Intorno al libro di Monod: la teleonomia dei viventi come paradosso

“Con questo articolo diamo avvio alla collaborazione con Umberto Fasol, laureato in Scienze Biologiche a Padova, docente di scienze naturali in un Liceo di Verona, di cui è preside. Esperto di evoluzione, morfogenesi, cosmologia e bioetica, collabora con la rivista “Emmeciquadro”, “Nuovaseconaria” e con “Il Timone”,  nel 1984 ha pubblicato sulla Rivista internazionale di Biologia “Meccanismi epigenetici nella morfogenesi dei vertebrati”, nel 2007 il libro “La creazione della vita” (Fede e Cultura)”, nel 2010 i libri “La vita una meraviglia  (Fede e Cultura) e “Evoluzione o Complessità? La nuova sfida della scienza moderna” (Fede e Cultura). Il prof. Fasol si è reso anche disponibile a rispondere a domande, dubbi ed eventuali critiche che potranno essere postate nei commenti sotto l’articolo”.

 

di Umberto Fasol*
*docente di scienze naturali

 

Il saggio sulla filosofia naturale della biologia contemporanea scritto dal Premio Nobel per la medicina Jacques Monod nel 1970, “Il Caso e la Necessità”, rimane una pietra miliare nel nostro dibattito sulla natura della vita, sulla sua complessità e sulla sua origine. Particolarmente lucido ed assertivo risulta il filo rosso che unisce tutte le pagine e tutti i capitoli trattati: “il carattere teleonomico degli esseri viventi, per cui nelle loro strutture e prestazioni essi realizzano e perseguono un progetto” (pag. 30). La grande sfida per la riflessione filosofica sulla natura della vita è dunque costituita dalla teleonomia degli esseri viventi: il libro la affronta, la analizza e la rilancia di continuo, cogliendola da prospettive diverse, prese soprattutto dall’ambito della biologia molecolare. L’interrogativo fondamentale, cui si vuole rispondere è questo: “la teleonomia è reale o è solo apparente?”, ovvero: “è frutto di una scelta o è l’unica possibilità?”. Prima di giungere alla risposta procediamo per gradi.

Prima di tutto definiamo la teleonomia attraverso un esempio. “Se si ammette che l’esistenza e la struttura della macchina fotografica realizzano il progetto di captare immagini, si deve anche necessariamente ammettere che un progetto simile si attua nella comparsa dell’occhio di un vertebrato. … Lenti, diaframma, otturatore, pigmenti fotosensibili: le stesse componenti non possono essere state predisposte, nei due oggetti, che per fornire prestazioni simili. E’ impossibile concepire un esperimento in grado di provare la non esistenza di un progetto, di uno scopo perseguito, in un punto qualsiasi della Natura” (pag. 30). Con tale affermazione categorica si cancella qualunque dubbio il lettore o il ricercatore potesse avere in proposito: il progetto c’è! 

Si può e anzi si deve dunque parlare di progetti nelle forme di vita, senza il pudore che tutti gli insegnanti manifestano quando parlano con gli studenti: l’occhio serve per vedere, il cuore serve come pompa per spingere il sangue in tutti i distretti cellulari, le ali sono strutture disegnate per consentire il volo, ecc… Ricordiamo il celebre intervento del card. Schonborn sul New York Times, il 7 luglio del 2005, con un clamoroso “Finding design in Nature”, mirato ad accusare “di ideologia ogni scuola di pensiero scientifico che voglia escludere l’idea di progetto in natura”. Qual è dunque il problema se Monod prima e Schonborn poi, da prospettive filosofiche opposte, parlano di “disegno” in Natura come un’evidenza, che addirittura non si può smentire in modo sperimentale?

Il problema nasce nel momento in cui si vuole indicare la fonte di questi progetti, che non può assolutamente essere metafisica, per la scienza, in virtù del “postulato dell’oggettività della Natura, vale a dire il rifiuto sistematico a considerare qualsiasi interpretazione dei fenomeni in termini di cause finali, cioè di progetto” (pag. 29). Detto in modo diverso: il progetto c’è, ma non può essere spiegato con un altro progetto che lo precede. Esso nasce spontaneamente ogni volta che si forma la vita, non per scelta specifica, ma per l’esclusione automatica di tutte le altre possibilità, per opera sia della conformazione iniziale che della selezione naturale. E’ il concetto di gratuità che viene in soccorso di questa interpretazione. La gratuità è l’indipendenza chimica tra la natura molecolare del segnale e la funzione stessa che vuole realizzare. L’esempio più famoso è dato dal codice genetico. Non esiste alcuna relazione chimica tra la tripletta di nucleotidi e il suo significato, ovvero l’amminoacido specificato: la parola UUU significa la fenilalanina, ma per pura convenzione, non per complementarietà tridimensionale o per affinità chimica. Un altro esempio si può ricavare dal mondo degli ormoni. L’insulina è l’ormone prodotto dalle cellule beta delle isole del Langherhans del pancreas ed ha come bersaglio il glucosio del sangue: lo spinge all’interno delle membrane cellulari, abbassando così la glicemia. Bene: la relazione tra la molecola di insulina e il suo significato, ovvero la molecola di glucosio, è assolutamente gratuita: osservando la natura della prima non si può prevedere nulla della sua funzione.

Allora, ecco la conclusione di Monod: se i codici della vita sono gratuiti, significa che “tutto è possibile”: quando si formano le strutture vitali la completa libertà di scelta tra le infinite opzioni, essendo queste sciolte da qualsiasi vincolo chimico, costringe di fatto la natura ad escludere tutte quelle possibilità che non si configurano. Si afferma solo quella possibilità che “obbedisce meglio ai soli vincoli fisiologici, grazie ai quali tutto verrà selezionato secondo la maggior coerenza ed efficacia che conferirà alla cellula o all’organismo”Qual è allora la fonte della teleonomia? La causa ultima è la disposizione casuale dei nucleotidi del DNA che determina una sequenza altrettanto casuale di amminoacidi, che genera poi a cascata tutti gli eventi che caratterizzano il fenomeno della vita. Interessante, ma discutibile, la definizione di casualità del DNA come “assenza di regole che permettano di prevedere la successiva lettera”: l’osservazione è vera, ma non per questo il DNA appare non ordinato, anzi, è il libretto di istruzioni della vita” (Collins, Direttore del Progetto Genoma Umano). Chiunque abbia studiato la biologia molecolare del gene ha incontrato solo che “regole”: il processo di lettura del DNA e di sintesi delle proteine avviene secondo un vero e proprio “protocollo”, che garantisce la vita stessa.

Proviamo a riflettere su queste conclusioni di Monod. Ci troviamo di fronte ad un paradosso epistemologico: il riconoscimento esplicito e scientifico della teleonomia come la cifra della vita non porta alla classica conclusione metafisica (esiste un Progettatore esterno) che ha nutrito interi millenni di umanità, ma al suo contrario: “l’antica alleanza è infranta: l’uomo finalmente sa di essere solo nell’immensità indifferente dell’Universo da cui è emerso per caso. Il suo dovere, come il suo destino, non è scritto in nessun luogo” (conclusione del libro). Possono convivere le due conclusioni? O quale delle due è quella vera? Rinvio la risposta al lettore. Aggiungo alcune riflessioni nel merito delle argomentazioni utilizzate da Monod: parto dalla “gratuità del codice genetico”, il fondamento di tutto il suo castello ideale. Se non esiste alcun legame chimico-fisico tra il messaggio e il suo significato, non si capisce perché la loro relazione dovrebbe essere determinata dall’ambiente: se la complementarietà materiale non è riuscita a legare i due oggetti, come possono fare due pezzi di lego, perché mai dovrebbe riuscirci un ambiente anonimo, che non ha alcuna affinità né alcun interesse? Come a dire: se i due pezzi di lego non si sono uniti perché hanno i fori e denti complementari, perché mai il tappeto su cui si trovano dovrebbe casualmente unirli? Insomma, l’ambiente di Monod ha proprietà morfogenetiche che né la chimica, né la fisica, né la biologia, gli attribuiscono. Che cosa c’entrano la temperatura, la pressione, la concentrazione iniziali, ma anche gli stessi atomi del DNA con tutto ciò che dovrebbe conseguire dalle loro informazioni: le membrane cellulari, i tessuti, gli organi, gli apparati, il naso, la bocca, gli occhi, lo sguardo stupito di chi ha appena letto il libro di Monod? Come si spiega solo a partire dal DNA che la cellula uovo, sferica e indifferenziata, in pochi giorni si struttura lungo tre assi, assume una forma allungata con una cavità interna che diventerà l’intestino, cresce e si differenzia formando un bambino completo di tutto, già dopo quattro settimane?

Oggi si sa che gli esseri viventi sono organizzati a più livelli di complessità, uno sopra l’altro e non si possono spiegare a partire da quello sottostante: l’anatomia e la fisiologia del cuore non sono incluse nella cellula del miocardio, così come le proprietà della cellula non sono prevedibili a partire dai suoi ingredienti chimici,… e così via. Credo che Aristotele avesse ragione, ancora nel IV secolo avanti Cristo: le cause finali sono il motore di ogni movimento. Le cellule del nostro corpo si comportano “come se” fossero consapevoli di quello che devono fare in ogni istante per realizzare il progetto della vita e della sua perpetuazione. Ma: possono essere consapevoli? Se non abbiamo evidenza sperimentale di questa condizione della materia, credo possa risultare ragionevole ipotizzare una Causa finale al di fuori del sistema.

32 commenti a Intorno al libro di Monod: la teleonomia dei viventi come paradosso

  • Ugo ha detto:

    Benvenuto al prof. Fasol! Ho avuto il piacere di leggere due dei suoi libri, molto semplici, esposti in modo chiaro e approfondito, destinati ad un pubblico esperto e non. Si vede che ha molto a che fare con l’educazione e l’insegnamento!

  • Viandante ha detto:

    A quanto pare sembra che ipotizzando un sistema altamente caotico – quindi immaginando un caos assoluto – il sistema stesso DA SOLO sia in grado di organizzarsi creando un ordine razionale. I matematici stanno appunto studiando questi modelli. Insomma viene messo in crisi il concetto di “principio ordinatore” essendo tale principio interno alla stessa logica caotica. Tra l’altro le famose “leggi” che noi osserviamo sul piano dei macrofenomeni vengono sovvertite a livello della meccanica quantistica. Al livello della meccanica quantistica salta anche il principio di causalità (e perciò anche il concetto di “finalità”)

    • Antonio72 ha detto:

      Scusi Viandante,
      ma non sarebbe il contrario in accordo con il secondo principio della termodinamica?
      Tra l’altro è proprio uno dei problemi della cosmologia, ovvero spiegare come possa esistere, in un evento considerato casuale come l’origine dell’Universo, una quantità apprezzabile di ordine e quindi bassa entropia.

    • Raffa ha detto:

      @Viandante: ma può un progetto non essere progettato?

    • Lucio ha detto:

      Onestamente mi pare che tu stia facendo delle generalizzazioni molto azzardate… Non si puo’ pretendere di capire la scienza leggendo degli articoli divulgativi. La realta’ e’ molto piu’ complessa di quanto credi di avere dimostrato!

  • Fabio Moraldi ha detto:

    Benvenuto prof! Una domanda, se è lecito: lei ritiene che postulare una Causa esterna al di fuori del sistema sia un’ipotesi scientifica oppure extrascientifica? Insomma lei parla di “ragionevole ipotesi”, dunque dovrebbe rientrare tra le possibilità di spiegazione fornite dalla scienza?

    Le faccio questa domanda perché ho recentemente visto una puntata di Porta a Porta sull’esperienze pre-morte (NDE) e in studio c’erano diversi scienziati. Uno di loro raccontava come i ricercatori su The Lancet abbiano inserito tra le varie risposte scientifiche alla NDE anche l’esistenza dell’aldilà. Quindi, tornando al nostro argomento, ipotizzare una risposta metafisica fa parte del ruolo della scienza?

    • Antonio72 ha detto:

      Scusa se ti rispondo io, se ho capito bene il professore mette in dubbio lo stesso metodo scientifico! Insomma il professore vuole colpire al cuore la stessa indagine scientifica che per definizione deve essere oggettiva e in un certo senso, asettica.
      Le interpretazioni divengono quindi un eventuale sottoprodotto delle sperimentazioni o risultanze scientifiche, ovvero delle “semplici” speculazioni filosofiche (che oggi sono considerate più o meno come mere fantasie mentali, essendo estranee al metodo scientifico ufficiale).
      Un esempio calzante è dato dalle varie interpretazioni della misurazione quantistica, dove la distinzione tra soggetto e oggetto, tra osservatore ed osservato, si fa molto più sfumata. Si passa dall’interpretazione di Copenaghen (ufficiale) a quelle considerate esotiche, come l’ipotesi dei multiuniversi di Everett. Eppure i grandi fisici contemporanei si dibattevano animatamente proprio sull’interpretazione filosofiche della misura quantistica. Ricordiamoci delle accese discussioni tra Bohr ed Einstein. A tal proposito vi è anche una fotografia significativa che ritrae Einstein e Bohr a passeggio insieme, durante il Congresso di Solvay nel 1930. Einstein è visibilmente soddisfatto e sorride sornione sotto i baffi, mentre Bohr gli sta appiccicato alle costole con aria molto preoccupata. E’ probabile che stessero discutendo di uno dei famosi esperimenti mentali di Einstein che contraddiceva l’interpretazione di Bohr. Ecco, questi dibattiti che infiammano gli animi degli uomini vengono oggi avviliti a semplici misurazioni quantitative, dove spesso l’uomo nemmeno serve perchè esistono le macchine che fanno più veloce e meglio. A più di un secolo non abbiamo avuto un altro Einstein semplicemente perchè non ci serve.
      La scienza odierna non è altro che una conta, nient’altro.

  • Michele Santambrogio ha detto:

    Mi unisco anch’io ai saluti verso il prof. Fasol…riconosco nella sua riflessione molto del percorso svolto da Antony Flew, il famoso epistemologo inglese tra i leader più noti dell’ateismo scientifico che nel 2004 ha annunciato pubblicamente la sua conversione al deismo proprio grazie allo studio del DNA e al riconoscimento dell’inevitabilità di un Agente intelligente esterno alla creazione.

  • Flavio ha detto:

    Interessante questa valorizzazione dell’opera di Monod…è molto cristiano, molto paolino se posso dire “Vagliate tutto e trattenete quel che vale”. Il fare cultura cristiano è proprio una valorizzazione continua di quello che c’è nell’altro e nelle altre idee. Già solo questo rende ancora più apprezzabile questo articolo.

    • Daphnos ha detto:

      Quest’interpretazione, sì… ma ti assicuro che, avendo letto il libro, è stato uno dei primi ad irritarmi per le “conclusioni” a cui l’autore arriva nell’ultimo capitolo.

  • Lucy ha detto:

    Benvenuto prof e grazie!

  • Ercole ha detto:

    Le conclusioni del prof. Fasol traslate sulla cosmologia ricalcano la visione teleologica di Freeman Dyson: “l’universo ci stava aspettando”

  • Michele Forastiere ha detto:

    Benvenuto, prof. Fasol, e complimenti!

  • Antonio ha detto:

    Benvuto prof. Fasol. Ci tengo molto a farle i complimenti, ho gradito moltissimo il suo intervento al Café teologico Desenzano 2010.

    • umberto fasol ha detto:

      Grazie a tutti voi per la gentile accoglienza in questo nuovo salotto.
      Mi interessano molto i vostri pareri perchè gli argomenti di cui parliamo sono veramente complessi e abbiamo bisogno, credo, di tanti occhi e di tanti pensieri.
      Trovo che Fabio Moraldi vada veramente al cuore della mia riflessione di qualche anno ormai: l’ipotesi di un Progettatore esterno al sistema è scientifica o solo filosofica?
      La mia ricerca mi porta a spingere l’ipotesi verso l’ambito della scienza, perchè di fatto nasce da dati raccolti e analizzati con rigore sperimentale. E’ sperimentale che la funzione di un oggetto non si crea da sola, quindi pensare a un Dio Creatore è razionale, per non rimanere nella contraddizione. Grazie per il paragone con Flew, che raccomando di leggere.

  • Jack ha detto:

    Prof. Fasol, ho letto con molto interesse il suo articolo…posso chiederle quale differenze vede tra l’Intelligent Design e il suo pensiero? Ha delle critiche da fare all’ID?

    • umberto fasol ha detto:

      Caro Jack,dell’I.D. condivido la critica al neodarwinismo e il concetto di complessità irriducibile che porta a pensare ad un Progetto in Natura, per realizzare il sistema-vita. Mi piace molto anche la posizione dell’I.D. per quanto concerne l’origine dell’Uomo (da Homo erectus in poi sono già uomini e prima sono scimmie). Non posso condividere una creazione in sei giorni da 24 ore ciascuno… Mi dispiace comunque che non venga accettata una teoria che riconosce Finalità in natura, mentre si accetta più volentieri l’ipotesi assurda ed irrazionale del caso all’origine di tutto (anche in ambito cattolico, purtroppo).

      • Michele Forastiere ha detto:

        Caro prof. Fasol, mi permetto di intervenire, perché vedo che le sue considerazioni sull’evoluzione sono più o meno le stesse che mi hanno guidato nelle mie ricerche personali sull’argomento.
        Credo che la maggior parte degli atei scientisti sia ormai pienamente consapevole delle difficoltà del paradigma Caso-Necessità nello spiegare l’evoluzione umana; ed è questo il motivo, ritengo, per cui recentemente lo scientismo divulgativo sta spingendo l’acceleratore sull’idea del multiverso: quel Caos infinito e insensato che (nelle intenzioni di Dawkins e C.) eliminerebbe definitivamente lo “spettro” del Creatore. Solo tale mostruosità logica, infatti, sarebbe in grado di fornire l’enorme quantità di “risorse probabilistiche” necessaria a garantire la comparsa casuale dell’Uomo — in una realtà governata da uno stretto riduzionismo/determinismo.
        Senza il multiverso, allo scientismo non resterebbe che riconoscere come minimo la necessità di un cambio dall’attuale paradigma scientifico a uno aperto al finalismo … e quindi all’impossibilità di escudere scientificamente l’esistenza di un Creatore.
        Aggiungo solo (a titolo di curiosità) che condivido pienamente la sua posizione sull’ID. A suo tempo ho anche avuto modo di scambiare email con Bruce Gordon, all’epoca direttore del Discovery Institute: devo dire che, tutto considerato, mi sono sembrati effettivamente un po’ fondamentalisti…
        Cordiali saluti!

        • umberto fasol ha detto:

          Caro Michele,
          credo veramente nel servizio che dobbianmo fare alle giovani menti dei nostri alunni prospettando loro l’ipotesi di un Creatore come l’unica “ragionevole”..
          Non è epistemologicamente corretto – questo è il punto, secondo me – che nelle scuole, nei libri, nei documentari televisivi,si presenti l’ipotesi del “nulla” (che è il Caso, che non esiste nemmeno) sullo stesso piano dell’ipotesi di un Progettatore del Tutto.
          Un “sistema” non può essere che il frutto di un pensiero.
          Questa dev’essere la nostra battaglia su cui ci giochiamo la vita stessa.
          Grazie per lo stimolo.

          • Michele Forastiere ha detto:

            Caro Umberto (mi perdoni la libertà — normalmente non mi rivolgerei mai così confidenzialmente alla mia Preside! 🙂 ), credo davvero che quella sui libri e la divulgazione scientifica in genere sia una “buona battaglia”: su questo sito ho provato anch’io qualche volta a controbattere alle pericolose “bischerate” che certe trasmissioni televisive e certi libri propalano alla gente. Le segnalo, a proposito dei libri di testo, un interessante post sul sito dell’amico e collega Enzo Pennetta (che è sempre molto attento a certi temi): http://www.enzopennetta.it/wordpress/2011/10/testi-scolastici-e-ora-di-parlarne/
            La saluto cordialmente

  • Qumran ha detto:

    Rispetto al finalismo nell’evoluzione segnalo anche la posizione dell’antropologo Facchini che ho letto recentemente: http://www.euresis.org/it/Dettaglio_Rassegne_Stampa.aspx?id=795

  • lorenzo ha detto:

    Egli mi ha concesso
    la conoscenza infallibile delle cose,
    per comprender la struttura del mondo
    e la forza degli elementi,
    il principio, la fine e il mezzo dei tempi,
    l’alternarsi dei solstizi e il susseguirsi delle stagioni,
    il ciclo degli anni e la posizione degli astri,
    la natura degli animali e l’istinto delle fiere,
    i poteri degli spiriti e i ragionamenti degli uomini,
    la varietà delle piante e le proprietà delle radici.
    Tutto ciò che è nascosto e ciò che è palese io lo so,
    poiché mi ha istruito la sapienza,
    artefice di tutte le cose.
    In essa c’è uno spirito intelligente, santo,
    unico, molteplice, sottile,
    mobile, penetrante, senza macchia,
    terso, inoffensivo, amante del bene, acuto,
    libero, benefico, amico dell’uomo,
    stabile, sicuro, senz’affanni,
    onnipotente, onniveggente
    e che pervade tutti gli spiriti
    intelligenti, puri, sottilissimi.
    La sapienza è il più agile di tutti i moti;
    per la sua purezza si diffonde e penetra in ogni cosa.
    E’ un’emanazione della potenza di Dio,
    un effluvio genuino della gloria dell’Onnipotente,
    per questo nulla di contaminato in essa s’infiltra.
    E’ un riflesso della luce perenne,
    uno specchio senza macchia dell’attività di Dio
    e un’immagine della sua bontà. (Sap. 7.17-26)

    Ovunque il guardo io giro
    immenso Dio ti vedo,
    nell’opre Tue ti ammiro,
    ti riconosco in me.
    La terra, il mare, il cielo
    parlan del Tuo Potere,
    Tu sei presente in tutto
    ma piu’ lo sei in me. (Pietro Trapassi detto METASTASIO)

  • Orbitalia ha detto:

    ma non è che il ‘Caso’ ha finito per prendere il posto di Dio? può il ‘Caso’ essere una categoria scientifica? E’ scientificamente serio introdurre il concetto di ‘Caso’ per spiegare i meccanismi della natura?

    • Michele Forastiere ha detto:

      Provo a rispondere brevemente e parzialmente, in attesa di una risposta del prof. Fasol (con cui mi scuso anticipatamente per l’intromissione). Seguendo nell’ordine le sue domande, gentile amico, direi che: 1) certo, nell’ideologia di qualcuno il Caso DEVE prendere il posto di Dio — contrariamente, non ci sarebbero speranze di mantenere in vita il paradigma materialista come “spiegazione” dell’Universo; 2) e 3) sebbene sia possibile, in linea di principio, concepire una sorta di mostruosa divinità panteistica (l’infinito materiale attuale, il multiverso), la cui sola “legge fisica” è la casualità assoluta, questa NON è logicamente sostenibile dal punto di vista scientifico — come è abbastanza facile dimostrare (vedere per esempio qui: http://www.st-edmunds.cam.ac.uk/faraday/resources/George%20Ellis%20Lecture/Ellis-Faraday.pdf).
      Saluti

      • Lucio ha detto:

        Io avrei una domanda per il Prof. Forastiere e per il Prof. Fasol:
        Normalmente definiamo la casualita’ come quella legge che regola avvenimenti che non sono prevedibili da nessuna legge scientifica conosciuta. Ma non potrebbe essere che il caso, piuttosto che essere assenza di qualsiasi legge e di qualsiasi ordine, rappresenti un ordine troppo alto e troppo complesso per essere capito dalla nostra mente? In fondo la fisica quantistica ci dimostra che le nostre categorie di ragionamento non sono del tutto adatte a capire cosa accade nel mondo dell’ infinitamente piccolo…. Anche in campo matematico i teoremi di Godel, almeno cosi’ mi pare di capire, suggeriscono l’esistenza di limiti alla nostra capacita’ di previsione e di analisi…. Che ne pensate? Grazie per la vostra attenzione!

        • Michele Forastiere ha detto:

          Domanda non semplice… personalmente penso che le cose stiano più o meno come dice lei: e cioè, per dirla in maniera forse semplicistica, che non esiste niente di realmente casuale. Insomma, io penso che esista un ordine infinitamente più alto e complesso di quanto noi possiamo comprendere — e che quest’ordine sia dovuto all’imperscrutabile Volontà divina. Qualcosa di non deterministico, dunque, ma di totalmente gratuito e volontario. Come certamente saprà, neanche Einstein credeva alla casualità implicita nella meccanica quantistica (“Dio non gioca ai dadi”), e visse perciò sempre nella convinzione dell’esistenza di “variabili nascoste”, cioè di leggi fisiche fondamentali completamente deterministiche — sebbene al momento inconoscibili. Il “Dio” di Einstein, però, era molto più simile a una grandiosa legge matematica, ordinatrice del Cosmo, che a un Padre amorevole…
          Cordiali saluti

          • Orbitalia ha detto:

            ad ogni modo, non mi sembra onesto parlare di ‘Caso’ nella scienza: è come eliminare la categoria ‘Dio’ in quanto non scientifica (perchè non dimostrabile e perchè al di fuori del campo della scienza), e sostituirla con un’altra categoria non scientifica (il caso, appunto). Non sarà la cialtroneria a immettere la categoria ‘caso’ nelle ipotesi scientifiche, perchè ci permette di ‘spegare’ il reale come ci pare e piace? uno scienziato non dovrebbe cercare le ‘cause’, invece di ‘risolvere’ semplicisticamente le questioni sfruttando il caso (questo enorme armadio a muro utile a mettere tutto ciò che non capiamo ancora)?
            Del resto non capisco di scienza (come la maggior parte delle persone non addette) quindi mi si perdonino eventuali sciocchezze 🙂

  • lorenzo ha detto:

    E Dio disse(3sing. att. aor. ind. del verbo λέγω(legô)!!!): «Sia la luce!». E la luce fu. (Gen 1.3)
    Cosa Dio disse, non possiamo saperlo a priori, ma possiamo capirlo, attraverso la conoscenza delle leggi scientifiche, a posteriori.

    • umberto fasol ha detto:

      Io credo che non abbia senso proporre il caso come alternativa a Dio. Non esiste alternativa a Dio. Il caso infatti non esiste. Un fenomeno è casuale quando deriva dall’incontro di due o più causalità (come quando due persone si incontrano per caso: entrambe avevano una causa di movimento). Non esiste che la materia si crei “per caso”… così come non esiste che assuma un comportamento regolare (=la legge fisica) “per caso”… Personalmente ho bandito dal mio linguaggio sia caso che il suo aggettivo. Certo, la meccanica quantistica è ancora in ricerca, ma non riguarda le strutture macroscopiche, che ci interessano.

      • lorenzo ha detto:

        Io sono italiano e, se sento parlare un cinese, posso, a buona ragione, ritenere che qella persona emetta dei suoni casuali.
        Quando pero imparerò il cinese, capirò che quei suoni hanno una loro razionalità ben definita, atta alla comunicazione umana.
        Questo non vuol dire che dal caos si arriva all’ordine, ma che io semplicemente non capivo cosa quei suoni significassero: giustificavo col caos una mia ignoranza.

      • Michele Forastiere ha detto:

        Assolutamente d’accordo. Purtroppo molti “cattivi maestri”, fin troppo popolari, continuano a spacciare che “l’universo può essersi creato da sé, può essersi creato dal niente ” e dunque “non è stato Dio a crearlo” (http://www.repubblica.it/scienze/2010/09/03/news/hawking_universo-6721699/). E’ follia pura, perfino dal punto di vista dello scientismo — confonde il “vuoto quantistico” con il nulla… Ecco perché è così importante che continuiamo a far sentire sempre le nostre (pur deboli) voci, nella speranza che si riesca a distogliere almeno qualcuno dal frastuono soverchiante dei divulgatori di falsità.
        Cordiali saluti

        • lorenzo ha detto:

          Stupefacente!!!
          (riporto dal sito indicato)”…Scrive Hawking: “Poiché esiste una legge come la gravità, l’universo può essersi e si è creato da solo, dal niente…”.
          Il celebre astrofisico ateo attesta la veridicità dell’insegnamento biblico riguardo alla creazione: Dio disse… e dal nulla tutto fu. Quando uno
          scienzato scopre le leggi che hanno originato l’universo, la vita, l’uomo, non fa altro che scoprire cosa disse Dio nella crezione.
          Il perché lo fece, è tutto un altro discorso.