Le neuroscienze portano l’uomo al centro: il cervello non ha eguali nel cosmo

Nelle librerie anglosassoni è uscito un libro veramente interessante, decisamente scomodo per razionalisti e riduzionisti. Il titolo è The Brain is Wider Than the Sky (Il cervello è più ampio del cielo, W&N 2011) e l’autore è il giornalista scientifico Bryan Appleyard.

Il volume è basato su una serie di interviste ai più importanti neuroscienziati in circolazione sul funzionamento del cervello, per giungere alla conclusione che non siamo affatto vicini ad auto-comprenderci e che probabilmente non vi riusciremo mai. Il cervello è lo strumento più complesso e affascinante in tutto l’universo, superiore di gran lunga a qualsiasi mega-computer esistente.

Come scrive nella recensione il neuroscienziato Daniels Anthony, docente presso la Oxford University, «la natura, la qualità e la ricchezza della nostra vita interiore non sarà mai completamente spiegabile o traducibili in termini fisici, e – inoltre – sarebbe terribile se si potesse fare». Dire il contrario, continua Antony, significa assumere «l’arroganza scientifica e razionalista, primo perché ci si illude di credere che si possa capire pienamente noi stessi per mezzo del metodo scientifico, secondo perché il progresso tecnologico non migliora necessariamente la qualità della nostra vita, e terzo non si può catturare in modo descrittivo il controllo dei sistemi infinitamente complessi che guidano i nostri scopi».

Al contrario di tutte le filosofie atee e riduzioniste che aspirano a ridurre l’uomo ad un essere insignificante, a un “nient’altro che” per dimostrare che non c’è nessuna creazione a “immagine e somiglianza di Dio”, il cristianesimo ha sempre valorizzato e innalzato l’uomo, a partire dall’incarnazione stessa di Dio in un effimero corpo umano. Le neuroscienze oggi, abbandonata l’ideologia positivista, stanno riportando sempre più al centro dell’universo (della creazione) l’essere umano dimostrandone l’assoluta unicità rispetto a tutto il resto. Quasi come fosse davvero “il preferito” di tutto il cosmo, colui a cui tutto tende.

Questo è riconosciuto apertamente dagli psicologi, come Margaret Boden della Sussex University: «La mente umana è unica. L’intelligenza artificiale ha aumentato il senso di meraviglia che provo al cospetto della mente umana» (R. Stannard, “La scienza e i miracoli” Tea 2006) e dagli stessi neuroscienziati, come Michael Gazzaniga (tra i massimi esperti viventi del cervello), il quale sostiene che Darwin aveva torto perché «noi non siamo in continuità con gli altri primati, la differenza tra noi e loro è qualitativa, non puramente quantitativa». Citiamo infine Massimo Buscema, computer scientist di fama internazionale, esperto in reti neurali artificiali e sistemi adattivi, il quale dice: «È credibile che all’età di 50 anni, io non abbia più neanche un atomo di quelli che avevo a cinque anni. Ma allora perché mi sento la stessa identità e mi ricordo anche di quando avevo cinque anni, se tutta la materia di cui ero fatto è cambiata? Dove sono stato registrato? Dov’è il disco rigido su cui è stato fatto il backup di me stesso? Non c’è. E allora perché ho memoria? E’ più probabile che la mia identità non sia fornita dalla mia struttura bio-materiale (che cambia continuamente) ma dalla funzione matematica che connette tutte le traiettorie di qualsiasi mio atomo. In altri termini: la mia identità è solo un’organizzazione di informazioni, un pensiero. Ora, se tutta la complessità che esploriamo nasconde un pensiero, e se è così ben congegnato da permetterci di esistere e di formulare una domanda sensata sull’origine del cosmo, è più che ragionevole credere che l’informazione iniziale non sia stata buttata lì a casaccio. “Penso quindi esisto” oppure “Esisto perché sono pensato”?».

La redazione

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81 commenti a Le neuroscienze portano l’uomo al centro: il cervello non ha eguali nel cosmo

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  1. Ottavio ha detto

    Molto interessante! Spero che il libro arrivi preso in Italia. Il riduzionismo oggi è davvero fuori moda.

  2. Antonio72 ha detto

    A questo proposito vorrei continuare una discussione molto interessante con Giorgio Masiero sul teorema di Goedel, che dimostrerebbe l’impossibilità di replicare la mente umana.
    Tuttavia il filosofo Hofstadter (se ho capito bene ex-matematico e cmq compare di Dennett), nel suo “Anelli nell’io. Che cosa c’è al cuore della coscienza?” propone una tesi sulla coscienza umana esattamente opposta. Addirittura sostiene che la struttura delle forme autoreferenziali scoperte da Goedel è una metafora dell’io. In definitiva nel cervello umano si verrebbero a creare questi anelli impossibili, o pattern, da cui emergerebbe la coscienza. E’ una sorta di interazione ingabugliata e continua tra il livello hardware che è costituito dai neuroni e dall’attività elettrochimica, ed il software, emergente dal primo, costituito dai pensieri e tutto ciò che definiamo sè o anima. L’hardware agisce sul software e viceversa, originando appunto l’anello dell’io. Inoltre secondo Hofstadter anche l’uomo è soggetto al teorema di Goedel come il computer. In poche parole, non esisterebbe secondo Hofstadter, alcuna magia o intuizione trascendentale. La stessa, tra l’altro che mi fa ritenere questa ipotesi una panzana, anche se non ho gli strumenti per dimostrare la sua fallacia (ed è per questo che mi rivolgo a chi è più competente di me).
    Mentre infatti potrei anche accettare l’interazione continua tra il livello mentale e quello fisico, perchè credo nella ressurezione dei corpi, quello che non accetto è la visione puramente materialista di questa teoria, secondo la quale l’io è solo un’illusione o un epifenomeno (come sostiene lo stesso Dennett).
    Poi mi piacerebbe sapere cosa pensa degli esperimenti del neurofisiologo Libet, in particolare quello che dimostra la retrodatazione dell’esperienza sensoriale e che avvalorebbe l’ipotesi dualista, tanto che lo stesso Dennett si “scomoda” a fornire la sua interpretazione materialista. Lo stesso Penrose, se non mi sbaglio, a proposito delle risultanze di questo esperimento di Libet, afferma che sarebbero contrarie alle leggi della fisica.
    Quello che mi fa pensare è come sia possibile che, partendo dallo stesso teorema di Goedel, si possa arrivare a conclusioni opposte.
    Da profano mi viene da dire che Hofstadter perviene ad una conclusione di questo tipo: siccome il sè è autoreferenziale come lo è il teorema di Goedel, allora quest’ultimo spiega il primo. Secondo me è come la tesi della mente quantistica di Penrose che procede pressapoco così: la mente è complicata come lo è la meccanica quantistica, quindi la mente è quantistica.
    Grazie.

    • Falena-Verde ha detto in risposta a Antonio72

      Perdonami se mi intrometto…
      Guarda, Pippo Odifreddi (!) su Hofstadter ha detto:
      “Per quanto riguarda Höfstadter, è facile riconoscere che il suo progetto, di usare il Teorema di Gödel per argomentare a favore dell’Intelligenza Artificiale, è insostenibile: egli vuole mostrare le possibilità dei computers, usando un risultato che parla delle loro limitazioni.”
      Sulla retrodatazione dell’esperienza sensoriale non ho capito. Intendi quello che riguarda la stimolazione cerebrale che viene percepita dalla coscienza istantaneamente, quando in realtà dovrebbe percepirla 500 ms dopo l’inizio dell’attivazione? Te lo chiedo per poter chiarire meglio la questione, anche per aiutare il dott. Masiero.
      Ciao!

      • Antonio72 ha detto in risposta a Falena-Verde

        Ho introdotto l’ipotesi di Hofstadter perchè ne parla ampiamente Paul Davies, il quale scrive: “Inoltre è evidente che l’uomo è soggetto al teorema di incompletezza di Goedel quanto un computer nel caso degli enunciati di tipo epimenideo: è possibile elaborare verità logiche intorno al mondo che riguardano Smith e che Smith non potrà mai provare!”
        Inoltre questa tesi è comune anche ad altri sostenitore dell’IA, tra cui il tecnologo Kurzweil il quale risponde alla critica della tesi di Church-Turing: “Gli essere umani non sono più abili, in generale, delle macchine, nella risoluzione di problemi “irrisolvibili”. Gli esseri umani possono fare delle ipotesi informate sulle soluzioni, in certi casi, ma anche le macchine possono farlo, e spesso molto più rapidamente.” In sintesi Kurzweil afferma anche i metodi euristici applicati dall’uomo si fondano su algoritmi e quindi possono essere replicati dalle macchine.
        Se fosse stato solo per Odifreddi, nemmeno l’avrei citato. Per es. Odifreddi descrive nel libro indirizzato al Papa, gli stessi esperimenti di Libet, ignorando naturalmente quello che ho citato. Da questo esperimento, che dimostra la retrodatazione dell’esperienza sensoriale ritardata, il ben più attento e furbo Dennett, scorge un attacco diretto alla teoria materialista della mente, ovvero alla teoria dell’identità psiconeurale.
        In sintesi l’esperimento di Libet dimostra che il tempo necessario di un singolo stimolo (per es. una stimolazione cutanea) per generare un’esperienza cosciente dura circa 500 msec. Ma questo ritardo è di fatto annullato dall’esperienza soggettiva. In parole povere il ritardo è solo neurale mentre dal punto di vista soggettivo non c’è alcun ritardo. Secondo Libet la stimolazione sulla pelle provoca una risposta primaria della corteccia dopo circa 10-30 msec dallo stimolo, che non è un ritardo percepibile. Questa risposta primaria fungerebbe da marcatore temporale per la retrodatazione della consapevolezza sensoriale cosciente, che ricordo avviene solo dopo 500 msec.
        E’ in pratica un’inversione temporale; per questo Penrose ha suggerito che una spiegazione materialistica del fenomeno richiederebbe una rivoluzione dei fondamenti della fisica. Ovviamente Libet controbatte alla tesi sostenuta da Dennett di una diversa linea temporale tra tempo oggettivo e tempo dell’esperienza che potrebbero non collimare ortonogalmente, ovvero che siano implicate tracce mnemoniche della consapevolezza.

    • Giorgio Masiero ha detto in risposta a Antonio72

      Caro Antonio, una cosa su cui insisto con i miei studenti è quella di distinguere sempre, in una teoria scientifica, il nucleo scientifico dalle interpretazioni filosofiche (e dagli interessi economici dei team universitari). Ebbene che cosa prova “scientificamente” (ovvero, matematicamente in questo caso) il primo teorema di Goedel? Che già all’interno dell’aritmetica ci sono proposizioni vere indimostrabili per via algoritmica. E, per giunta, proprio in fase algoritmica della dimostrazione del suo teorema, Goedel presenta un esempio di tali proposizioni (molto particolare e diversa dalle ordinarie proposizioni cui siamo abituati in aritmetica), che si rivela indimostrabile per via algoritmica, ma che risulta vera all’intuizione trascendentale della mente umana. Trent’anni dopo Goedel, tanto perché qualcuno non s’illuda che queste proposizioni indimostrabili siano solo del tipo “strano”, Cohen dimostra un teorema (che gli valse la medaglia Fields) secondo il quale una classica questione matematica (che era stata posta da Hilbert, quello che nella tomba s’è fatto scrivere l’epitaffio “Vogliamo sapere, sapremo!”, tra le questioni prioritarie da risolvere entro il XX secolo) non è dimostrabile! Punto.
      Scientificamente, possiamo trarre alcune conclusioni:
      1. l’algoritmo (o il software, che è la stessa cosa) è limitato. Ovvero ci sono problemi che nessun computer, anche con velocità di processore e ram infinite, potrà mai risolvere;
      2. la mente umana non è algoritmo (né software).
      Tutto il resto di Hofstadter, Dennett & Co. è pura fantasia, scritta per compensare con la vendita di libri popolari il calo progressivo di finanziamenti dalle imprese che avevano investito nell’intelligenza artificiale e che rimasero deluse, di fronte all’assenza di risultati scientifici e, soprattutto delle applicazioni tecnologiche promesse dall’intelligenza artificiale. Ti ricordi Odissea 2001 nello spazio, Antonio? Il film prevedeva entro trent’anni la produzione di un computer come Hal, intelligente e con emozioni; ne sono passati 43 di anni e oggi non abbiamo neanche sfiorato la possibilità di creare un androide. Anzi, ci abbiamo del tutto rinunciato. La prova? Nessuno più investe un dollaro nell’intelligenza artificiale!
      La domanda che mi fai su Libet è più delicata. Ti dico il mio pensiero, ma coinvolge non le mie conoscenze scientifiche, piuttosto la mia concezione religiosa.
      Io sono tomista, non agostiniano; aristotelico, non platonico. Io penso che la divisione tra spirito e materia, tra anima e corpo, appartenga alla visione rinascimentale, mutuata da Platone. Per me l’uomo è una specie unica, creata da Dio, in anima e corpo, indissolubilmente intrecciati. Hai letto la bellissima citazione di Buscema? Io non sono il mio corpo (i cui atomi cambiano ogni giorno ed anche in numero e qualità), ma una funzione matematica che connette i miei atomi. Nemmeno la funzione matematica esiste da sola, senza gli atomi. Quindi io non ho nessun maggior problema ad accettare uno sfasamento temporale tra la ricezione cerebrale di stimoli e la presa di coscienza, di quello che i miei atomi di 30 anni fa fossero molto diversi (e minori, se guardo al peso!) da quelli di oggi, “io essendo sempre io”. Io non mi pongo il problema cartesiano del legame cervello-mente-corpo: l’aveva risolto già Tommaso, spiegando che Dio non ha solo creato tutti gli enti, ma Dio è l’Essere che li mantiene continuamente in essere, siano pietre, animali o uomini, evitando che precipitino nel non essere. Non esiste nell’uomo uno spirito puro, isolato, né una materia indipendente, soggetta a leggi fisiche.
      Aristotele, con questa concezione, non poteva risolvere il problema dell’immortalità dell’anima, di fronte allo sfacelo della corruzione del corpo. Ma noi cristiani sì, col dogma rivelatoci della resurrezione della carne!

      • Antonio72 ha detto in risposta a Giorgio Masiero

        Grazie Giorgio per la risposta.
        Ovviamente nemmeno Libet è un dualista nel senso cartesiano di una separazione netta tra sostanza mentale e sostanza fisica. Sono certo che anche Libet sia cattolico, anche se non lo dichiara esplicitamente. Il suo campo mentale cosciente (CMC) non può esistere senza il cervello; d’altronde per uno scienziato sarebbe una posizione insostenibile.
        La differenza è cmq lampante: da una parte i riduzionisti che sostengono che la mente sia un epifenomeno e quindi una illusione, o addirittura che non esista, e dall’altra i dualisti che sostengono che la mente non sia riducibile al cervello.
        Se la mente infatti è un sottoprodotto delle connessioni o reti neurali, che comunicano elettrochimicamente seguendo le leggi della fisica, come può esistere il libero arbitrio? E’ questa la vera questione controversa sull’esistenza della mente, non quella di uno spirito vagante che può fare a meno della materia. I materialisti, negando l’esistenza della mente, vogliono negare la libertà umana e quindi l’uomo, perchè l’uomo senza libertà è un non-senso, non solo dal punto di vista religioso ma anche sociale.

        • Giorgio Masiero ha detto in risposta a Antonio72

          I materialisti che conosco io sono come Lucifero, persone intelligenti che non accettano il limite umano. E’ paradossale che il rifiuto del limite li porti infine, come dici tu, non all’esaltazione dell’uomo, ma alla sua distruzione. In gnoseologia come in etica.

          • Antonio72 ha detto in risposta a Giorgio Masiero

            Secondo me devono negare l’uomo per esaltare la sua componente bestiale. Ad una bestia non servono né etica, ad eccezione di quella adattativa, né verità. Pascal si rivolterebbe dalla tomba.
            D’altronde lo afferma esplicitamente lo stesso Odifreddi senza tanti eufemismi: “Secondo Schrodinger la coscienza sarebbe come quella correzione di rotta, necessaria fino a quando la navicella umana si sarà sufficientemente evoluta per poter procedere completamente col pilota automatico. Cosa che già fanno altre specie che noi, con infantile superbia, riteniamo e chiamiamo inferiori proprio per questo loro adattamento evolutivo.”
            Ma l’adattamento dell’uomo moderno non è più causato dalla selezione naturale, piuttosto dalla selezione tecnologica. E’ il progresso scientifico-tecnologico che sta portando ad una inesorabile disumanizzazione dell’uomo, ad una etica relativistica che definisco del “Si può fare, si fa”. Mi dispiace, ma è quello che vedo. Oggi la verità scientifica, o meglio le verità scientifiche, soffocano tutte le altre verità. Il credo odierno è il seguente: Non esiste altra verità oltre la verità scientifica.
            D’altronde è il tema dell’altro blog, quello del filosofo Antiseri.

      • Falena-Verde ha detto in risposta a Giorgio Masiero

        Mi scusi, SIG MASIERO, le posso fare una domanda stupida? La mente umana può risolvere Godel? Perché mi è venuta in mente questa cosa..
        Data la proposizione P “Non puoi dimostrare che questa frase è falsa” a me sembra che ci siano due conclusioni:
        1. E’ vera perché dice che non posso dimostrare la sua falsità
        2. Quindi è falsa perché ho appena dimostrato che è vera..
        Insomma, non capisco…

        • Antonio72 ha detto in risposta a Falena-Verde

          Permettimi di risponderti anche se non a livello scientifico, a quello ci penserà Giorgio Masiero, semmai.
          Una delle differenze più notevoli tra una struttura matematica e la mente umana, consiste nelle diverse fragilità.
          Mentre per la prima una contraddizione interna determinerebbe un vero e proprio cataclisma, per l’ultima è cosa di tutti i giorni.
          In definitiva mentre per la matematica la contraddizione rappresenta un suo limite, per l’uomo rappresenta una ricchezza, anche un fascino, se vogliamo: La donna è mobile, ecc…
          A questo proposito pare che Bertrand Russell in una conferenza fu sfidato da un tizio a dimostrare che lui stesso era il Papa, partendo dall’enunciato 2+2=5.
          Russell rispose subito: “Se 2+2=5, allora 4=5; sottraiamo 3; allora 1=2. Ma lei e il Papa siete 2; quindi lei e il Papa siete 1!”

        • Giorgio Masiero ha detto in risposta a Falena-Verde

          La frase P è una vecchia antinomia della logica greca. In logica moderna è stata risolta attraverso la distinzione tra meta-linguaggio e linguaggio-oggetto, ovvero una proposizione non può contenere se stessa, tanto quanto in matematica si evita che un insieme sia elemento di se stesso.
          Quindi, oggi, si direbbe che P non è sintatticamente corretta ed in quanto tale non è né vera né falsa.
          La frase P non ha nulla a che fare con Goedel. Nella dimostrazione del suo teorema, Goedel sta bene attento ad evitare di passare da un livello di linguaggio ad un altro, e ciò ottiene con la stupenda invenzione di associare ad ogni prodotto logico un numero naturale, restando così sempre al livello dell’aritmetica. Tutti i teoremi dell’aritmetica, le loro dimostrazioni ed anche le proposizioni riguardanti le loro dimostrazioni (meta-aritmetica) diventano con questo artificio numeri. Goedel produce poi una proposizione G, che è sintatticamente corretta (e quindi vera o falsa), che la mente per intuizione comprende essere vera, ma che nessun algoritmo può dimostrare vera (a meno che l’aritmetica non sia contradditoria).
          “Goedel dimostra così che Dio esiste, perché la mente supera il software; ma che anche il diavolo esiste, perché la mente non può dimostrare la coerenza dell’aritmetica!” (Weyl).
          Anche la matematica e tutte le scienze naturali richiedono fede: nell’aritmetica.

      • Nicola ha detto in risposta a Giorgio Masiero

        Giorgio -non ho potuto replicare altrove. Se ora scrivi che i processi mentali umani *non* procedono per via algortimica (e sono d’accordo), allora perché altrove hai sostenuto che sia Goedel a porre dei limiti alla ragione umana?
        Delle due l’una. Perché, sostenere che i teoremi di Goedel pongano limiti alla nostra comprensione della natura, implica sostenere che i nostri processi cognitivi obbediscano alla logica formale. Personalmente, non vedo vie di uscita.

        • Giorgio Masiero ha detto in risposta a Nicola

          Ho già risposto a questa domanda in un altro thread.
          Anche se la ragione umana, in particolare nell’attività matematica, non si serve soltanto dell’algoritmo, però si serve spesso ANCHE dell’algoritmo. Anzi, se ne serve nella maggioranza dei casi, nel processo di “dimostrazione” (diànoia) che consiste in una successione di n passi logici (= algoritmo). Tu t’immagini di poter dimostrare l’Ipotesi di Riemann o l’esistenza di transfiniti intermedi tra il discreto ed il continuo per intuizione trascendentale? se dichiarassi di aver risolto il problema P vs NP per via mistica, senza accompagnarlo da un prosaico lunghissimo algoritmo, pensi che i miei colleghi matematici mi darebbero la medaglia Fields o che il Clay Institute mi darebbe il milione di dollari in palio?
          C’è poi un’altra questione che implica un limite alla ragione, sempre stando in solo campo matematico: i problemi NP, appunto, del tipo del process scheduling. Questi hanno algoritmo risolutore, però quest’ultimo contiene talmente tante istruzioni da richiedere per la sua esecuzione risorse superiori a quelle dell’Universo. In questo caso la ragione si deve rassegnare, perché non può nemmeno usare l’Ibm Blue Gene versione prossimo secolo con la speranza di poterlo eseguire!

          • Nicola ha detto in risposta a Giorgio Masiero

            Per “ragionamento algoritmo” ti stai riferendo a una generica successione ordinata e finita di deduzioni logiche (come ad esempio le dimostrazioni dei teoremi che i matematici pubblicano nei loro articoli; o un generico approccio razionale usato dai fisici nella realizzazione di un esperimento), da contrapporre all’intuizione trascendentale. Ma il “ragionamento algoritmico” su cui è applicabile Goedel è esclusivamente quello della logica formale, cioè quello in cui le verità/falsità delle asserzioni possono essere esclusivamente dedotte dalle sole relazioni sintattiche tra simboli (senza cioè accedere alla dimensione semantica del problema), ovvero quello che farebbe un calcolatore. Che non è quello con cui vengono dimostrati e pubblicati la quasi totalità dei teoremi della matematica (praticamente tutti, con la sola eccezione dei teoremi intenzionalmente dimostrati con le regole di deduzione della logica formale). In altre parole, la “logica formale” non esaurisce la logica. Le regole di deduzione logica che vanno oltre la logica formale, e non per questo sono “mistiche”.

            • Giorgio Masiero ha detto in risposta a Nicola

              L’aritmetica è stata formalizzata un secolo fa da Peano: non esistono in aritmetica “regole di deduzione logica che vadano oltre la logica formale”. Se me ne indichi una, te ne sarò grato.

              • Nicola ha detto in risposta a Giorgio Masiero

                anche la stessa dimostrazione del teorema di Fermat, così come proposta da wiles, non mi pare proprio che faccia uso di logica formale.

          • Nicola ha detto in risposta a Giorgio Masiero

            comunque la chiudo qui… spero solo sia chiaro che il problema era sui limiti intrinseci della conoscenza umana, non di come portarsi a casa la medaglia Fields. Un problema, diciamo, un po’ più alto di quello del mero riconoscimento sociale dell’attività dei matematici.

            • Giorgio Masiero ha detto in risposta a Nicola

              Non ti capisco, Nicola: so bene anch’io che la conoscenza umana non si riduce all’aritmetica! Ci mancherebbe…
              Ma se il problema che mi hai posto “era sui limiti intrinseci della conoscenza umana”, come tu dici, ed io ti ho mostrato che il teorema di Goedel pone dei limiti GIA’ alla conoscibilità dell’aritmetica da parte nostra, non ti ho così dimostrato che la ragione umana è limitata?
              Mi stai chiedendo di dimostrarti dei limiti della ragione anche in altri campi?

              • Nicola ha detto in risposta a Giorgio Masiero

                Semmai direi che Goedel pone limiti allo status logico delle stesse asserzioni matematiche, cioè, non mi pare bello dire che ponga limiti alla “nostra conoscibilità” della aritmetica.
                Comunque sì: io chiedevo se Goedel pone dei limiti di principio alla nostra conoscibilità dei fenomeni naturali a cui accediamo tramite l’indagine sperimentale. La mia risposta è NO, perché il nostro approccio alla conoscenza è notoriamente euristico. Inoltre, anche qualora volessimo definire lo status logico di certi fenomeni, non vedo comunque come la logica formale potrebbe limitarci. Se mai un giorno dovessimo davvero imbatterci in un’asserzione indecidibile che ha implicazioni sulla nostra comprensione di uno specifico fenomeno naturale (e onestamente, non vedo come; attendo esempi), potremmo comunque assumerla vera/falsa per poi esplorarne le conseguenze nei due casi interrogando la natura stessa: guarda che è quello che abbiamo sempre fatto!

                Sarebbe diverso se intendessimo la conoscenza come un’output fornito da un ipotetico super-computer capace di elaborare simultaneamente tutti i possibili input osservativi per poi formulare un’ipotetica teoria onnicomprensiva come risultato di un algoritmo di calcolo: in questo caso, Goedel dovrebbe limitarne i risultati del calcolatore. Ma non sarà mica questa la tua idea di conoscenza?

  3. saverio ha detto

    L’antropocentrismo catto-tolemaico, buttato fuori a calci dalla porta principale, non sa come fare per rientrare, surrettiziamente, dalla finestra…
    Cosa ne può sapere il “dotto” in questione se su altri 10, 1000 o un milione di pianeti nell’Universo esistono o sono esistite entità biologiche con un cervello ancora più evoluto, complesso e con migliori capacità del nostro?
    La realtà, che a voi credenti piaccia o no, è che il Genere Umano nell’Universo non conta un bel niente! Nel senso che per una qualunque ragione, potremmo sparire completamente, anche fra solo 50 o 100 anni ed il resto del Cosmo neanche se ne accorgerebbe…andrebbe avanti per i fatti suoi!
    Quanto al fatto che si abbia una “coscienza”, cioè una capacità logica ed emotiva di discernere il Bene ed il Male, comportandosi di conseguenza, sia solo appannaggio di quelli che “credono” nel vostro Dio, è una bufala colossale! Io non seguo la vostra chiesa ma ho ben preciso come comportarmi…al contrario di certi “credenti”!

    • Michele Santambrogio ha detto in risposta a saverio

      Saverio, grazie davvero per il tuo intervento perché non c’è dimostrazione migliore della vostra condizione. La faccio notare bene:

      Di fronte all’eccezionalità dell’uomo come rispondono gli anti-teisti? Con la filosofia religiosa del multiverso. E infatti:
      “Cosa ne può sapere il “dotto” in questione se su altri 10, 1000 o un milione di pianeti nell’Universo esistono o sono esistite entità biologiche con un cervello ancora più evoluto, complesso e con migliori capacità del nostro?”.

      Detto questo ecco che l’ateo deve obbligatoriamente sminuire l’uomo, renderlo un essere banale e stupido per poter dire che Dio non esiste. Praticamente taglia il ramo su cui è seduto. Ecco qui la dimostrazione puntuale:
      ” il Genere Umano nell’Universo non conta un bel niente!”

      Segue il delirio sulla coscienza e sulla morale, totalmente fuori tema.

    • Falena-Verde ha detto in risposta a saverio

      “Qual è il senso della nostra esistenza, qual è il significato dell’esistenza di tutti gli esseri viventi in generale? Il saper rispondere a una siffatta domanda significa avere sentimenti religiosi. Voi direte: ma ha dunque un senso porre questa domanda. Io vi rispondo: chiunque crede che la sua propria vita e quella dei suoi simili sia priva di significato è non soltanto infelice, ma appena capace di vivere.”

      Albert Einstein (che antropocentrista non era, ma nemmeno antropofobico come saverio!)

    • Alcor vega ha detto in risposta a saverio

      Saverio ma così conferma il vangelo ,e cioè che il materiale è effimero mutevole svanisce ,e che lo spirituale immutabile è eterno ,le basta leggere le confessioni di Agostino che già nella genesi dava al nome cielo un significato spirituale e alla terra tutta le creazione dell’universo ,quindi come vede ben poco di ristretto cè nei pensatori cristiani anzi cè la cosciena dell’infinito…

    • Antonio72 ha detto in risposta a saverio

      Secondo lo stesso Bohr (che non era né cattolico, né tolemaico), ricordo uno dei padri della “meccanica quantistica”: “E’ sbagliato pensare che compito della fisica sia scoprire com’è fatta la natura. La fisica ha per oggetto ciò che possiamo dire sulla natura.”
      Se ne deduce che è inutile parlare di un universo non osservato, tantomeno di miliardi di universi, perchè semplicemente secondo la scienza, questi non esistono affatto. Quindi, caro mio, se Dio è una bufala, lo è a maggior ragione il multiverso, sempre che sia ancora valido il principio del Rasoio di Occam.
      Anzi la teoria del multiverso è irrazionale perchè afferma in poche parole che l’universo che osserviamo esiste, perchè esistono infiniti universi non osservati. Ovvero è come dire che questa configurazione di particelle che chiamiamo universo esiste, in quanto esistono tutte le altre configurazioni di particelle possibili. Il multiverso quantistico di Everett si spinge oltre, perchè vuole spiegare anche il libero arbitrio. Quest’ultimo esiste secondo Everett perchè l’uomo sceglie tutte le possibilità possibili nei diversi universi paralleli in cui la sua personalità viene sdoppiata più volte. Ma così si può spiegare l’esistenza di qualsiasi cosa, e quindi anche la scienza diverrebbe di fatto inutile!
      Ti ricordo, in risposta alla tua teoria dell’esistenza di vita intelligente extraterrestre, ma ne abbiamo parlato a lungo di recente, un certo Paradosso di Fermi.
      Ti ricordo che il multiverso risponde al principio antropico forte, mentre quello debole positivista si limita ad affermare, pressapoco: “L’universo è così ordinato ed accogliente per la vita, perchè altrimenti non saremmo qui ad osservarlo.”
      Quello che sappiamo dalla scienza è che l’universo, o anche il multiverso, deve avere avuto un inizio. Inoltre sappiamo che, in osservanza al secondo principio della termodinamica, l’universo primordiale doveva essere ordinato, ovvero a basso livello di entropia.
      E poi, sarebbero i cattolici gli antropocentristi, viene quasi da ridere…
      Questa è la posizione scientifica. Le tue sono solo speculazioni fasulle ammantate di un odio evidente verso il genere umano, a cui appartieni disumanamente.

    • Lucio ha detto in risposta a saverio

      Caro Saverio:
      l’ipotesi non provata che in altri pianeti dell’ universo possano esistere altri esseri con un cervello ancora piu’ evoluto del nostro nulla toglie al fatto che il nostro cervello, di per se, rappresenti comunque qualcosa di straordinario e di meraviglioso, poiche’ rappresenta in ogni caso un assoluto punto di discontinuita’ rispetto a tutto il mondo animale conosciuto.
      Visto che noi esistiamo e che siamo parte dell’ universo non puoi affermare che nell’ cosmo non contiamo niente. D’altronde sostenere che il resto dell’ universo neanche se ne accorgerebbe se noi sparissimo, anche tra solo 50 o 100 anni, mi sembra una banalita’ visto che la materia inanimata non sa di esistere e che non percepisce neanche chi invece e’ cosciente di esistere.
      Affermare che la capacita’ di discernere il bene e il male sia appannaggio dei soli credenti rappresenta una bestialita’ assoluta, poiche’ nella teologia cattolica si afferma con decisione che la sfera morale e’ un patrimonio comune a tutta l’umanita’. Vorrei garbatamente invitarti ad essere piu’ prudente nei tuoi giudizi ed a ricercare una forma di confronto piu’ costruttiva.

  4. andrea ha detto

    “Il cervello è lo strumento più complesso e affascinante in tutto l’universo” aggiungerei “conosciuto”, l’universo conosciuto è un infinitesimo dell’esistente, come si può dire che il nostro cervello non abbia uguali nel cosmo?

    • Valerio ha detto in risposta a andrea

      Avrà eguali di fronte a prove certe dell’esistenza di qualcosa d’altro di più complesso. Attualmente è così. Persisti nel voler scivolare sul non conosciuto/non provato per voler confutare il già conosciuto/già provato. E’ un’operazione assai poco razionale.

      • andrea ha detto in risposta a Valerio

        Ma quale persisti se è la prima volta che ci parliamo io e te?

        quindi se sono un indigeno che vive solo in un’isoletta in nel Pacifico, che vede altre isole all’orizzonte, ma non ha una barca per andarci (o forse non la sa ancora construire) posso definirmi l’uomo più intelligente dell’Oceania? Senza che a te venga il minimo dubbio?

        Ti verrebbe, e ti dovrebbe venire a maggior ragione se si parlasse di una scala quale quella universale.

        Credo che sarebbe stato più corretto dire: il cervello non ha eguali nell’universo conosciuto… Che oggi come oggi equivale a dire il cervello non ha eguali sulla Terra: grazie lo sapevo già.

        La frase poi sulla continuità coi primati è il top. in natura la continuità esiste solo verticalmente e non lateralmente. Così come i due rami di un apianta non sono in continuità, lo sono se mai le cellule di uno stesso ramo.
        Personalmente non ritengo esista al momento una teoria evolutiva più razionale di quella di Darwin ma sono aperto ad obiezioni ovviamente.

        • Daphnos ha detto in risposta a andrea

          Solo un paio di appunti.

          Una teoria razionale non necessariamente deve essere vera: se non c’è contraddizione, può comunque non esserci riscontro. Quella di Darwin (o meglio, quella odierna derivata da quella di Darwin), è razionale, non si contraddice, ma a parer mio e non solo mio, è lacunosa, estremamente riduttiva e spesso travalicante in tautologie dialettiche e affermazioni infalsificabili. Il fatto che al momento non ve ne sia una migliore non vuol dire che sia perfetta, e il fatto che molti oggi la difendano con il fucile (mediatico) e altri la attacchino nel segno del revanscismo creazionista, non facilita certo un miglioramento delle cose.

          Detto questo: quella frase sulla continuità parlava proprio di una continuità verticale, niente affatto orizzontale! Il fatto che attualmente le teorie sull’origine dell’uomo abbiano spostato alcuni esemplari del genere Homo lateralmente, come anche lo stesso scimpanzé, una volta considerato nostro progenitore, ora sia ritenuto solo un discendente dallo stesso misterioso antenato comune primate, non nega, anzi rinforza quest’affermazione. Vi è letteralmente un abisso non solo di intelligenza (quantitativa) tra l’uomo e le altre specie (anche l’antenato comune, che non sarà stato più intelligente degli scimpanzé odierni), ma soprattutto qualitativa, nel senso di autocoscienza. L’autocoscienza infatti esiste oppure no (questo almeno parafrasando il significato di “qualitativo”).

          Per quanto riguarda l’universo conosciuto: in questo blog viene spesso citato il paradosso di Fermi “se l’universo brulica di vita, dove sono tutti quanti?”. Una frase del genere, a mio parere, non è decisiva, ne’ probante in alcun modo. Però fa riflettere in questo senso: se noi che siamo la specie più avanzata sulla Terra, riusciamo a volgere la nostra attenzione verso lo spazio profondo, fin quasi a toccarlo (tanto che desideriamo ardentemente effettuare a breve nei viaggi interstellari), una specie che sia appena più evoluta di noi, essendo già noi così bravi, non sarebbe già riuscita ad effettuare questi viaggi e mettersi in contatto con noi?
          Per questo, secondo me, la frase sul cervello umano descritto come “wider than the sky”, pur non essendo necessariamente vera, acquista comunque significato, anche se sottoposta a revisioni relativiste.

          • Antonio72 ha detto in risposta a Daphnos

            Permettimi di correggerti sul Paradosso di Fermi. E’ vero che non sia definitivo ma è anche vero che qualcosa riesca a dimostrare, ovvero che l’universo non brulica di vita intelligente dotata di tecnologia radio. “Non brulicare” non significa certo “non esistere”, tuttavia è già qualcosa, appunto. Gli stessi scienziati del SETI hanno dovuto smorzare l’entusiasmo originario. Per quanto riguarda la teoria darwiniana, secondo me invece si contraddice, eccome!
            La visione darwiniana limita l’organismo biologico ad una questione adattativa all’ambiente, ponendo quest’ultimo in una condizione privilegiata rispetto al primo. Secondo la teoria esiste una nicchia ecologica a cui l’organismo si deve adeguare, come una chiave deve essere limata per poter entrare nella serratura. Ma l’esperienza ci dice che non è affatto così! Gli organismi, non solo si adattano all’ambiente, ma lo trasformano, ed in certi casi lo reinventano. Ed alcuni organismi si fanno di fatto ambienti essi stessi, per altri organismi. Senza parlare che la mutazione del DNA casuale non può affatto spiegare la biodiversità. Su questo ormai dubbi non ce ne sono tra i biologi con la testa sulle spalle: la selezione naturale è solo una componente della teoria evolutiva e nemmeno la principale. Ti consiglio Richard Lewontin in cui il genetista dimostra l’esaltazione straordinaria della molecola del DNA rispetto al suo effettivo valore scientifico. Un organismo non è affatto determinato dal DNA e lo stesso non è in grado di autoriprodursi autonomamente. Sono fole scientifiche diffuse per facilitare obiettivi economici più che scientifici.

            • Michele Forastiere ha detto in risposta a Antonio72

              Caro Antonio, mi intrometto brevemente per sottoscrivere totalmente quanto scrive. A proposito del concetto darwiniano di evoluzione per adattamento all’ambiente, ho sentito personalmente Telmo Pievani affermare, nel corso di una recente conferenza, qualcosa di strettamente analogo alla sua osservazione: e cioè che è ormai smentita la baggianata della pressione selettiva ambientale quale motore principale dell’evoluzione (ricordiamoci la “Storia proprio così” della giraffa, in cui il carattere “collo lungo” viene selezionato a causa della competizione tra individui per raggiungere foglie poste sempre più in alto…). Riguardo alle ultime scoperte sull’evoluzione umana, in particolare, Pievani notava che l’Uomo moderno ha manifestato le caratteristiche più evolute proprio in concomitanza di una diffusione areale rapidissima, difficilmente spiegabile in termini esclusivamente biologici – una specie di “fuga” consapevole dall’originaria culla africana (spero di riuscire a scrivere qualcosa di più su quanto ha esposto Pievani in un prossimo articolo, perché l’ho trovato interessantissimo).
              Insomma, sembra proprio confermato che le specie non se ne stiano ferme lì a “farsi plasmare” dalla selezione naturale, ma piuttosto che vengano “plasmate” da qualche spinta biologica interna del tutto indipendente dall’ambiente. Per non parlare, poi, della debolezza di ogni spiegazione sull’origine della novità genetica basata sulla mutazione casuale (da lei giustamente sottolineata).
              Un cordiale saluto

          • Nadia ha detto in risposta a Daphnos

            Hai ragione, Daphnos.
            Occorre anche osservare che, se l’Universo “brulica” di vita, diventa estremamente probabile che ci siano civiltà avanzate di 1.000 o 100.000 o 10.000.000 di anni rispetto alla nostra. Ma allora, ancora, dove sono tutti quanti? Perché, al contrario, tutto questo silenzio galattico elettromagnetico ci circonda?
            Il fatto è che questi nostri critici così avanzati rispetto alla nostra arretratezza “tolemaica” si sono fermati a Copernico, alla Terra e all’uomo così minuscoli rispetto ad un Universo infinito…, e non prendono atto della nuova rivoluzione introdotta dalla relatività generale e dalla cosmologia moderna, in cui questo Universo è molto giovane e piccino già per l’uomo ed, anzi, appare sintonizzato fisicamente proprio per lui.

            • Antonio72 ha detto in risposta a Nadia

              A questo proposito, secondo Hawking, se si potesse realizzare una navicella spaziale che riesca a raggiungere il 99% della velocità della luce, sarebbero sufficienti per attraversare la nostra galassia, data la dilatazione temporale relativistica, soli 80 anni!
              Tenendo conto che il diametro della Via Lattea è di circa 100.000 anni luce, e che la vita sulla Terra è cominciata circa un paio di miliardi di anni fa, ciò significa che gli eventuali alieni avrebbero potuto fare avanti ed indietro più volte, precisamente circa 10.000 volte.
              Senza parlare della possibilità dei cunicoli spazio-temporali che alcuni scienziati, come Hawking, credono che un giorno possano essere creati da una tecnologia superavanzata. E’ evidente dall’osservazione reale che questa civiltà superavanzata non esista affatto. Ma siccome, come giustamente hai detto, dovrebbero in teoria esistere vite intelligenti molto più antiche della nostra, se ne deduce che queste non esistano affatto, ovvero che siano esistite e dopo scomparse, tutte. Forse vi è addirittura un limite tecnologico-scientifico insuperabile. In ogni caso se questo limite non ci fosse non si spiegherebbe come mai non siamo invasi dagli extraterrestri, tenendo conto che la tecnologia umana si è sviluppata esponenzialmente nei soli ultimi 200 anni.
              Allora se ne deve dedurre o che lo sviluppo scientifico abbia un limite tecnologico invalicabile (d’altronde la velocità massima di una navicella spaziale è di fatto solo un limite tecnologico), o che non esista alcuna civiltà extraterrestre. Il primo caso contempla anche l’ipotesi di eventuali estinzioni causate o subite.

              • Giorgio Masiero ha detto in risposta a Antonio72

                Quindi, Antonio, o siamo soli nell’Universo (e l’uomo è un evento speciale) o siamo un evento comune della casuale evoluzione cosmica che ci condanna all’estinzione (come tutte le altre presunte civiltà)! Siamo così arrivati per altra strada sempre allo stesso dilemma: essere o non essere?

                • Antonio72 ha detto in risposta a Giorgio Masiero

                  Secondo me l’uomo non è affatto un evento speciale, perchè l’universo stesso non avrebbe senso senza l’esistenza di una vita intelligente che lo osservi.
                  Da questo punto di vista non critico il principio antropico debole, piuttosto la sua pretesa di fermarsi all’ovvio, senza trarre la principale conseguenza che se ne dovrebbe dedurre e che invece viene totalmente ignorata: la vita intelligente esiste in quanto l’universo è osservato, l’universo ha senso solo quando osservato da una vita intelligente. Il fine dell’universo è quindi la vita intelligente, e siccome conosciamo solo quella umana, il fine dell’universo è l’uomo.
                  La sovrabbondanza dell’universo che osserviamo è quindi la prova dell’esistenza di Dio e della sua libertà e generosità. Tutte le meraviglie dell’universo non valgono le meraviglie della mente umana, come i fuochi di artificio non valgono la felicità di un bambino che li osserva estasiato.
                  Paradossalmente questa corrispondenza tra eternità dell’universo ed eternità dell’anima è testimoniato proprio da alcuni grandi poeti, atei, come il Leopardi. L’intuizione trascendentale, anche poetica, che supera qualsiasi pensiero razionale, è la prova dell’esistenza di un’anima immortale. Su questo punto, so che non siamo molto d’accordo.

                  • Giorgio Masiero ha detto in risposta a Antonio72

                    Sono d’accordo: con la locuzione “evento speciale” intendevo l’uomo insieme all’Universo.
                    Quanto al principio antropico, la versione “debole” è la sola corretta secondo il protocollo galileiano e non è banale dal punto di vista scientifico: essa permette infatti (e lo ha fatto!) predizioni falsificabili.
                    La versione “forte” è quella che tu sostieni (ed in cui credo anch’io), ma devi riconoscere che è un’interpretazione filosofica coerente con la nostra Welstanschauung.

                  • Fede_81 ha detto in risposta a Antonio72

                    Io invece vorrei chiedere due cose ad Antonio72. Premetto che non sono esperto di questi temi seppure affascinato dal vostro argomentare quotidiano.

                    1) Perché si ipotizza sempre che le civiltà aliene debbano essere avanzate a noi? Potrebbero benissimo essere più arretrate e quindi il Paradosso di Fermi crollerebbe. Cosa ci spinge a dire che devono essere nate prima dell’uomo?

                    2) Non ho mai capito il senso del principio antropico debole: “L’universo è così ordinato ed accogliente per la vita, perchè altrimenti non saremmo qui ad osservarlo.” Giorgio dice qui sopra che non è banale ma io lo trovo assolutamente assurdo. Analizzando la frase, la seconda parte di essa (ovvero “perché altrimenti non saremmo qui ad osservarlo) non è affatto una spiegazione della prima parte della frase (ovvero “l’universo è così ordinato e accogliente”). Sbaglio?

                    • Antonio72 ha detto in risposta a Fede_81

                      @Fede_81

                      Premetto che nemmeno io sono esperto di alcunchè. Anzi sono proprio un ignorantone, una persona comune che più comune non potrebbe esserci.

                      1) Non è che si ipotizzi che esistano solo civiltà extraterrestri più avanzate della nostra, ad eccezione dei fautori della panspermia che implicamente affermano l’esistenza di almeno una di queste civiltà. Tutto si riduce alla famosa equazione di Drake che calcola il numero di civiltà nella nostra galassia dotate di tecnologia radio. Vi è in particolare un parametro dell’equazione definito fL, che rappresenta la frazione della vita media dell’universo nella quale una civiltà capace di comunicare lo fa mediante onde radio. Per es. siccome gli uomini comunicano da circa 100 anni e l’universo ha un’età sui circa 10/20 miliardi di anni, tale parametro è nell’ordine di 10^-8, fino ad oggi.
                      Ma non è affatto detto che questo parametro sia quello medio delle civiltà extraterrestri esistenti, potrebbe essere anche molto più basso. Se fosse così allora significa che civiltà extraterrestri potrebbero comunicare da molto più di cento anni, magari mille forse anche diecimila (che è quello che credevano i fondatori del SETI prima dell’evidenza sperimentale).E siccome è molto improbabile che tutte le civiltà abbiano avuto un avvio contemporaneo, qualche onda radio “vagante” nel cosmo, avremmo dovuto riceverla. In realtà, non ricevendo nulla, possiamo dedurre o che non esistano affatto civiltà trasmittenti, o che siano molto rare o addirittura estinte. In ogni caso sono solo ipotesi. L’unica certezza è che il cosmo non pullula di trasmissioni radio.
                      2) Ed infatti il principio debole antropico rinuncia a spiegare alcunchè. Si limita ad osservare, secondo la logica positivista, che è inutile discutere di cose non osservabili o chiedersi perchè dell’esistenza di una cosa. Anzi le cose non osservate non esistono affatto. Questo principio si applica ovviamente alle scienze naturali, ed è quindi coerente con gli scopi di quest’ultime. Il problema è che si vuole ammettere solo questo tipo di verità, sintetizzando: Tutto ciò che osserviamo è vero, ciò che non osserviamo è quindi falso. Ma allora com’è che la razionalità umana non si accontenta di questa risposta scientifica, e vuole, per così dire, strafare? Questo è un errore razionale, oppure una caratteristica intrinseca della razionalità umana. In ogni caso queste verità non appartengono più alle scienze sperimentali, ma alla filosofia e alla teologia, come dice giustamente Giorgio. Ma allora a che servono la filosofia e la teologia, se non possono che dedurre solo falsità? Ne consegue che mentre la prima si limita ad analizzare il linguaggio con cui esprimiamo prosaicamente le scoperte scientifiche (infatti il vero linguaggio della scienza è la matematica), l’ultima viene letteralmente assimilata alle favole o leggende mitiche e quindi privata di alcun valore. Ecco allora spiegato l’ateismo crescente, almeno in Occidente.

                    • Giorgio Masiero ha detto in risposta a Fede_81

                      @ Fede_81 e Antonio
                      Se mi permettete, vorrei mettere alcuni puntini sulle i, sul puro piano scientifico e concludere con una riflessione filosofica.
                      1. “Perché si ipotizza sempre che le civiltà aliene debbano essere più avanzate di noi? Potrebbero benissimo essere più arretrate e quindi il Paradosso di Fermi crollerebbe.”, dice Fede.
                      Ma nessuno mai ha ipotizzato che TUTTE le (eventuali) ETI siano più avanzate della nostra! Però, per chi pensa che l’Universo pulluli di vita (perché è infinito e contiene miliardi di miliardi di pianeti, ecc. ecc.), diventa un corollario che all’incirca una metà di queste siano più arretrate della nostra e l’altra metà siano più avanzate. Per i credenti dell’ETI diffusa, rispondere all’osservazione di Fermi con l’affermazione che noi siamo i più avanzati equivarrebbe ad ammettere che occupiamo una posizione centrale dell’Universo e quindi tornare al famigerato sistema catto-tolemaico!
                      2. Vi prego di prendere atto che il principio antropico debole è ricchissimo di conseguenze scientifiche e che il vostro equivoco sta forse nel verbo “spiegare” che si può utilizzare in forme diverse.
                      Se io mi trovassi assetato in una zattera nel Pacifico e scorgessi un’isola popolata di cannibali, ne trarrei (usando il principio antropico debole) che in quell’isola c’è acqua potabile e quindi, anche rinunciando a “spiegarmi” come ci siano arrivati gli uomini in quell’isola, potrei propormi di ricercare una sorgente dove dissetarmi e avendo tempo la troverei. Allo stesso modo, in astronomia, partendo dal principio antropico debole, potrei ricavare per es. che l’Universo ha un’età non inferiore ad una dozzina di miliardi di anni: i primi 2-3 per l’aggregazione delle prime stelle, altri 8 per la sintesi in una di queste dei 92 elementi chimici e per la sua esplosione nella supernova da un cui frammento è nata la Terra e qualche altro miliardo per la comparsa e l’evoluzione della vita sulla Terra. Nessun fisico, ovviamente, usa il principio antropico debole per calcolare l’età dell’Universo (abbiamo altri strumenti più raffinati), ma come avrebbe potuto Dirac ricavare altrimenti il rapporto globale fotoni/barioni (che è un numero molto importante in cosmologia)? contandoli uno ad uno?
                      3. Osservazione filosofica finale. La “vecchia” rivoluzione copernicana ha scalzato la posizione centrale dell’uomo nell’Universo. Però, ora siamo ad un nuovo turning point, che ai nostri interlocutori agnostici appare estremamente indigesto; e questo turning point viene ancora dalla scienza. Anche senza adire alla versione forte, che implica una Weltanschauung a monte, il principio antropico debole non è un’ovvietà positivistica, ma riporta l’uomo se non in una posizione centrale, certamente in una posizione pregna di significato nel nostro Universo. Attraverso l’osservazione dell’uomo, possiamo giungere ad una migliore comprensione scientifica dell’universo, delle sue proprietà e della sua evoluzione: chi l’avrebbe detto fino a poco tempo fa? E osservare “sul piano scientifico” che l’uomo non è piccolo rispetto all’Universo, ma che al contrario l’Universo è piccolissimo (in termini spaziali e temporali) rispetto all’uomo, non capovolge la prospettiva?

                    • Antonio72 ha detto in risposta a Fede_81

                      Mi piace la metafora della fonte sull’isola, e allora le domando: ma quando potrà spegnersi la sete dell’uomo assetato? E sappiamo che la conoscenza scientifica non solo comporta l’osservazione di oggetti osservabili, ma anche la loro manipolazione, trasformazione ed anche distruzione.
                      La scienza serve la tecnologia come quest’ultima serve la prima. Molte delle conoscenze del mondo subatomico non derivano forse dagli esperimenti del CERN di Ginevra e degli altri acceleratori preesistenti? E queste sperimentazioni non avranno conseguenze sull’innovazione tecnologica futura, che a loro volta impatteranno sugli strumenti dell’indagine scientifica, migliorandoli e potenziandoli?
                      Se la sete dell’uomo è illimitata, non potrà mai bastare una sola isola perchè l’uomo si dica soddisfatto. Ma allora come la mettiamo con il fatto oggettivo che l’isola è una sola?
                      Dalle sue ultime considerazioni deduco che dalle scoperte scientifiche ci si aspetti le risposte fondamentali dell’uomo, quelle le cui domande sono state poste dalla filosofia, le stesse risposte che caratterizzano tutte le religioni, compresa quella cristiana.
                      Viene quasi il sospetto che la scienza pretenda di trattare certe questioni escluse dal suo campo di indagine. Ed io sono convinto che sia così, ovvero che il vero obiettivo inconfessabile dell’indagine scientifica è pressapoco questo, come scrisse una volta Einstein: “Voglio sapere come Dio ha creato questo mondo. Non sono interessato a questo o quel fenomeno, allo spettro di questo o quell’elemento. Voglio conoscere i Suoi pensieri, il resto sono particolari.”
                      Ma qui ci vedo un’arroganza da parte dell’uomo, inaccettabile, almeno dal mio punto di vista, ovvero quella di volere, esso stesso, elevarsi a Dio, edificare una Torre di Babele che tocchi l’alto dei Cieli. E’ un peccato questo? Secondo me lo è, e l’uomo, prima o poi, ne pagherà le conseguenze.
                      Prima parlavo di oggetti disponibili all’indagine scientifica, dimenticando di puntualizzare che tra questi oggetti l’uomo è incluso, in tutti gli stadi del suo continuum biologico. A voler giocare troppo a fare i Prometeo prima o poi ci si brucia.
                      Per quanto riguarda le notivà cosmologiche a favore dell’antropocentrismo, sono d’accordo in parte. Ma a che servono, di grazia? Sappiamo di certo che l’esistenza di Dio non può essere provata scientificamente, a meno di non ridurre Dio ad una mera funzione matematica, e quindi?

                    • Giorgio Masiero ha detto in risposta a Fede_81

                      @ Antonio
                      Non capisco la ratio di quest’ultimo Suo intervento, Antonio, né perché sia diretto a me.
                      Io ho solo spiegato che 1) dire che l’Universo pullula di vita e che noi siamo la specie più intelligente significherebbe per i naturalisti ritornare al sistema tolemaico; 2) che il principio antropico debole non è né “assurdo” (Fede_81), né “incapace di spiegazioni” (Antonio72).

                    • Antonio72 ha detto in risposta a Fede_81

                      Sì, infatti scusa…delle volte sragiono.
                      Ho preso spunto dalla tua fonte nell’isola e poi il resto è venuto da sé, non è che volevo rispondere al tuo commento.
                      Quando però la cultura scientista si vuole sovrapporre completamente a quella scientifica, si fa fatica a discernere le due cose, non credi?

                    • Giorgio Masiero ha detto in risposta a Fede_81

                      E lo dici a me, che ho fatto della lotta contro lo scientismo e per l’affermazione di una scienza umana integrata la mia missione?

                    • Nicola ha detto in risposta a Fede_81

                      boh, a me il principio antropico sembra solo una tautologia e nulla più : /

                    • Giorgio Masiero ha detto in risposta a Fede_81

                      @ Nicola
                      Tutta la matematica è per definizione tautologia, però abbiamo una lista chilometrica di problemi difficili di cui ignoriamo la soluzione.
                      E in fisica, come sapremmo il rapporto globale fotoni/barioni per es.(importante in cosmologia) senza il principio antropico? Tu hai un metodo diverso, che so di contarli uno a uno?
                      Qualche volta, su ciò che non sai, Nicola, dovresti stare in ascolto invece di dire “Secondo me…”: il principio antropico debole fa parte della fisica, mica della politica!

                    • Nicola ha detto in risposta a Fede_81

                      guarda che io ho solo scritto che il p.a. mi sembra tautologico, mica ho sentenziato nulla né espresso giudizi di valore. ma è tautologico o no? mica l’ho capito!

                    • Giorgio Masiero ha detto in risposta a Fede_81

                      No, tu Nicola hai scritto che è “SOLO una tautologia e NULLA PIU'” e hai aggiunto una faccetta ironica: questa è una sentenza negativa e tu la volevi tale.
                      Ma ti rendi conto che c’è ancora gente che scrive, anche in questo thread, che l’Universo è troppo grande per ospitare solo l’uomo e non moltissime altre ETI, quando dobbiamo al principio antropico se invece sappiamo che è appena sufficiente (per grandezza ed età) già per l’uomo?
                      Ma ti rendi conto che senza il principio antropico non sarebbero nemmeno nate la teoria delle stringhe né la congettura del multiverso?
                      Sono stati i tuoi SOLO e NULLA PIU’ che io ho criticato. Il principio antropologico debole non è la banalità descritta dagli ignoranti, ma una tautologia che è stata organizzata per la prima volta dall’astronomo Brandon Carter in un insieme ordinato di osservazioni e che si è dimostrato molto proficuo nel fare predizioni scientifiche che si sono mostrate vere.

                    • Nicola ha detto in risposta a Fede_81

                      Non farla lunga, ho risposto a Fede81 che nel p.a. ci vedo una tautologia e nulla più. Tu vedici quello che ti pare, fatti tuoi.
                      Per la cronaca, la faccina che ho fatto è questa :/
                      http://tinyurl.com/masierofaccina = “hum”
                      (= “uhm”, pensierosa/indecisa, non ironica).
                      Ma anche qui, vedici quello che ti pare, fatti tuoi.

                    • Fede_81 ha detto in risposta a Fede_81

                      Tralascio volontariamente i due commenti di Nicola, completamente inutili. Il primo è un classico del riduzionista, il secondo è ancora peggio perché non ha nemmeno preso in considerazione la risposta di Giorgio che spiega come il p.a. non solo sia riconosciuto da chiunque, abbia grande spazio nella fisica. Se Nicola mettesse da parte Dawkins e Odifreddi e si desse a Paul Davies…

                      @Antonio72 e Giorgio: grazie molte. Ho capito tante cose in più e ringrazio davvero che vi confrontiate in questo modo. Siete davvero una grande risorsa per tutti i lettori.

                      Raccolgo anche queste due frasi fondamentali, la prima di Antonio: “Ma allora com’è che la razionalità umana non si accontenta di questa risposta scientifica, e vuole, per così dire, strafare?”. L’uomo è fatto per l’infinito, desidera sempre oltre, non si accontenta mai di nulla. Questo è un dato da cui bisogna sempre partire. Se la domanda c’è, è preesistente l’uomo ed è inestirpabile da lui, possibile che non ci sia la risposta?

                      La seconda di Giorgio: “E osservare “sul piano scientifico” che l’uomo non è piccolo rispetto all’Universo, ma che al contrario l’Universo è piccolissimo (in termini spaziali e temporali) rispetto all’uomo, non capovolge la prospettiva?”. Verissimo, tutta la vastità dell’universo è minuscola nel confronto dell’uomo, della sua grandezza. L’universo ha vero valore e senso solo perché c’è l’uomo che lo abita. Questo lo diceva bene Pascal quando parlava del giunco: “l’ uomo é una pianta debole soggetta alle intemperie: proprio come un giunco può essere facilmente sradicato e ucciso. Il vento ( e in generale l’ universo che lo attacca ) é estremamente più potente di lui , ma lui ha un vantaggio: é pensante. L’ universo che lo schiaccia senza neanche accorgersene é più forte fisicamente, ma proprio perchè non si accorge di cosa fa ( non ha coscienza ) é infinitamente più debole rispetto al giunco sul piano della coscienza: il giunco pensante fisicamente é debole , ma in ambito di coscienza é fortissimo perchè ha coscienza di essere schiacciato e distrutto dal vento ( l’ universo ) , che manco si accorge di ciò che fa”.

                      Grazie ad entrambi!!

              • Nicola ha detto in risposta a Antonio72

                è evidente che non esiste affatto una civiltà “intelligente” che passa migliaia di anni a fare sù e giù per la via lattea a velocità relativistiche. anche perché, con tutto il carburante che consumerebbe un’ipotetico mezzo che viaggia al 99% della velocità della luce… non sarebbero poi così “intelligenti”. 🙂

                • Antonio72 ha detto in risposta a Nicola

                  Sì, anche perchè ci vorrebbero circa 12 anni per fermarsi alla stazione di servizio: sei anni per decelerare ed altri sei per accelerare. E non ho contato il tempo di rifornimento, che in ogni caso, non credo sia paragonabile a quello del pitstop in Formula Uno. 🙂
                  Questa è un’idea di Hawking prelevata dal prosaico suo DVD in cui questa grandiosa nave spaziale (appunto a causa degli enormi serbatoi) assume delle connotazioni realistiche, anche fin troppo.
                  Ma Hawking si spinge anche oltre, ipotizzando una tecnologia in grado di creare i cunicoli spazio-temporali, alla stregua di scorciatoie cosmiche, non badando il fatto che in altro DVD, Hawking stesso, parlando dei viaggi nel tempo, aveva categoricamente scartato l’ipotesi dei cunicoli spazio-temporali, in quanto soggetti ad un feedback energetico-distruttivo.
                  Fantasie fantascientifiche….ci si diverte anche così!

        • Valerio ha detto in risposta a andrea

          Ho letto i tuoi vari interventi e noto che devi sempre andare a parare sul non conosciuto per spiegare il conosciuto.
          L’esempio è di una banalità estrema: se sai di essere su un’isola del Pacifico sai allora che esiste il Pacifico e dunque sei a conoscenza di tutte le altre Terre e dell’Oceania stessa. Nessuno con queste conoscenze direbbe quel che hai detto tu. Fino a prova contraria invece, il cervello non ha eguali nell’universo. Non credo che tu abbia le competenze per contraddire Gazzaniga.

  5. andrea ha detto

    Un saluto a tutti, Valerio perdonami se non monitorerò la tua risposta, non è un tentativo di avere l’ultima parola, ho solo preso la decisione di lasciare queste discussioni. Grazie a te e a tutti gli altri del tempo dedicatomi.

  6. Alessandro109 ha detto

    Scusate, forse la domanda è off-topic.
    Ma è un pò di tempo che mi chiedo come sia concepibile l’idea di
    Dio che pensa.
    La mia domanda vi sembrerà ingenua ed esula dal contesto scientifico del thread,
    però potrebbe esserci qualcuno tra di voi che potrebbe darmi una risposta di stampo
    teologico.
    Insomma, se la mente funziona attraverso i neuroni, come può Dio che è puro spirito
    pensare?
    Grazie

    • Giorgio Masiero ha detto in risposta a Alessandro109

      Tu chiedi: “Se la mente funziona attraverso i neuroni, come può Dio che è puro spirito pensare?”.
      Intanto, sul piano della fisica, avresti dovuto dire la mente “umana”, Alessandro, perché non possiamo escludere che in altri pianeti del nostro Universo si sia evoluta una specie intelligente (ETI) fondata, che so, sul silicio anziché sul carbonio e che, quindi, per pensare non usa un supporto materiale come il nostro cervello composto di neuroni.
      Inoltre, sempre restando sul piano scientifico, non è affatto provato che le stesse funzioni vitali (per non parlare di quelle intellettive superiori umane) siano riducibili alla materia. Ciò che possiamo dire con certezza è che nel pianeta Terra la vita si manifesta tramite macromolecole al carbonio, e che quindi la materia è condizione necessaria (ma non si sa se anche sufficiente) all’apparire della vita e dell’intelligenza.
      Adesso, per fare un passo avanti, la prendo un po’ alla larga.
      Da piccolo, la prima operazione che facevo, quando mi capitava tra le mani un giocattolo, era di smontarlo per vedere com’era fatto dentro. Arrivò però un momento, da più grandicello, in cui alla curiosità di sapere com’è fatta questa o quella cosa sopraggiunse lo stupore per il fatto che le cose esistono, in generale. Tu, Alessandro, hai mai provato a pensare all’esistenza in sé e per sé, come puro atto di esistere? ti sei mai detto tra te e te: “Questa cosa è!”, senza badare se ti stesse davanti una ragazza, una pianta o un sasso; insomma, senza badare a questa o a quella particolare forma di essere? Se sei arrivato a questo, ti sarai anche tu accorto di essere in presenza di un mistero, di fronte al quale il tuo spirito avrà provato timore e stupore. Dopo Parmenide, la parola che designa questo mistero diffuso, questa totalità invisibile ed impercepibile, implicitamente manifesta in tutto ciò che appare, è “Essere”.
      Perché c’è l’Essere e non il niente?
      Ecco, da quando l’uomo esiste, elevando gli occhi al cielo stellato che gli sovrasta, immenso e ordinato, s’è fatto questa domanda: “Perché c’è tutto ciò piuttosto che niente?” e sono nate la religione e la filosofia.
      A questa domanda fondamentale (per molti è la domanda più importante di tutte!) ci sono solo due risposte possibili: o Dio o il caso. Il filosofo ateo Sartre ha scelto il caso, e provava fastidio per tutto questo essere che “ci circonda a tonnellate e tonnellate”. Per me, il caso non è una risposta al mistero e non ha senso. Dio, ovvero l’Essere necessario che ha creato il mondo, è per me la risposta che dà Senso al tutto, dall’Universo alla mia vita, ai miei doveri verso il prossimo. E, con la sola ragione, possiamo arrivare a capire alcuni attributi di Dio: tra cui quello di pensiero puro in atto (per approfondimenti, ti consiglio la lettura di Aristotele e Tommaso).
      Tu solo, Alessandro, puoi darti la “tua” risposta alla domanda fondamentale.

      • Alcor vega ha detto in risposta a Giorgio Masiero

        Oltre alla bella risposta di Giorgio vorrei dire che nei passi come in cielo (spirito) così in terra (materia) vi è la risposta Antonio cioè il mondo materiale non è che un riflesso o un ombra (per parafrasare Platone) del mondo spirituale

      • Massimo Ponzoni ha detto in risposta a Giorgio Masiero

        Una piccola precisazione al bellissimo commento di Giorgio: dallo sguardo meravigliato al cielo sono nate tutte le religioni, ottime invenzioni dell’uomo per provare ad entrare in contatto con quel Mistero che inevitabilmente deve esserci. L’unica che non nasce per iniziativa dell’uomo è il cristianesimo, nata fuori dall’uomo, da un incontro fisico di un uomo eccezionale e irriducibile, Gesù, con altri uomini. Un’iniziativa di Dio verso l’uomo e non il contrario, come invece tutte le altre religioni. Per questo il cristianesimo non è una religione.

        • Giorgio Masiero ha detto in risposta a Massimo Ponzoni

          Sono perfettamente d’accordo, Massimo!

          • giorgio ha detto in risposta a Giorgio Masiero

            Non sono cosi d’accordo perché se assumiamo che il cristianesimo non sia una religione, dovremmo per par condicio assumere che nemmeno lo shintoismo o la “religione musulmana” lo siano… ANZI… lo shintoismo é un orientamento di comportamenti
            e la “cosidetta religione musuilmana” é solo un insieme di precetti comportamentali che qualificano un buon musulmano mancando completamente di meditazione teologica..cosa che invece abbiamo nel cristianesimo perché non dimenticatevi che Cristo é figlio del Padre.

            • Massimo Ponzoni ha detto in risposta a giorgio

              La religione è un tentativo dell’uomo di creare un ponte tra lui e l’oggetto sacro, un dio o uno spirito che si intuisce debba esserci. Il cristianesimo non nasce come tentativo dell’uomo, ma come tentativo di Dio verso l’uomo, per questo il cristianesimo non è una religione.

              • giorgio ha detto in risposta a Massimo Ponzoni

                Dio onnipotente e misericordioso: Padre, Figlio, Spirito Santo, se l’é scordato? Ridurre il cristianesimo ad un puro orientamento di atti (mi pare riduttivo). C’é di piu.

                • Massimo Ponzoni ha detto in risposta a giorgio

                  Non ho ridotto il cristianesimo a nulla, ho detto che non è abbinabile a nessuna delle altre religioni e non è nemmeno definibile come religione in quanto non nata come tentativo dell’uomo di mettersi in rapporto con Dio. Sono partito dall’assunto che “religione” sta per tentativo dell’uomo di creare un ponte tra lui e Dio. Le questioni che lei usa per obiettare si sono affermate nel cristianesimo in seguito alla rivelazione di Dio all’uomo e non inficiano quanto da me sostenuto.

                  • giorgio ha detto in risposta a Massimo Ponzoni

                    il Cristianesimo è una religione rivelata e che pretende di essere rivelata.
                    Rivelatore di esso è Gesù di Nazareth, che
                    – ha detto di essere il portavoce di Dio;
                    – ha garantito di esserlo risorgendo.

                    • Massimo Ponzoni ha detto in risposta a giorgio

                      Se si parte dall’assunto (e solo da questo) che le religioni sono un tentativo dell’uomo di entrare in contatto con il Mistero, il cristianesimo non è una religione. Non sto definendo cosa sia il cristianesimo, sto portando l’attenzione su un preciso aspetto di differenziazione del cristianesimo da tutto il resto.

                    • lorenzo ha detto in risposta a giorgio

                      Ha detto di esere Dio…

                • Mandi ha detto in risposta a giorgio

                  Concordo con Massimo. La cosa riduttiva è definire il cristianesimo una religione.

        • Antonio72 ha detto in risposta a Massimo Ponzoni

          Secondo me, invece, quello che distingue il cristianesimo dalle altre religioni è il proprio rapporto con l’ingiustizia e la sofferenza umane.
          Lo stesso Gesù patì entrambe le cose prima della resurrezione. Qual è quindi il significato profondo della passione di Cristo?
          Io credo, oltre l’interpretazione teologica della dottrina cattolica, che l’insegnamento cristiano voglia affermare che l’ingiustizia umana non è evitabile, e qualora ci si provasse, si trasformerebbe o peggio si moltiplicherebbe.
          Ed il toglimento della sofferenza comporta un inevitabile individualismo che conduce all’uomo contro l’uomo. E’ infatti la sofferenza il vero comune denominatore tra gli uomini, forse è proprio dalla sofferenza che si sono evolute le facoltà elevate dell’uomo pre-umano.
          Senza la sofferenza dei propri simili non può esistere alcun empatia che possa elevarsi a compassione. E senza compassione l’insegnamento cristiano non ha alcun senso.
          Vi sono le dottrine religiose o discipline filosofiche individualiste che insegnano a sfuggire la sofferenza e quelle che insegnano, in un certo senso, a diluirla nell’amore del prossimo, così che possa alleggerirsi quella dell’individuo, che altrimenti potrebbe divenire insopportabile.
          Sappiamo anche che la stessa sofferenza di Gesù sulla croce non apparteneva solo a Lui. Era anche la sofferenza di sua Madre, Vergine Maria, e delle altre donne presenti, nonchè dei suoi discepoli ed in generale di tutti i cristiani. Come può dirsi cristiano chi rifiuta di portare sulle proprie spalle il suo pezzettino di Croce?
          Dal punto di vista storico, non a caso le filosofie o le dottrine sociali che hanno preteso di calare dall’alto sull’umanità una giustizia perfetta, sono tutte fallite miseramente, ed anzi hanno causato molta più ingiustizia di prima.
          Ma allora anche la tecnologia scientifica, che vuole annullare la sofferenza fisica e psichica, e forse anche evitare la morte fisica, è destinata a fallire miseramente, ovvero a produrre molta più sofferenza di quanto voglia eliminarne. In ogni caso l’evoluzione tecnologica corre di passo con un processo che spoglierà sempre più l’uomo della sua umanità.

          • Massimo Ponzoni ha detto in risposta a Antonio72

            Evidentemente vale anche tutto questo che dici tu. Sono più elementi che concorrono a differenziare il cristianesimo da tutto il resto. Anche e sopratutto la sua nascita.

          • Giorgio Masiero ha detto in risposta a Antonio72

            Perché quella parolina “invece”, collocata all’inizio, Antonio?
            Il cristianesimo è molto ricco di santità: abbiamo san Francesco d’Assisi e San Tommaso d’Aquino e Santa Teresa d’Avila ecc., ecc. Secondo me le Sua caratterizzazione di cristianesimo non è in contraddizione con quella di Massimo Ponzoni, ma complementare.
            E già che ci sono, dico la mia, che è nettamente dalla parte di Massimo. La differenza più importante tra cristianesimo da un lato, ed ebraismo e islam dall’altro, è teologicamente l’immanenza ontologica di Dio che si è avverata storicamente duemila anni fa nell’Incarnazione e che si ripete ogni giorno nell’Eucaristia. L’immanenza è la presenza della divinità nella Natura ed è il concetto metafisicamente opposto alla trascendenza, che è lo stare della divinità fuori dell’Universo e dello spazio-tempo. Ebraismo ed islam hanno di Dio la concezione di un essere assolutamente trascendente, la cui presenza nel mondo avviene solo, misteriosamente, nella parola ai profeti e nei riti liturgici. Nel cristianesimo ciò non basta: Dio si fa uomo nella figura storica di Gesù. In Cristo, “Dio si è fatto uomo perché noi diventassimo Dio”, scrisse il teologo Sant’Atanasio.
            “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me ed io in lui”: l’immanenza tra uomo e Dio si ripete nell’Eucaristia. “Rimanere” non vuol dire un incontro fugace, ma un dimorare duraturo, un modo di “essere”. L’uomo esiste in Cristo e Cristo nell’uomo. Al di fuori di Cristo manca il fondamento dell’essere: “Senza di lui è il nulla” (Giovanni). Resta il vuoto, l’effimero, il nichilismo.
            Più ci penso, più la cosa mi sembra inimmaginabile: dal punto di vista logico trovo una sola spiegazione, che Dio è Amore, un amore infinito.

            • Antonio72 ha detto in risposta a Giorgio Masiero

              Sì, infatti hai ragione, può essere che è complementare. La mia era più che altro una visione sociologica e politica del cristianesimo, che potrebbe valere paradossalmente anche per un non credente.
              Quello che mi dà un po’ fastidio nel fatto di non definire il cristianesimo una religione, è che si potrebbe travisare, come la pretesa di un’associazione atea come l’UAAR di definirsi, per ragioni molto prosaiche, anzi venali, una confessione religiosa. Quindi queste discussioni vanno bene certamente, purchè rimangano tra di noi. Ma qui sto deragliando, non ci badare.
              Ed il fatto che il cristianesimo abbia un carattere immanente in Cristo avvalora la mia tesi sociologica. Infatti solo amando Cristo si può amare l’uomo in modo disinteressato, mentre l’amore dell’uomo senza Cristo, è possibile solo in vista di qualcos’altro. Nel primo caso l’uomo è il fine, nell’ultimo il mezzo.

              • Antonio72 ha detto in risposta a Antonio72

                In quanto al tuo giusto confronto tra il cristianesimo, l’ebraismo e l’islam, è strano come vi sia una sorta di rovesciamento della questione. Il cristianesimo è di certo immanente, nel senso che Dio si è fatto uomo, ma allo stesso tempo è la religione meno carnale di tutte le altre, tanto che il suo insegnamento è se vogliamo paradossale o irraggiungibile a livello umano, forse può dirsi addirittura sovrumano: “Ama il prossimo tuo come te stesso”. In questo senso la dottrina cristiana può dirsi certamente trascendente, nel senso che trascende la nostra limitata capacità di comprensione razionale.
                Mentre la dottrina dell’islam, ed anche quella ebraica, prescrivono delle regole molto carnali: mangia questo e non quell’altro, non fare questo e fai quell’altro, prega tot volte al giorno, ecc.. e quindi anche il loro aldilà, almeno quello islamico, è molto prosaico.
                Insomma Gesù ci ha dimostrato che il senso dell’uomo va ricercato aldilà della sua carnalità, mentre per quanto riguarda le altre due grandi religioni monoteiste, non mi pare che si allontanino molto dalla carnalità di questo mondo. Il paradiso islamico è significativo da questo punto di vista.

    • Nicola ha detto in risposta a Alessandro109

      @Alessandro109- “i miei pensieri non sono i vostri pensieri” : )

  7. giorgio ha detto

    Alle considerazioni di Giorgio Masiero ne aggiungerei alcune.. se il tutto deve essere ridotto e si risolvesse mai a miliardi di cellule (neuroni) che si connettono tra di loro(sinapsi che possono essere chimiche od elettriche non importa)e sistema che cmq accomunerebbe tutte le specie viventi pur se a diverso grado di complessità.. come mai solo l’uomo ha sviluppato certe capacità o prerogative se preferite coma la musica, l’etica, la filosofia, il diritto e la religione… c’é un qualcosa di ineluttabile che lega l’uomo al suo destino perché l’uomo non smetterà mai di chiedersi da dove viene, il senso del suo passaggio sulla terra, della sua vita e soprattutto perché deve morire.. e fatto che lo contraddistingue dai primati…la ricerca di Dio é intelligenza e sete di sapere ed anche la ricerca dell’ “anello mancante” per quanto fallace é un tentativo. Nessuno é cosi stupido da non capire che tutto é troppo perfetto.

  8. lorenzo ha detto

    “Ma allora perché mi sento la stessa identità e mi ricordo anche di quando avevo cinque anni, se tutta la materia di cui ero fatto è cambiata? Dove sono stato registrato?”
    Qualcuno ha qualche altra ipotesi, oltre a quella proposta dall’articolo?

  9. Nel mio sito accessibile anche digitando solo il mio nome, sono esposte idee sulla GRAVITA’ PRIMARIA e sulle TRASMUTAZIONI BIOLOGICHE. Dette idee aprono uno scenario immenso in cui si può intravvedere la futura CIVILTA’ GRAVITAZIONALE. Si parla anche del CERVELLO QUANTISTICO. Il sito ha già avuto più di 13 000 visitatori diretti da tutto il mondo scientificamente avanzato. Il vostro sito é frequentato da persone intelligenti e curiose, gradirei che leggessero i miei scritti dicendomi cosa ne pensano. Grazie. Vittorio D’Ascanio Data 3 dic. 2011.

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