L’uomo è irriducibile, «basta con il determinismo biologico»
- Ultimissime
- 26 Mag 2014
Superati gli anni bui del riduzionismo biologico, oggi anche il sapere scientifico riprende a sottolineare la centralità e l’unicità dell’essere umano. E’ di oggi, ad esempio, l’intervista a Enrico Alleva, prestigioso etologo italiano, dal 2008 al 2012 presidente della Società Italiana di Etologia e direttore del Reparto di Neuroscienze comportamentali all’Istituto Superiore di Sanità di Roma.
«Da etologo», ha spiegato, «rifiuto la parola istinto in generale, e in particolare se riferita all’uomo». Già dal terzo mese, infatti, il feto umano ha una sua cultura individuale: conosce la madre, le sue sensazioni, riconosce le persone intorno a lei e «si prepara a riconoscere il padre». Inoltre, «è programmato per cambiare il suo cervello in funzione di quello che gli accade». «E’ proprio dal confronto tra comportamenti automatici e comportamenti appresi l’unicità della specie “homo sapiens”», ha proseguito il prof. Alleva.
Un’unicità evidente combattuta da attivisti mossi da scopi ideologici, secondo i quali l’uomo non è una Creatura, ma semplicemente un “nient’altro che”, un frutto casuale dell’evoluzione, la sua morale non esiste, la sua coscienza è un banale epifenomeno del cervello. L’uomo, ci viene ricordato dai riduzionisti, è il suo DNA, il quale è condiviso per il 98% con i primati (e per il 50% con la banana). Eppure, ha commentato il prof. Alleva, «nel comportamento delle scimmie qualche primatologo, forse esagerando, ha cercato le basi per la moralità umana. Ma l’interazione più interessante per la specie umana resta quella con il cane, una specie selezionata dall’uomo a propria compagnia esclusiva».
Qualche giorno fa si è espresso negli stessi termini anche il prof. Vittorio Gallese, noto a livello internazionale per il suo contributo alla scoperta dei “neuroni specchio”, docente di Neurofisiologia all’Università di Parma. «Le neuroscienze cognitive non possono ridursi ad una traduzione neurodeterministica della natura umana, ma devono mettere al centro della propria ricerca la pienezza dell’esistenza umana e l’esperienza che ognuno di noi ne trae», ha affermato. «Dovremmo lasciarci alle spalle sia il meccanico determinismo genetico sia l’apparente netta distinzione tra natura e cultura».
Non sarà sfuggita l’importanza di queste dichiarazioni anche in campo bioetico. Mentre il prof. Alleva valorizzava la personalità del feto umano e la sua “ricerca del padre”, il prof. Gallese aggiunge: «Lo sviluppo dell’intersoggettività comincia già prima della nascita, all’interno del grembo materno. Dalle prime ore di vita il neonato svolge un ruolo attivo nel sollecitare e intrattenere un rapporto con la madre». I temi dell’aborto, delle adozioni gay e dell’utero in affitto andrebbero ripensati alla luce di queste conoscenze. Ma emerge anche il tema del gender, ovvero la trascuratezza del “dato biologico” per favorire il “dato psicologico” (si può diventare uomini anche se nati in un corpo di donna, ad esempio…). Attenzione, perché «cervello e corpo formano un sistema inscindibile: non si capisce il cervello se lo si separa dal corpo».
La redazione
56 commenti a L’uomo è irriducibile, «basta con il determinismo biologico»
Grazie per questi articoli, sono spunti importantissimi per chi vuole approfondire.
La scienza è stupenda quando non confusa con lo scientismo.
-La scienza è stupenda quando non confusa con lo scientismo-.
La frase di per sé è condivisibile, ma non ci azzecca un granché con l’articolo, che espone perlopiù affermazioni in bilico sul metafisico.
Di metafisico? Cosa c’è di metafisico nell’etologia e nelle neuroscienze? Gallese e Alleva sono due teologi? Ma che stai addì??
Scienza, Klaud, qua si parla di scienza, rileggi l’articolo.
Risposte di questo tipo date da studiosi del calibro di Gallese bastano per mettere a tacere tanti novizi Dawkins
Anche se ormai non se li fila più nessuno… (i vari Dawkins, dico)
e si spera che tali personaggi diventino solo vecchie attrazioni da museo.
Mi piacerebbe capire se la negazione della coscienza come epifenomeno dei fenomeni biologici sia valida anche per le altre creature del pianeta, oltre all’uomo. L’anima degli animali è creata direttamente da Dio? Oppure discende dalla materia, è per l’appunto una proprietà riducibile alle proprietà fisiche?
L’animale non ha autocoscienza di se, se non in misura diretta e in rapporto alla realtà circostante. L’animale può riconoscere un altro animale o riconoscere se stesso se posti davanti ad uno specchio ma non é in grado di elaborare una procedura se non come conseguenza esclusiva e diretta del fatto che lo specchio é davanti a lui. Ad esempio non può arrivare a significare lo specchio in termini di forma artistica o trascenderne il sisgnificato oltre il semplice fatto fisico. Non penso abbia sensa parlare di “anima” degli animali anche se per tanti colleghi umani la corrispondente esistenza farebbe “comodo”.
Peppino, ma non hai risposto. La coscienza degli animali è o non è riducibile alle proprietà fisiche?
ps. cmq non credo possa esistere coscienza senza autocoscienza, benché possano esistere diversi gradi di autocoscienza, fino al grado linguistico.
La diversità fra coscienza ed autocoscienza é che la prima trova inizio e fine in rapporto alla fisicità del contesto circostante mentre la seconda può sussistere (anche) indifferentemente dal contesto circostante. Se questa mia considerazione (di beppino, non di peppino) ha un senso la risposta é conseguente. Non so cosa intenda per “grado linguistico”; la capacità di comunicare é conseguente ad un raggiunto livello di “intelligenza” e non di “autocoscienza”. Per esempio le balene comunicano tramite suoni (più o meno complessi ed articolati) ma difficilmente si può affermare che siano in grado di affrontare qualche problema fondamentale di filosofia o di etica; per inciso problemi anche banali… come il classico “perché mi pongo il problema di essere?”.
Beppino, continui a non rispondere. L’anti-riduzionismo è valido anche relativamente alle altre specie animali? La mente può essere più o meno complessa, più o meno intelligente. Il punto è: l’anti-riduzionismo si applica alla mente in quanto mente? O alla mente in quanto essa ha un certo grado di intelligenza? La seconda ipotesi è molto più complicata da sostenere. La prima è plausibile, ma non comporta la decantata unicità della specie umana relativamente alla sua non riducibilità alle proprietà fisiche.
Ma non si tratta di “un certo grado di intelligenza”: si tratta di ragione, che è un attributo di tipo ON/OFF, se sei umano ce l’hai, se sei animale no.
Non penso. Ci sono gradi di razionalità. Altrimenti l’uomo e Dio sarebbero razionali nella stessa misura. Lasciando stare questa questione: che cos’è che non è riducibile alle proprietà fisiche? la coscienza o la ragione? sono due cose diverse.
La ragione la possiedono tutti gli esseri umani, come la si usi e quanta conoscenza se ne possa trarre è un altro discorso (la ragione umana è imperfetta perché può condurre all’errore).
Non capisco il resto del problema:
Un gatto ha coscienza di essere gatto?
Perché allora non si esprime per fare valere i suoi diritti fondamentali?
Perché un leone non può scegliere di cibarsi d’altro per risparmiare le povere gazzelle?
Perché i cavalli di oggi non hanno “abitudini sociali” essenzialmente diverse da quelli che vivevano ai tempi di Nerone?
Si può parlare di coscienza per gli animali negli stessi termini in cui se ne parla per l’uomo?
Io credo che né la coscienza umana, né la ragione (né la vita stessa!) siano riducibili alle sole proprietà fisiche.
La coscienza degli animali è o non è riducibile alle proprietà fisiche?
Cos’è la coscienza degli animali?
La coscienza è essenzialmente intenzionalità.
La coscienza è essenzialmente intenzionalità.
Dunque per te gli animali hanno delle intenzioni?
Scelgono?
Credo che tu non conosca il significato di intenzionalità. Il che è tutto dire.
La coscienza degli animali è o non è riducibile alle proprietà fisiche?
Se lei accetta quanto scritto in precedenza (…la diversità fra coscienza ed autocoscienza é che la prima trova inizio e fine in rapporto alla fisicità del contesto circostante mentre la seconda può sussistere (anche) indifferentemente dal contesto circostante) segue che la coscienza degli animali é univocamente dipendente dalle proprietà fisiche e quindi é riducibile alle proprietà fisiche.
Tu sei cosciente di essere?
Se sì, si tratta di “un grado di razionalità”?
Mi dispiace se ho malinteso.
Resta il fatto che ci sono cose che evidentemente non sono collegate alle sole proprietà fisiche.
quali sono le cose riducibili e quali quelle irriducibili esattamente?
Ti ho postato un articolo prima: la vita (o se preferisci l’anima), pare proprio qualcosa di irriducibile, tanto è vero che, per non rinunciare al riduzionismo, Jabr è stato costretto ad affermare che in realtà non esiste http://www.enzopennetta.it/2013/12/la-vita-in-realta-non-esiste/.
Già la meccanica quantistica ha mostrato tutta la limitatezza di questa visione dei fatti, non capisco perché per in biologia debba ancora essere ritenuta valida spiegazione di tutto.
E comunque occhio bene a dire che alcuni uomini sono più razionali di altri! 😉
Duole che vi siano ancora scienziati, come l’etologo di cui sopra, che confondono il riduzionismo ontologico con quello metodologico.
Duole, caro Giuseppe, che tu pur di difendere i tuoi interessi sia sempre contro a tutti. Hai mai ipotizzato che l’errore potrebbe risiedere in te?
Interessi? Parole in libertà…
Comunque la ringrazio per il “caro”…
Caro Giuseppe, puoi spiegarci un po’ meglio i termini da te usati.
Ringrazio anche lei per il “caro”. L’assunto metafisico della Fisica, e della Scienza in generale, è che la realtà, o la Natura se preferisce, sia ontologicamente omogenea. L’attuale visione della Fisica, tralasciando i tentativi di unificazione, è che tutto ciò di cui noi abbiamo esperienza sensibile sia un insieme di campi quantistici che interagiscono tra loro immersi in una varietà quadrimensionale che chiamiamo spaziotempo. Questa incessante danza è descritta, a livello fondamentale, dalla teoria quantistica dei campi e dalla relatività generale. Come queste due teorie si combinino tra loro è ancora un mistero. Comunque sia questo è il riduzionismo ontologico di cui parlavo all’inizio, ovvero che tutto ciò che esiste è composto dalla stessa “sostanza”, cioè campi quantistici e spaziotempo, e che questi ingredienti possano essere descritti, a livello fondamentale, dalle teorie d cui sopra. Tuttavia non esiste solo il livello fondamentale, ma tutta una serie di livelli che si dipanano davanti ai nostri sensi: una roccia non è un fungo, una persona non è un cavallo, una miscela di gas non è una pianta. Ad ogni livello di complessità ed organizzazione corrisponde un livello di descrizione con leggi e relazioni causali proprie che, da un punto di vista epistemico, possono essere considerate indipendenti da quelle degli altri livelli. Per usare una espressione del fisico teorico americano Steven Weinberg, è possibile parlare di “free floating laws”, cioè leggi a galleggiamento libero. Così come non descrivo il processo digestivo mediante la cromodinamica quantistica, non descrivo nemmeno l’interazione interpersonale tra gli esseri umani scrivendo lagrangiane, ma utilizzando le relazioni causali proprie del livello umano, ovvero il livello che è oggetto di studio della psicologia, della sociologia, dell’antropologia, dell’economia o quello che vuole lei. Nella stessa Fisica abbiamo relazioni causali che emergono dai livelli sottostanti. Per esempio l’equazione dei gas reali PV=nRT è valida anche se non conosco lo stato di moto di ogni singolo costituente fondamentale del gas in questione. Il riduzionismo metodologico, o epistemico, è quello che pretende di descrivere tutti i livelli di organizzazione della realtà, persone comprese, mediante lo stesso set di leggi fondamentali; tentativo questo non solo inutile, ma anche destinato a rimanere vano perché tra l’altro, come insegna Popper, porta a confondere i “processi” con i “concetti”, nel senso che i processi che avvengono in una cellula o nello stesso cervello umano, ad esempio, sono certamente chimici, ma i concetti della biologia o della psicologia non possono essere ridotti ai concetti della chimica, ma ne sono di fatto indipendenti. Spero di essermi spiegato.
Scusate, volevo dire gas ideali!
Grazie per la spiegazione.
Si figuri.
Quindi riduzionismo ontologico implica che tutto ciò che esiste è composto da campi quantistici e spaziotempo; tuttavia non esiste solo il livello fondamentale, ma tutta una serie di livelli e ad ogni livello corrisponde un livello di descrizione con leggi e relazioni causali proprie che, da un punto di vista epistemico, possono essere considerate indipendenti da quelle degli altri livelli. Il riduzionismo metodologico è invece quello che pretende di descrivere tutti i livelli di organizzazione della realtà mediante lo stesso set di leggi fondamentali.
Non riesco a cogliere bene la paventata confusione fra riduzionismo ontologico e quello metodologico in riferimento alle affermazioni dell’etologo e soprattutto l’eventuale collegamento con l’essenza nell’articolo nel momento in cui l’articolo prospetta la riaffermazione dell’irriducibilità dell’uomo qualora una paventata riducibilità trovasse giustificazione nel determinismo biologico.
Perché in realtà la riducibilità che l’etologo in questione teme, senza rendersene conto, è quella di tipo epistemico, che nessuno scienziato serio sostiene, agitando però lo spauracchio del riduzionismo ontologico, che invece tutti gli scienziati danno per scontato, a meno che non si introducano forme di animismo che contemplino l’esistenza di qualcos’altro che non si capisce cosa debba essere. Poi, in merito al “determinismo biologico”, ma chi sostiene davvero che tutti gli esseri viventi siano solo ed esclusivamente DNA? Ma se sono decenni ormai che la biologia va da tutt’altra parte con l’epigenetica, lo studio delle interazioni tra l’ambiente e gli esseri viventi, ecc. ecc. Molti temono che si usi per la biologia lo stesso approccio paradigmatico che si usava con la fisica nel diciannovesimo secolo, quando la stessa fisica è cambiata profondamente. Per concludere, l’etologo dell’articolo denuncia un paradigma che nella scienza è già morto da più di un secolo, e questo succede perché spesso i cultori delle cosiddette scienze della vita sanno poco di matematica e fisica, e ancora meno di filosofia…
salve, vorrei porre una domanda, se un giorno si scoprisse( spero di no!!) che la visione riduzionista della vita e dell’uomo è vera, noi siamo il nostro cervello, quello che facciamo è vincolato solo da genetica, evoluzione ecc, e si scoprissero magari i correlati neurofisiologici addirittura della coscienza, questo annullerebbe la fede o la speranza che ci sia una parte immateriale di noi e della vita o le due cose possono coesistere? e se si, in che modo?…
E meno male che ho spiegato che esiste una differenza tra processi e concetti!
quindi, le neuroscienze potranno arrivare a spiegare quello che succede nel cervello tramite la chimica e la fisica conosciuta, ma non potranno spiegare alcune caratteristiche dell’uomo come coscienza, pensieri, e la psicologia in generale perchè hanno diciamo un unità di misura diversa?…ho detto una cavolata??
Probabilmente è così…
“Se si scoprisse che noi siamo il nostro cervello”:
ma che intendi dire? forse intendi: “se si scoprisse che
dal nulla è nato l’universo e così il nostro cervello autocosciente”?
Vuoi dire questo?
Ma perché tira fuori sempre questa questione del nulla? Per Parmenide il non essere non è, fine della storia. L’equivoco filosofico riguardo al nulla che genera qualcosa è dovuto, a mio avviso, ad una concezione prerelativistica del tempo.
Lascia perdere, Giuseppe, accontentati di Parmenide e
dormi tranquillo: fine della storia.
Quando la Realtà pone problemi cui non sappiamo
rispondere, problemi che disturbano i nostri
pregiudizi, c’è sempre un qualche parmenide
da invocare x cercare di salvare capra e cavoli.
Naturalmente ciò non evita di entrare nel patetico:
“per Parmenide è così-fine della storia”.
Va beh.
Non è che è cosè perché l’ha detto Parmenide, ovviamente. Siete voi che ricorrete all’ipse dixit mi pare. Comunque ha ragione, lasciamo perdere.
Bravo; quando sarai in grado di dirci qualcosa circa circa
la nascita dell’universo, senza ricorrere alle fesserie di
Parmenide, ce lo farai sapere.
Ma forse il tuo post con citazione filosofica è in realtà
un sottile mezzo per denunciare la (ovvia)incapacità di
argomentazione ateistica.
In questo caso, chapeau.
Ma Parmenide viveva in tempi prerelativisti, in quanto a concezioni temporali…
Eppure qualcosa aveva capito, non per niente il vostro amato Popper, durante un incontro a Princeton, si rivolese ad Einstein chiamandolo Parmenide…
Ma anche una concezione relativistica del tempo non esclude l”esigenza’ logica di una causa prima.
Pertanto a mio avviso il problema, scomodo, permane.
Proprio così, Law, permane x chiunque non sia accecato
dal pensiero ateistico: l’obiezione di Parmenide, in
effetti, è così ridicola che pare una barzelletta.
si, intendo dire, se si scoprisse ( come affermano alcuni neuroscienziati) che la nostra coscienza e la nostra mente sono solo frutto di complessi processi bio-chimici del cervello derivati dall’evoluzione, rimarrebbe spazio per un aspetto spirituale/ trascendentale dell’uomo?
E’ un’ipotesi insostenibile:
i “complessi processi bio-chimici del cervello derivati dall’evoluzione”,
da dove salterebbero fuori?
Non ha senso la domanda e lo stesso problema come é posto. Rimanendo nell’ambito di una discussione un poco assurda, quindi stando al gioco, penso non cambierebbe nulla perché mancherebbe comunque la spiegazione definitiva del resto, cioé quello che é “fuori” da noi stessi, e in tal modo viene meno l’inizio stesso del discorso (cioé aver ipotizzato che la “visione riduzionista sia vera”).
non capisco perchè non abbia senso la domanda, io penso che l’uomo abbia una sua dimensione spirituale che va oltre le leggi della fisica, abbiamo caratteristiche( autocoscienza, ragionamenti, la morale) che nessun altro essere vivente possiede. se però, come alcuni neuroscienzati credono, tutte queste caratteristiche non sono altro che processi neuronali derivati dall’evoluzione o dalla genetica, mi verrebbe da pensare che anche quello che è ” fuori” da noi stessi in realtà non esiste ed è solo una suggestione prodotta dal nostro cervello. mi sbaglio?