Il Forum della Famiglia e la prevenzione da divorzio e separazioni
- Ultimissime
- 04 Feb 2013
Dal 12 al 20 gennaio scorsi, a Napoli, un appuntamento importante ha coinvolto le coppie di fidanzati in procinto di matrimonio; si è trattato di una serie di incontri prematrimoniali dedicati a materie come la sociologia, la filosofia, la pedagogia, la medicina e la pediatria, targati “Forum della Famiglia“.
L’invito al seminario, diffuso all’interno della manifestazione TuttoSposi, ha mirato alla diffusione di argomenti delicati ruotanti intorno alla vita della coppia. Un format prematrimoniale civile, che non sostituisce quello religioso per chi sceglie il rito cattolico, destinato all’esportazione in tutte le regioni d’Italia. L’idea è una risposta agli allarmanti dati registrati dall’Eurispes, concernenti il crescente numero di separazioni e divorzi. Un dramma sociale, con ripercussioni psicologiche soprattutto nei figli.
A questo studio, si è affiancato quello sottolineante una maggiore propensione al suicidio, agli attacchi di panico, ad anoressia e bulimia, nei figli dei separati. La separazione va a toccare l’identità, la crescita, le tappe evolutive della persona. Inevitabilmente.
Capillare il dato emerso da un’indagine effettuata dall’Istat negli anni 1987-91 (la rilevazione rientra tra quelle comprese nel Programma statistico nazionale codd. IST 02067 e IST 02153 che raccoglie l’insieme delle rilevazioni statistiche necessarie al Paese) sulle condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari; il tasso di morbilità cronica per disturbi nervosi dei divorziati è il doppio di quello dei coniugati, con un valore del 62,2 per cento. I divorziati, inoltre, fanno maggiore ricorso a farmaci antidolorifici e antinevralgici rispetto ai coniugati. Altre ricerche, eseguite sempre in Italia, hanno messo in luce una differenza consistente anche per quanto riguarda i ricoveri classificati come disturbi psichici.
I dati diventano ancor più drammatici rapportati ai bambini che crescono con un solo genitore hanno il triplo di probabilità, rispetto agli altri, di andare male a scuola, e il doppio di soffrire di disturbi psichici («International Journal of Law, Policy and the Family», 1998). Il senso dell’iniziativa promossa dal Forum non vuole certamente scoraggiare i promessi sposi ma affrontare una serie di argomentazioni, nell’immaginario collettivo inesistenti, per rendere i matrimoni più consapevoli ; un modo per “ostacolare” i matrimoni per qualcuno. Per altri un tentativo di evitare quelli tempo determinato, e relative conseguenze.
13 commenti a Il Forum della Famiglia e la prevenzione da divorzio e separazioni
E pensare che il mio sogno è di sposarmi e avere molti figli…
Sono contento che anche le istituzioni laiche non abbiano lasciato sole quelle cattoliche nel prevenire questi mali.
Non capisco bene dove volete andare a parare, se non sto più bene con mia moglie o viceversa che devo fare, continuare a vivere infelice?
Il problema è un altro, perché ci si separa così facilmente? Forse ci si sposa troppo in fretta? Si “brucia” il piacere del conoscersi durante la convivenza?
Magari dovremmo cambiare il modello sociale del matrimonio, per evitare ai figli almeno i disagi causati dalle difficoltà finanziarie?
Proposte?
Io penso che regni l’ipocrisia anche tra partner, non sono i vestiti bianchi e i fronzoli che fanno la coppia, ma un unità di intenti e responsabilità, ma ovvio che se non va, non va, e in questo caso salviamo il salvabile e non forzature.
Innanzitutto smontiamo la bufala della convivenza, è certificato che aumenta le probabilità di divorziare e vivere un amore qualitativamente peggiore (oltre che maggiori tassi di abuso fisico per le donne):
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23237180
https://www.uccronline.it/2012/05/08/convivere-prima-del-matrimonio-aumenta-il-rischio-di-divorzio/
http://www.esrc.ac.uk/_images/US_Summary_of_first_findings_spreads_tcm8-14755.pdf
Anche prima della legge del divorzio ci si poteva lasciare, ovviamente. Il problema che una legge del genere aumenta il fenomeno perché smette di esserci un deterrente.
Le proposte sono già contenute nelle iniziative descritte nell’articolo come in quelle realizzate in molte diocesi: preparare meglio i giovani al matrimonio, insegnarli il coraggio di prendere posizioni non a tempo limitato e sopratutto smetterla di dare ascolto alle posizioni secolarizzate che chiedono un amore slegato dal rapporto e dall’impegno reciproco e minano la realizzazione e il sostengo dell’unico tipo di famiglia che può davvero essere la cellula della società.
Come ha detto Woody85, la separazione era permessa anche in assenza di una legge sul divorzio. Anche la Chiesa accetta la separazione (pur mantenendo l’indissolubilità) in casi gravi; ad esempio, una donna che riceve percosse DEVE lasciare il marito e denunciarlo.
Vi è poi la via del riconoscimento di nullità, previsto anche questo anche dalla Chiesa. Anche qui è stata fatta molta disinformazione…il costo per la “sacra rota” è di 500€, con possibili riduzioni fino a 250€. Ovviamente è possibile ottere il patronato gratuito per i meno abbienti (…molto meno di un divorzio consensuale). L'”annullamento” ecclesiastico, per il Concordato, scioglie anche il matrimonio civile
Non dovrei dirlo… ma basta un patto prematrimoniale, firmato dai coniugi e custodito da un amico (oppure ci si può auto-spedire una lettera sigillata con il timbro postale che fa fede per la data). In questo caso, la nullità del matrimonio religioso è certa… ma basta ancora meno, una lettera ad un amico o parente dove si esprimono i propri dubbi sul matrimonio del tipo: “mi sposo solo per farla contenta”, “mi hanno forzato i genitori”, etc. …Se poi si trova qualcuno pronto a testimoniare, non serve neppure la lettera (…magari qui servono i soldi, soprattutto se la testimonianza è falsa!). Ovviamenente, tralascio i commenti relativi alla moralità di queste azioni, ma questi sono problemi di coscienza ed ognuno se la vedrà con la propria…
Lei poi chiede delle proposte…
Impegno e pazienza. La vita di coppia si costruisce giorno per giorno con costanza… si deve rinuncire all’io e ragionare sempre con un noi… non è per nulla facile, soprattutto quando la società, come detto da altri, ci spinge all’ideologia dell’IO. Anche Gesù ammise che è difficile (per questo servono le grazie del sacramento!). Inoltre, la temuta frase di Dio, “non separi l’uomo ciò che Dio ha unito”, io l’ho sempre letta come una promessa. Io Dio garantisco la vostra unione e la difendo contro chi la vuole scioglire… e tante sono le persone che vorrebbero vedere “scoppiare” matrimoni felici: invidie, rancori, gelosie, etc. sono sempre presenti.
Quello che conta è comunque avere un progetto di crescita insieme. Non si nasce “imparati”, si capisce giorno per giorno come amere il proprio coniuge. Per questo sono inutili le prove di convivenza: la vita è sempre diversa e tra 5 o 10 anni non saremo quello che siamo oggi. Si deve quindi essere disposti a cambiare insime… Gesù dice che “i due saranno una sola carne”: non è solo un modo di dire, è la verità. Se non sono pronto a gioire delle giorie di mia moglie ed a soffrire delle sue sofferenze come le provassi dentro la mia persona il matrimonio è destinato a fallire.
Infine io e mia moglie abbiamo sempre cercato di seguire il consiglio di San Paolo: “non tramonti mai il sole sulla vostra ira”… a costo di fare l’alba, ci siamo sempre chiariti e pacificati. Inutile tenersi dentro rancori e recriminazioni, prima o poi il tappo salta e tutto va a rotoli. A volte la verità fa male, ma la menzogna ed il tradimento della fiducia del coniuge, ancora di più. ….e come si sentirà la moglie sapendo che le frustrazioni del marito sono state raccontante ad amici e parenti, prima che a lei?
Non mi sembra che l’articolo dica semplicisticamente che se non sto più bene con mia moglie devo continuare a vivere infelice.
Mi sembra che i punti toccati dall’articolo siano sostanzialmente tre:
1) Riconoscere l’aumento di divorzi e separazioni come piaga sociale e non come qualcosa di indifferente o che attiene esclusivamente alla sfera privata (su questo punto mi sembra che anche tu sia d’accordo).
2) Portare a conoscenza di un’iniziativa, rivolta anche a chi non sceglie il rito religioso, che mira ad arginare questo dramma attraverso un percorso di formazione prematrimoniale (anche su questo mi sembra tu possa essere d’accordo, visto che inviti a formulare proposte in tal senso).
3) Evidenziare come nella vita reale divorzi e separazioni siano ben lontani da quell’aura da mulino bianco che ci viene propinata dai media, ad esempio attraverso film e fiction, dove tutto viene affrontato in modo “civile” e “adulto”, dove tutti mantengono buoni rapporti con gli “ex” e i figli crescono felici in famiglie allargate (se su questo terzo punto non sei d’accordo, posso solo consigliarti di guardare meno televisione). 🙂
Non esistono scelte “inevitabili” se non in casi davvero rari, ed il matrimonio difficilmente rientra tra questi. Esistono scelte responsabili. Esistono celte che devono essere tanto più ponderate quanto più incidono sull’assetto della propria vita ed esistenza, sulla felicità propria ed altrui.
Approcciarsi al matrimonio senza essere davvero liberi e maturi porta al naufragio della vita coniugale, ed il diritto può limitarsi a mettere solo delle inadeguate pezze.
L’individualismo dilagante e l’idea che ogni decisione presa possa essere “azzerata” per poter ricominciare ad ogni bivio ha portato allo sfaldamento del tessuto familare e, consequenzialmente, sociale.
Siamo così impregnati di materialismo che la sublime ed antica pratica del discernimento è stata abbandonata dai più, e l’ “amore” (inteso come mera emozionalità) nella strutturazione di una famiglia ha preso il posto di concetti quali consapevolezza, dominio delle passioni, maturità affettiva ed umana, discernimento, responsabilità, progettazione, unità di intenti, condivisione, dialogo…
Bravo! L’individualismo è proprio la caratteristica principe della secolarizzazione che spinge appunto a tagliare i ponti con il passato e con la tradizione (“progressisti”), ed un uomo senza passato e senza tradizione è un uomo solo e fragile tanto quanto un albero senza radici.
Caro Dette Bugie… premesso che nei casi estremi vi è appunto la separazione, senza bisogno di legalizzare il divorzio, quando una coppia già sposata e che magari convive da anni “va male”, la cosa più sensata è cercare di capire perché, e non né separarsi né divorziare.
Il più delle volte, il che significa praticamente sempre, si scopre che si tratta di problemi che si possono risolvere con un po’ di umiltà, buona volontà, amore.
E le organizzazioni che possono aiutare sono moltissime, la scelta non manca.
Ma per separazione senza divorzio cosa intendi?
Una separazione fisica priva di obblighi da parte di un partner?
“Il più delle volte, il che significa praticamente sempre, si scopre che si tratta di problemi che si possono risolvere con un po’ di umiltà, buona volontà, amore.”
Questa affermazione è assolutamente contestabile per quanto mi riguarda. Al di là dei casi estremi, esiste una zona grigia di situazioni difficilmente sopportabili anche per i figli. Ad esempio, per la mia percezione personale, la violenza domestica all’interno dell’ambito famigliare costituisce gia un motivo necessario e sufficente per un divorzio.
Ora non ho idea di quanto sia diffusa su scala nazionale, ma la cosa mi colpisce da vicino perchè ho avuto a che fare con due casi: mia madre e mia sorella.
Mia madre, santa donna, non ha mai divorziato a causa mia o a causa di mancanza di coraggio, e ha sopportato fintantochè il vecchio non si è rammollito. Altro che risolvere.
Tanto per capirci la mia esperienza la classificherei zona grigia. Situazioni spiacevoli, ma non disagiate come quelle con cui mi sono dovuto confrontare superficialmente nell’ambiente dei servizi sociali.
Ora, per quanto riguarda l’aspetto delle ricadute sui figli non metto in dubbio che mediamente sia meglio crescere in un ambiente famigliare completo che non. È un’ovvietà alla quale avrei aderito senza neanche bisogno di studi sinceramente.
Però alla base non mi pare corretto come raffronto. Partendo dall’ipotesi’ (sbagliata?) che i matrimoni ‘felici’ siano numericamente superiori a quelli ‘infelici’ (zona grigia o casi estremi), risulta sbagliato confrontare gli effetti medi sui figli che vivono il divorzio rispetto a quelli che non lo vivono. Come ho detto prima, si arriva ad una tesi ovvia.
La domanda corretta: un figlio può trarne dei beneficio da un divorzio a partire da una condizione famigliare negativa come quelle sopracitate? I bisogni dei genitori devono valere 0 rispetto a quelle dei figli? Ovvero i figli prima di tutto?
Sempre parlando della mia esperienza personale, ho sviluppato alcuni dei problemi citati nell’articolo. Sono sempre andato male a scuola, dalle elementari fino agli ultimi anni delle superiori, ovvero quando grazie alla sopragiunta maturità ho saputo emanciparmi dal perenne conflitto che mi toccava sopportare in casa, peraltro allentatosi grazie all’età che si faceva sentire sul vecchio. Inoltre ho sempre sofferto di lievi disturbi di personalità: ansia in primis, attacchi di panico e profonda insicurezza. Per cui l’ulteriore domanda che mi pongo è: non è che i problemi che citati sono da imputare, non solo al divorzio, ma proprio al vissuto stesso che tocca ai figli di genitori che divorziano? Nel senso sono inevitabili divorzio o meno. E se fossero riducibili attraverso il divorzio?
Ricordo ancora la serenità che avevo quando ci si trasferiva dalla nonna per qualche settimana dopo violente litigate finite in strada, con tanto di vicini che spiavano dalle veneziane. Ancora sento la vergogna.
Le mie sono semplici domande/congetture. Ho poche certezze ma di pancia credo cancellare il divorzio mi sembra una soluzione troppo radicale ed un po’ semplicistica rispetto alla realtà.
Saluti, spero di essere comprensibile perchè sono reduce da una notte in bianco causa scrittura tesi.
PituraFreska
Le domande che poni sono legittime e aprono ad una discussione complessa che, per questioni di tempo e per i limiti del “mezzo”, non sono adesso in grado affrontare con la dovuta precisione.
Mi limito a snocciolare soltanto alcune considerazioni.
“Ma per separazione senza divorzio cosa intendi?
Una separazione fisica priva di obblighi da parte di un partner?”
La separazione è un rimedio previsto tanto dall’ordinamento giuridico civile, quanto da quello canonico, che mira ad allontanare i coniugi in presenza di situazioni che rendano intollerabile la convivenza. Di fatto cessa la coabitazione ma il vincolo coniugale resta in piedi (seppur “affievolito”).
Tale rimedio non incide sul vincolo tanto per l’ordinamento giuridico, quanto (a maggior ragione) sotto il profilo sacramentale.
Il divorzio esiste soltanto nell’ordinamento civile: con esso il vincolo matrimoniale viene meno e si ritorna allo stato “libero”, per cui ci si può risposare. Ovviamente questo non vale sotto il profilo canonico, in quanto il vincolo sacramentale è indissolubile.
La separazione nasce per dare un tempo di pausa e di riflessione ai coniugi, nella prospettiva di una ripresa della convivenza una volta venuti meno (ove possibile) gli elementi di conflitto, ma è innegabile che oggi l’istituto sia nella maggior parte dei casi l’anticamera del divorzio, con il tentativo di conciliazione innanzi al presidente del tribunale ridotto ad una farsa e con un’interpretazione dottrinale e giuriprudenziale che nel corso degli anni ha esaltato il profilo individualistico, per cui i fattori che, ai sensi dell’art. 151 cod. civ., giustificano la domanda di separazione (intollerabilità della convivenza o grave pregiudizio per l’educazione della prole) sono sfumati nella mera volontà di uno solo dei coniugi di separarsi.
Insomma, qualunque motivo giustifica la separazione (il semplice fatto di non amare più il proprio coniuge è causa di “intollerabilità della convivenza” e nessun sindacato sul punto è concesso al giudice).
E questi sono gli effetti della percezione dell’istituto non come RIMEDIO cui ricorrere in ultima istanza, ma come POSSIBILITA’.
Posso cambiare marito/moglie? Lo faccio!
Ciò che dovrebbe premere alla collettività non è mettere la pezza della separazione e del divorzio a situazioni spesso intollerabili ma fornire a chi si approccia al matrimonio supporto e “educazione” allo stesso.
Cavolo, com’è che per diventare professionisti o per acquistare competenze nell’ambito lavorativo, artistico, sportivo, economico e via dicendo occorre studiare, sbattere la testa, soffrire, cadere e rialzarsi, impiegare taaaaaanto tempo e taaaaaante risorse, mentre per costruire il luogo della propria realizzazione umana ed affettiva basta semplicemente cavalcare l’emozione dell’innamoramento?
L’innamoramento, come arriva se ne va; l’amore è atto di volontà. E hai detto bene di tua madre: “santa donna”!
Se i tuoi genitori divorziavano come sarebbe andata? Magari con te in tenera età… Comunque in bocca al lupo per la tesi.
Mi pare evidente che nel tuo caso, quando si parla di “Il più delle volte, il che significa praticamente sempre, si scopre che si tratta di problemi che si possono risolvere con un po’ di umiltà, buona volontà, amore.” non ci si riferisce al comportamento di tua madre, ma evidentemente di tuo padre che sembra proprio mancare di amore, buona volontà e umiltà.
Ma la soluzione a tutti i male è il divorzio, non applicarsi invece affinchè “amore, buona volontà e umiltà” siano ingredienti fondanti di un matrimonio…