L’esperienza della trascendenza alla luce della psicoterapia
- Ultimissime
- 17 Set 2013
Abbiamo chiesto a tre specialisti della mente un approfondimento sul rapporto tra trascendenza e psicoterapia. Ecco la loro importante riflessione, oggetto di lunghi studi sul tema.
di Alberto Carrara*
*biotecnologo e neurobioeticista, Ateneo Regina Apostolorum (Roma), Gruppo di Neurobioetica (GdN)
Alberto Passerini*
*Psichiatra, Psicoterapueta, S.I.S.P.I. – Scuola Internazionale di Specializzazione con la Procedura Immaginativa, Milano-Roma
Alessandra Pandolfi*
*Anestesista, Psicoterapeuta, S.I.S.P.I. – Scuola Internazionale di Specializzazione con la Procedura Immaginativa, Milano-Roma
Nota: la prima parte di questa riflessione è stata pubblicata ieri
Considerare l’idea che l’Uomo ha dell’esistenza della divinità alla stregua di un pensiero magico o animistico, come si legge in alcuni scritti, significa, al di là di qualsiasi credenza religiosa, atea o agnostica, ignorare una parte dell’Essere nei suoi bisogni fondamentali; oltre a quelli di amare, essere amato ed essere riconosciuto nei propri significati: il trascendente (Toller, Passerini, 2007).
Quasi un secolo di studio e di pratica della Psicoterapia con l’Esperienza Immaginativa (Rêve-Eveillé, Procedura Immaginativa) (Passerini, 2009) ha dimostrato che, oltre al vissuto corporeo e a quello psichico, esiste una dimensione superiore attinente allo spirito, accessibile a tutti anche se non tutti vi prendono soventemente contatto (Passerini, 2012).
All’interno del “laboratorio” della pratica clinica si possono cogliere della sequenze immaginative a contenuto “transpersonale”, “mistico”, caratterizzate da vissuti di “fuori dal tempo e dalla fisicità”, “pace interiore”, “estasi”. Si tratta di una “coscienza di ordine trascendentale, che sfugge a qualsiasi analisi e a qualsiasi linguaggio espressivo adeguato” (Fabre, 1981), di un “sentimento oceanico”, come lo definisce Roman Rolland nelle sue ricerche sulla mistica, un “silenzio nell’oscurità perfetta” con sentimenti di fusione e di comunione con il mondo (Desoille, 2010 [1973]).
Queste ultime caratteristiche possono palesare una parentela con alcuni vissuti arcaici di indifferenziazione tra sé e l’esistente ma ciò che distingue questa esperienza umana dal pensiero arcaico e/o infantile è stato ben evidenziato dagli studi di Fabre (1981) e De Martin (1986). Mentre, là dove il pensiero infantile raffigura il soprannaturale in un essere superiore non soggetto alle leggi della fisica (Vallortigara, Girotto, 2013), che si può considerare null’altro che una tappa dello sviluppo cognitivo e psico-affettivo ben descritto negli studi di Piaget (1983), esiste invece un punto d’incontro tra Trascendente ed Arcaico proprio dove questi due stati condividono il vissuto di “fusione”. Ma ci sono delle differenze: nella regressione all’Arcaico c’è una regressione anche nel cognitivo, si altera la logica causale, la razionalità, si disorganizza il pensiero, si dissolvono i confini dell’Io; diversamente nel contatto con il Trascendente ci sono sentimenti di presenza, di lucidità creativa (Desoille, 2010) (Passerini, 2009), (Rocca, Stendoro, 1993) e di finalismo (Ales Bello, 2010).
Trascendenza e psicoterapia: il superamento di una soglia
Sempre dal “laboratorio” empirico dell’attività clinica, si è potuto riscontrare che il raggiungimento di stati “elevati” di coscienza, in genere, è preceduto dal superamento di una soglia, da un cambiamento interiore che permette all’Io di ritrovare un’unità (originaria), dalla quale sprigiona una comprensione lucida, creativa e riflessiva.
La soglia di cui si sta parlando si identifica spesso in un’azione non ordinaria come una nascita simbolica o un’esperienza iniziatica, che si possono riconoscere grazie all’apparire di particolari simbolismi: l’attraversamento di un varco, il passaggio di una porta monumentale, l’attraversamento di uno specchio, la scala a spirale, un passaggio di stato attraverso l’addormentamento, la scomparsa di una maschera ed altri (Romey, 1982). Ed avviene sempre attraverso il superamento di una prova.
L’esperienza della trascendenza nelle esperienze pre-morte
La possibilità di saggiare l’esperienza del Trascendente appartiene all’essere umano che può vivere questo stato in momenti diversi della propria esistenza.
Una delle più recenti acquisizioni è quella dei vissuti trascendentali extracorporei, legati alle testimonianze di persone che, trovatesi in punto di morte, grazie alle moderne tecniche rianimatorie, vengono salvate e, al proprio risveglio, raccontano di aver sperimentato nuove dimensioni, in genere a forte contenuto emozionale e di grande bellezza (Owen et al., 1990) (Van Lommel et al., 2001).
Vissuti di pre-morienza (Near Death Experience) vengono descritti anche da pazienti sottoposti ad anestesia generale, soprattutto per interventi chirurgici in cui il muscolo cardiaco viene fermato artificialmente per un certo periodo di tempo (Spitelli et al., 2002).
In questo caso non sempre i vissuti extra-corporei sono rasserenanti ma possono avere anche connotati angosciosi. Questa condizione è di particolare interesse “sperimentale” poiché si può dire che il paziente cardio-chirurgico, in relazione alle modalità dell’intervento, sperimenti “in vita” la propria morte: egli sa che il suo cuore si fermerà per poi ricominciare a battere dopo l’intervento; frequenti sono in letteratura (Blacher, 1983) così come nella nostra esperienza (Passerini, 1987) i vissuti di rinascita, di resurrezione e di pre-morienza. Infatti si tratta di un intervallo di tempo di vera e propria “sospensione della vita” e verosimilmente sarebbe banale liquidarne i vissuti come semplice angoscia di morte o meccanismi di adattamento.
Sono stati riportati vissuti in cui l’anima va a ricongiungersi con i propri cari defunti, di incontro con Dio o con antenati morti, come esperienza piacevole o rassicurante e percepiti come condizione intermedia tra la vita terrena ed extra-terrena, vissuti d’immortalità, indipendentemente dalle convinzioni religiose del soggetto, visioni di “fuori dal corpo”. Non estraneo a queste esperienze è il significato simbolico nonché fisiologico dell’organo “cuore”, che in molte culture anche tra loro lontane, rappresenta il “centro dell’essere”, la “divinità dentro l’Uomo”, che è il primo organo che inizia a funzionare alla nascita e l’ultimo a smettere con la morte.
Affermare se i vissuti di “pre-morte” si riferiscano ad esperienze al di fuori del proprio essere e senza alcuna connessione con le funzioni cerebrali, che durante un arresto cardiaco si interrompono, o se si tratti di qualche complessa funzione encefalica che si attiva proprio in concomitanza dell’evento potenzialmente mortale esula dallo scopo di questo scritto.
Esperienze pre-morte, tra trascendenza e psicoterapia
Vogliamo tuttavia rilevare come i vissuti riportati dai sopravvissuti appartengano alla sfera del Trascendente.
Esiste ormai una letteratura scientifica e divulgativa piuttosto ampia sull’argomento, che continua ad arricchirsi di nuove testimonianze.
Il primo fondamentale punto è quello che ogni essere umano, indipendentemente dalla sua età, razza, cultura, religione e grado di istruzione è in grado di vivere e ricordare con chiarezza tali esperienze. Un altro punto interessante è che il percorso in una differente dimensione ha delle tappe che sono presenti in quasi tutte le descrizioni come il passaggio in un tunnel, l’incontro con una luce mistica, gli incontri descritti sopra, la ricapitolazione della propria vita, l’accesso ad una conoscenza speciale, l’incontro con un confine o barriera e il ritorno nel corpo volontario o involontario (Long et al., 2010).
Tutti coloro che raccontano la propria esperienza parlano di sensi acuiti, capacità di comprensione straordinaria rispetto a quella della vita normale, possibilità di apprendere per via telepatica. La maggior parte delle persone che riferisce di questa esperienza la giudica indescrivibile a parole considerando il vocabolario della propria lingua privo di vocaboli adatti a dare un’idea esatta della essenza delle proprie sensazioni (Parnia, Fenwick, 2002).
E qui è sorprendente la similitudine con l’incontenibilità delle emozioni trascendentali riscontrate in psicoterapia. Un tema ricorrente in coloro che “ritornano” alla vita terrena è quello del sentimento di amore e di pace che pervade ogni situazione vissuta.
Un dato da rimarcare è che l’incontro con persone defunte sconosciute possa portare a posteriori ad un riconoscimento come parenti morti prima della propria nascita e di cui non si conosceva l’esistenza. Un esempio interessante è quello di un bambino che, in un’esperienza del genere, incontrò un altro bambino che riconobbe come suo fratello. Al risveglio ne parlò con la famiglia che rimase esterrefatta in quanto effettivamente c’era stato un fratello, morto prima della sua nascita, e di cui il protagonista non sapeva nulla poiché nessuno ne aveva mai parlato (Long et al., 2010).
Conclusioni su trascendenza e psicoterapia
Nella nostra cultura post-moderna c’è un’estrema necessità di applicare e vivere la “prudenza”, intesa come la retta ragione che bisogna, e bisognerebbe, impiegare al formulare conclusioni, specie se queste hanno per oggetto elementi esistenziali considerevoli come l’esperienza umana del “Trascendente”. Non è indifferente, infatti, credere che è il nostro cervello, e non noi stessi, ciò che agisce, colui che ragiona, colui che prende le decisioni, colui che “ci” fa prendere consapevolezza di essere coscienti, di entrare in contatto con una realtà Altra, etc.
Queste credenze, troppo spesso sbandierate da certuni persino in convegni scientifici seri, oltre a venir smentite dalle più recenti acquisizioni in campo neuroscientifico (basti considerare la nuova branca della “neuro-connettomica”, oppure quella della plasticità e rigenerazione cerebrale, etc.), risultano ormai obsolete e “ingenue”, dinnanzi al diffondersi di teorie radicali di stampo “esternalista” sul mentale (M. C. Amoretti, 2011) che non riducono tutto ai neuroni o al solo cervello, ma prendono in considerazione la realtà integrata della persona umana, unità-duale tra componenti fisiche e bio-psichiche (e spirituali), che sempre più trovano riscontri nelle evidenze neuroscientifiche, cliniche e psicodinamiche (A. Nöe, 2010; W. Glannon, 2011).
Le sottili distinzioni da tener presente sono ben riassunte dalla filosofa italiana Angela Ales Bello quando, scrivendo sul tema della coscienza umana, afferma: «È possibile ribaltare la collocazione della coscienza [dell’esperienza umana del “Trascendente”] secondo la quale essa è “epifenomeno” del cervello… a patto che si sottolinei la complessità e la stratificazione dell’essere umano, che conduce non ad un rigido dualismo» (alla René Descartes, all’italiana: Renato Cartesio), «ma ad una dualità, all’interno della quale è presente un aspetto psichico-spirituale autonomo» (P. L. Fornari, 2012).
La stessa filosofa, intervistata per l’uscita del volume di oltre 900 pagine da lei curato insieme a Patrizia Manganaro sul tema della coscienza tra fenomenologia, psico-patologia e neuroscienze (A. Ales Bello, P. Manganaro, 2012), sottolinea importanti distinzioni da tener presente nell’odierno dibattito neuroetico: «l’intrinseca autoreferenzialità del pensiero e l’accesso cosciente agli stimoli esterni potrebbero “incarnare” la differenza tra la consapevolezza di se e dell’ambiente circostante.
Il termine “incarnare” è particolarmente significativo. Infatti, affermare che la coscienza [l’esperienza umana del “Trascendente”] ha una base nell’attività cerebrale conduce al riduzionismo, invece sostenere che il cervello nella condizione temporale è il luogo della coscienza [dell’esperienza umana del “Trascendente”] è cosa ben diversa» (P. L. Fornari, 2012).
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AMORETTI M. C., La mente fuori dal corpo, Franco Angeli, Milano 2011; questa è un’opera sintetica sui diversi esternalismi in relazione al mentale di estrema importanza per averne un panorama completo e approfondito. Gli esternalismi sono posizioni eterogenee che considerano che la mente umana si estenda, almeno in parte, oltre i confini fisici, non soltanto della nostra cerebralità, bensì anche della nostra corporalità.
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22 commenti a L’esperienza della trascendenza alla luce della psicoterapia
la luce in fondo al tunnel… può essere il ricordo della prima impressione del momento in cui si viene alla luce?
Questa ipotesi è stata una delle prime prese in considerazione. Già negli anni 70 si era infatti ipotizzato che l’NDE non fosse altro che il frutto di una reazione del cervello che riviveva il momento della nascita. L’ipotesi era molto suggestiva anche perchè effettivamente è un evento comune a tutti e presentava molte analogie con le esperienze di pre-morte: il tunnel con in fondo la luce poteva benissimo essere l’esperienza vissuta dal nascituro al momento della venuta al mondo; la luce poi, poteva benissimo essere la luce delle lampade della sala operatoria. Con il proseguo delle ricerche però e con l’allargamento a soggetti sempre più diversi, ha fatto si che l’ ipotesi perdesse sempre più credito: infatti si è visto che le visioni(tunnel con la luce in fondo, sensazione di benessere, ecc ecc), comuni a tutti i soggetti indipendentemente dalla propira formazione culturale e religiosa, era stata vissuata anche in soggetti che erano nati da parto cesareo o non in sala operatoria.L’ipotesi poi, ha definitivamente perso credibilità quando lo studio si è esteso anche a soggetti non vedenti nati, che nonostante tutto avevano vissuto questo tipo di esperienze, compreso il tunnel di luce. Come poteva un non vedente nato riconoscere una forma luminosa dal momento che non ne aveva mai fatto esperienza non ti so rispondere, mi limito esclusivamente a riportare quello che si è riscontrato dalle ricerche effettuate in questi anni sull’argomento. Al momento l’unico studio di una certa importanza affrontato sull’NDE, è quello compiuto dal cardiologo olandese Pim van Lommel.
Se questo è un articolo scientifico trovo che sia una leggerezza suggerire l’esistenza dell’anima immortale, giacchè quest’idea non ha mai trovato alcun riscontro convincente in campo scientifico.
Riguardo le esperienze di pre-morte, è di pochi mesi fa uno studio che mostra come la riduzione di ossigeno o di ossigeno e glucosio durante l’arresto cardiaco è in grado di continuare a stimolare l’attività cerebrale in una forma di elaborazione cosciente. Si può quindi affermare che non vi è nessun indizio che la mente possa sopravvivere al corpo, al massimo può sopravvivere qualche istante, ma niente di più…
http://www.pnas.org/content/early/2013/08/08/1308285110
http://www.enzopennetta.it/2013/08/esperienze-pre-morte-la-situazione-si-complica-non-sono-sogni/
Certo che ti piace proprio farti smentire nel giro di pochi secondi eh!
Non mi sembra che le opinioni pubblicate sul blog da te citato invalidino la ricerca in questione, quella che leggo è una critica sul modo in cui certi giornalisti hanno riportato la notizia, e questo non è niente di nuovo…
E’ invece sospettoso lo scetticismo a priori dell’autore (l’esperimento è stato condotto su topi e non su umani; lo studio va approfondito…; le onde gamma indicano la presenza di uno stato di veglia più che di sonno..). Insomma, nessuna critica nel merito ma perplessità generiche, a me fa pensare che l’autore in questione sia un credente che forse teme che questa ricerca possa insidiare le proprie certezze.
Concordo ! Infatti le ricerche fatte sui topi (da quello che so) non riguardano le NDE ma bensi il comportamento chimico (sinergia ormonale) e/o omeostatico provocato dall‘induzione della paura eccessiva e stress inflitti alle cavie di laboratorio.
Le NDE non sono l’oggetto di questo articolo però…
Ma ragazzi allora ditelo!
Ma dico, ci sei o ci fai?
Non ti stanchi mai di autoconfutarti nella stessa frase?
Lo dici tu stesso…
– L’esperimenteo e’ stato condotto su topi e non su umani
– lo studio va approfondito
– le onde gamma indicano uno stato di veglia ecc ecc
e queste che sono se non critiche nel merito?
Ragazzo qui non abbiamo tempo da perdere con filosofi fai da te…
che io sappia sono le onde Alfa che indicano lo stato di veglia. Le onde gamma indicano lo stato di forte tensione. Quindi, semmai lo studio non fa altro che complicare il quadro, perchè non mi risulta che avvengano sogni o visioni quando il cervello emette onde di questo tipo. Concordo poi con il signor Pendesini quando afferma che lo studio non era mirato all’NDE ma ad altro. Proprio la registrazione di queste di onde gamma nei ratti esaminati dimostra appunto quanto scrivevo sopra: l’induzione di paura e stress.
Per completezza bisogna poi dire che non è nuovo il richiamo della carenza di ossigeno come imputato principale a questo tipo di fenomeni. Si è da tempo dimostrato però che esperienze di NDE si verificano anche in soggetti che non hanno avuto un’ interruzione di apporto di ossigeno al cervello. Lo studio stesso “spiegherebbe” eventualmente solo il 20% di casi di NDE come si legge. E gli altri casi invece? Se tutte i racconti collimano con delle visioni comuni tra i soggetti, significa secondo me che tutte hanno una medesima origine. Se avessero infatti origini da fattori differenti tra loro, credo che anche le visioni sarebbero diverse. Non so se queste visioni hanno una origine soprannaturale o meno, quello che so che lo studio compiuto nell’università di Michigan verteva su temi che non avevano nulla a che vedere con l’NDE e non dimostrano affatto che le visoni mistiche sono dipese da una carenza di ossigeno. Forse certe testate giornalistiche prima di arrivare a certe conclusioni affrettate dovrebbeo leggere meglio gli articoli dove traggono le notizie.
Caro Giovanni, se leggi bene i tre ricercatori nell’articolo scrivono: “Affermare se i vissuti di “pre-morte” si riferiscano ad esperienze al di fuori del proprio essere e senza alcuna connessione con le funzioni cerebrali, che durante un arresto cardiaco si interrompono, o se si tratti di qualche complessa funzione encefalica che si attiva proprio in concomitanza dell’evento potenzialmente mortale esula dallo scopo di questo scritto. Vogliamo tuttavia rilevare come i vissuti riportati dai sopravvissuti appartengano alla sfera del Trascendente”.
Non c’è nessuna leggerezza, loro stessi sanno benissimo cosa scrivono e non vogliono avanzare una teoria dell’anima immortale ovviamente.
Ciao Paolo, chiunque legge l’articolo può farsi la sua idea. La frase finale dimostra chiaramente l’intento: “Infatti, affermare che la coscienza ha una base nell’attività cerebrale conduce al riduzionismo, invece sostenere che il cervello nella condizione temporale è il luogo della coscienza è cosa ben diversa”.
Io aggiungo solo che non vorrei che si chiamasse riduzionista qualsiasi cosa ci riporta coi piedi per terra.
…veramente, l’esistenza di un anima immortale deriva dal ragionamento logico e quindi scientifico. E non mancano neppure prove sperimetali, visto che molti mistici raccontano di averle viste ed averci parlato.
Ora se uno scienziato dice di aver visto il Bosone di Higgs tu credi alle sue parole. Se Santa Margherita dice di parlare con Gesù, perché non ci credi? Eppure in entrambi i casi non sei capace di ripetere l’esperimento e devi fidarti di quello che ti raccantano.
Finisco con il dire che comunque l’argomento genera un forte divario di opinioni, quindi se l’anima esiste o meno sono verità insondabili. La tua osservazione, in base al tuo ragionamento, è del tutto inutile.
Scusa ma posso chiederti un chiarimento? Grazie.
prima di tutto possiamo citare la trasfigurazione sul Tabor, dove tre apostoli vedono Elia e Mosè.
Poi ci sono le svariate apparizioni della Madonna.
Non dimentichiamo i mistici moderni: Padre Pio, Suor Faustina, Margherita Maria Alacoque, Santa Teresa, etc che hanno riferito di varie visioni di inferno, purgatorio e paradiso.
Evidentemente queste persone hanno visto o parlato con anime di persone morte…
Ah.. Scusami ma avevo capito che certi mistici avessero parlato con la propria anima. Era questo che non mi tornava, sinceramente.
Grazie per la spiegazione.
Mah… Io sapevo che le NDE “vere”, ovvero quelle che maggiormente attirano l’attenzione, fossero correlate ad EEG piatto. Qui invece si parla, invece, di “intense attività cerebrali” captate proprio da un’elettroencefalografia.
Fin’ora nessuno ha potuto dimostrare scientificamente l’esistenza dell’anima in sè o separata dal corpo (dualismo) !
I neurochirurghi interpretano le Esperienze di Morte Imminente EMI-NDE (Near Death Experience) (osservazioni fatte durante operarazioni cerebrali), come un tipo di allucinazione autoscopica esterna. Infatti i pazienti (sovente epilettici sotto anestesia locale) che subiscono delle stimulazioni elettriche via elettrodi, in una zona precisa del cervello chiamata « girus angolare », manifestano un’allucinazione autoscopica esterna ; « vedono » il loro corpo come se fossero al disopra, accanto o dietro di loro ! NB L’ingestione di certe piante, o prodotti chimici (ketamina), menengite batterica, carenza di ossigeno (ipossia) ecc..possono provocare degli effetti molto simili.
Da diversi studi risulta che non c’é bisogno di essere sul punto di morire per avere un’esperienza NDE ! Questo fenomeno sarebbe da considerare come una risposta (proiezione cerebrale illusoria, psicofisiologica) in casi di paure e/o stress intensi. In questi casi, l’encefalo produce sostanze chimiche particolari, creatrici di senzazioni euforiche, ma a volte -anche se raramente- spaventose !
Comunque sia questi episodi d’allucinazione autoscopica non provano razionalmente che ci sia una vita dopo la morte ! Un asiatico che subisce fenomeni NDE non « vede », ad esempio, simboli cristiani (Madonna, angeli, Gesù, santi ecc..) ma « vede » personaggi, simboli ecc.. relativi alla sua relgione, e non solo ! Non mi risulta che esistano testimonianze di atei che hanno « visto » durante queste esperienze, dei simboli religiosi….
NB Sarebbe interessante sapere come si comporta un paziente dopo una callosotomia « split-brain » (separazione dei due emisferi mediante rescissione del corpo calloso) se dovesse subire una NDE ; poichè questa genera due coscienze (o sè coscienti) in un solo cervello. In questo caso ogni emisfero possiede solo la metà del sistema visivo, capace di analizzare una sola metà del campo visivo; e solo la metà del sistema motore, capace di azionare una sola metà del corpo. Che tipo di visione allucinatoria avrebbe ?
Il Sig. Pendesini scrive:
“Fin’ora nessuno ha potuto dimostrare scientificamente l’esistenza dell’anima in sè o separata dal corpo (dualismo)”
– Credo che non potra’ mai riuscirci nessuno scienziato: l’anima non e’ un ente composto di materia, quindi non puo’ essere indagata con metodi scientifici.
Concordo con lei nell’ affermare che le visioni e le esperienze prodotte con elettrodi in pazienti epilettici sotto anestesia, oppure quelle prodotte da particolari sostanze chimiche o condizioni patologiche sono sicuramente percezioni illusorie. Ma tutto questo, sul piano scientifico, non basta per negare che possano invece esistere delle esperienze che non siano illusorie. Inoltre le esperienze di pre-morienza di cui si parla nell’ articolo sono molto complesse ed articolate e mi sembra quindi semplicistico (ed antiscientifico) il volerle ridurre a semplici e confuse allucinazioni.
“Comunque sia questi episodi d’allucinazione autoscopica non provano razionalmente che ci sia una vita dopo la morte”
– Infatti le persone che li sperimentano non sono morte, si trovano in una condizione di pre-morienza dalla quale poi escono per tornare alla vita normale. tali episodi Inducono pero’ (e questo e’ cio’ che si sostiene nell’ articolo) a pensare che nell’ uomo esista una natura trascendente.
“Un asiatico che subisce fenomeni NDE non « vede », ad esempio, simboli cristiani (Madonna, angeli, Gesù, santi ecc..) ma « vede » personaggi, simboli ecc.. relativi alla sua relgione, e non solo ! Non mi risulta che esistano testimonianze di atei che hanno « visto » durante queste esperienze, dei simboli religiosi….”
– Devo in parte ripetermi: per venire pienamente a contatto con il mondo ultraterreno (Madonna, angeli, Gesù, santi ecc…) bisogna essere morti, e questo non e’ lo stato di chi si trova in una esperienza di pre-morienza. In questo stato, mi sembra ragionevole pensare che si possa solo acuire la percezione che la trascendenza faccia parte della nostra vita (a meno che non ci sia un intervento particolare della grazia di Dio)
http://mdamato.altervista.org/File/DGGLORIA%20POLO.pdf
…vedi la mia risposta poco sopra…
Sig. Pendesini ancora che tira in ballo le “DUE” coscienze negli esperimenti di split brain? inizio a pensare che o lei distorce appositamente i risultati di tali esperimenti a suo favore, oppure non si è documentato a dovere. Le operazioni di split brain NON generano due coscienze come se vi fossero “due persone”. Casomai creano problemi di connessione tra cervello e corpo e tipico è l’esempio della persona che pensa di muovere una mano e invece muove quell’altra. Indubbiamente è un qualcosa di molto strano ed insolito su cui sicuramente si staranno facendo ulteriori ricerce, ma da qui a definirle due coscienze come se si trattasse di due persone diverse ne passa.
Grazie Mattia. Io credevo che lo split-brain generasse due coscienze, nel senso proprio di due centri consapevoli distinti:non sapevo come spiegarmelo. Adesso so che si tratta di una distorsione dei risultati sperimentali. Sapresti indicarmi qualche sito, paper work, o testo, per l’approfondimento ? Grazie.
http://www.lescienze.it/news/2012/03/17/news/storia_di_due_met-911302/
Questo articolo preso da “Le Scienze” mi pare molto chiaro a riguardo: specifica infatti “un cervello che si comportava, per certi aspetti, come se in esso ci fossero due menti separate” da notare il “per certi aspetti”. Inoltre, proseguendo nella lettura, non si parla mai di due coscienze come se fossero due “sè” (gianni e marco) bensì di una dicotomia della coscienza, la persona in sostanza, è sempre la stessa ma con problemi di coordinazione e connessione.
In sostanza, un argomento di sicuro da non sottovalutare ma che non ha niente a che vedere a favore o contro nde, anima o chissà che altro perchè nulla può dire a riguardo (almeno allo stato attuale delle cose).