Gli scienziati: «vita artificiale? E’ soltanto una manipolazione costosissima»
- Ultimissime
- 24 Mag 2010
Pochi giorni fa è stata data la notizia della costruzione in laboratorio della prima cellula artificiale, controllata da un Dna sintetico. Il risultato, pubblicato su Science, è stato ottenuto negli Stati Uniti dal genetista Craig Venter.
L’annuncio ha fatto il giro del mondo e l’enfasi con cui la notizia è rimbalzata sulle prime pagine di tutti i giornali si accompagna ad evocazioni di immagini bibliche: «assaggiare il frutto dell’albero della vita», o «l’uomo ha creato la vita», o «progettare una biologia che faccia quel che vogliamo noi». Sopratutto le frange ateo-estremiste ne stanno dando ampio risalto: «la creazione della vita non è più un’esclusiva di Dio».
La cultura materialista gioisce perché finalmente crede che si sia dimostrato che la vita è tutt’altro che sacra e unica, ma, come da loro desiderato, è banale e facilmente manipolabile, tanto che la si può riprodurre in laboratorio. Lo stesso Venter, esaltato dalla scoperta ha detto: «Siamo all’alba di una nuova era nella quale la vita viene creata a beneficio dell’umanità» e il settimanale Economist ha annunciato: «Finora, creare vita è stata considerata prerogativa delle divinità ed è esistita la convinzione che la biologia non è una somma di atomi che si muovono e reagiscono tra loro ma “è qualcosa di alimentato da un’essenza vitale. Per questo, “può essere uno shock” che ora “comuni mortali hanno prodotto vita artificiale».
Oltre ad aver ribadito che nulla è stato costruito dal nulla in questo esperimento (come è accaduto invece durante la storia dell’Universo), David Baltimore, Nobel per la Medicina e luminare di genetica al Caltech della California, ha subito rimproverato per primo lo stesso Venter per «sopravvalutare l’importanza della scoperta, perché non si tratta di un evento epocale nè della creazione della vita, ma solo di una sua mimica, ottenuta con un tour de force che ha messo assieme un pezzo di Dna». Con il passare dei giorni sempre più scienziati si sono accodati alla sua posizione facendo ridimensionare l’eco della notizia. Si sta quasi arrivando a parlare di bufala mediatica.
Il biochimico dell’Università di Parma, Giorgio Dieci ha spiegato a Il Sussidiario: «Ci vuol altro per inneggiare alla vita artificiale: si può solo parlare di “genomica artificiale”, nel senso che è stato risintetizzato chimicamente un intero genoma. Una costruzione, altamente dispendiosa in termini economici e di tempo, ma che viene già fatta da tempo da aziende specializzate nel settore della produzione di geni artificiali, è nuova solo la scala (miliardaria) dell’operazione. Si tratta solo di una applicazione su vastissima scala di ciò che già avviene in tantissimi laboratori al mondo grazie alla tecnologia creata da Frederick Sanger diversi anni fa. L’enfasi con la quale la notizia è stata diffusa, almeno inizialmente, può facilmente indurre nell’errore di pensare che la cellula creata da Venter sia totalmente artificiale, invece la cellula ricevente non è stata progettata in laboratorio, ma era una preesistente cellula naturale. Si è così creata un’immagine meccanicistica, che vede Venter mettere insieme pezzo per pezzo i componenti della cellula sino ad ottenerne una uguale identica a quelle “naturali”. Quella usata dagli uomini di Venter è una cellula fatta e finita, non costruita da loro, a cui hanno fatto un trapianto totale di DNA».
Il biochimico dell’Università Bicocca di Milano, Paolo Tortora ha invece dichiarato: «Ci vuol altro per parlare di creazione e per consacrare il lavoro di Venter come spartiacque nella definizione del concetto di vita. Non siamo di fronte a una pietra miliare della storia della biologia: scoperte di molto minore risonanza mediatica l’hanno cambiata molto più profondamente. Tutte le componenti della cellula interagiscono tra di loro in modo estremamente sottile e sofisticato. A tutt’oggi noi comprendiamo ben poco di tale rete di interazioni, che è in ultima analisi uno degli aspetti essenziali della vita, anche nelle forme più elementari. Non basterebbe quindi sintetizzare tutte le componenti chimiche citate per produrre una cellula, ma bisognerebbe assemblarle in modo tale che potessero interagire nel modo appropriato. E così, di pari passo che le nostre conoscenze sui sistemi biologici progrediscono, è come se l’aspetto essenziale del fenomeno vita arretrasse di pari passo, restando a tutt’oggi inafferrabile. Qui, a rigore, non si dovrebbe neppure scomodare l’espressione “scoperta scientifica”: si è trattato del successo di un poderoso progetto tecnoscientifico, raggiunto dalla Synthetic Genomics grazie all’impiego massiccio di potenti computer e strumentazione di elevate prestazioni. La performance di Venter pone dunque le basi per un potenziamento sempre più grande di applicazioni biotecnologiche esistenti e già in atto in molti laboratori».
La docente di chimica dell’Università di Perugia e membro del Comitato nazionale di bioetica, Assuntina Morresi ha affermato su Avvenire: «Non è una sfida a Dio l’ultimo risultato ottenuto da Craig Venter e dalla sua équipe, ma una sofisticata operazione tecnologica, un “copia, incolla e metti la firma”. Non è una creazione dal nulla e parlare di «creazione di una nuova vita artificiale» è quanto meno ambiguo, visto che il cromosoma è copiato da quello naturale, e che anche la cellula che ha ospitato il Dna è naturale. Il gruppo di Venter ha composto con grande abilità un enorme puzzle, utilizzando i pezzi già messi a disposizione dalla natura, per realizzare un disegno pressoché identico a quello già tracciato naturalmente. Nell’articolo scientifico pubblicato è evidente la profonda capacità manipolatoria raggiunta dagli scienziati, che li fa parlare addirittura di “design” di cromosomi sintetici. Anche la docente sottolinea rileva la capacità imprenditoriale di Craig Venter: “sono già stati annunciati per i prossimi giorni documentari in anteprima mondiale su questo studio, a dimostrazione dell’accuratissima preparazione mediatica del lancio della notizia, organizzata su scala planetaria. Una sapiente e spregiudicata strategia di marketing industriale per un mercato enorme come quello che gira intorno alle biotecnologie, nel quale troppo spesso ad annunci trionfali non seguono i risultati promessi”. La Morresi conclude dicendo: “che la sfida della conoscenza debba sempre essere presentata come mettersi in arrogante gara con Dio, non rende ragione alla scienza stessa. Il mestiere dello scienziato è quello di cercare di comprendere sempre più a fondo la struttura intima della materia e della vita, ed è frutto di intelligenza – quella stessa che ieri il cardinal Bagnasco ci ha ricordato essere «dono di Dio» – , curiosità e, soprattutto, di umiltà. Un mistero che svelandosi si mostra infinito».
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