L’umanista Tallis contro Dennett e Dawkins: «l’uomo non è riducibile all’animale»
- Ultimissime
- 19 Ott 2011
Non è certamente un romanzo da ombrellone, né un libello per rilassarsi nei pigri martedì sera invernali; su questo, nessuna recensione sembra differire. Dopotutto, avrà pensato Tallis, “per salvare l’ateismo dagli atei”, non sarebbe potuto essere altrimenti.
“Aping Mankind: Neuromania, Darwinitis and the Misrepresentation of Humanity” (Acumen Publishing, 2011), è l’ultima fatica del filosofo, scrittore e gerontologo Raymond Tallis, il quale, da umanista secolare, indirizza la critica contro “l’asse Dennett/Dawkins, per il loro ottimismo pseudo-scientifico”.
Uno dei punti principali della critica riguarda “l’informazione”, fondamentale nella visione di Daniel Dennett e Richard Dawkins, separando nettamente tra informazione in senso informatico, inteso come entità matematicamente misurabile, e significato. Egli mostra che, negando l’unicità umana e riducendo al minimo le differenze tra gli esseri umani e gli animali a loro più vicini -attività preferita dalle filosofie anti-cristiane-, il biologismo travisa ciò che realmente siamo ed offre una descrizione grottescamente semplificata e perfino degradante dell’umanità, dalle conseguenze disastrose.
Pur di dimostrare che il cristianesimo ha torto nel ritenere l’uomo come creatura ad immagine e somiglianza di Dio, si arriva a falsificare la scienza per degradare l’umanità. Così dal vedere noi stessi come animali -continua l’umanista Tallis- si possono trovare ragioni per trattare gli altri come gli animali si trattano fra loro. In una critica devastante, Tallis dimostra l’eccessivo ottimismo per la capacità delle neuroscienze e della teoria evolutiva nello spiegare la coscienza umana, il comportamento, e dimostra che gli esseri umani sono infinitamente più interessante e complessi di quanto non appaiano nello specchio del biologismo.
Evidenziando gli errori di questi «scrittori di pop-science» -come definiti da Brown nella sua recensione-, si può incominciare a smettere di guardare alla coscienza come parte dell’attività neurologica. Continua Tallis: «il fallimento dei tentativi di spiegare la coscienza in termini di attività nervosa non è dovuto a limiti tecnici facilmente superabili, ma alla natura auto-contraddittoria del compito, di cui l’incapacità di spiegare la contemporanea unità e molteplicità della consapevolezza, l’avvio dell’azione, la costruzione del sé, il libero arbitrio, la presenza esplicita del passato (non ammessa in un sistema fisico; le sinapsi, in quanto strutture fisiche, lavorano solo a stati presenti) ecc. non sono che i sintomi». Il libro, oltre ad essere stato recensito sul ‘TheGuardian’ è stato anche dettagliatamente commentato dal poeta e saggista cattolico Mark Signorelli.
Nicola Z.
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37 commenti a L’umanista Tallis contro Dennett e Dawkins: «l’uomo non è riducibile all’animale»
“Uomini che cominciano a combattere la Chiesa per amore della libertà e dell’umanità, finiscono per combattere anche la libertà e l’umanità pur di combattere la Chiesa”.
G. K. Chesterton
Già…x fortuna qualcuno ogni tanto se ne accorge e tira i remi in barca…
La frase di G. K. Chesterton non si addice per nulla a “l’asse Dennett/Dawkins”, per un semplice fattore: se combattessero la Chiesa per amore della libertà e dell’umanità non ci sarebbe alcun problema, anzi sarei il primo a tifare per loro. Nel loro caso invece il combattere la Chiesa consiste nel aumentare di uno o di più zeri il loro conto in banca.
Beh, oltre al fattore economico sicuramente c’è anche una guerra per affermare il loro concetto di libertà e di umanità…..sono due poveri pensionati…non credo che qualche soldino in più possa fare molto…loro vogliono essere sacerdoti di una nuova religione.
Non temere, che non lo fanno per amore della libertà e dell’umanità.
Non sono così ingenui.
Posizione molto interessante quella di Tallis, era ora che qualcuno cominciasse a fare fuoco amico verso Dennett e Dawkins…
Il bello è che se avesse ragione Dawkins avrebbe comunque torto perché come pretende di dire qualcosa di intelligente dopo essersi dichiarato essere irrazionale frutto di fortuiti incidenti casuali e uguale alle scimmie antropomorfe…??
E’ verissimo…il fatto è che vogliono tagliare il ramo su cui sono seduti…questo è il punto della questione.
E trattandosi di scimmie antropomorfe (la mia non vuole essere un’offesa, sono loro ad autodefinirsi tali no?) l’immagine del ramo direi che è particolarmente azzeccata, lol
Ho già citato un neurofisiologo molto interessante di nome Benjamin Libet, il quale è da decenni che fa sperimenti sulla corteccia cerebrale (tra l’altro citato impropriamente dallo stesso Odifreddi nel suo libro indirizzato al Papa).
Nel suo ultimo libro (Mind time. Il fattore temporale nella coscienza”) Libet parla proprio della differenza sostanziale nel considerare il rapporto tra il mentale ed il fisico.
Secondo Libet per i vari Dennett, Churchland, McGinn, gli stati mentali non esistono (la mente è un mito), ma esistono solo le attività dei circuiti neurali.
All’altro estremo il filosofo Searle considera l’esperienza cosciente un fenomeno reale non riducibile alle attività fisiche dei neuroni.
E’ inutile dire che Libet sta con Searle, anzi propone anche una teoria da lui definita del “campo mentale cosciente” e addirittura descrive anche un esperimento che potrebbe validarla.
Ma libet non è quello che nega il libero arbitrio?
No, è Odifreddi che gli attribuisce di negare il libero arbitrio, o meglio interpreta nel modo che più gli conviene le sue scoperte.
Posto direttamente le parole di Libet:
“La mia conclusione sul libero arbitrio – libero per davvero, in senso non deterministico – è che la sua esitenza è un’opinione scientifica altrettanto buona, se non migliore, della sua negazione in base alla teoria deterministica delle leggi naturali. Data la natura speculativa di entrambe le teorie, quella deterministica e quella non deterministica, perchè non adottare il punto di vista che abbiamo il libero arbitrio, almeno finchè non compaia – ammesso che compaia – qualche evidenza che realmente lo contraddica? Questo ci permetterebbe, almeno, di procedere in un modo che accetta e accoglie i nostri più profondi convincimenti e il comune sentire, che ci dicono che il libero arbitrio lo possediamo. Non dovremmo considerarci macchine che agiscono in maniera completamente controllata da leggi fisiche note. Una scelta così permissiva è stata recentemente proposta dal neurobiologo Roger Sperry.”
Caro Antonio72, intanto mi permetta di farle i complimenti per la fermezza con cui sostiene le sue (giuste) ragioni nei dibattiti in casa UAAR. Mi fa piacere leggere che l’opinione di Libet non è esattamente quella che qualcuno vuole attribuirgli. Mi pare che anche Boncinelli, nel libro “Che fine ha fatto l’io?” (presentato in trasmissione da Augias, https://www.uccronline.it/2011/09/14/i-goffi-tentativi-di-proselitismo-di-corrado-augias-ii%C2%B0-parte/), lo usi per sostenere la sua tesi di cervello deterministico.
Un cordiale saluto
Sì certo, Boncinelli è di quella parrocchia, tuttavia non può di certo sostenere che la complessità umana sia riducibile al solo genoma, visto che i pesci dipnoi, fra i vertebrati meno evoluti, hanno una quantità di DNA che è quaranta volte superiore alla nostra, e lo stesso tritone ha un corredo genetico più ricco di cinque volte.
Per quanto riguarda il rapporto mente-cervello, il libro di Libet è interessante proprio perchè descrive il punto di vista scientifico attuale. Ad oggi le scienze sperimentali ci dicono che le due categorie di fenomeni (il mentale ed il fisico) sono irriducibili. Il resto sono speculazioni più o meno filosofiche.
Non posso commentare su Libet, ma certamente Searle non sostiene che il fenomeno della coscienza “non sia riducibile alle attività fisiche dei neuroni”. Non so se tale lettura sia di Libet o di Antonio72, ma Searle contesta Dennett ed altri teorici di una visione “computazionale” della mente sul fatto che la coscienza sia un fenomeno simulabile tramite calcolatori _astratti_.
Contro tale dualismo algoritmo/implementazione o software/hardware Searle anzi enuncia più volte il fatto che una simulazione di attività biologica non è l’attività in quanto manca di potere causale fisico. Tuttavia egli dice chiaramente che ritiene la mante cosciente emergente dalla biologia del cervello:
“Io vorrei insistere invece sul fatto che dove è coinvolta la coscienza, il cervello ha un’importanza cruciale. Sappiamo infatti che i processi del cervello causano la coscienza. e da questo segue che qualsiasi altro tipo di sistema in grado di causare la coscienza dovrebbe possedere poteri causali perlomeno equivalenti a quelli del cervello. Un “cervello artificiale” potrebbe causare la coscienza anche se fosse costituito da una sostanza totalmente diversa dai neuroni, ma qualsiasi sostanza si usi per costruire un cervello artificiale la struttura che ne risulta deve condividere con il cervello il potere causale che ci permette di varcare la soglia della coscienza”
Searle – “Il mistero della coscienza” – Cortina editore, pag.157
Searle individua la coscienza come un fenomeno emergente di particolari sistemi _fisici_ di cui l’unico esempio attuale che abbiamo è un cervello biologico, ma non nega in linea di principio la possibilità di costruire sistemi fisici del tutto diversi e dotati di coscienza. Ciò che nega è che sia una proprietà emergente di sistemi _computazionali_ astratti, e si dichiara più volte vicino in questo e.g. a Penrose, altro sostenitore dell’idea che la mente sia un fenomeno con radici strettamente _fisiche_, ma non necessariamente simulabili in senso computazionale. La mente quindi per Searle _è puramente_ un fenomeno causale collettivo dell’attività dei neuroni, ma non di neuroni simulati.
Sì, infatti è così Elia.
Ho semplificato la convergenza tra Searle e Libet contro la tesi di Dennett della mente computazionale, poi ovviamente Libet a sua volta non è d’accordo con Searle proprio sulla sua tesi della coscienza come fenomeno emergente dall’attività neurale. Per Libet invece la coscienza umana (ma solo quella) non può essere ridotta alle attività neurali. Anzi avanza, come già detto, una teoria definita del campo mentale cosciente, una sorta di dualismo cartesiano anche se è ovvio che Libet non sostiene come Cartesio una sostanza mentale indipendente dal cervello.
Restano cmq le sperimentazioni di Libet, che confermano senza dubbio che la coscienza umana non sia riducibile alle attività neurali, nel senso che lo sperimentatore per studiare i fenomeni soggettivi, deve sempre fidarsi delle dichiarazioni del soggetto sottoposto ad esperimento. Non esiste altra maniera ad oggi per studiare la coscienza umana.
Come al solito i tuoi interventi sono sempre molto interessanti. Non conoscevo questo libro, credo che entrerà nella mia lista a breve 😛
Eppure il 99% dei geni sono in comune a quelli degli animali, mi pare che Tellis faccia un buco nell’acqua..non a caso è un filosofo contro due scienziati
Ma anche il 50% or so dei nostri geni si trova nei batteri. Ci andrei assai cauto nel definire un essere solo in base al suo patrimonio genetico.
Ricordo che Dennett è un filosofo
Si Dennett è un filosofo, Dawkins non mi sbilancerei a definirlo scienziato…
Una domanda per chi è più esperto di me, ma questo 99% indica anche che i geni sono posti nello stesso ordine oppure solo che abbiamo gli stessi geni?
Cioè, come nel caso in cui io abbia due testi, che contengono il 99% delle parole uguali, però l’ordine con cui queste sono scritte è tale da rendere semanticamente differenti i due testi.
Spero di non essere stato troppo contorto.
Si parla di “sovrapposizione” quindi anche lo stesso ordine…essendo il DNA come un alfabeto di lettere sappiamo bene comunque che due frasi che condividono al 99% le stesse parole/lettere possono dire cose diametralmente diverse..
Un esempio, la frase: “questo 99% indica anche che i geni sono posti nello stesso ordine” condivide il 99% delle lettere di quest’altra: “questo 99% NON indica anche che i geni sono posti nello stesso ordine”…tre letterine modificano completamente il significato…
Il fatto che il 98,4% del nostro patrimonio genetico sia uguale a quello dello scimpanzè mentre circa il 96% sia uguale a quello del gorilla significa una cosa: geneticamente gli scimpanzè sono più vicini a noi di quanto non siano ai gorilla. Penso non ci possano però essere dubbi sul fatto che in termini di aspetto fisico, capacità mentali e comportamento lo scimpanzè sia più vicino al gorilla che a noi. Il patrimonio genetico serve a capire i “gradi di separazione” tra le diverse specie ma non necessariamente le loro caratteristiche.
Noi siamo eccezionali rispetto alle altre specie, anche le più vicine a noi, per le nostre capacità mentali e per la coscienza che abbiamo di noi stessi. Attenzione però a non considerarci per questo creature infallibili. La distruzione del nostro habitat (il nostro pianeta), che continuiamo a perpetrare nonostante i continui allarmi della comunità scientifica, è una prova della scarsa capacità che abbiamo di mettere a frutto le nostre facoltà mentali.
si è scoperto che il Dna attivo negli organismi è attivo, il resto si attiva solo se mutano le condizioni ambientali, quasi sembra che cambi la specie
La somiglianza al 99% al genoma umano, riguarda lo scimpanzè.
Secondo Boncinelli per spiegare la complessità umana ci sono tre alternative: la prima che a parità di lunghezza di DNA negli animali superiori è contenuta più informazione rispetto agli animali inferiori (si spiega anche la strabiliante somiglianza dell’uomo con lo scimpanzè).
La seconda è che la complessità, non è proporzionale ma cresce esponenzialmente all’informazione presente nel genoma.
La terza è che l’informazione possiede anche una qualità oltre che una quantità, quindi quella di un organismo superiore è più alta di quella contenuta nel genoma di un organismo inferiore.
La seconda possibilità è ragionevole però non spiega la superiore complessità degli essere umani in rapporto ai ranocchi o ai tritoni, i quali presentano la stessa grandezza di genoma, tavolta superiore, a quella dello stesso genoma umano!
Secondo Boncinelli la terza possibilità sarebbe quella preferita.
Comunque occhio a non confondere cultura popular-pseudoscientifica con quello che dice l’evoluzione come SCIENZA. L’evoluzione non ci dice che l’uomo è “un animale”, anzi l’essere umano è l’unico essere che viola il proprio DNA e rappresenta un’anomalia rispetto al resto dei viventi. Se volete approfondire vi consiglio Konrad Lorenz, spiega molto bene il tema proprio del rapporto uomo/animale. Quanto ai libri di Dawkins e Dennett sono utili per altri ruoli 😀 specie se avete mangiato una fagiolata…
vorrei dire una parola da profano.
E chiedere:
L’uomo somiglia molto agli animali e anche lui a volte ha lottato e lotta per la sopravvivenza.
per la sopravvivenza servono gli ormoni, Platone parlava degli uomini “irascibili” utili per difendere la patria.
Per la vita umana e non animalesca serve la RAGIONE. Gli ormoni non servono più, l’animalità dell’uomo, quindi, non è più un valore, bisogna EVOLVERE…Platone suggeriva uomini filosofi aperti a valori profondamente religiosi in un senso che poi si sarebbe potuto definire cristiano.
Ci sono pagine di Platone che rendono giustizia e onore a Cristo.
La cultura aiuta la ragione e la ragione aiuta la fede in Dio.
L’incultura aiuta gli ormoni e gli ormoni aiutano la fede nell’ateismo.
In breve, si può tentare anche un discorso filosofico sull’argomento?
A-ateo perdonami se intendi ormoni con un senso metaforico siamo d’accordo se lo intendi in senso scientifico sono un altro paio di maniche nel senso che l’ormone è un messaggero e che cmq sono attivi anche nella fase della ragione
Caro Alcor,
fai bene a precisare.
Intendo in senso puramente metaforico, non scientifico, considerata la mia premessa di ignoranza in materia.
si scusa la puntualizzazione non era certo polemica e che fra le varie guerre di discussioni in internet ormai vedo che gli atei si appigliano al minimo concetto e lo fanno passare per errore dei credenti quindi ormai sto prendendo la mano anche io eh eh scusa ancora
Scusate se tendo un po’ a semplificare ma come la teoria del big bang non riesce a convincermi dell’inesistenza di Dio (cosa c’è di più vicino alla creazione da parte di Dio che un evento prima del quale non c’era nulla e a seguito del quale è partito tutto?!) così la somiglianza genetica (e, si badi bene, non l’identità genetica) tra l’uomo e alcuni animali è secondo me la prova che nell’uomo Dio ha messo qualcosa di più che negli animali e di assolutamente speciale (a sua immagine li creò). Mi rendo conto che la mia affermazione sarà oggetto di scherno da parte di molti ma tant’è.
I geni in fondo cosa fanno? Semplicemente sono nastri di informazioni che servono a produrre proteine, enzimi, altri elementi costitutivi le varie strutture corporee e regolanti le varie funzioni metaboliche. Le stesse proteine, in gran parte, le stesse reazioni che costituiscono la struttura corporea e regolano il metabolismo anche di molti animali che sono fatti di carne come noi, di muscoli come noi, di cute, di peli, di unghie, di cellule epatiche, renali, polmonari, …
Un po’ come in una catena di montaggio di industrie automobilistiche. I processi sono gli stessi e uguali (o molto simili) sono anche i materiali che dovete utilizzare sia che vogliate costruire una Panda sia che il vostro intento sia di costruire una Ferrari. Ciò che fa la differenza tra le due automobili (con rispetto parlando per la Panda) è da ricercarsi in qualcosa di diverso e di “altro” rispetto a processi e materiali. Questo “altro” è per me il motivo stesso (profondamente diverso) per cui l’una e l’altra sono state ideate.
Ti straquoto alla stragrande!! 😉
Questa del “99% dei geni in comune con i primati” (che poi sembra ridimensionarsi al 77%, ma devo ritrovare dove l’ho visto) mi sembra un boomerang per gli ateisti.
Se il 99% del patrimonio genetico e’ in comune, come mai sono tanto diversi?
Tra l’altro lo stesso concetto di “somiglianza” ha ben poco di scientifico, somiglianza rispetto a cosa? Chi definisce i canoni di quando due cose si somigliano trattandosi, a livello di concetto stesso, di una cosa estremamente soggettiva?
@ Antonio72
Mi perdoni se le scrivo qui, ma sul sito UAAR i miei commenti sono costantemente sotto “approvazione” da parte del moderatore da ieri.
Vedo che lei è impegnato su una discussione sul sito dei razionalisti rispetto all’aborto.
Forse avrà letto che con un ragionamento comparabile alla reductio ad absurdum sostengono sia nelle discussioni sia in questo articolo
L’inconsistenza logica delle tesi cattoliche sull’embrione | UAAR
http://www.uaar.it/uaar/documenti/139.htmlCopia cache – Simili
Non sono utili? Puoi bloccare i risultati di http://www.uaar.it quando fai ua ricerca e sei collegato al tuo account.www.uaar.it
La tesi che:
“Una coppia qualsiasi ovulo-spermatozoo non ancora uniti contiene già in sé tutta l’informazione che serve per la costruzione di un nuovo esemplare, esattamente come la stessa informazione è contenuta nell’embrione che essi formano.”
Ora tale tesi proprio da un punto di vista dell’informazione è errata.
Poichè l’informazione non è solo legata agli elementi che la compongono ma anche all’ordine ovvero alla qualità della stessa
Se scrivo
CASO o COSA
Capirà cosa intendo.
Ora dopo la fecondazione non si ha la semplice somma delle informazioni ma anche un cambiamento della qualità, tant’è che può comparire un fenotipo non presente nella coppia ovuolo spermatozoo, se non mi sbaglio.
In ogni caso avvengono delle ricombinazioni successive.
Sicchè non si può proprio parlare di semplice somma.
Ma io credo che per mettere in crisi un sistema razionale pseudoumano sia più conveniente portare all’assurdo le tesi degli abortisti.
Se l’approccio deve essere esclusivamente razionale, attraverso quale logica razionale è sbagliato genericamente
non uccidere.
Posto ad esempio che io nè ricavi solo vantaggi e alcuno svantaggio da compiere tale atto.
Scusate l’ OT
O se si preferisce, visto l’argomento del thread, se l’uomo fosse riducibile ad animale e basta se è lecito uccidere un animale attraverso quale ragionamento razionale posso affermare che non è lecito uccidere un uomo?
Prché allora esistono gli animali? Gli antichi teologi sostenevano che Dio avesse creato gli animali per potere fornire bistecche o salsicce alla tavola dell’uomo. Vedo che infine il ragionamento non è cambiato nella storia. Almeno Aristotele sosteneva che la vera differenza tra l’uomo e l’animale è il linguaggio. Antropos logon echon – L’uomo è quell’ente a cui appartiene il linguaggio. Ed infatti è proprio lo sviluppo dell’area di Broca nell’emisfero sinistro (lo stesso che gestisce la manualità della mano destra) a fare la differenza. Sul piano genetico, il DNA umano è compatibile al 98% con quello della scimmia.
Post particolarmente originale….puoi indicarmi qualche nome di antico teologo che parla di salsicce? Il linguaggio è certo uno delle grandi differenze dall’animale, ma anche i sentimenti, la capacità astrattiva, la religione, l’auto-coscienza, la razionalità, l’intelligenza matematica ecc….sulla questione “98% geni” è stato ampiamente risposto nei commenti poco sopra.