che se qualcuno lo impedisce allora sarebbe un reato contro il suo libero arbitrio. Questo è il principio dell’autodeterminazione radicale. Un principio su cui ci marciano oggi i radicali, confondendo le persone. Nel diritto non esiste questo principio, e di fatti solitamente le persone più accorte fanno notare che è impedito all’uomo di guidare senza allacciare le cinture di sicurezza (e tutte le regole stradali da rispettare). Questa norma serve per salvare la vita del soggetto stesso, anche se lui vuole rischiare la sorte. Oggi non si può entrare in un cantiere senza caschetto. Anche questa è una privazione del libero arbitrio? E possiamo andare avanti per ore.

        • Andrea ha detto:

          Grazie del chiarimento Nofex,
          mi permetto di darti del tu.
          Il mio quesito era più che altro rivolto alla vostra (intendo dei frequentatori di questo sito) maggiore competenza in ambito religioso, sul concetto di libero arbitrio. Volevo innanzitutto capire se ho inteso bene o meno il concetto. Gli aspetti normativi sono comunque importanti ma non animavano il mio interrogativo.

          Corretta l’biezione del caschetto, anche se è un filo diverso paraganonare condizioni di sicurezza generica relative agli infortuni di cui poi si deve far carico la collettività , rispetto a scelte finali.

          la scelta del suicido non ha alcun impatto sul resto della collettività (se non un impatto affettivo), l’avere comportamenti rischiosi che potrebbero non necessariamente condurre alla propria morte, ma anche condurre alla morte di altri, o a generare costi inutili per la società.

          se vado in moto senza casco, vado a sbattere e finisco in un polmone d’acciaio (sto semplificando), la collettività intera dovrà farsi carico della mia incuranza delle regole, se decido di farmi un’iniezione questo non succederà.

          Per ciò che concerne il togliersi la vita direttamente o indirettamente (indipendentemente dalla posizione dello Stato) da un punto di vista logico le cose mi paiono equivalenti posto che io abbia indicato una precisa volontà di farlo qualora il mio corpo si trovasse in condizione di non permettermi di farlo io stesso. QUesto è un problema che a mio avviso va indirizzato a monte dell’aspetto normativo.

          probabilmente sono un “autodeterminista radicale” le definizione mi sono irrilevanti, in quanto non attribuisco nessun aspetto positivo o negativo ad esse se non nella misura in cui se ne evidenzia la logicità o l’illogicità. ed era proprio questo lo scopo delle mie domande.

          • Nofex ha detto:

            Anch’io passo al tu 🙂

            Non avendo molto tempo sintetizzo le obiezioni che sono emerse dal tuo commento.

            1) Tu introduci il concetto del “carico sul resto della collettività”. Ma in realtà il caschetto e la cintura di sicurezza servono innanzitutto a salvare la vita dalla morte e non tanto dall’infortunio. Un mattone che cade sulla testa da 300 metri porta dritti alla morte, lo stesso uno schianto a 90 all’ora contro un muro. A meno che si abbia casco o cintura. Inoltre esistono tantissime persone che vogliono suicidarsi e non ci riescono, diventando disabili. Insomma lo Stato tutela la vita dei cittadini anche se loro per primi non vogliono essere così cauti sulla loro vita, dunque l’autodeterminazione non rientra nel diritto. Per un approfondimento da parte di giuristi ed esperti: http://www.dimt.it/interna.php?id_sezione=32&id_articolo=246&noNav=, http://www.avvenire.it/Dossier/fine%20vita/interviste/Pagine/il%20giurista_201103080746575470000_201103080751000900000.aspx e http://www.ilgiornaledibioetica.com/?p=1324

            2) Introduci il tema del testamento biologico dicendo: “posto che io abbia indicato una precisa volontà di farlo qualora il mio corpo si trovasse in condizione di non permettermi di farlo io stesso”. Vero, però sorge un problema fondamentale: si sta decidendo ora per allora e questo non ha validità e sopratutto è pericolosissimo. Questa storia emblematica dovrebbe farti capire perché: https://www.uccronline.it/2010/07/15/cambia-idea-batte-le-palpebre-e-si-salva-il-testamento-biologico-e-pericoloso/ Lui è riuscito a comunicarlo…., un colpo di fortuna incredibile…e tutti gli altri? E lui allora: http://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/articoli/articolo466795.shtml , sentiva tutto eppure non riusciva a comunicarlo. Se avesse firmato un testamento quando era giovane e forte? La verità è che la gente cambia idea, l’attaccamento alla vita prevale, anche in una situazione che ora ci sembra non dignitosa si trova la ragione di vivere, la positività della vita. Il testamento è uno strumento pericolosissimo e contro la libertà dell’uomo, che viene imprigionato ad una decisione presa anni prima e che vorrebbe cambiare e non può più farlo.

            • Andrea ha detto:

              Nofex:

              1) riguardo a questo punto distinguerei la questione morale da quella del diritto, ossia, se come indica il primo articolo citato, non è vero che il diritto garantisca ad ogni cittadino la propria libertà purchè questa non intacchi quelle degli altri (vedi l’esempio del lavoratore h24) , ne prendo atto ma non è detto che ciò sia moralmente corretto. L’esempio del lavoratore H24 è interessante, ma non si citano altre cause fondanti di questo tipo di legislazione, una società in cui fosse consentito lavorare h24 ai dipendenti probabilmente farebbe molta fatica a normare la distinzione tra possibilità e obbligo da parte del datore di lavoro, e comunque il costo sociale della salute del lavoratore sovraffaticato rimane. E’ vero che esistono persone che vogliono suicidarsi e falliscono, bisognerebbe capire se potendolo fare senza essere costretti a ricorrere a stratagemmi eliminerebbe i falsi positivi, e il loro effetto sulla società…

              2) “però sorge un problema fondamentale: si sta decidendo ora per allora e questo non ha validità e sopratutto è pericolosissimo. ” ho analizzato il tuo esempio è chiaro che il mio si riferiva a casi in cui non sia esprimibile alcun tipo di volontà da parte dell’interessato nel momeno in cui l’atto deve essere compiuto. Se ciò fosse possibile starebbe a lui ovviamente riprendere in mano il discorso. e qui sta probabilmente il nocciolo del nostro disaccordo. Immagino che tu diresti che siccome nulla è impossibile non posso escludere che chicchessia prima o poi riapra gli occhi e quindi è meglio tenere in vita tutti. Il mio approccio invece è, se c’è una ragionevole improbabilità che ciò avvenga non ha senso ostacolare l’ultimo desiderio espresso dal malato. Medierei introducendo la seguente clausola. il malato indica anche una deadline temporale in testamento: ” se non mi sveglio o non do segni di vita entro x (giorni, mesi, anni) procedete come da mie indicazionie”. Credo che quest’ultimo sarebbe un approccio molto equilibrato.

              Grazie mille dei link, tutti molto interessanti.

              • Nofex ha detto:

                E’ molto difficile dialogare con te perché ad ogni commento bisogna ricominciare da capo, come se non facessimo mai dei passi.

                1) L’esempio del lavoratore 24h serve solo a dire che non esiste l’autodeterminazione totale. Tu lo smonti dicendo che le cause di questa accortezza dello stato sarebbero altre e non tanto la salute del lavoratore. Peccato che poco sopra avessimo già appurato che c’è invece la preoccupazione dello Stato alla salute e alla vita dei cittadini. Richiamo dunque l’esempio delle cinture di sicurezza, del caschetto, della sicurezza casalinga (impianti a norma, balconi a norma ecc..). Dunque la questione mi pare chiusa, anche se hai tentato di dire che l’obbligo delle cinture di sicurezza serve ad evitare infortuni per non essere un peso sulla società, quando invece è chiaro che serve a salvare la vita. E un morto costa ancora meno alla società di un vivo e sano.

                2) Il tuo approccio non tiene conto dell’esempio che ti ho fatto: https://www.uccronline.it/2010/07/15/cambia-idea-batte-le-palpebre-e-si-salva-il-testamento-biologico-e-pericoloso/, ovvero un malato dato per spacciato, senza alcuna probabilità di riprendersi. Se fosse per te sarebbe morto. E come la sua ci sono tantissime altre storie, basta che vai su google e scrivi “risvegli coma o stato vegetativo”. Troverai di tutto e di più. Mi pare anche che tu sostenga che non staccare la spina a queste persone sia accanimento terapeutico. Invece non è affatto vero, li si accompagna alla morte naturale, si usano i palliativi che oggi sono al massimo sviluppo (nessuno sente più dolore fisico) e si sospendono le cure invasive e di accanimento. Rimane l’alimentazione e l’idratazione (so bene che ora aprirai il file “alimentazione come terapia” ecc.., ma sono pronto anche su questo 😉 ).

                Ti chiedo solo di aiutarci a fare dei passi in avanti. Se abbiamo capito che la questione “autodeterminazione totale” e “ognuno è libero di fare quello che vuole della sua vita” non esiste, non tiriamola più fuori. Ok?

                • Andrea ha detto:

                  no vabbè allora davvero non ci capiamo.

                  2) era proprio a quell’esempio che facevo riferimento. ritengo che la scelta di far indicare un termine entro cui esercitare quella scelta per suo conto al malato stesso, fatta salva la possibilità, in caso di recupero di capacità comunicativa,di recedere egli stesso, sia l’opzione migliore.

                  Non puoi presumere che una discussione faccia un passo avanti solo quando si va nella direzione che hai già deciso dovrebbe prendere.
                  Dici: “Mi pare anche che tu sostenga che non staccare la spina a queste persone sia accanimento terapeutico”,

                  rispondo: esatto non staccare la spina, nei casi in cui loro hanno esplicitamente chiesto di staccarla entro un certo termine in assenza di segni vitali , è accanimento terapeutico.

                  Non sei d’accordo? Ok, ma non dire che sto girando intorno al problema.

                  • Nofex ha detto:

                    Andrea, ma cosa ne sai tu ora di cosa ti succederà fra 10 minuti? Capisci che è un discorso un po’ assurdo? Sei tu che decidi così su due piedi quanto tempo lasciare passare prima che ti facciano fuori in un caso ipotetico di incidente? Sono cose che non stanno né in cielo né in terra secondo me. Pensa se quel tizio del link che ti ho citato avesse messo 6 mesi. Ora sarebbe morto, e invece è vivo e vegeto perché per sua fortuna tu non sei il ministro della salute inglese 😉

                    Sempre in quel caso: è accanimento averlo tenuto in vita? Bene, grazie a quell’accanimento (parolina magica che ha sostituito il “prendersi cura del malato”) ora è vivo e ha ripreso a comunicare.

                    Non c’è nessun testamento che tenga perché si sta ragionando ora per allora, ma l’uomo non sa cosa gli accadrà fra 50 secondi, cosa starà pensando, che sensazioni proverà ecc.. Figuriamoci se può sapere come starà fra anni in un contesto totalmente diverso. Il testamento è una prigione pericolosissima e non tanti se ne rendono conto.

                    • Andrea ha detto:

                      Oh questa è un obiezione che mi piace…
                      Allora senti come ti rispondo. Correttissimo, nel mio caso ti assicuro che preferisco che il costo opportunità di salvare altre vite da morte certa (donando i miei organi) più che compensa la possibilità (remota) che io torni in vita dopo x giorni. Dove X è la quantità che stabilirei senza alcuna difficoltà per me stesso…

                      Ho inventato l’altruismo ateo? Se vuoi ne parliamo 😉

                    • Andrea ha detto:

                      scusa rifraso (scusate tutti ogni tanto mi faccio prendere dalla foga)

                      Correttissimo, nel mio caso ti assicuro mi sento di affermare che il costo opportunità di salvare altre vite da morte certa (donando i miei organi) più che compensi la possibilità (remota) che io torni in vita dopo x giorni. Dove X è la quantità che stabilirei senza alcuna difficoltà per me stesso

                    • Antonio72 ha detto:

                      Il problema si impone quando questo tuo nobile pensiero venga in mente a qualcun’altro…

                    • Andrea ha detto:

                      Antonio72, Cosa intendi per qualcun’altro, mi spiego meglio, il caso che “voi” sponsorizzate (perdonate la semplificazione) diverrebbe semplicemente un sottocaso del mio, in cui ponete X = infinito

                    • Andrea ha detto:

                      Basterebbe imporre che chi setta X ad un valore inferiore ad infinito debba poi obbligatoriamente consentire a donare gli organi… e avremmo il meglio dei due mondi non sei d’accordo?

                    • Nofex ha detto:

                      E se cambiasse idea e non potesse essere più in grado di comunicarlo?

                      “Fatti suoi”, diresti tu. Giusto?

                    • Andrea ha detto:

                      Diciamola meglio , visto che nessuno gli ha detto di settare x diverso da infinito (nella mia ipotesi in cui supponevo di lasciare alla scelta di ognuno la valorizzazione del tempo in cui verificare se si è ancora in vita), se gli viene il tuo dubbio può settarlo uguale a infinito e il problema è risolto…

                      Se il dubbio gli viene dopo, la mia risposta sarebbe: la vita è già piena di dubbi la cui risposta deve essere anticipata per garantire la nostra sopravvivenza, non sarà questo remoto accadimento a stravolgere le cose.

                    • Marco ha detto:

                      Tu setti oggi per domandi. Il problema non cambia…domani hai già cambiato idea e però non puoi più comunicarlo…

                    • Nofex ha detto:

                      La vita è piena di dubbi per alcuni, per altri no. La decisione “ora per allora” è pericolosa, come dimostra sempre il solito caso da cui ti rifiuti di partire: https://www.uccronline.it/2010/07/15/cambia-idea-batte-le-palpebre-e-si-salva-il-testamento-biologico-e-pericoloso/

                      Se fosse per te, il nostro amico Richard sarebbe morto.

                    • Andrea ha detto:

                      Se piena di dubbi per alcuni e per altri no perchè volete imporre la visione di questi ultimi a tutti, posto che la visione dei primi per come l’ho proposta io non altera invece quella dei secondi? O meglio non li costringe ad agire in modo diverso da come avrebbero voluto?

                      Io ritengo di avere il diritto di dire oggi in quali condizioni vorrò esercitare o non esercitare una scelta domani (anche se esercitata da altri per mio conto), non sto dicendo che è obbligatorio, sto dicendo che una soluzione tecnica che permettesse entrambe le cose (sospensione ad infinito e cessazione a termine) mi sembra molto più sensata ed equilibrata di una soluzione che obblighi tutti ad un unico modo di vedere le cose.

                      Nofex non continuare a dirmi che non cito il caso, dico solo che se ci fosse stata una norma come quella che ipotizzo io la persona in questione sarebbe sopravvissuta, non mettermi in bocca concetti che non ho espresso.

                    • Nofex ha detto:

                      Nessuna imposizione da parte mia, ho solo specificato che non è corretto da parte generalizzare sul fatto che tutti abbiano dubbi. Alcuni li hanno, altri no. Punto.

                      Tu avresti anche il diritto di farti bastonare a morte, eppure è reato. Secondo il tuo punto di vista dovresti avere miliardi di diritti che non sono previsti dalla legge: guidare senza cinture, in cantiere senza casco e così via……ma il tuo desiderio non è un diritto automaticamente, per fortuna. Inoltre, sottoscrivendo come vorresti morire in caso di stato vegetativo stai impedendo il diritto di cambiare idea, infatti non potrai più esprimere tale volontà rimanendo imprigionato nella tua decisione di anni e anni prima.

                      Ti ricordo che nel caso continuamente citato e che tu vuoi evitare, il soggetto aveva firmato il testamento biologico, aveva espresso una chiara volontà. Eppure ha cambiato idea…lui è riuscito a salvarsi perché è riuscito a comunicarlo, tanti altri no.

                • Andrea ha detto:

                  IL fatto che una discussione debba necessariamente concludersi con una verità assoluta non è un pre-requisito della discussione stessa, almeno non lo è per me. Non escludo che possa succedere ma se non succede, non è necessariamente colpa di uno degli interlocutori o d’entrambi.

          • Antonio72 ha detto:

            La scelta individuale del suicidio non avrà un impatto sulla società, ma il diritto sancito legalmente, non dico pubblicizzato anche se non si sa mai, a ricorrere all’opzione suicidiaria, può avere un impatto sui comportamenti dei singoli individui e quindi sulla società?
            In poche parole, rovesciando i termini e sfruttando una similitudine, il divieto di fumo nei luoghi pubblici e quindi anche sul posto di lavoro, non solo ha inevitabilmente mutato i comportamenti individuali, ma anche, secondo me, diffuso una benefica etica antifumo, che ha favorito e favorisce i non fumatori e forza la mano ai fumatori. Ed è anche questo il compito dello Stato, cioè tutelare la salute pubblica. Ma come può essere tutelata la salute pubblica quando lo Stato stesso promuove l’uso di pillole terminanti al posto di quelle antidepressive? Non è quindi tanto la scelta individuale di terminarsi quello che preoccupa, ma l’avvallo statale, la controfirma del notaio, la ricetta medica, la validità ufficiale e legale di quel gesto disumano (perchè se non considera disumano il suicidio allora lasciamo perdere tutto). Aggiungiamo che non stiamo attraversando esattamente un periodo congiunturale allegro e quindi che le speranze in un futuro decente si stanno via via affievolendo e che le persone più deboli e sole sono più portate a ricorrere al gesto estremo, ne viene una sorta di selezione naturale, innaturale e premeditata. E forse anche una specie di mutazione genetica culturale..

            • Andrea ha detto:

              Antonio la tua riflessione è interessantissima e mette sul piatto una nuova prospettiva, e diversi nuovi elementi su cui non avevo riflettuto.

              Nel caso del fumo abbiamo una scelta personale che tuttavia ha impatti anche diretti sulla salute degli altri oltre che della propria, inoltre in questo caso (perdonami lo sfogo materialista), il costo sociale del fumo è comunque alto in termini di cure, prima della (eventuale) morte.

              Distinguerei tra promozione e ammissione di possibilità, mi sembra di capire che tu sollevi un sospetto di possibile correlazione tra possibilità di suicidio legalizzata e sponsorship statale del suicidio stesso.

              Non so se abbiamo i mezzi per ipotizzarla, è un po’ come la correlazione tra libertà dell’uso degli stupefacenti e ricorso agli stessi, il proibizionismo ad esempio aumentò i tassi di consumo reale (certo sottobanco e illegale) di alcool negli Stati Uniti, difficile fare una simile trasfigurazione sui dati relativi ai suicidi

              Anche il discorso della mutazione genetica e culturale è interessante, bisognerebbe capire se in una società a suicidio libero tale suicidio, nelle persone che desiderassero esercitarlo avverrebbe tendenzialmente prima o dopo l’età riproduttiva. Gli effetti genetici di una simile selezione potrebbero stupirci (metti che i tendenti al suicidio si escludessero automaticamente dal pool genico…).

              Sul termine “disumano” comprendo la tua perplessità, e l’argomento è delicato. Però per quanto mi riguarda il dubbio rimane, la possibilità di compiere in autonomia un gesto, anche disumano, ma che lede solo me dovrebbe davvero essermi negata a priori? Tu da credente (se non lo sei perdonami la semplificazione) non ritieni che sarebbe opportuno attribuire a Dio il compito di giudicare nella sede opportuna tale azione? Piuttosto che anticipare ad un tribunale umano (anche se nella forma di legge agisce ex-ante)?

              “Aggiungiamo che non stiamo attraversando esattamente un periodo congiunturale allegro e quindi che le speranze in un futuro decente si stanno via via affievolendo e che le persone più deboli e sole sono più portate a ricorrere al gesto estremo”. Non voglio fare il noioso, ma ci sono dati a supporto di questa tesi? (non lo chiedo perchè sospetto che non ce ne siano, semplicemente non lo so), di primo acchito sarei più portato a sospettare che ci siano più suicidi tra le persone annoiate e depresse ma senza problemi economici piuttosto che tra quelle che rispecchiano la tua definizione di debolezza (ma potrei sbagliarmi, lo ripeto, non sono informato).

              • Antonio72 ha detto:

                Io non nego il libero arbitrio, chiunque è libero anche di gettarsi in un fosso. Tuttavia ritengo pericolosa un’etica che elevi questo gesto a diritto universale e naturale, persino nobile! E siccome, ho avuto una discussione su un blog di La Repubblica, constato con dispiacere che i semi di questa cultura sono già sparsi e che non rimane altro che innaffiare il terreno. Ma che sia addirittura lo Stato italiano che si metta ad irrigare, questo lo ritengo inaccettabile. Puoi buttarti da un ponte, se vuoi, ma lo fai di nascosto, consapevole che il tuo gesto è condannato dalla società umana, perchè è un gesto contro l’uomo, non solo contro Dio, mi capisci, ma proprio contro l’umanità.

                PS
                I 2/3 dei suicidi sono commessi da giovani e giovanissimi, la cui mente, ne converrai, è di certo più vulnerabile ai condizionamenti ambientali, talvolta ai plagi, di quella degli adulti.
                Lo saprai di certo il caso dell’opera di Goethe “I dolori del giovane Werther”. Quando all’epoca uscì il romanzo vi fu una generale emulazione del Werther dato che la cronaca registrò una serie di suicidi giovanili.
                Nei primi dell’ottocento in Russia, quando si diffusero le idee nichiliste, si ebbe una vera e propria epidemia di suicidi.

                • Andrea ha detto:

                  Comprendo perfettamente anche se non condivido la prima parte. Continuo a non dare per scontata l’equazione Consentire=Irrigare, non lo considero necessariamente nobile e non considero che si tratti di un gesto contro l’umanità, credo che questo scoglio ci abbia portati alla radice della differenza delle nostre posizioni, che non è probabilmente indagabile ulteriormente.

                  Sulla seconda prendo atto del dato, dovremmo capire se la mente giovane nella sua immaturità tenderebbe a suicidarsi di più solo perchè il fenomeno viene legalizzato (rispetto a continuare a farlo in modi illegali che non possono essere comunque impediti, a meno di inventare la “pre-crimine” del noto film di fantascienza).

                  Nel caso dei “Dolori” Ti confesso di aver pensato al suicidio già durante la lettura del libro, diciamo che a quell’età ero poco avvezzo a quel tipo di lettura indipendentemente dai contenuti…

                  Sul dato Russo non posso commentare, però anche qui non confonderei la possibilità di suicidio (che esiste comunque a livello illegale e con costi più altri per la società) con l’ inno al suicidio.

                  Ripeto sono questione delicate che vanno al nocciolo della sensibilità di ognuno.

                  • Antonio72 ha detto:

                    Ma non è la legalizzazione in sè, ma è il presupposto che porta alla legalizzazione, o se vuoi, il messaggio che lo Stato diffonde alla società civile. Non c’entra nulla la sensibilità individuale con questo ragionamento, perchè l’operazione di voler separare l’individuo dalla società è sbagliata come quella di voler rendere indipendenti gli organismi biologici con l’ambiente naturale.
                    L’ambiente culturale incide sulle scelte individuali, tanto che non credo che si possa parlare in senso stretto di scelta indipendente, quando si conformi alla cultura generale. Anzi semmai la vera scelta pura ed indipendente che si impone alla società è proprio quella del suicida, oggi. Quando il suicidio sarà legalizzato o meglio normato, non avrà più senso parlare di scelta indipendente. Se oggi ti metti a fumare dove è vietato è una tua scelta individuale contraria alla legge, ma qualora venisse legalizzato il fumo in quello stesso ambiente, fumi te, come fumano tutti. Ha ancora senso parlare di scelta libera ed indipendente! La vera libertà individuale si esprime sempre contro una coercizione esterna, che sia anche una legge scritta. Se giro in moto senza casco sono libero, in quanto esercito il mio libero arbitrio (appunto arbitriariamente). Nel cristianesimo il libero arbitrio è inteso come libertà di scegliere il bene o il male, ma mentre se scelgo il primo mi conformo alla dottrina cristiana, scegliendo il male mi oppongo e quindi, impongo la mia individualità, e la mia personalità, il mio egocentrismo schiacciano l’insegnamento che vuole il bene comune.
                    Ma se paradossalmente il cristianesimo predicasse il male, avverrebbe esattamente l’opposto. Non so se mi sono spiegato bene…

                    • Andrea ha detto:

                      Ottima risposta,
                      mi sembra chiaro che ciò che tu percepisci come necessariamente collegato, nella mia forma mentis si traduce semplicemente in un discorso di trade-off o costi/benefici.

                      Con riferimento specifico a questa frase> “Se oggi ti metti a fumare dove è vietato è una tua scelta individuale contraria alla legge, ma qualora venisse legalizzato il fumo in quello stesso ambiente, fumi te, come fumano tutti ”

                      non sono sicuro che vi sia una netta correlazione tra impedimento e tendenza esclusiva a perpetrare uno specifico atto, e nel caso del fumo vi si aggiunge il danno fisico a terzi che by definition il suicidio non comporta. Per tornare al tuo paragone, credo inoltre che in una societa’ dove vi e’ opportuna educazione civica la stessa necessita’ del casco potrebbe essere lasciata alla liberta’ del singolo (così come avviene in alcuni stati USA), e questo vale probabilmente anche per il fumo. L’unico motivo per cui potrei continuare a sostenere l’obbligatorietà del casco sarebbe legato ai costi sociali del curare chi si è fatto male senza morire, cosa che non si applica a chi ha deciso di suicidarsi (e posto che il suicidio sia legale, non ha sbagliato a suicidarsi perchè gliene ho fornito correttamente i mezzi). Mentre come già detto sul fumo impattano i discorsi relativi al fumo passivo, e alle patologie coronariche e polmonari che hanno un altissimo costo sociale prima di condurre (nel peggiore dei casi) alla morte.

                      Capisco che possa sembrare un discorso molto crudo in ottica cristiana, tuttavia non sono qui per essere giudicato, ma solo per esporre la mia visione, condivisibile o meno che sia, e per soddisfare la curiosità di conoscere la vostra e le motivazioni che la sottendono.

                      E’ quindi alla luce delle precedenti affermazioni che non riconosco nel diritto di esercitare il suicido una minaccia per il bene comune (sotto forma di emulazione o altro), non condividendo quindi questa tua ulteriore affermazione “Nel cristianesimo il libero arbitrio è inteso come libertà di scegliere il bene o il male, ma mentre se scelgo il primo mi conformo alla dottrina cristiana, scegliendo il male mi oppongo e quindi, impongo la mia individualità, e la mia personalità, il mio egocentrismo schiacciano l’insegnamento che vuole il bene comune.”

                      Mi spiego meglio, la condivido nel senso che apprendo che tale sia la visione cristiana, non la condivido personalmente perchè non accetto l’universalità dell’uguaglianza tra destino personale e bene comune.

                      Grazie per l’ottima esposizione del punto di vista cristiano.

                    • Andrea ha detto:

                      Vorrei essere ancora più chiaro,
                      quand’anche fosse verificabile che una legalizzazione del suicidio potesse contribuire in un delta aggiuntivo y al numero dei suicidi, posto che nella mia ipotesi y sarebbe contenuto (è da dimostrare che non lo sia) , ritengo che sarebbe più corretto indirizzare quel delta con mezzi di convincimento etico (magari anche attraverso la dottrina cristiana) piuttosto che togliere anche ad una sola persona la possibilità di suicidarsi legalmente (o ad una sola persona la possibilità di suicidarsi del tutto, posto che abbia senso il suicidio programmato che ha scatenato questo intero discorso).

                      Anche qui siamo di fronte quindi nel mio approccio al ragionamento ad una serie di trade-off che scelgo di gestire nel modo indicato.

                    • Nofex ha detto:

                      In realtà c’è sempre una relazione tra liberalizzazione e aumento, il divorzio è lì come esempio. Ha ragione Antonio72: se venisse abolita la legge di fumo nei luoghi chiusi, tutti fumerebbero nei luoghi chiusi. Non penso che si possa ragionevolmente ipotizzare altro.

                      Poi ti concentri sul casco, definendo “incivili” le società che lo ritengono obbligatorio (ovvero tutte). E almeno è un passo avanti di oggi. Rimangono tutti gli altri infiniti casi: nuoto con bandiera rossa, balconi troppo bassi in casa, caschetto nei cantieri, cinture di sicurezza, divieto per certo tipo di persone sulle giostre ecc… e non è -come vuoi far credere tu- per non causare un danno alla società ma è per salvare la vita di queste persone, anche se loro hanno poca attenzione di loro stesse.

                      Negando infine la validità della vita come bene indisponibile, di fatto ti poni contro ogni tipo di sicurezza verso la persona. Lentamente ti stai accorgendo di essere quello che un tempo veniva definito l’anarchico.

                    • Andrea ha detto:

                      Continuo a negare la validità della vita come bene indisponibile, ma la tua “diagnosi di anarchia” non basterà ad indurmi al suicidio per dimostrarti il contrario 😉

                      Non capisco come obietteresti però al fatto che un’educazione sfavorevole al suicidio sarebbe possibilissima in un mondo che lo consentisse….

                      Ora se il fumo uccidesse all’istante solo chi fuma, non costasse alla società, io sarei per la libertà di fumare posto che si venga informati sulle conseguenze….

                      Ohh guarda un po’ con le mie ipotesi fumare equivale a buttarsi dal balcone… e Tutto torna…

                    • Marco ha detto:

                      “continuo a negare la validità della vita come bene indisponibile
                      Hai tutto il diritto, ma lo Stato non cambia idea perché la cambi tu 🙂

                      “un’educazione sfavorevole al suicidio sarebbe possibilissima in un mondo che lo consentisse”
                      Sarebbe contraddittorio, così come è contraddittorio mettere le faccette di morte sulle sigarette e poi venderle al tabaccaio. Inoltre il suicidio è sempre permesso. Ti vuoi buttare dal ponte? E chi te lo impedisce? Basta che non ti veda nessuno…

                      “io sarei per la libertà di fumare posto che si venga informati sulle conseguenze”
                      Quindi basta legge sulle cinture di sicurezza, basta la pubblicità che dice che se non le metti muori. E’ questo il ragionamento?

                    • Andrea ha detto:

                      il divorzio non è un grande esempio, se il benessere di una coppia si misura sull’affetto e non sullo stato anagrafico…

                      il caschetto in cantiere è qualcosa che qualunque operaio mette senza essere costretto, se mai è la sua indisponibilità a creare rischi… Non l’assenza di obbligo. E come negli altri casi in aggiunta a ciò il suo mancato uso , comporta sia un costo sociale, nella gestione dell’infortunato, che economico, all’azienda nel blocco delle attività e nella (eventuale, ma speriamo non definitiva, perchè non siamo sadici) perdita di una risorsa umana competente.

                    • Marco ha detto:

                      “il caschetto in cantiere è qualcosa che qualunque operaio mette senza essere costretto
                      Falso: http://www.edilportale.com/news/2010/10/normativa/sicurezza-sul-lavoro-coordinatore-sempre-obbligatorio-nei-cantieri-con-pi%C3%B9-imprese_20221_15.html

                      “in aggiunta a ciò il suo mancato uso , comporta sia un costo sociale, nella gestione dell’infortunato, che economico, all’azienda nel blocco delle attività e nella (eventuale, ma speriamo non definitiva, perchè non siamo sadici) perdita di una risorsa umana competente”
                      Falso: la sicurezza personale è basata sulla conservazione della vita, così vale nell’antinfortunistica, così vale nel regolamento stradale e in tantissimi altri esempi che Nofex ti sta riportando da giorni e che tu vuoi evitare. Il governo tiene alla tua vita, anche se non vali nulla: http://www.governodeigiovani.it/2010/10/1/guidare-sicuri-una-campagna-per-la-vita.aspx

                    • Nofex ha detto:

                      Dai Andrea, ancora con questo costo sociale?

                      Dunque tu sostieni veramente che la legge sul caschetto, sulle cinture di sicurezza, sul balcone adeguato del 200° piano ecc, non sia innanzitutto per salvaguardare la vita ma solo per non creare infortuni e quindi lo Stato farebbe questo per non spendere soldi in un invalido?

                      Rispondi si o no.

                    • Antonio72 ha detto:

                      @Andrea

                      Credo che la sostanziale differenza tra noi sia il diverso valore che assegnamo all’etica, che per te rappresenta un necessario effetto del rapporto costi/benefici, mentre per me dovrebbe avere una radice molto più salda, ed in effetti, almeno sulla Carta (intendo quella costituzionale) pare che sia così.
                      Ma prendiamo l’etica variabile in relazione alla mutevolezza dei costi/benefici. Ne converrai che questa proporzione in un sistema di libero mercato, e per di più globalizzato, è soggetta a condizioni difficilmente prevedibili, tipo quelle meteorologiche (dico così perchè i fatti ci dimostrano che le scienze economiche non sono scienze, almeno non come la fisica).
                      In ogni caso l’etica, intesa in questo senso, sarebbe un sottoprodotto del processo storico e quindi paradossalmente potrebbe prendere direzioni opposte a quella iniziali.
                      Faccio un esempio. Prendiamo l’articolo uno della Costituzione, quello della Repubblica fondata sul lavoro. E’ ovvio che secondo le inflessibili leggi del mercato questa definizione non ha proprio senso. Il lavoro sappiamo che è una merce come qualsiasi altra, con un suo prezzo stabilito dal mercato, esattamente come per tutte le altre merci, né più né meno (e le conseguenze le stiamo subendo sulla nostra pelle). Ma allora erano totalmente folli i padri costituenti a vergare un articolo del genere? Secondo me no; evidentemente l’etica della società di allora era completamente diversa da quella odierna. Nel caso specifico, credo che il lavoro fosse considerato una componente fondamentale per la dignità dell’uomo e direi anche della sua famiglia. Sappiamo infatti che in una società industrializzata e capitalista, disoccupazione significa fame, pressapoco. Non a caso è uno degli indicatori che preoccupano di più perchè causa instabilità sociale, anche grave, che può sfociare in rabbia più o meno espressa. Ma forse vogliamo dire che oggi non sia più così, ovvero che il lavoro non sia poi così fondamentale per la nostra Repubblica? La risposta è ovviamente: no! Eppure il lavoro di oggi è diverso, e viene percepito diversamente, da quello di ieri, questo è innegabile. E’ proprio perchè il mondo è cambiato. Vi è quindi una sorta di etica a doppio binario: quella dell’uomo che ritiene il lavoro un suo diritto naturale, diciamo così, e quindi immutato ed immutabile, e l’etica del mondo globalizzato, derivata da altri fattori che non riguardano né l’uomo né la sua dignità. A meno che non si creda che la dignità dell’uomo sia monetizzabile.
                      Ora, prendiamo il caso del suicida. Quello che preoccupa, come già detto, non è tanto il suicidio in sè (volevo dire preoccupa, ma non nel senso che dico ora), piuttosto l’etica suicida (la chiamo così per semplificare) che vuole, e guarda caso proprio al contrario del lavoro, assegnare all’atto suicidiario un’etichetta di legalità e quindi di rispettabilità. Il candidato suicida allora si dovrà attenere scrupolosamente all’iter burocatrico, perchè qualche iter dovrà pur esserci, necessario per espletare la sua “pratica”. Magari passando dal notaio, visto che quest’ultimo è il burocrate naturale dei trapassi. Poi si recherà sul luogo della terminazione, o la clinica del trapasso o come si chiamerà, già pronto ovviamente per il trasferimento al campo santo (se glielo permettono), ovvero tirato a lucido e con il vestito di alta sartoria fatto su misura. Non si sa se accompagnato o meno dai familiari, al limite prenderà il treno e farà il suo bel figurone di cadavere ambulante, o se gli va bene, lo prenderanno per il controllore, sperando che non incontri qualcuno di sua conoscenza, altrimenti sarà costretto a parlare del più o del meno, forse della partita di Champions League della sera precedente o di altre amenità. Cmq, tornando alla clinica degli orrori, il nostro si presenterà con il suo bel certificato su carta bollata e probabilmente, visti i tempi che corrono, anche con la ricevuta postale della tassa pagata, ecc..
                      Forse gli toccherà anche aspettare il suo turno, e fare anticamera in mezzo ad altri aspiranti suicidi, mentre osserva la camera post-terminazione con la sua bara già bell’è pronta. Ovviamente la conversazione non sarà delle più allegre, anche perchè è facile che nel frattempo gli sfili davanti qualche cassa già chiusa e pronta per il trasferimento diretto alla camera ardente, dove nel frattempo familiari e conoscenti attendono angosciati, disperati oppure sollevati o addirittura impazienti (insomma come in tutte le camere ardenti che si rispettano).
                      Vi potrà essere il malaugurato intoppo che ai residenti dei dintorni della clinica dia fastidio quel via vai continuo di bare, e di carri funebri fermi ad aspettare vicino alla fermata dello scuolabus. E allora al personale sanitario (si fa per dire) toccherà accamparsi negli ampi parcheggi dei centri commerciali (è successo veramente in Svizzera).

                    • Andrea ha detto:

                      Non ce la faccio, mi lacrima il monitor.. 😉 (no, non è un miracolo)
                      vi rispondo domani.

                    • Andrea ha detto:

                      Nofex, non credo che il costo sociale sia il motivo per cui lo Stato fa certe scelte, per quanto spregevole possa sembrarti è quello in base al quale (insieme ad altri fattori) legifererei io su queste materie, seguendo il criterio seguente.
                      “A parità di altri fattori, io Stato limiterei la scelta di nuocere (solamente) a se stesso, di ogni cittadino, solo nella misura in cui ciò costituisse un costo sociale per gli altri, posto che sulla base dei valori etici correnti, abbia comunque senso sforzarmi di educare le persone al valore della propria vita, ma SENZA COSTRINGERLE A RISPETTARLO”

                    • Nofex ha detto:

                      Benissimo….passo in avanti!!! Lo Stato non agisce con il criterio del costo sociale ma con il criterio di preservare la vita dei cittadini!!!! OTTIMO!!

                      Ora andiamo avanti finalmente…..tu non sei d’accordo. Benissimo, domandati perché. Non ti viene il sospetto che evidentemente se si è giunti a questo è perché il semplice buon senso ed educazione sono falliti?

                      Riconosci di essere anarchico? http://it.wikipedia.org/wiki/Anarchia

                    • Karma ha detto:

                      “Nofex, non credo che il costo sociale sia il motivo per cui lo Stato fa certe scelte”

                      Eppure, poco sopra Andrea dicevi: “il mancato uso del caschetto comporta sia un costo sociale, nella gestione dell’infortunato, che economico, all’azienda nel blocco delle attività e nella (eventuale, ma speriamo non definitiva, perchè non siamo sadici) perdita di una risorsa umana competente”. https://www.uccronline.it/2011/12/03/il-laico-giuliano-ferrara-%C2%ABil-suicidio-assistito-usato-contro-il-cristianesimo%C2%BB/#comment-36262

                      Dunque poco tempo fa ritenevi che l’obbligo del caschetto avesse motivi legati esclusivamente al costo sociale di un invalido ecc…

                    • Andrea ha detto:

                      @ Marco, scusa il tuo link testimonia solo il perchè lo Stato prende certe decisioni, ma io sono partito dall’assunto che le prenderei a mia volta ma con premesse diverse. Se lo Stato fa mettere il caschetto per motivi diversi dal costo sociale del non metterlo va benissimo, io sto sostenendo, per quanto in modo da te considerato spregevole, che A PARITA’ DI ALTRI FATTORI (assimilabili a quello di buttarsi da un ponte di nascosto come di ci tu, ma io aggiungerei di nascosto da un bambino se mai…) vorrei disporre della mia vita come meglio credo. Non mettere il caschetto non è assimilabile al buttarsi da un ponte. Io mi riferivo alle casistiche assimilabili. e quindi ipotizzavo delle condizioni aggiuntive in cui non metterlo sarebbe assimilabile all’accadimento del ponte.

                      Continuo ad essere convinto che, a parità di altri fattori l’obbligo di non buttarsi da un ponte (ammesso che sia postulabile) sarebbe una stupidaggine, se mi possiamo educare le persone a non farlo. Se non mettere il caschetto avesse conseguenze assimilabili (ma non lo ha per i criteri che ho esposto sopra) anche in quel caso basterebbe l’educazione, senza che fosse necessario l’obbligo.

                    • Marco ha detto:

                      Tu vorresti disporre della tua vita come credi, ma lo Stato te lo impedisce obbligandoti al caschetto, alle cinture di sicurezza ecc……..è inutile che ti impunti e cerchi scappatoie 😉
                      Tu sarai sempre libero di entrare di nascosto in un cantiere e cercare un mattone che ti cada in testa per morire sul colpo, così come potrai cercare un ponte isolato per buttarti giù o uscire di notte con l’auto senza cinture cercando di non essere fermati dalla polizia e spiaccicarti contro un muro. L’uomo è dotato di libero arbitrio. Ma lo Stato non riconosce l’autodeterminazione totale quindi se ti trova senza cinture ti ferma e ti ritira la patente, se tenti il suicidio vieni fermato e seguito da uno psicologo, se sei in cantiere senza casco vieni multato e licenziato, se fai il bagno con la bandiera rossa vieni multato e anche arrestato delle volte, se non sistemi l’impianto di casa tua e non la metti in sicurezza non ci puoi più abitare e così via. L’anarchia è sempre stata vista come posizione pericolosa per la società e per gli altri cittadini, e io sono completamente d’accordo. In fondo con il tuo ragionamento si arriverebbe a legalizzare ogni tipo di droga, la pedofilia, l’omicidio ecc….in fondo basta l’educazione, no? Se funziona evitando che si faccia del male a sé perché non dovrebbe funzionare per quegli atti che ledono gli altri? Non ci siamo proprio Andrea e io sono convinto che tu lo hai capito benissimo, ma non sai come dirlo.

                    • Ingrid ha detto:

                      Caro Andrea, vedo una continua mutazione della tua posizione….sei partito lancia in resta e ora stai concedendo continuamente. E’ sicuramente un bene avere questa onestà. Tu comunque puoi continuare a pensarla diversamente dallo Stato e dalla polizia, ma dovrai comunque adattarti -volente o nolente- a quel che dice lo Stato, la polizia, la legge ecc…

                    • Qumran ha detto:

                      “Marco, scusa il tuo link testimonia solo il perchè lo Stato prende certe decisioni, ma io sono partito dall’assunto che le prenderei a mia volta ma con premesse diverse”
                      Lo diceva anche Renato Vallanzasca.

                    • Andrea ha detto:

                      In buona sostanza e per chiarire ulteriormente la mia posizione sostengo l’UGUAGLIANZA seguente:

                      sospensione delle cure per un malato che lo abbia preventivamente deciso = Buttarsi dal ponte.

                      mentre sostengo la DISUGUAGLIANZA:

                      sospensione delle cure per un malato che lo abbia preventivamente deciso != Non mettere il caschetto in cantiere

                      Proprio perchè abbiamo stabilito che buttarsi dal ponte e non mettere il caschetto sono cose profondamente differenti.

                      Spero di essere stato più chiaro, oh ragazzi, non siete costretti ad essere d’accordo, ripeto, non è mia intenzione convincere nessuno, mi piace invece confrontarmi per affinare le mie stesse opinioni su questi argomenti grazie anche al vostro prezioso contributo.

                    • Nofex ha detto:

                      Anche a me piace confrontarmi con te, sopratutto con te perché finalmente c’è qualcuno che non è d’accordo ed è una persona saggia e moderata allo stesso tempo.

                      L’equazione tuttavia è nel modo più assoluto sbagliata e ne abbiamo parlato già a lungo:

                      Sospensione delle cure per un malato che lo abbia preventivamente deciso è diverso che buttarsi dal ponte.
                      Perché? Mentre la prima è un’azione non volontaria e che è stata preventivamente decisa senza la sicurezza che nel frattempo non si sia cambiato idea (come è successo con Richard Rodd che però ha avuto la fortuna di riuscire a comunicare il suo cambiamento di idea all’ultimo momento), la seconda è un’azione volontaria e immediata, dunque certamente il soggetto ha intenzione di suicidarsi.

                      Lo stesso vale per la seconda equazione, ancora più sbagliata:

                      Sospensione delle cure per un malato che lo abbia preventivamente deciso è diverso dal non mettere il caschetto in cantiere.
                      Perché? Mentre la prima è un’azione non volontaria e che è stata preventivamente decisa senza la sicurezza che nel frattempo non si sia cambiato idea (come è successo con Richard Rodd che però ha avuto la fortuna di riuscire a comunicare il suo cambiamento di idea all’ultimo momento), la seconda è un’azione volontaria e immediata ma che la legge impedisce di fare, di fatti non si può entrare in cantiere senza caschetto e se si viene scoperti bisogna indossarlo e pagare una multa. Lo stato protegge la vita dei cittadini anche se essi non vogliono essere protetti perché non esiste la disponibilità totale sulla vita.

                    • Karma ha detto:

                      L’uguaglianza dove la vedi???? Non capisci di stare equiparando azioni completamente diverse, volontarie e involontarie, dirette e indirette, imminenti e passate….ma davvero questi sono gli argomenti?
                      Stiamo freschi signori 🙂

                  • Andrea ha detto:

                    antonio scusa ho fatto confusione e nella foga di rispondere comunque l’ho fatto a valle …

              • Antonio72 ha detto:

                Vorrei fare una precisazione. Intendevo una mutazione genetica culturale, perchè anche la cultura si trasmette come i geni, Dawkins stesso li definisce memi, ed evolvono indipendentemente dai geni biologici.
                Per quanto riguarda il proibizionismo delle droghe e dell’alcol negli USA, il paragone non calza, proprio perchè nessuno Stato può proibire il suicidio, d’altronde come farebbe? Tanto meno arrestare il suicida in caso di violazione della legge!

                • Andrea ha detto:

                  ok perfetto, infatti la mia risposta presumeva che tu assumessi che la tendenza al suicidio fosse una caratteristica ereditabile geneticamente, il che sarebbe stato comunque tutto da dimostrare.
                  Si conosco il concetto di meme, che Dawkins poi applica alla religione stessa (immagino scatenando le ire dei credenti).

                  Si si mi è chiaro l’aspetto sull’alcool, l’esempio era riferito più che altro alla possibilità di sperimentare una correlazione tra “permissivismo” e “tendenza all’utilizzo”. Quindi la semplificazione sarebbe proprio nel dire che vietare con la legge il suicidio (non permettendolo) equivalga a proibirlo, cosa che nella realtà non è, come abbiamo entrambi ammesso in altri momenti di questa discussione.

            • Andrea ha detto:

              ahaha no resisto devo rispondere 😉

              @Antonio la cui risposta è quella che mi ha colpito di più:

              concordo sulla differenza tra noi, però non mi limiterei all’aspetto costi/benefici, il fatto che io lo abbia stressato non significa che sia l’unico in ambito, e aggiungo anche per i precedenti interlocutori, il fatto che lo Stato crei certe norme non le rende aprioristicamente incriticabili anche nelle loro intenzioni da me. Se ritenete che io sia un pazzo anarchico liberissimi, ma se ritengo che una legge sia sbagliata la critico, è naturale.

              Parto da questa tua affermazione: “In ogni caso l’etica, intesa in questo senso, sarebbe un sottoprodotto del processo storico e quindi paradossalmente potrebbe prendere direzioni opposte a quella iniziali.”

              MI sembra che rilevabile sperimentalmente che sia andata così nel corso della storia dell’uomo, pensa alla schiavitù, ritengo perciò che l’etica si evolva e sia giusto continui ad evolversi.

              Il fatto che il lavoro sia fondamentale oggi non significa che lo sarà per sempre, non possiamo escludere una società futura in cui per qualche motivo, i fattori di produzione si saranno resi così efficienti da escludere l’intervento umano , o ridurlo al minimo, IN questo contesto gli uomini potrebbero dedicarsi all’arte o persino ad attività di ricerca o alla filantropia, chi siamo noi per stabilire ora quello che vorranno fare i nostri discendenti?

              Antonio, percepisco una tua intenzione di ridicolizzare/banalizzare l’eventuale processo di suicidio paragonandolo ad una fiera folcloristica, non sto intendendo che tu lo stia facendo appositamente per sviare le reali motivazioni di una critica più fondata al mio ragionamento, ma credo che le modalità di esecuzione di un processo , siano perfettibili, ma non debbano influenzare necessariamente la fondatezza della scelta di seguirlo.

              • Andrea ha detto:

                Ovviamente l’ “ahaha ” non era riferito alle argomentazioni cui rispondevo, ma era autoironia sula fatto che alla fine ho risposto subito, nonostante l’ora impossibile.

      • lorenzo ha detto:

        Al di la di facili battute, il suicidio di una persona, interroga profondamente la coscienza di ogni cattolico: cosa ho fatto e cosa non ho fatto per fare in modo che quell’essere umano non attuasse quel gesto?

        • Andrea ha detto:

          Questo lo comprendo ed è un sentimento nobile, le mie obiezioni sono relative solo alla componente più generica del “cosa ho fatto e cosa non ho fatto per rispettare il suo volere, quand’anche egli considerasse questo gesto come inevitabile”, posto che una persona possa avere il diritto di considerarlo inevitabile.

          • lorenzo ha detto:

            La vita è un dono del quale dobbiamo rendere conto o è un qualcosa di cui io sono l’arbitro assoluto?

            • Andrea ha detto:

              Ovviamente, in coerenza con quanto sostenuto fin qui tenderei a dire la seconda, almeno nella misura in cui lo faccio senza impattare sulle altrui libertà. Il concetto di vita-dono è più in concetto legato alla fede (che, per inciso,è a sua volta un dono che a me non è stato fatto, ma questo credo sia chiaro a tutti, perchè il mio sarebbe il pensiero di un pessimo Cattolico)

              • Nofex ha detto:

                Vedi Andrea che non riusciamo ad andare avanti? Sei tornato al discorso della libertà assoluta quando abbiamo già visto assieme che non esiste. Se tu sei arbitrio assoluto della tua vita mi spieghi perché non puoi prendere la moto e farti un bel giro senza casco con i capelli al vento? Mi spieghi perché uno che è arbitro assoluto della sua vita non può fare il bagno al mare con la bandiera rossa? E così via ad libitium. Sai benissimo che è un’illusione e una bugia quello che ti dicono sull’autodeterminazione, sei intelligente abbastanza per averlo capito, eppure…

                Il dono è stato fatto anche a te, tant’è che la vita non te la sei data tu e non ti stai mantenendo in vita adesso. Ogni minuto è un dono. Poi puoi non riconoscere chi è Colui che ti ha donato la vita, ma puoi riconoscere tranquillamente che è un dono. Il non credente Ferrara proprio in questo video lo ha riconosciuto.

                • Andrea ha detto:

                  Non posso perchè la legge italiana me lo impedisce, la legge non è legge morale, è un adattamento pratico che nasce dalla mediazione e dalla necessità di gestire diverse problematiche.
                  Ci sono stati degli Stati Uniti (paese a maggioranza cattolica) in cui il casco non è obbligatorio, come la mettiamo?
                  Ci sono spiagge in cui la bandiera non c’è e se voglio posso buttarmi li, la bandiera rossa significa semplicemente: “se vuoi fare il bagno qui, dato che c’è un bagnino on duty, non siamo responsabili della tua incolumità”, almeno questo è il significato che ha negli USA, non mi ricordo se in Italia invece è riferita all’inquinamento…

                  IL tuo tentativo velato di darmi della persona poco intelligente, ed illusa, non nasconde che ciò che tenti di far passare per verità imprescindibili altro non sono che tue interpretazioni (ed interpretazioni di altri che, liberissimi, la pensano come te).

                  Il fatto che io sia in vita non significa affatto che qualcuno me l’abbia donata intenzionalmente, se mai quel dono me lo hanno fatto i miei genitori, tuttavia non conoscendomi essi prima del mio concepimento direi che è difficile classificarlo come dono in senso tecnico.

                  Il fatto che Ferrara non sia credente non rende giusto tutto quello che dice negli altri campi. Questa tua continua necessità di categorizzare ed assolutizzare mi è chiarissima, ma non per questo ti accuso di essere poco intelligente….

                  • Nofex ha detto:

                    La legge è lo Stato e sta a dimostrare che il diritto non prevede le tue idee radicali e anarchiche (per fortuna!). Come vedi siamo partiti dal suicidio e di conseguenza adesso vorresti negare ogni tipo di salvaguardia della vita (bandiera rossa, casco, cinture ecc..). Per lo meno sei coerente anche se questo dovrebbe minimamente farti sospettare della razionalità della tua posizione.

                    Inoltre ti ricordo che sostenendo che la verità non esiste, non puoi parlare di morale comune. La tua è un’idea, per quanto radicale ed estrema (e pericolosa, direi), e poi c’è quella di tutti gli altri.

                    • Andrea ha detto:

                      “sostenendo che la verità non esiste, non puoi parlare di morale comune” non sono d’accordo, può esistere una morale comune basata sulla condivisione di un modello della realtà.

                      Mi spiace che mi consideri pericoloso, ti consoli almeno parzialmente il fatto che in questa forma virtuale io non possa arrecarti alcun danno (spero)

                    • Nofex ha detto:

                      “può esistere una morale comune basata sulla condivisione di un modello della realtà”
                      Se tutti hanno un modello differente non esiste alcuna morale comune. Il relativismo ammazza l’uomo, lo rende nichilista. E i tuoi ragionamenti, se venissero presi sul serio, porterebbero a questo.

                      Non tu sei pericoloso, ovviamente stai provocando con tutto il diritto di farlo. Ma i ragionamenti sono pericolosi. E tu sei il primo che per fortuna non si prende sul serio.

                • Andrea ha detto:

                  Possiamo ipotizzare che vi siano delle libertà che la Legge può scegliere di normare per la convenienza dell’intera società, ma non necessariamente in virtù di un criterio morale obbligatoriamente condivisibile?
                  Se così non fosse gli stati in cui il casco non è obbligatorio sarebbero bacini di immoralità…

                  In virtù di questo semplice ragionamento credo quindi che vi sia spazio per discutere le condizioni in cui una persona ed in secondo luogo un cittadino possano decidere del proprio destino, anche in corrispondenza della cosiddettà “scelta ultima”, tutto qua. Mi sembra che siamo andati avanti eccome, nella discussione, poco nel dire che uno dei due ha necessariamente ragione, ma questa non era comunque la mia intenzione in partenza…

                  • Nofex ha detto:

                    Rimani sul casco senza avere dimostrato che è permesso in alcuni stati, probabilmente più arretrati. D’altra parte in America in alcuni stati c’è ancora la pena di morte!

                    Comunque noi parliamo di stati avanzati e moderni e devi confrontarti con questi senza andare a prendere le eccezioni più incredibili.

                    L’autonomia radicale non esiste, spero che l’avrai capito in cuor tuo anche se ancora non vuoi riconoscerlo apertamente, dunque non esiste alcuna autodeterminazione tale da chiedere allo stato di aiutarti a suicidarti. E’ un atto tuo e ci pensi tu.

                    • Andrea ha detto:

                      non voglio che lo stato mi aiuti a suicidarmi voglio solo che mi aiuti a fare in modo che una persona sia libera di scegliere se aiutarmi o no.. è Molto diverso.

                      e’ un atto mio e ci penso io perfetto, ma siccome non riesco a muovere le mani e non posso suicidarmi mordendomi la lingua (anche se non lo escludo) chiedo allo Stato di lasciare che sia un altro ad aiutarmi, per poi risponderne entrambi di fronte a chicchessia, se è il caso.

                      (Ok le eccezioni valgono solo per i miracoli di 400 anni fa’ .. ma quando le cito io bisogna tornare a ragionare in termini assoluti..)

                    • Marco ha detto:

                      “voglio che lo stato mi aiuti a suicidarmi voglio solo che mi aiuti a fare in modo che una persona sia libera di scegliere se aiutarmi o no”
                      Insomma vuoi sempre che sia lo Stato ad aiutarti ad ucciderti, anche se per mezzo di un’altra persona. Lo stato sarebbe sempre complice, così come è complice il mandante morale di un omicidio.

                    • Nofex ha detto:

                      Eppure uccidere un altro anche se è lui a chiederlo è un omicidio e per fortuna che è così. Dovresti domandarti se vuoi rimanere in uno stato civile oppure se tu non sei adatto a questo tipo di legislatura comune negli stati occidentali. Sei tu contro tutti.

                      La vita è indisponibile e lo Stato ragiona in questi termini, allo stesso modo di impedisce di usare male la tua vita guidando senza cinture e cadendo dal 200° piano morendo sul colpo perché il balcone è costruito troppo basso. Non ti permette di affogare in mare, non ti permette di girare senza casco in moto rischiando di spaccarti la testa e morire sul colpo. Lo Stato preserva la tua vita e la protegge anche se tu non sei d’accordo. La vita è indisponibile perché ha un valore che eccede il possesso.

                    • Andrea ha detto:

                      @nofex: no mi riferivo solo alla sospensione delle cure, allo staccare la spina, non certo al farmi sparare in testa da un amico,

                      Non espandere le mie considerazioni ad altri casi nel tentativo di invalidare in modo più generico le mie teorie

                      tu dici: “Lo Stato preserva la tua vita e la protegge anche se tu non sei d’accordo” certo lo so e quindi? dovrei essere d’accordo solo perchè lo Stato non ragiona come me? Sembri assimilare lo stato a Dio…

                      “La vita è indisponibile perché ha un valore che eccede il possesso.”, ok se la pensi così questo è sicuramente vero per te, se mi butto dal balcone ti dimostro che in realtà lo è però.

                      @Marco non sono d’accordo per le stesse motivazioni addotte a nofex.

                    • Nofex ha detto:

                      Eppure sospendere le cure ad un paziente e sparargli in testa sono la stessa identica cosa, ottengono lo stesso identico effetto. Se un amico ti chiede di sparagli e tu lo fai, vai in galera. Se sospendi le cure ad un malato e lui muore, tu vai in galera.

                      In questi giorni stai scoprendo di non essere d’accordo con la Costituzione e la legislazione di tutti gli stati Occidentali e avanzati. Sono contento che lo hai riconosciuto e lo hai ammesso, ora però devi domandarti chi abbia ragione e chi abbia torto, o perlomeno farti venire il dubbio del perché sei solo contro tutti e se forse puoi essere tu a sbagliare e non sempre gli altri.

                      ” ok se la pensi così questo è sicuramente vero per te, se mi butto dal balcone ti dimostro che in realtà lo è però”, ovviamente tu sei libero di non riconoscere questa indisponibilità, rimani sempre un uomo creato da Dio con libero arbitrio. Tuttavia devi sempre tenere in mente da dove siamo partiti e quindi dalla possibilità di richiedere certe cose allo Stato. Quest’ultimo assume come posizione quella di proteggere in tutti i modi la tua vita, anche se tu non lo ritieni necessario. E infatti per evitare incidenti ti obbliga a mettere in casa TUA balconi a norma, altrimenti la abitazione diventa inabitabile e non ti è permesso viverci. Questo è il ragionamento dello Stato (degli Stati in generale), dunque le richieste che vuoi fare ad esso devono tenere conto di questo: l’autodeterminazione radicale della persona non è riconosciuta perché la vita è un bene indisponibile.

              • lorenzo ha detto:

                Non me la sento di darti torto o ragione perché la tua sete di Verità è qualcosa di commovente!
                Non stancarti mai di cercarLa ed un bel giorno ti accorgerai che la Verità stava già camminando al tuo fianco.

                • Andrea ha detto:

                  Lorenzo,
                  ti ringrazio molto di questo commento, anche se non condivido per nulla i suoi presupposti, nè credo che quanto prefiguri potrà mai avvenire nel senso che tu sottintendi, lo apprezzo perchè comprendo che si tratta di un augurio genuino e sentito.

  • Luca ha detto:

    Sui temi fondamentali è di una lucidità e onestà intellettuale invidiabili

  • raffaele60 ha detto:

    abbiamo bisogno di personalita’ forti come Ferrara prima di sprofondare nel baratro dell’anticristianesimo e del nichilismo!

  • Pino ha detto:

    ho letto quasi tutti i post relativi al dibattito se una legge che permetta l’eutanasia sia una scelta individuale oppure abbia un impatto sociale. Ho già espresso sopra il mio punto di vista. Vorrei far notare che una simile legge è un inganno. Chi firma il cosiddetto “testamento biologico” o “eutanasia” pensa di decidere cosa sarà del suo destino, pensa di essere lui a prendere la decisione se e quando morire. Falso. Nei fatti la legge altro non è se non una delega in bianco alla classe medica che deciderà, se e quando, dovessero esserci le condizioni per eliminare una persona. E questo per un motivo molto semplice: una legge eutanasica deve per forza di cose avere una fattispecie astratta molto vaga, molto ampia. Ma poi il medico deve confrontarsi con una fattispecie concreta, e decidere se essa rientri in quella astratta. Normalmente decisioni di questo tipo vengono prese in un tribunale e a decidere è un giudice dopo un processo, anche nei casi più banali, per esempio un furto. Nel caso di eutanasia, il giudice unico ed insindacabile sarà un medico, senza processo, senza dibattito, senza avvocati. Vi pare una cosa logica ed accettabile? La decisione di far vivere o morire un individuo è affidata ad un medico e verrà presa sulla base delle convinzioni etiche e delle conoscenze professionali del medico stesso. In Olanda, leggevo mi pare su UCCR ma la notizia non mi era nuova, ogni anno vengono soppresse 1000 persone malate gravi e non si sa bene sulla base di cosa tali decisioni vengano prese, probabilmente sulla base di una questione di costi, per risparmiare soldi al servizio sanitario.

    • Andrea ha detto:

      Ciao Pino,
      interessante posizione questa, non ritieni che , in primo luogo, migliorare una tale ipotesi di legge possa comunque essere un’alternativa plausibile? E in secondo luogo, non ritieni quindi plausibile e legittimo che una persona scelga di delegare la scelta ad un medico pur avendo presenti i pericoli e i limiti cui fai cenno?

      Immagino che nella tua ottica Il giudice unico e insindacabile non sarebbe comunque di questa Terra.

      Se vengono soppresse ogni anno 1000 persone erroneamente, mi trovi perfettamente d’accordo con te, possiamo tranquillamente dire però che nel caso in cui una persona non si sia preventivamente espressa, la società decida per convenzione di non sospendere le cure, questa è un’ipotesi da vagliare e percorribilissima, ma che non impatta sulla possibilità di scelta di chi effettivamente si è espresso.

      Non vorrei che passasse il messaggio che, il mio essere favorevole al suicidio nella forma in cui l’ho espresso nei post precedenti , si trasformasse in un essere favorevole ad omicidi travestiti da suicidio, perchè così non è.

      • Pino ha detto:

        una persona può fare quello che vuole, come dicevo in altro post può anche buttarsi dal tetto, ma quando si passa ad una regolamentazione giuridica il discorso cambia. Il fatto di delegare ad un medico la decisione può prestarsi ad abusi. Esempio: un medico di trova di fronte ad una persona che pur essendo mal messa non appare in una condizione tale da dover ricorrere ad una eutanasia pur avendo firmato un testamento in tal senso. Il medico potrebbe essere sottoposto a pesanti pressioni da parte dei familiari dell’infelice paziente, magari spinti da motivazioni poco nobili come l’eredità. Il medico, preso fra una situazione clinica poco promettente e le pressioni parentali, per togliersi dai piedi il problema, decide la soppressione. Tanto, chi lo può contestare? Il morto? Quando si decidono leggi di questo tipo il piano inclinato e scivoloso è sempre presente: prima solo i malati terminali con situazioni ormai irrecuperabili, poi gli handicappati, poi gli ammalati meno gravi ma per i quali si prospettano infelici decorsi, poi i depressi e così via, fino ad arrivare alla situazione olandese dove non si sa perchè vengano eliminati 1000 malati.
        Questo articolo è interessante http://www.labussolaquotidiana.it/ita/articoli-magri-il-vero-volto-delleutanasia-3764.htm

        • Andrea ha detto:

          Rispondo alle prime considerazioni senza aver letto il link quindi se manco di precisione mi si concedano le attenuanti del caso.

          Tutto il mio ragionamento parte dal fatto che lo stato in cui si devono applicare i termini di cui discutiamo sia rilevabile SENZA DISTORSIONI. L’annullamento di tale ipotesi apre un discorso circa al determinabilità di tale stato che però era prerequisito nella discussione.

          Non possiamo tirare in ballo il giuramento di Ippocrate a questo punto, anche se comprendo le preoccupazioni cui si fa riferimento, sarebbe come delegittimare la magistratura perchè i magistrati sono potenzialmente corruttibili (mi si scusi se cito un caso lampante a tutti…)

          • Pino ha detto:

            lei scrive “lo stato in cui si devono applicare i termini di cui discutiamo sia rilevabile SENZA DISTORSIONI” ma è questo il punto, lo stato non è una condizione oggettiva ma soggettiva, dipende dal medico, dalla sua etica e professionalità. Un medico potrebbe decidere per la soppressione, un altro no. Senza considerare che la medicina evolve e quello che ieri poteva considerarsi irrecuperabile oggi non lo è più, esempio questo articolo
            https://www.uccronline.it/2011/11/29/studio-canadese-rilevato-comportamento-volontario-negli-stati-vegetativi/

            • Andrea ha detto:

              Salve Pino, avevo letto e commentato a mia volta quel post, ritenendo che fosse interessante il contributo dato da questo nuovo studio alla distinzione di falsi stati vegetativi da quelli veri.

              Ora bisogna partire da una importante distinzione, delle due l’una

              1) O pensiamo che non esista alcun possibile stato vegetativo

              2) Oppure pensiamo che tale condizione sia definibile (certo vi è il problema che questa definizione si affini nel tempo, come nel caso che lei cita)

              A fronte di queste due possibilità io propendo per la seconda, e ritengo che il progressivo affinamento della nostra capacità di distinguere uno stato vegetativo e di normarne il riconoscimento, sia effettivamente possibile. Non possiamo tuttavia non affrontare un problema anche parzialmente finchè non lo si è risolto completamente, e quindi sono sfavorevole ad una strategia di attesa all’infinito.

        • Andrea ha detto:

          L’estensione potenziale dell’ambito agli handicappati e ai depressi sarebbe abominevole, lo concordo, tuttavia non ritengo che tale distinzione sia difficile da normare.

  • Ugo La Serra ha detto:

    Definire ferrara come “laico” è una bufala. È un clericale che, per fare “bella figura”, si autodefinisce ateo.

    • Dile ha detto:

      Certo. Quando qualcuno non rientra nella nostra visione semplificata della realtà, ci pensiamo noi ad incasellarlo, vero? Siccome nella tua ristretta visone non può esistere qualcuno che condivide le istanze morali del cristianesimo pur riconoscendo onestamente di non credere, Ferrara è uno che si “autodefinisce” ateo.
      Molto comodo.

      • Gabriele ha detto:

        Se posso intervenire su Ferrara io inviterei tutti ad essere sospettosi e stare in guardia dal quel personaggio: ha sempre inseguito il potere nella sua “carriera” pubblica, prima comunista, poi socialista, infine berlusconiano ed ateo devoto (io ritengo di convenienza). Ho fortissimi dubbi sulla sua sincerità, stiamo attenti a non delegare a questi figuri la difesa dei valori cristiani perché da un giorno all’altro se il vento cambiasse ce li troveremmo contro. Vi racconto una mia testimonianza personale: un giorno ascoltai una sua intervista su Radio Maria, ebbene ad una domanda su Maria (non ricordo quale) rispose con un evidente e malcelato fastidio, bofonchiando una risposta a denti stretti che dimostrava chiaramente (almeno secondo me) la sua forte contrarietà a questioni dottrinali. Se posso consegnarvi (scherzando) uno slogan preso da XFILES: non fidiamoci di nessuno! 🙂

        • Pino ha detto:

          ma Ferrara non ha mai detto di essere credente. Però impartisce lezioni a certi presunti credenti

          • Gabriele ha detto:

            Sì, Pino ne convengo, molti avrebbero bisogno di lezioni sulla morale cristiana da Ferrara, anche molti sacerdoti purtroppo, io ne conosco uno che sembra un pasdaran iraniano o un mullah islamico. Secondo lui Israele ha sempre torto! Mah! Viva Israele!

            • Pino ha detto:

              guarda, purtroppo la storia dei sacerdoti che danno i numeri è veramente una cosa triste. Personalmente mi fa incazzare perchè quando ero ragazzino (quindi molti anni fa), queste situazioni non esistevano o, se esistevano, venivano immediatamente sanzionate e tutto finiva lì. Conosco Israele bene, per esserci stato un mese come turista visitandolo da un capo all’altro e per aver lavorato per anni con gli israeliani. E’ una Paese civilissimo che ha il problema di difendere la propria sopravvivenza.

  • Pino ha detto:

    non avrei mai pensato di dover dar ragione ad un pippone come Travaglio, nella vita capita veramente di tutto

    http://www.labussolaquotidiana.it/ita/articoli-il-medico-salva-non-uccideparola-di-travaglio-3805.htm