Cina, fallimento dell’indottrinamento ateo: solo 15% di non credenti

Il quotidiano Boston.com ha intervistato il dott. Patrick McNamara, direttore del Department of Pharmaceutical Sciences Dipartimento di Scienze Farmaceutiche presso la New York University. Egli dichiara: «uno dei più grandi sforzi realizzati per sponsorizzare l’ateismo è ormai risultato un completo fallimento». Si riferisce di quanto avvenuto in Cina, dove per decenni è stata applicata una politica anti-religiosa, una forma di repressione, coercizione e persecuzione della fede. Ma altrettanto spettacolare è la mancanza di successo, come sostenuto da un nuovo studio sociologico. Non più del 15% degli adulti nel più popoloso paese del mondo sono “veri atei”. L’85% dei cinesi afferma una credenza religiosa. I membri del Partito comunista cinese sono tenuti ad essere atei, eppure solo il 17% di loro si auto-identifica tale contro un 65% che si dice impegnato in pratiche religiose nel corso dell’ultimo anno, ha riferito il sociologo Fenggang Yang della Purdue University. «Dalla scuola materna all’università, i cinesi sono sottoposti ad un “indottrinamento ateo” sia in attività curricolari che extracurricolari. Inoltre i credenti, in particolare quelli provenienti da religioni proibite come il cristianesimo, possono trovarsi agli arresti domiciliari o in campi di lavoro», continua il sociologo. Eppure i segni di una crescita religiosa sono evidenti, dai campus universitari alle strade di città. Un ulteriore approfondimento si può fare sul National Post e sul The Huffington Post

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