Kustermann e l’aborto: «So di uccidere futuri bambini»

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Un’intervista profonda della storica ginecologa Alessandra Kustermann sull’aborto, un sorprendente pentimento e la speranza di trovare un confessore misericordioso e per tornare a Dio.

 


Alessandra Kustermann è una storica ginecologa italiana, nota sostenitrice dell’aborto e primario di Ostetricia e Ginecologia alla clinica Mangiagalli di Milano.

Una donna di sinistra, 30 anni di lotte per la difesa della legge 194 sull´aborto.

Qualche giorno fa è intervenuta sulla vicenda francese della nascita di un bambino con un corredo genetico selezionato ad hoc per aiutare i fratelli maggiori affetti da una malattia rara. Una sorta di bambino-farmaco fecondato per aiutare altri.

«Solo la disperazione e la solitudine porta a fare cose del genere», ha dichiarato alla rivista Tempi.

La scienza, ha proseguito Kustermann, «può cadere nella logica della mamma disperata che vuole a tutti i costi salvare i figli anche a discapito di altri. Non è onnipotente, non sconfiggerà la morte. Perciò credo che il punto sia un altro: bisogna tornare ad accettare la morte. Ossia la vita per quella che è».

 

Kustermann e l’aborto: «So di sopprimere un futuro bambino»

Proseguendo la riflessione, la storica ginecologa spiega di essere «cresciuta nella cultura cattolica che mi ha trasmesso il valore della Vita».

Come conciliare questo con il suo attivismo per l’interruzione di gravidanza? La parte più interessante dell’intervista è infatti quando le viene fatto notare questa contraddizione.

«È terribile, sì», riflette a proposito dell’aborto. «Per questo faccio di tutto per dissuadere le donne, per aiutarle ad avere speranza e fiducia nel futuro. Cerco di appoggiarmi al Centro di aiuto alla vita dell’ospedale. Parlo loro degli aiuti economici. Se sono sole dico loro che noi donne siamo in grado di allevare i nostri figli anche senza un uomo accanto. Ma se alla fine in loro vince la paura, io non riesco a giudicarle».

Certo, non giudicarle è un conto. Essere complici però è un altro.

«Lo so», risponde Kustermann riflettendo sull’aborto. «In quel momento so benissimo che sto sopprimendo una vita. E non un feto, bensì un futuro bambino. Ogni volta provo un rammarico e un disagio indicibili. Sento che avremmo tutti potuto fare di più».

 

Quando Kustermann smise di praticare aborti

La ginecologa ripete che le manca qualcosa, che invidia chi riesce ad avere uno sguardo diverso: «So che a me manca la fede per farlo, così quando sono lì penso che la vita della madre, che soffre davanti ai miei occhi, valga più di quella di suo figlio che non vedo ancora».

Eppure, c’è stato un periodo della vita in cui Alessandra Kustermann smise di «sopprimere vite».

Un momento segnato da una serenità e una pace che, lei dice, non sentiva più da quando aveva incominciato a praticare aborti. «Fu nei due mesi successivi alla morte di mio padre. Lui era cattolico per fede, diversamente da me che lo ero solo per tradizione. Non approvò mai quello che facevo, anche se mi voleva bene. Per questo, quando mori, smisi. Lo feci per lui. Stavo benissimo», ricorda Kustermann con voce rotta e nostalgica.

Allora perché ha ricominciato?

«Perché poi ho pensato che avrei scaricato il peso sui miei colleghi. Non è che non facendone io, avrei fermato la pratica. E poi l’idea di un ritorno dell’aborto clandestino mi fa rabbrividire».

Non sarebbe più utile smettere e fare solo prevenzione?

«Non cambio certo il mondo io», risponde la ginecologa, «ma posso fare il possibile per rispondere a chi mi chiede aiuto, senza sottrarmi per quieto vivere».

 

«Spero di trovare un confessore misericordioso»

Ma se una “paladina” della legge 194 si ravvedesse, farebbe riflettere molti, specialmente i colleghi.

«Non so», riflette Kustermann. «Non penso che il problema dell’aborto si risolva diminuendo il numero dei ginecologi non obiettori di coscienza. Amo il mio lavoro, quando non è concentrato sugli aborti, ma so che quando andrò in pensione mi potrò permettere di pensare di nuovo a Dio. Quando finirò di lavorare, spero solo di trovare un confessore misericordioso».

Non ha la fede ma cerca perdono. Sa che l’aborto è sbagliato ma lo pratica.

Perché non risolve tutta questa confusione semplicemente smettendo di procurare interruzioni di gravidanza?

La risposta di Kustermann è profonda, la riprendiamo per intero:

«Perché amo le donne e pensare che vivano da sole questo dramma mi angoscerebbe comunque. Ripeto: faccio di tutto prima che scelgano, credo di aver salvato più bambini di alcuni obiettori che si limitano a non fare nulla. Certo, loro non hanno fatto aborti come me, ma non basta se si vuole arginare la piaga. So di vivere un conflitto che chi ha la fede non prova. Ne ho incontrati di medici qui alla Mangiagalli, gente tutta d’un pezzo con cui ora mi alleo nella ricerca di soluzioni e con cui prima non riuscivo a trovare punti di incontro. Penso per esempio a Leandro Aletti, un pro-life con cui ho litigato aspramente per anni, ma che ora stimo e rispetto. Anzi, che invidio. Perché ha quella fede e quelle certezze che mi consentirebbero di smettere senza sensi di colpa»

Autore

La Redazione

8 commenti a Kustermann e l’aborto: «So di uccidere futuri bambini»

  • Aldo Basile ha detto:

    una riflessione commovente. Forse contraddittoria ma certo di grande coraggio

    • razio+ ha detto:

      La motivazione che da per il continuare ad abortire non sta in piedi per nulla. Se tutti pensassero come lei allora ci sarebbe ancora l.eugenetica impegnata in tutte le universita europee.

  • Phantom ha detto:

    “poi ho pensato che avrei scaricato il peso sui miei colleghi. Non è che non facendone io, avrei fermato la pratica”…ma che cazzo vuol dire?????? Spero che vada presto in pensione allora!

    • Enrico da Bergamo ha detto:

      Se il collega è obbiettore il problema non si pone, se è un motivo invece per praticare aborti è abberrante. Solidarietà a quel padre che ha fatto studiare una figlia spendendo soldi per trovarsi un’abotista.

    • giovanna ha detto:

      “… chi mette mano all’aratro e si volta indietro non è degno di me…”
      Prima si smette di procurare la morte, poi si può accogliere la fede,
      occorre sgombrare il campo da giustificazioni vacue e da pseudoconsolazioni.
      Urge un cambio di mentalità

  • Joseph ha detto:

    Povera donna… Sa di sbagliare ma non è in grado di accettarlo. Non so se sia sincera o se sia schiava della sua ideologia, ma la sua posizione “se non lo farò io, lo farà comunque qualcun altro” ha da sempre trascinato la morale delle persone e della società fino al livello più basso. E’ strano che una persona intelligente come (ritengo sia) lei non se ne accorga…

    • Mirabella ha detto:

      Mi sembra una delle tante rinunciatarie della vita. Spero che ritrovi la sua fede.

  • Giorgio P, ha detto:

    «Amo il mio lavoro, quando non è concentrato sugli aborti, ma so che quando andrò in pensione mi potrò permettere di pensare di nuovo a Dio. Quando finirò di lavorare, spero solo di trovare un confessore misericordioso»

    A queste parole mi viene in mente la parabola di quel ricco che, dopo un buon raccolto, ha in programma di godersi la vita, ma Dio gli dice “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita” (vedi Lc 12).

    Cosa farà questa dottoressa, se domani va sotto un tir? Non avrà avuto la possibilità di pensare a Dio e trovare un “confessore misericordioso”.
    La fede esige IMMEDIATEZZA, non si può programmare in anticipo.
    Preghiamo, dunque, che Dio la inondi di Grazia: solo così potrà spalancare il suo cuore alla Vita.