I Nomadi tra fede e solidarietà: «ma c’è solo una Persona che salva il mondo»

I Nomadi e la solidarietà, un binomio inscindibile. Cominciarono nel 1993 con i bambini delle favelas sudamericane. Da allora, ogni anno, la famosissima band italiana, si è posta sempre un obiettivo (è l’unico complesso musicale a farlo): chiama i suoi fans sparsi in tutta Italia e nei concerti raccoglie ciò che serve per chi ha bisogno: «materiale didattico, farmaci, abiti, cibo, che vogliamo consegnare personalmente» spiega Beppe Carletti, uno dei fondatori della band, ad Avvenire. E aggiunge: «Ma, sia chiaro, noi siamo peccatori, non santi, c’è solo una Persona che salva il mondo, noi non facciamo niente di straordinario, anzi siamo privilegiati perché facendo i musicisti ci divertiamo». L’ultima iniziativa benefica in ordine di tempo è stata a favore della «Casa dei risvegli Luca De Nigris» di Bologna, persone che vivono in uno stato vegetativo, attaccate a una spina. Noi cantiamo da sempre canzoni dove dentro c’è tutto: la vita, la gioia, la sofferenza. Tra noi e le persone che aiutiamo c’è il senso di un’appartenenza a un destino comune. Carletti parla dei suoi viaggi: «vado da 20 anni in Madagascar per aiutare i bambini di un villaggio. E’ una missione cattolica, c’è suor Vittoria di Palermo, che ha solo 36 anni e ha scelto di dedicare la vita a questi piccoli, lontano da casa e in mezzo a mille disagi. Ha una fede incredibile! Mi ha regalato un rosario…lo tengo sempre nel portafoglio. Una volta i bambini del villaggio mi accolsero cantando Io vagabondo e Crescerà, mi sono messo a piangere…Abbiamo aiutato anche la missione di padre Ugo De Censi nel Mato Grosso». “Soldi in tasca non ne ho, ma lassù mi è rimasto Dio…”

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