L’imprenditore Barilla: la sua fede e le opere di carità cristiana
- Ultimissime
- 28 Lug 2010
La Barilla è uno dei marchi italiani più famosi nel mondo. Alla sua origine vi sta un grande genio e imprenditore: Pietro Barilla, devoto cattolico e amante della famiglia (come si intuisce dalle pubblicità). Grazie ad una lettera inedita di padre Paolino Beltrame Quattrocchi ai figli di Barilla nel 1998, pubblicata nella biografia di quest’ultimo: L’Avventuriero di Dio di Rosangela Rastelli Zavattaro (Edizioni Pro Sanctitate 2010), si è scoperto un fatto privato inedito. Tra le mille evangeliche imprese di padre Paolino, c’è anche l’attività svolta durante l’ultima guerra a Parma. Fu in questa circostanza che approfondì la conoscenza con la famiglia Barilla, già allora tra i primi italiani nel settore alimentare. Oltre ad avere conosciuto l’industriale durante le funzioni liturgiche, fu «tra l’agosto e il settembre 1944 che la conoscenza cominciò a convertirsi in amicizia»: il padre di Pietro Barilla, titolare dell’azienda, era stato preso in ostaggio dai partigiani e il figlio trentenne si recò da padre Paolino a perorare il riscatto, che puntualmente avvenne. Il 25 aprile 1945 toccò allo stesso Pietro finire ristretto nel carcere di San Francesco a Parma e il sacerdote, divenuto cappellano carcerario, fece da garante e ottenne la liberazione di lì a qualche giorno. Divenne così per anni uno dei confidenti riservati di Barilla. Benedisse le sue nozze e battezzò i figli, diventò anche il suo tramite per molte opere di carità. Racconta il benedettino ad Avvenire: «Un giorno che tornava dall’orfanotrofio (che gli era caro come una pupilla) m’intratteneva commosso sulle ultime emozioni che lo avevano afferrato al contatto con quei bambini. A un certo punto s’interruppe e, senza darmi spiegazioni, mise mano come di consueto al blocchetto degli assegni e me ne consegnò uno, dopo averlo debitamente riempito per una cifra, come sempre, a sei zeri. Al mio commosso ringraziamento replicò: «No, Paolino, in fondo sono io che devo ringraziare te, perché mi offri la possibilità di andare a colpo sicuro… e di aggiungere questa rara soddisfazione che non ha prezzo: quella di dare, di dare per dare, dove so che c’è bisogno… Non ho mai capito perché tanti miei colleghi non lo comprendano, privandosi così di una gioia immensa, pulita e gratificante come questa”».