Le neuroscienze decretano la fine del libero arbitrio?
- Ultimissime
- 13 Gen 2012
di Michele Forastiere*
*professore di matematica e fisica
Prenderò spunto da un recente articolo di Eddy Nahmias, intitolato “Is Neuroscience the Death of Free Will?” (“Le neuroscienze sono la morte per il libero arbitrio?”), per affrontare la questione del libero arbitrio – un’impresa, per la verità, in cui da tempo mi ero ripromesso di imbarcarmi. Nahmias, professore associato presso il Dipartimento di Filosofia e l’Istituto di Neuroscienze della Georgia State University, inizia col constatare la crescente diffusione dell’idea che le ricerche neuroscientifiche dimostrerebbero, in maniera ormai inequivocabile, l’illusorietà del libero arbitrio. C’è addirittura chi è sicuro che ogni comportamento dell’Uomo possa essere spiegato mediante il funzionamento meccanicistico di uno o più circuiti neuronali. Niente di nuovo sotto il sole: si ricorderà che questa posizione è sostenuta anche dal “nostro” Edoardo Boncinelli (cfr. Ultimissima 14/9/11).
Intanto è bene sottolineare che un’idea del genere – se fosse realmente confermata – non sarebbe priva di importanti conseguenze pratiche. In particolare, se il libero arbitrio fosse morto, allora anche la responsabilità morale e legale sarebbe moribonda. Lo sostiene l’analista legale del New York Times, Jeffrey Rosen, che dice: “Dal momento che il comportamento è causato dal nostro cervello, ciò non significherebbe che ogni azione potrebbe essere potenzialmente scusata?”. Torna alla mente la notizia, riportata qualche mese fa dal Corriere della Sera, del riconoscimento di una peculiare attenuante in un delitto: la presenza di “alterazioni in un’area del cervello che ha la funzione di regolare le azioni aggressive”. Come dire che l’azione criminale sarebbe stata determinata (almeno in parte) da un inesorabile meccanismo biochimico, e non direttamente dalla volontà dell’imputata. Detto in altri termini, se la capacità di discriminazione è solo l’effetto di una serie di scariche elettrochimiche nei neuroni… ebbene, nessuna azione, nessun pensiero, nessuna decisione si possono definire “liberi” e “volontari”: facciamo quel che facciamo perché non possiamo fare altrimenti.
A questo punto sarebbe necessario aprire un discorso più generale sul determinismo causale, secondo cui ogni cosa che accade è inevitabile, non importa ciò che pensiamo o proviamo a fare. Limitandoci per il momento alla sua applicazione al funzionamento della mente umana, è facile capire che esso costituisce la negazione del libero arbitrio: se le nostre decisioni non sono altro che reazioni chimiche, allora il nostro pensiero conscio viene costantemente scavalcato da ciò che il cervello meccanicamente fa – così che ogni nostra azione si può ritenere di fatto involontaria. Nahmias, però, pensa che, anche nel caso in cui le neuroscienze e la psicologia fossero in grado di stabilire la verità del determinismo – cosa che ritiene improbabile – ciò non implicherebbe che il pensiero conscio venga effettivamente scavalcato. Tutto sta nel definire correttamente l’esercizio del libero arbitrio come uso efficace delle capacità di decisione consapevole e di autocontrollo. È chiaro che questa è una definizione pragmatica, che non dice nulla sul presunto determinismo di fondo della realtà (su questo torneremo più avanti); però è in grado di stabilire un punto importante, e cioè che la responsabilità personale di ogni atto che implichi decisioni moralmente rilevanti non può essere in nessun caso annullata.
Vediamo brevemente su quali basi Nahmias poggia la sua convinzione. È vero – dice – che alcuni esperimenti sembrano suggerire che le capacità di decisione consapevole siano escluse dalle catene causali che producono le nostre decisioni e azioni; in particolare, è vero che le neuroscienze mostrano che il nostro cervello prende certe decisioni prima che ne siamo consapevoli. In effetti, però, gli esperimenti riguardano tutti decisioni rapide e ripetitive, per le quali era stato detto ai soggetti di non pianificare l’azione, ma di aspettare l’insorgere di un forte stimolo a compierla. L’attività neurale precoce misurata, dunque, corrispondeva molto semplicemente a stimoli elementari che precedevano la consapevolezza conscia. D’altra parte, questo è ciò che dobbiamo ragionevolmente aspettarci in corrispondenza di decisioni semplici e ripetitive! Se, infatti, fossimo costretti a riflettere consapevolmente su ogni nostra azione, saremmo degli inetti a vita: saremmo perenni principianti alla guida, incapaci di parlare, scrivere, ballare, suonare uno strumento. È chiaro che l’attenzione conscia, relativamente lenta e laboriosa, è richiesta quando si apprende una qualsiasi attività; dopo è sostituita da processi neurali inconsci, molto più rapidi, in cui la consapevolezza gioca esclusivamente un ruolo di controllo a posteriori. È altrettanto chiaro, però, che essa è indispensabile nelle questioni importanti, quando per esempio è necessario giudicare o pianificare. Ebbene – ribadisce Nahmias – le neuroscienze e la psicologia non forniscono alcuna prova del fatto che la consapevolezza cosciente non intervenga in quel genere di decisioni: anzi, esistono prove concrete che indicano esattamente il contrario.
Secondo Nahmias, dunque, le indagini neuroscientifiche dovrebbero partire dall’assunto che le attività di decisione consapevole e di pensiero razionale siano svolte da complicati processi cerebrali, dopodiché potrebbero procedere a valutare se quei processi abbiano o non abbiano un ruolo causale nell’azione. In realtà, egli ritiene assai improbabile che i futuri sviluppi delle neuroscienze riusciranno a dimostrare la seconda possibilità: vorrebbe dire che quei processi cerebrali non sono di nessuna utilità pratica – anzi, sono sostanzialmente dannosi, considerata la notevole quantità di energia necessaria al loro funzionamento. Detto in altri termini, in quel caso l’autocoscienza si rivelerebbe essere poco più di un inutile accessorio, evolutosi per puro caso con l’unica funzione di permetterci di osservare ciò che facciamo dopo il fatto, piuttosto che per affinare le nostre procedure decisionali e migliorare il comportamento. In conclusione, Nahmias osserva che non c’è dubbio che i nostri processi cerebrali consci siano troppo lenti per intervenire ogni volta che si flette un dito per battere al computer; ma fin tanto che essi fanno la loro parte nel decidere quali idee scrivere, possiamo affermare che non sono un’appendice superflua, e che il libero arbitrio non è scavalcato da ciò che il cervello fa.
A questo punto, direi che si possa tranquillamente rispondere alla domanda iniziale con un “no”: le neuroscienze non decretano la fine del libero arbitrio – quanto meno nell’accezione pragmatica qui proposta. Questo, però, non risolve il problema generale del determinismo causale cui accennavo prima. Insomma, se anche il complesso delle funzioni cerebrali che presiedono alla decisione consapevole dipende, in ultima analisi, da meccanismi elettrochimici neuronali, si può continuare a parlare di libero arbitrio in senso proprio? In altre parole, posso dire di decidere davvero liberamente, se la mia stessa autocoscienza non è altro che il risultato di una concatenazione di reazioni chimiche, la cui consequenzialità è tanto inevitabile quanto la caduta di un sasso lungo un pendio?
Credo proprio che questo argomento meriti una trattazione ampia e approfondita… che proveremo ad affrontare in un prossimo articolo.
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234 commenti a Le neuroscienze decretano la fine del libero arbitrio?
Grazie Michele per l’articolo.
Come già ho detto in altri interventi siamo ancora agli inizi. E proprio questo il bello. C’è sempre qualcosa di nuovo dietro l’angolo. Questo rende stimolante la vita.
Ti ringrazio anch’io, Michele, per lo stimolante articolo e per gli interessantissimi esperimenti recenti di cui ci hai aggiornato. Spero che tu pubblichi presto la seconda puntata che ci hai promesso, perché a questo punto hai creato in me, ma penso anche negli altri lettori, una suspence come avviene nei film più avvincenti!
Intanto ti vorrei chiedere, sempre che la risposta non sia contenuta nel tuo prossimo articolo: ammesso che ci sia una corrispondenza biunivoca tra gli stati dell’autocoscienza “consapevole e razionale” da una parte e reazioni chimico-fisiche dall’altra, poiché in questo caso di consapevolezza attenta e perdurante non si possono effettuare e replicare esperimenti di misura dei tempi per distinguere cause ed effetti, come potremmo scientificamente stabilire se “l’autocoscienza non è altro che il risultato di una concatenazione di reazioni chimiche” o non siano invece, all’opposto, le reazioni chimiche il risultato di una concatenazione di stati di autocoscienza?
la domanda che poni mi pare che sia il problema di fondo della questione. secondo me anche mettendosi nel paradigma del determinismo causale, e assumendo la possibilità teorica di realizzare esperimenti cruciali in tal senso, un qualunque approccio meccanicista dovrebbe ricondurre i meccanismi neuronali ad una descrizione elementare (quanto meno sub-molecolare) dei fenomeni. ma a livello elementare ci dovrebbe imbattere, inesorabilmente, nel problema dell’indeterminazione quantistica. in quest’ottica, qualunque azione di autocoscienza verrebbe ricondotta a meccanismi-base intrinsecamente inconoscibili (se non in maniera probabilistica) dal pdv di un approccio deterministico. resterebbe ampio spazio per il libero arbitrio.
“Some philosophers – Robert Kane, and, famously, Karl Popper and John Eccles – have held out hope that quantum indeterminacy, the randomness at the level of the universe’s finest grains, could rescue true freedom.
Prof Haggard is dismissive. “No one wants to be told they’re just a machine. But there is simply nothing approaching convincing evidence for the quantum view. Popper and Eccles proposed that free will was due to quantum indeterminacy in the chemical messages that communicate between neurons.
“But none of that happens at the quantum level. From a physics point of view, it’s macro-level.” Besides, quantum activity is purely random, and randomness gives you no more freedom than determinism does.
questa è la visione del prof Haggard proprio su questa tua interpretazione, lui sembrerebbe sostenere che tutto si svolga ad un livello più macro in cui l’indeterminazione dei meccanismi di base non ha impatti.
Personalmente non sono abbastanza preparato in materia per giudicare la validità della sua posizione. Ma credo che una realtà di base sufficientemente complessa sia perfettamente compatibile con un libero arbitrio, almeno percepito, al livello d’astrazione a cui viviamo (il livello in cui tutti i micro fattori chimici e fisici in ambito, non ci sono presentati dal nostro cervello se non in forma più aggregata ed astratta).
Direi che quando scegliamo di fare una cosa probabilmente facciamo comunque la cosa che riteniamo più logica o più sensata o più piacevole secondo una serie di criteri che a basso livello sono rappresentati e codificati in qualche forma fisico/chimica all’interno del nostro cervello.
Caro Andrea, ha ragione: l’indeterminismo quantistico (come è comunemente inteso) sarebbe tanto nemico della libertà quanto il determinismo “alla Laplace”. Il problema, però, potrebbe anche non essere tanto facilmente rimovibile quanto sembra suggerire il prof. Haggard.
Conto di affrontare – come meglio potrò – la difficile questione del rapporto determinismo/indeterminismo (in particolare in relazione alle implicazioni della visione quanto-meccanica) nel prossimo articolo.
Per il momento la saluto cordialmente
Ottimo, grazie della risposta.
Saluti.
in effetti è il tipo di risposta che mi aspetterei, ma non è così semplice. il fatto che i sistemi neuronali siano macroscopici non è sufficiente a dimostrare che il loro funzionamento sia descrivibile in maniera deterministica e self-consistent (a meno che non lo si dimostri, ovviamente). si possono fare esempi di sistemi macroscopici il cui comportamento è attivato, e quindi governato, da processi quantistici. trovo debole anche questa espressione “Besides, quantum activity is purely random, and randomness gives you no more freedom than determinism does.. la randomness implica l’esistenza di una legge probabilistica (distribuzione di probabilità) osservabile -e osservata- collezionando un gran numero di eventi aleatori, ma sul verificarsi o meno singolo evento non puo’ dire nulla. insomma la freedomness c’è eccome.
E’ possibile che tu abbia ragione. Ma, se devo dirtela tutta, c’è comunque qualcosa che mi puzza, e non poco. Penrose parlava della “Quantum Consciousness”, e non era il solo. Monod scaricava l’origine delle mutazioni casuali nel moto imprevedibile degli elettroni. Sembra proprio che l’indeterminismo subatomico sia una vera e propria discarica abusiva di tutti i processi naturali (o meno) che ancora non riusciamo a spiegare, li buttiamo lì, sperando che la nostra ignoranza sul moto di queste microscopiche cariche negative sia il motivo per cui ancora non sappiamo tutto sul mondo. Non mi sembra un bellissimo servizio alla causa del metodo scientifico.
in effetti non difendo questo argomento, la mia è solo una riflessione molto semplice su cui esistono studi (su cui mi dichiaro ignorante) molto più approfonditi di così. però è importante dire che l’indeterminazione quantistica, a quanto ne sappiamo, è una proprietà ineliminabile della natura con cui dobbiamo in qualche modo fare i conti.
Caro Giorgio, conto di affrontare la questione cruciale che tu sollevi nel prossimo articolo (o prossimi articoli; ci sto lavorando, ma la materia è talmente affascinante che merita di essere trattata per bene). Anticipo che, allo stato attuale delle conoscenze neurologiche, la faccenda non è stata affatto risolta (anzi, pare proprio che difficilmente le neuroscienze da sole potranno fornire una risposta definitiva in futuro); ciò non di meno, si intravedono già degli schemi teorici che potrebbero risolvere il problema in maniera assai interessante… ma questo lo vedremo nella prossima puntata! :;
Approfitto per ringraziare della squisita attenzione tutti i partecipanti alla discussione!
Un cordiale saluto
Come sempre leggo gli articoli del prof. Forastiere con interesse e profitto 🙂 Devo dire che ha dato delle basi più scientifiche a ciò che già pensavo, quindi non posso che ringraziarlo per il tempo che mette a nostra disposizione, e per la sempre ottima qualità dei suoi articoli! 🙂
Complimenti anche da parte mia. È un piacere leggere articoli come questo.
Anche se l’ho già scritto poco sopra, lo voglio ribadire: grazie veramente di cuore a tutti! Poi lasciatemi dire che in realtà siete proprio voi che rendete interessante (direi quasi “vivo”) un articolo con le vostre riflessioni! 🙂
Un caro saluto
Sinceramente credo che alla fine di tutto questo lavoro delle neuroscienze si tornerà da capo.
Ahahah, proprio vero, caro Ottavio!
E’ un po’ come il Big Bang…Grossatesta lo aveva già postulato nel 1200, dopo la sbandata sullo stato stazionario si è ritornati a dare ragione ai primi teologi.
Professore le porgo i miei migliori Saluti.
Non occorre un genio assoluto per constatare l’assoluta importnza del “Mondo della chimica e della fisica”nel nostro cervello e nei nostri comportamenti ecc.Preoccupa moltissimo il continuo utilizzo da parte di una certa scienza,al fine di voler in qualche modo assolvere (anche a fini politici) fior fiori di criminale addossandone le colpe a CAUSE NON DIPENDENTI DALLA LORO “VOLONTA”.Si potrebbe arrivare al definitivo trionfo del PERDONISMO (purtroppo di chiara origine cattolica,nonchè pseudolaica),sperando solo nell’onestà dei Giudici.Ai quali forse verrebbe lasciata una ultima decisione.In questo modo “scientifico”potremmo risolvere anche l’affolamento attuale delle carceri.E per quanto riguarda il caso italiano i Radicali “hanno ragione”perchè non è stato speso un solo euro per nuove carceri.
Saluti anche a lei, caro amico Zappatore! 🙂
Prossimo articolo ma non troppo prossimo…mi raccomando 😉
Ce la metterò tutta! 🙂
Ancora una volta si parla di libero arbitrio, ma non si dice chiaramente cosa si intende con questa espressione. Vediamo.
1. Avere il “libero arbitrio” significa che trovandomi in una determinata situazione potrei compiere la azione X oppure – indifferentemente (questo è il punto) – compiere la azione Y diversa o addirittura opposta alla azione X.
D’accordo su questa definizione?
Bene, se siete d’accordo, la conclusione da trarre è che il mio comportamento è aleatorio. Le mie azioni infatti avverrebbero semplicemente “con me” e non “a causa di me” (espressione sgrammaticata che pero’ rende bene l’idea). Ogni mia azione dipenderebbe quindi dal caso e di conseguenza io non sarei responsabile di ciò che faccio.
2. A questo punto sorge immediatamente la solita (facile) obiezione. Anche nel caso in cui il mio comportamento fosse determinato da qualcosa di esterno e/o interno a me (ad esempio dai motivi e dal mio carattere) io non sarei responsabile di ciò che faccio.
Obiezione respinta. Io so di essere responsabile delle mie azioni, perché per esperienza so che in ogni situazione io avrei potuto agire diversamente “se solo fossi stato un altro”. La mia responsabilità quindi non sta nel mio agire ma nel mio essere, non in ciò che io faccio ma in ciò che io sono.
3. Se siete d’accordo anche su questo secondo punto (dubito) ho ora io una obiezione da fare ai credenti. Se tu credi di essere stato creato (non semplicemente generato) la responsabilità di ciò che tu sei è tutta di chi ti ha creato.
A questa obiezione spero che nessuno mi risponda (ammesso ovviamente che qualcuno ne abbia la voglia) che siamo stati creati si ma “dotati di libero arbitrio”, (sarebbe una banale petizione di principio e il discorso – per quanto mi riguarda – finirebbe li).
Sì, in effetti come logica non fa una piega, si potrebbe fare anche il paragone tra la consapevolezza di un genitore e quella di un bambino, come quella tra Dio (il Padre) e l’uomo (il figlio). Sappiamo infatti che la responsabilità giuridica di un figlio minorenne ricade proprio sui genitori, proprio per l’insufficiente consapevolezza del primo rispetto agli ultimi. Paradossalmente invece nell’AT avviene spesso il contrario, ovvero la colpa dei padri ricade sui figli, e se vogliamo, avviene così anche nel peccato originale (la colpa di Adamo ricade su tutta la discendenza), anche se quest’ultimo si può spiegare dicendo che la condizione esistenziale di Adamo era affatto diversa di quella di un uomo, ovvero che Adamo non era un uomo (lo so che può apparire contraddittorio, ma se ci pensiamo abbiamo lo stesso problema, anche se rovesciato, nella teoria evolutiva dell’uomo che discende dall’ominide).
Qualcuno potrebbe anche spingersi oltre, ovvero che la proibizione di consumare la mela fu fatta proprio per spingere l’uomo (o meglio la donna) a consumarla, come quando si intima ad un bambino di non mangiare un cioccolatino, è matematica la conseguenza che, non appena gli si volti le spalle, quello non resiste e se lo pappa in un boccone. A questo proposito ho visto un film in cui un uomo portava in casa di una famiglia (padre, madre e figlio) una scatola con un pulsante sotto vetro, dicendo che se avrebbero schiacciato quel pulsante il giorno dopo gli avrebbe regalato un milione di dollari in contanti, ma che quell’azione (di premere il pulsante) avrebbe anche comportato l’omicidio di uno sconosciuto. E’ ovvio che alla fine il pulsante venne premuto e proprio dalla donna. Ma siamo certi che lo premette solo per i soldi e non forse solo per la curiosità di vedere quello che sarebbe successo?
Ma come sappiamo la logica non può spiegare tutto, a maggior ragione le questioni di fede.
Parli di The Box? Che film inquietante… dal regista di Donnie Darko mi aspettavo di meglio 🙁
Sì infatti, fa proprio schifo. E poi è forse l’unico film in cui Cameron Diaz non sorride nemmeno una volta. Ricorda tanto certi film di Harrison Ford in cui il noto attore assume sempre l’espressione da “cane bastonato”.
Non è necessario che Cameron Diaz sorrida. Basta che si faccia vedere in tutto il suo splendore. 😉
8-P
complimenti. mi avete rovinato il finale. Ero curioso di vederlo…
Almeno mettere SPOILER bene in mostra… 😉
In realtà, l’idea è di Eca de Queiroz, Il Mandarino cinese. Se il protagonista suonerà un campanello, uno sconosciuto mandarino in Cina morirà e il protagonista erediterà la sua immensa ricchezza.
C’era pure una commedia (meno cruenta) di Garinei e Giovannini (un Mandarino per Teo, no? o mi sbaglio?
Indifferentemente? Mah secondo me uno ci pensa prima di compiere un’azione, valutando le possibili conseguenze. Quello di cui tu parli è l’estrazione di una pallina da un’urna, non il libero arbitrio.
E tuttavia anche la tua stessa azione potrebbe essere una conseguenza di altre cause, perchè è ovvio che prima di compiere un’azione si deve essere in condizioni di compierla. E cosa ha determinato queste condizioni? Per es.: vado in pizzeria con gli amici e constato di aver bevuto troppo, poi quando esco valuto le conseguenze della mia azione di mettermi al volante e decido di far prendere un taxi. E’ riconoscibile quindi una catena causale precisa: pizza con amici -ubriacatura – prendo il taxi. Ma perchè la mia ubriacatura dovrebbe essere una libera scelta? Siamo certi che non ci sia una causa anche per quella? Per es. mi molla la fidanzata – mi consolo con gli amici – mi ubriaco per non pensare – prendo il taxi. Ma perchè mi ha mollato la fidanzata? E così, si potrebbe andare avanti all’infinito… Qualcuno sostiene che l’illusione del libero arbitrio sarebbe dovuta all’ignoranza delle cause che ci fanno compiere determinate azioni e non altre.
Alla fine la maggior dimostrazione del libero arbitrio è data proprio dal capriccio fine a se stesso, sempre che esista.
Se non esiste il libero arbitrio, allora tutto ciò in cui crediamo è fuffa, perchè non saremmo più liberi di seguire Dio con la nostra anima ma lo faremmo solo per una catena di cause da noi non controllabili.
Dio può illuminare la via, ma l’uomo può sempre chiudere gli occhi davanti ad essa…
Infatti GiuliaM io credo nel libero arbitrio…
Francesco
Indifferentemente, si.
Infatti lo chiamavano anche “liberum arbitrium indifferentiae”
E poi, se proprio vogliamo essere pignoli, avere il libero arbitrio significa poter ragionare con la propria testa sulle mie azioni, ovvero valutarne le conseguenze e le implicazioni, senza che l’azione da me compiuta sia già stata decisa o prevista da qualcuno o qualcosa. Dalla definizione che hai dato tu sembra che l’uomo per scegliere un’azione faccia la conta tanto è indifferente la scelta dell’azione. Che cosa voglia dire che le azioni avvengono “con me” non è molto chiaro, in quanto prima di compiere un’azione io la penso e la decido, l’atto vero e proprio arriva dopo, quindi a causa di me. In più se le mie azioni fossero determinate da qualcosa di estraneo a me è palese che io ne sia deresponsabilizzato, perché in quel caso non sarebbe un azione venuta dalla MIA volontà intrinseca, per cui non avrei potuto oppormici. Se io compio l’azione X “costretto” dal destino non ha senso che io ne sia responsabile, tanto non avrei potuto fare altrimenti perché non l’ho deciso io. Laio ha provato a non far nascere Edipo e ad allontanarlo da casa sua, ma alla fine lui l’ha ucciso lo stesso e ha sposato Giocasta.
Scusate, “è palese che ne sarei”, perdonate l’errore pessimo 😉
Assolutamente no.
Libero arbitrio significa che, messo di fronte alla scelta se fare o non fare ciò che è giusto, io posso scegliere entrambe le alternative.
Non esistono il bene ed il male, esiste solo i bene: Il male è semplicemente la scelta di non fare il bene.
Il libero arbitrio, come narrato nella genesi, è una caratteristica del solo essere umano.
L’oceano, quando provoca un maremoto, lo fa in base alle leggi che regolano la dinamica dei fluidi e non può comportarsi diversamente.
Un leone, quando ammazza i cuccioli di un altro leone, lo fa in base al proprio istinto di procreazione, e non può comportarsi diversamente.
Un uomo, quando ammazza un altro uomo pur sapendo che la vita dell’altro non gli appartiene, sceglie di comportarsi in modo diverso da come dovrebbe comportarsi: sceglie in base al libero arbitrio.
Credo che le neuroscienze stiano oggi cercando di parificare l’uomo agli altri animali, dimostrando che anche lui agisce in base all’istinto.
Quoto in pieno Lorenzo 🙂
Anch’io quoto, soprattutto l’ultima frase!
Lorenzo
purtroppo mi stai dicendo che:
“il libero arbitrio è poter scegliere” di fare X o Y
….. “scegliendo in base al libero arbitrio”.
Perchè in base a cos’altro potresti scegliere liberamente?
No, libero arbitrio è volere o non volere fare x, volere o non volere fare y, non e la scelta tra x ed y.
Volere è una cosa. decidere un’altra. Volere o non volere X o Y è indecisione. Scegliere di fare X invece di Y è arbitrio, è decisione. Il punto è: in base a che cosa viene presa la decisione, se l’arbitrio è libero?
Non capisco il senso della domanda… Per libero arbitrio si intende la possibilità (capacità) dell’essere umano a compiere scelte in modo cosciente e volontario, senza alcuna predeterminazione. Con questo si intende “libertà” nell’arbitrio (nella scelta).
Tu chiedi in base a cosa viene presa la decisione? In base a criteri personali che un soggetto utilizza. La decisione di andare al mare quest’estate viene presa in base all’esigenza (non determinstica, ovviamente) del soggetto di avere un momento di relax dopo che ha scelto liberamente di affaticarsi tutto l’anno nel suo lavoro.
Renato
Prima dici che il libero arbitrio è la possibilità di compiere una scelta, ossia di prendere una decisione, senza alcuna predeterminazione. Come definizione di libero arbitrio mi va bene (perché concorda con la mia).
Poi però dici che la scelta viene presa in base ai tuoi criteri personali.
Ma i criteri personali che tu adotti al momento di prendere la decisione sono qualcosa diverso dal nulla. Quindi qualcosa, una premeditazione diversa da zero, esiste al momento della decisione.
Il dilemma è abbastanza semplice da cogliere.
Tu sostieni di avere il libero arbitrio e di esercitarlo seguendo i tuoi criteri personali. Ma solo se i tuoi criteri personali al momento della decisione sono liberi di mutare (sono indifferenti) allora il tuo arbitrio è libero, altrimenti il tuo arbitrio è vincolato e condizionato da quei criteri.
Ma la scelta dev’essere comunque influenzata da alcuni fattori, l’importante è che non sia determinata (influenzata e determinata, occhio alla differenza).
Io posso scegliere liberamente se seguire questi criteri con cui scelgo, posso prenderne altri o posso scegliere di affidarmi all’istinto. I miei criteri personali sono un appoggio, ma non determinano le mie scelte. Tu non credi in Dio e quindi, dato questo criterio personale, hai scelto di criticare alcuni punti di vista su un forum di credenti. Ma avresti potuto benissimo ignorare il tuo criterio personale (ateismo) e andare su un forum di non credenti ad insultarti. O no?
Se la tua obiezione invece è: l’uomo esiste in un contesto che si chiama “universo” e dunque le sue scelte sono determinate dal fatto che egli partecipa di questo contesto allora dimmelo subito che è inutile andare avanti.
Renato
e allora chiamalo arbitrio influenzato, ma non libero.
I criteri personali che influenzano ogni tua decisione sono piovuti dal cielo o li hai maturati personalmente? Personalmente, suppongo (e spero).
E come mai i miei criteri non sono i tuoi? Perché in me c’è qualcosa di diverso che in te. Vogliamo chiamarlo carattere individuale? Ecco allora che (a parità di motivi esterni) le mie decisioni sono diverse dalle tue perché i nostri caratteri sono diversi.
Il mio arbitrio dipende (anche) dal mio carattere individuale, il tuo arbitrio dal tuo. Libero non è né il mio né il tuo.
Certo, entrambi siamo liberi di fare quello che vogliamo, ma siamo liberi di volere quello che vogliamo?
Questo è il punto quando si parla di libero arbitrio.
L’influenza non pregiudica la libertà di scelta, ma è un suggerimento al massimo. Si può benissimo scegliere liberamente di non assecondare il suggerimento. Non c’è nulla di deterministico e quindi c’è libertà di scelta (libero arbitrio).
Io e te siamo influenzati da diversi criteri. Ma permane in entrambi la libertà di non farci influenzare da essi, come ho già detto. Il tuo argomento vale quanto quello di chi sostiene che tu in questo momento non sei “libero” perché sei chiuso tra quattro mura.
Sono libero di volere quello che voglio? Il punto non è affatto questo quando si parla di libero arbitrio, perché il punto è se sono libero di rifiutare quello che “sento” di volere. Io non sono per nulla libero dall’emozione: io mi emoziono (amore, commozione, timidezza, angoscia) indipendentemente dalla mia volontà. Ma sono libero di scegliere se farmi influenzare dall’istinto emotivo o meno nelle mie scelte.
In realtà questa netta separazione ed inconciliabilità tra emotività e razionalità sta sempre più scricchiolando. L’errore è aver creduto che la razionalità umana debba funzionare in base alla sola logica (vedasi importanza assegnata al test QI) o che l’emotività sia un errore ereditato dalla nostra componente primitiva e animale, da correggere con la razionalità: niente di più falso! Molte delle decisioni che consideriamo razionali debbono molto ai nostri centri emozionali, che spesso la sanno molto più lunga di qualsiasi ragionamento a vuoto. Anzi, senza questi meccanismi, che provengono dai nostri centri emozionali (molto più complessi e coinvolgenti di quelli razionali), la scelta sarebbe di fatto impossibile (non parlo a vanvera, sono risultanze di esperimenti eseguiti dal neuroscienziato Antonio Damasio).
E’ vero che un uomo totalmente in preda alla passione senza un adeguato controllo può perdersi, ma è anche vero che uno scienziato senza passione non diventerà mai un Einstein, né uno scultore un Michelangelo! Questi saranno condannati per sempre alla mediocrità. E nessuno di noi, credo, avrebbe voluto avere un padre e una madre anaffettivi.
Inoltre è inutile negare che, se vogliamo fare le percentuali, tra l’influenza emotiva e quella razionale nella vita di ciascun uomo, siamo circa 80% a 20%; e sono stato anche abbastanza ottimista sul valore assegnato alla razionalità. In definitiva la nostra è un’anima emotiva-razionale non scindibile e quindi il libero arbitrio deve riguardare entrambe le componenti.
E’ un’impressione fallace credere di essere liberi solamente nella ragione e mai nell’emozione: dipende dalle inclinazioni individuali e caratteriali. Questo semmai è il vero enigma, visto che nessuno si è scelto il carattere ed in generale la personalità; ci sono capitati esattamente come le caratteristiche fisiche.
Perfetto, esiste anche una terza opzione: non decidere.
La dottrina cattolica giudica però questa indecisione, questo non schierarsi né da una parte né dall’altra, questa ricerca del quieto vivere, quasi in modo peggiore che il decidere in modo sbagliato: “Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca.” (Ap 3.15-16)
Detto questo, proverò una risposta alla tua domanda: “in base a che cosa viene presa la decisione, se l’arbitrio è libero?”
Premesso che qui si parla della libera “facoltà di giudicare e operare secondo la propria volontà”, e che pertanto non vi rientrano tutte quelle scelte che compiamo quotidianamente quasi in modo automatico, non ritengo possano essere considerate esercizio del libero arbitrio nemmeno quelle scelte che non hanno alcuna implicazione morale o sociale.
Cercherò di spigarmi meglio facendo due esempi.
1- Debbo scegliere tra due marche di vino: a meno che non vi sia qualche interesse nascosto, la scelta dipende dal gusto, dalla tasca, dall’opportunità gastronomica. Non parlerei di libero arbitrio.
2- Sono un alcolizzato e, dopo un periodo di astinenza, mi trovo di fronte ad un bicchiere di vino: posso decidere di non berlo e di continuare a restare sobrio, oppure posso berlo e di ubriacarmi. E’ una scelta basata sul libero arbitrio e, le conseguenze che ne derivano, scaturiscono proprio dall’arbitrio che in tutta libertà ho esercitato.
Mi sono accorto che è saltata la risposta alla tua domanda.
La risposta alla tua domanda potrebbere allora essere un’altra domanda: In base a che cosa un alcolista sceglie di bere o non bere il primo bicchiere? Cosa passa per la sua testa quando decide quale opzione scegliere?
Non sono d’accordo con le conclusioni del punto 1 (e quindi con tutto il resto). Se io sono libero di scegliere X o Y, che io scelga X o Y è un evento aleatorio per tutti, eccetto che per me stesso. Io, dopo la mia decisione e prima dell’apparizione dell’evento scelto (che è aleatorio per gli altri) so con certezza se sarà X o Y.
Cmq, io non riuscirò mai a dimostrare a nessuno che non crede nel libero arbitrio che egli invece lo possiede, come nessuno potrà mai dimostrare a me che sono convinto di averlo che invece non ce l’ho. E’ una scelta esistenziale che appartiene ad ognuno.
Come nel più generale caso del naturalismo, osservo solo che tutti, anche coloro che non credono nel libero arbitrio, credono però nella responsabilità morale e legale delle scelte di un uomo, ed in ciò si contraddicono.
Lei non è d’accordo con ciò che intendo io per libero arbitrio.
Bene. Rimango in attesa di sapere cosa intende Lei per libero arbitrio.
In particolare: cosa determina una decisione? Se l’arbitrio è libero, non vedo altra risposta: nulla puo’ determinarla.
Ho detto di non essere d’accordo con le “conclusioni” della Sua definizione, non con la definizione. E’ il concetto di aleatorietà che non mi trova d’accordo. Cmq, ho aggiunto, io non potrò mai convincerLa di essere libero se Lei non si sente tale; così come Lei non potrà mai convincere dell’opposto uno come me, che si sente responsabile delle sue scelte e, anche quando fortemente condizionato, non scarica sui propri neuroni i propri errori.
Se la aleatorietà non Le va bene per chiarire il concetto di libero arbitrio, con cosa Lei propone di sostituirla?
Dobbiamo forse tirare fuori dal cassetto ancora una volta la parola “mistero”
che “spiega” moltissime cose in cui i credenti credono?
Le ho gia’ risposto sopra: libera volonta’ dell’Io. Cmq, lo ripeto x la terza volta, nessuno di noi due convincera’ mai l’altro. Io mi sento padrone delle mie decisioni, e Lei non e’ al mio posto; Lei non si sente libero? Io non posso confutarLa perche’ non sono al Suo posto.
Sommessamente aggiungo pero’ che tutti gli uomini di questa terra, finche’ convivono, non si pongono il problema filosofico perche’ lo danno per scontato: ognuno porta la responsabilita’ delle sue azioni.
Scusa Rolling ma perchè sarebbe banale come risposta? semplicemente non viene accettata. Se qualcuno mi chiedo a cosa servono gli occhi, non credo sia banale rispondere per vedere!!!! sè un Creatore vuole essere amato quale esso è deve per forza allontanare la creatura e fare in modo che esso lo riconosco nella libertà più totale senza vincoli
Il libero arbitrio deve essere considerato come un postulato necessario al funzionamento della società. Se non si ipotizzasse il libero arbitrio infatti non avrebbe alcun senso, ad esempio, il diritto penale in cui si distingue tra “colpa” e “dolo”, in quanto il dolo non potrebbe esistere. A livello più banale, come potrei offendermi per il comportamento scorretto di un’altra persona dal momento che quest’ultima agisce senza alcuna volontà propria? sarebbe come arrabbiarsi con un sasso perchè ci è caduto in testa.
Sono completamente d’accordo. Significa che in questo caso il postulato della società possa contraddire un postulato scientifico.
La distinzione tra colpa e dolo viene fatta sulla base di elementi e circostanze oggettivi e potrebbe benissimo continuare ad essere praticata. I concetti di volontà o intenzionalità resterebbero intatti, sia come categorie giuridiche che come connotazioni comportamentali, anche a prescindere dalle cause che li generano (es. presunte attività elettrochimiche a livello neuronale).
anche mettendo da parte la questione del libero arbitrio, quante volte dire si sente ad esempio che un tale killer è diventato tale a causa di carenze affettive o traumi infantili? questo non riguarda il libero arbitrio, ma sembra indica comunque circostanze de-responsabilizzanti…eppure li mettiamo in prigione lo stesso, mica li lasciamo andare in giro.
Secondo me come sono abbastanza deboli i discorsi secondo cui la non esistenza del libero arbitrio assolverebbe gli individui da ogni responsabilità individuale. Sono d’accordo con te che il libero arbitrio deve essere considerato come un postulato necessario al funzionamento della società. E’ bene dire che non esiste alcun postulato scientifico che afferma la non-esistenza del libero arbitrio.
Se la scienza vuole spiegare la mente (ed è questo il suo scopo, come quello di spiegare qualsiasi altro processo naturale) con la sperimentazione oggettiva, deve per forza attenersi al postulato che il liberto arbitrio non esista, come ho già spiegato sotto.
Anzi il postulato su cui si poggia la scienza stessa è che Dio non esista. Se la scienza dovesse ammettere un solo evento soprannaturale smentirebbe se stessa.
E perchè? Soprannaturale=sopra la natura, cioè un’eccezione occasionale alle regole naturali, non una sua negazione.
I miracoli, non a caso, vengono attentamente vagliati prima di essere riconosciuti tali.
Ma i miracoli non fanno parte della scienza.
Io parlo solo della scienza non degli uomini di scienza che, essendo uomini, presentano altri aspetti non-scientifici.
Quando Zichici scrive di Dio deve dismettere per forza i panni dello scienziato e vestire quelli della fede.
D’accordo anche su qui. Tuttavia l’uomo è uno e non ci sono panni da indossare o togliere. Diciamo che quando parla di Dio non ne parla dal punto di vista scientifico.
OK.
Tuttavia non ti pare una scissione interna all’anima? Nel laboratorio devi fare l’ateo e credere solo a quello che vedi e che tocchi, poi quando esci e torni a casa sai che esiste anche altro.
D’altronde il primo metodo scientifico applicato da un cristiano fu proprio la verifica sperimentale della resurrezione di Cristo fatta dall’apostolo Tommaso. In definitiva il fondamento della scienza è il metodo dubitativo, ovvero tutto il contrario della fede.
No ma perché dici che in laboratorio devi fare l’ateo? Non è affatto così. Uno scienziato sta in laboratorio come un pittore sta nel suo studio, come il pompiere sta in mezzo al fuoco e il dentista nel suo studio. Quando queste figure professionali parlano di Dio semplicemente non lo fanno dal punto di vista professionale ma personale.
Il dentista, il pompiere, ecc.. non cercano delle verità che talvolta, come in questo caso, potrebbero compromettere le proprie convinzioni religiose. Come vedi ho usato il condizionale, ma non c’è ragione di credere che un giorno la scienza possa provare sperimentalmente per es. che il libero arbitrio non esista.
Mettiamola così. Mettiamo che sia esistito uno scienziato che abbia formulato in passato una teoria che non prevedeva la soglia massima della velocità della luce e che, anche dopo la diverse prove sperimentali che sostenevano il limite insuperabile della velocità luminale, non ha cambiato idea sulla sua teoria. D’altronde, come dice Popper, basta un solo cigno nero per confutare migliaia, milioni, anche miliardi di cigni bianchi. Pensa come si sentirebbe questo scienziato se fosse confermato l’esperimento del neutrino. Ebbene lo scienziato credente deve, in un certo senso, assomigliare molto a questo ipotetico scienziato, quando trattasi di tematiche delicate come il libero arbitrio o la coscienza umana.
Ma ovviamente io non credo affatto che la scienza abbia il potere di compromettere le convizioni religiose di qualcuno. Lo scienziato è uguale al pompiere, non ha nessuna capacità di conoscere la verità religiosa meglio di me o del capo dei vigili di Imola. Stiamo soppravalutando troppo un metodo di conscenza, la scienza appunto, che non serve assolutamente a nulla nel rispondere alle grandi domande dell’uomo. Risponde a tutto tranne che all’essenziale.
E credi male, perchè già almeno una volta successe!
Intendevo la verità scientifica, non quella religiosa.
E quali sarebbe questi grandi domande: La coscienza? La vita? La morte? Le risposte sono:Neuroscienze/neurobiologia/scienze cognitive – biologia/chimica/antropologia/sociologia/ecc.. – genetica/biologia molecolare, ecc..
Che poi ci riesca è un altro paio di maniche. Secondo Feynman tutto ciò che non è scienza non è detto che sia un male, per es. l’amore non è scienza. Ma la scienza vuole spiegare anche l’amore?
sono tutte sciocchezze, antonio. lo scienziato nel laboratorio fa il suo lavoro esattamente come il pompiere o il dentista. anche il dentista cerca di diagnosticare l’origine di un mal di denti, così come il pompiere puo’ dover stabilire l’origine di un incendio, il giudice deve stabilire come si sono svolti certi fatti, l’avvocato spesso compie indagini sul proprio cliente, e così via… un po’ tanti nel proprio lavoro ad essere alle prese con le loro “verità”, che non hanno nulla a che vedere con le questioni di fede. cmq, se proprio ti serve un nemico, secondo me ti conviene cercarlo tra i filosofi.
Se oggi la filosofia avesse un centesimo della credibilità e dell’autorità della scienza lo farei senz’altro.
questo ha un senso, e in parte risponde alla domanda che ti ho posto sotto (se ci sei o ci fai). quindi il tuo problema non è nel il metodo scientifico in sé (o nel lavoro degli scienziati), ma nel fatto che esso abbia acquisito un’eccessiva autorevolezza o un’ingiustificata credibilità. quindi cerchi di ridimensionalo scivendo qualche sciocchezza qua e là. ci fai.
Antonio, confondi l’operato di alcuni scienziati, i loro tentativi di strumentalizzazione della scienza, con il metodo scientifico e l’utilizzo normale della scienza. Se un pompiere usasse la sua esperienza professionale con il fuoco per descrivere l’ambiente dell’Inferno o il “calore spirituale” di Dio, sbaglierebbe a priori. Così come lo scienziato sbaglia quando vuole usare la fisica o la matematica per spiegare l’esistenza dell’inferno o di Dio. Ma è un errore loro, non bisogna concludere che gli scienziati o i pompieri possono compromettere le convinzioni religiose.
Ma qui non si parla dell’esistenza dell’inferno o di Dio, a meno che qualche scienziato non ne abbia avuto esperienza personale e voglia cimentarsi col metodo sperimentale applicato a se stesso!
Qui si parla di libero arbitrio, coscienza, vita, morte, intelligenza razionale ed emotiva, ecc.. tutto questo e molte altre questioni che interessano la religione, sono al vaglio della scienza sperimentale, oggi! In parte, come ho già descritto, il libero arbitrio è già stato ridimensionato dalle neuroscienze. E hai mai sentito parlare di IA, che ha dato un notevole contributo alle neuroscienze e alle scienze cognitive? Quindi nego recisamente questa separazione tra scienza e religione, come se non si fossero punti di intersezione che potrebbero entrare in conflitto. Anzi lo nega proprio la realtà dei fatti ed anche la presente discussione che altrimenti non avrebbe ragione d’essere; insomma ma di che diavolo staremmo parlando, proprio qui!
Se la scienza riuscisse a dimostrare che il dualismo è fallace (per ora ci prova solo la filosofia) non credi che si avrebbero non poche ripercussioni dal punto di vista religioso? In definitiva l’anima, secondo te, avrebbe ancora spazio di manovra, diciamo così?
E se la scienza riuscisse a dimostrare la casualità dell’origine della vita, magari anche a riprodurla in laboratorio, avrebbe ancora senso sostenere il Disegno Intelligente?
Puoi sempre obiettare che non ci riuscirà mai, ma lo scienziato (che sia credente o non credente) non può accettare la parola “mai” quando trattasi di scienza. Ed è proprio questo il punto.
Tanto per cominciare, Antonio, hai iniziato te la discussione.
Poi, mi vuoi spiegare cosa intendi te per “scienziato”, dall’alto della tua visione? I campi di studio sono tantissimi, anche all’interno di una stessa disciplina: per farti un esempio, nel mio dipartimento c’è il professore che si intende di algoritmi genetici, quello che si intende di FPGA, ecc.
Sembra che tu veda medici, informatici, fisici ecc. come strane entità pericolose.
P.S. prima che ti spaventi, gli algoritmi genetici non hanno a che fare con la manipolazione del DNA umano e la creazione di mostri, dato che rimangono confinati all’interno di un calcolatore.
Fisico, chimico, biologo, genetista, neuroscienziato, psichiatra, ecc…
Tutti gli scienziati sono ingranaggi, taluni anche insignificanti, di una macchina più grande di loro, un po’ come lo era lo stesso Eichmann rispetto alla grandiosa macchina burocratica del Terzo Reich.
PS
Ora ti arrabbi.
Nah, non ne vale più la pena… solo mi chiedo come può giudicare queste cose uno che non c’è dentro! Mi ricordi certi miei conoscenti anticlericali che criticano la Chiesa pur non essendo mai andati una sola volta a Messa 😉
E poi Eichmann sarà stato anche d’accordo col regime per il suo tornaconto personale, non credi? Inoltre, Niccolò Stenone è stato un grande scienziato, ma è stato anche vescovo cattolicissimo.
Che significa: “Come può giudicare uno che non c’è dentro?”
Io esprimo la mia opinione come gli altri, perchè per fortuna siamo in democrazia. Se si parla di aborto esprimo la mia opinione anche se essendo un uomo, non sono mai stato “incinto” e quindi non ci “sono mai stato dentro”. Se si parla di eutanasia, anche, ed ho fatto delle battaglie isolate in certi di blog di La Repubblica come in altri. E così lo stesso per tutte le altre tematiche.
Se non ti sta bene la mia opinione puoi tranquillamente replicare, come di fatto fai molto spesso. E quindi, dov’è il tuo problema?
La verità è un’altra, e credo di sapere perchè da una parte ti scandalizzi tanto della mia posizione antiscientifica ma dall’altra ne sei attratta. In altri blog ho avuto altri scambi di opinione accesi con donne che non mi davano tregua (“Kaworu” nell’UAAR e “Bdg” nel blog di Odifreddi; che saluto entrambe se mi leggono, anche se non credo). Tutte diversissime ma con evidentemente un elemento in comune che penso di aver intuito, perchè come avrai capito, anche se sono un uomo, il mio intelletto non si lascia guidare solo dalla logica razionale come una locomotiva sui binari…a me piace spesso deragliare intenzionalmente…
Non sono minimamente attratta dalle tue fantasie, mi dispiace; io considero la sete di sapere un grande dono di Dio, che ci distingue dalle bestie. Tu puoi tranquillamente esprimere la tua opinione, ci mancherebbe; ma non puoi spacciare le tue fantasticherie come verità, dato che nei tuoi commenti hai espresso un antimodernismo de noantri che pensavo ormai fosse passato di moda.
Dici che puoi tranquillamente parlare di aborto, pur non essendo donna, verissimo; il problema è che tu hai parlato di cose come Internet e la meccanica quantistica non conoscendo nemmeno le basi di ciò di cui tu stavi discutendo. Quindi, è stato naturale che qualcuno più preparato e più realista di te ti abbia contraddetto, suscitando però la tua reazione un po’ “seccata”.
No cara. Nessuno mi ha contraddetto, nemmeno sulla MQ, questa è una tua interpretazione personale. Si è trattato solo di un libero scambio di diverse opinioni.
Io non spaccio un bel nulla come verità e come potrei? Come ho ripetuto esprimo solo delle mie opinioni, che è ovvio, per me sono verità.
E la mia reazione non può essere “seccata”, visto che argomento sempre le mie opinioni, forse anche troppo.
La questione dell’AIDS non mi sembrò all’epoca molto supportata, così come quella su Internet.
Non si può dire di aver dimostrato che l’HIV non provoca l’AIDS portando la testimonianza di un gruppetto di dissidenti (nessuno tra di loro medico) che, a naso, non avevano accettato la loro malattia.
Non si può dire “io rigetto la tecnologia perchè porta soltanto male” senza andarsene a vivere nudo sugli alberi e mangiare ciò che la natura offre.
Ecc.
@Antonio72:
per te pure un dentista che ricostruisce un dente cerca di imitare Dio nella creazione…
Vedi qual è la sostanziale differenza tra noi: tu ritieni che la sete di sapere possa essere appagata solo dalla scienza sperimentale galileiana, mentre io nego recisamente questa convinzione (direi leggenda) moderna molto diffusa. Altrimenti ciò significherebbe che prima di Galilei non ci furono sapienti: cosa evidentemente falsissima, anche per la nostra stessa religione!
Tu ritieni che il mondo possa fondarsi solamente sulla razionalità: ebbene il mondo occidentale è fondato proprio su quella e puoi ben vedere da te i risultati, ovvero scivolamento sempre più marcato nell’ateismo e nell’egocentrismo! E siccome il mondo è di fatto maschile…era proprio a questo fatto evidente che mi riferivo.
E quando mai avrei detto che la scienza è solo quella galileiana? Non mi mettere assolutamente in bocca cose che non ho detto!
So benissimo che gli studiosi c’erano anche al tempo degli antichi greci e degli egiziani: sapevi che il sistema numerico decimale fu inventato dagli arabi molto prima di Galileo? E che i greci sapevano già che la Terra era sferica?
Credi che io sia una persona senza cuore e materialista perchè studio materie scientifiche e dico che non bisogna avere concezioni negativiste in materia? Notiziona: io leggo molto, adoro l’arte (Caravaggio e Bernini in primis) e riesco ad emozionarmi davanti a un film!
Il mondo non è bianco o nero, caro Antonio: ci possono essere anche le razionali studentesse di Ing. Informatica che hanno la passione per il pc ma che hanno anche un minimo di sensibilità umana!
P.S. la mia sete di sapere, appunto, non è a senso unico, ma comprende appunto anche arte, musica e letteratura. Sbalordito?
antonio: ognuno ha diritto alle proprie opinioni… ma non ai propri fatti. giulia: pensa a studiare che tra una settimana ti laurei!
Ma che una settimana, manca ancora un mese e mezzo 😉 cmq hai ragione!
il postulato su cui si poggia la scienza stessa è che Dio non esista
Vaglielo a spiegare a Cartesio, a Zichichi e a questo signore qua: http://it.wikipedia.org/wiki/Niccol%C3%B2_Stenone
Chissà che ti risponderebbero…
ovviamente risponderebbero che è una sciocchezza. si tratterebbe, nel migliore dei casi, di un postulato inutile ai fini dell’indagine scientifica. e i postulati inutili vanno rimmossi.
E quindi l’ipotesi Dio va rimossa…
è il tuo postulato che va rimosso (che Dio non esista). anche la sua negazione, certo, ma questo è ovvio: come ho scritto, la questione (esiste/non-esiste) è irrilevante ai fini dell’indagine scientifica.
Quindi l’indagine scientifica non prevede l’esistenza o l’inesistenza di Dio. Ma siccome si può prevedere l’inesistenza di tutto ciò che non sia esperibile, ne viene che il fondamento dell’indagine scientifica è l’ateismo.
Ma siccome si può prevedere l’inesistenza di tutto ciò che non sia esperibile
Mi chiedo se credi davvero alle sciocchezze che scrivi o ti stai semplicemente prendendo gioco dei tuoi interlocutori.
in caso, non ci sarebbe nulla di male, quindi te la prendere. ma almeno eviterei di perdere tempo a replicarti.
Fammi capire…vuoi che ti dica se ti sto prendendo in giro, così eviteresti di replicare?
Ma se sostenessi invece che non ti stia prendendo in giro, scommetto che non replicheresti lo stesso.
Quindi non replicarmi e basta!
Guarda, credo che me ne pentirò, ma sono completamente d’accordo con te.
Mi dissocio completamente, come cattolico, da quello che dice Antonio72.
Kosmo…Non credevo che ti piacesse così tanto Cameron Diaz.
Ebbene devi sapere che in quel film non solo non pare questa gran bellezza (almeno non confrontabile con gli altri film), ma fa anche la parte della storpia.
😉
PS
Ma insomma, credino chi sarebbe??
Cmq Kosmo hai scoperto il mio trucco, e questo non è grave; la cosa grave è che invece lo sbandieri così ai quattro venti.
@Antonio72: che trucco avrei scoperto?
Antonio, ma vuoi avere ragione per forza?!?
In realtà Benjamin Libet ha dimostrato nei suoi sperimenti che “Il processo dell’-agire adesso- dovrebbe essere distinto dalle decisioni e dalle scelte compiute in anticipo circa il compimento di un’azione. Dopo tutto, una persona può passare l’intera giornata a decidere e non agire mai.”
In parole povere gli esperimenti hanno stabilito che i processi dell'”agire” sono del tutto diversi ed indipendenti dai processi del “pianificare”, ovvero la risposta cerebrale di un’azione non cambia se l’azione viene pianificata o meno, in particolare il ritardo della coscienza è sempre quello, cioè circa 500 msec dalla preparazione cerebrale inconscia. In definitiva questi esperimenti dimostrano che rimane una piccola finestra disponibile per esercitare il libero arbitrio di circa 100-150 msec, ovvero il libero arbitrio sarebbe una sorta di veto all’azione che avrebbe sempre origini inconsce. Qualcuno sostiene addirittura che anche il veto abbia origine inconscia (non Libet). Ma la cosa più sorprendente è il fenomeno che Libet definisce della “retrodatazione dell’esperienza sensoriale ritardata”. Questo fenomeno spiega perchè, anche se il ritardo dell’esperienza sensoriale cosciente è sempre di circa 500 msec, la nostra esperienza soggettiva non rileva alucn ritardo apprezzabile a seguito di un qualsiasi stimolo sensoriale. Succede che dopo circa 30-50 msec dallo stimolo la corteccia produce una risposta (PE primario) che fungerebbe come da “marcatore”, a cui sarebbe retrodatata l’esperienza cosciente, che invece avviene sempre con il solito ritardo di circa mezzo secondo. E’ quindi una palese violazione delle leggi fisiche a meno che non si sostenga una sorta di dualismo (anche se non per forza cartesiano) come di fatto fa Libet proponendo la sua teoria del “campo mentale cosciente”. E’ ovvio che il filosofo Dennett non ci sta e critica sia gli esperimenti che l’interpretazione di Libet. Cmq, secondo me, non c’è via di scampo a livello scientifico alla spiegazione materialista e riduzionista della coscienza e quindi della mente. Siccome lo scopo della scienza è quello di dare una spiegazione a tutti i fenomeni naturali servendosi dei soli processi naturali, e quindi scartando a priori qualsiasi altra possibilità, nel caso delle neuroscienze scartando l’ipotesi dualista, ovvero negando l’esistenza di una “sostanza mentale”, si possono solo trarre due conclusioni:
1) La scienza non è in grado di spiegare oggi, né lo sarà mai, la coscienza;
2) La scienza potrà un giorno non solo spiegarla ma anche riprodurla.
Nel caso 1) si sostiene in pratica che la scienza ha dei limiti e che non tutti i fenomeni siano spiegabili dai processi naturali oggettivi (lo stesso campo mentale cosciente di Libet rientra in questa casistica, perchè il CMC non è sperimentalmente rilevabile né osservabile).
Nel caso 2) si afferma, senza tanti giri di parole, che la ricerca scientifica non ha limiti e può spiegare qualunque cosa. Se non riesce a spiegare un fenomeno significa che ci riuscirà di certo in futuro, ovvero che quello che non spiega non possa esistere. Per es. nel caso della mente, alcuni filosofi sostengono che gli eventi mentali non esistano, ma solo i processi neurali.
Ora, mentre per lo scienziato ateo non ci sono problemi, viceversa qualche problemuccio emerge per lo scienziato credente, il quale deve conciliare la fede nella scienza con la fede religiosa, in una sorta di equilibrismo precario che rischia, quando si toccano queste tematiche particolari, di destabilizzare l’una o l’altra. Insomma non mi pare un compito facilissimo, e la prova è che molti scienziati credenti diventano atei, mentre è molto più difficile (direi impossibile) il contrario.
Per quanto riguarda la contraddizione tra determinismo e libero arbitrio, non è proprio così. Per esercitare il libero arbitrio, i processi devono essere determinati da una causa-effetto, altrimenti che libertà si avrebbe se non fosse così? Se giro la chiave (causa) so che la serratura della porta di sblocca e la porta si apre (effetti), ma se la realtà fosse come quella descritta dalla MQ la porta potrebbe aprirsi o non aprirsi probabilisticamente a prescindere dal mio volere, che di fatto sarebbe inutile o meglio irrilevante (almeno nel senso in cui quasi tutti intendono la volizione umana). Quindi non si deve tanto negare il determinismo del mondo, piuttosto che la mente sia esclusa in un certo senso dal “mondo”, ovvero che sia una sostanza affatto diversa ed indipendente dalla materia. In definitiva per mantenere il libero arbitrio si deve essere per forza dualisti e per esserlo si deve ammettere che la scienza non possa spiegare la mente e non solo l’esistenza di Dio, cosa quest’ultima, facilmente aggirabile dallo scienziato ateo.
Ora, mentre per lo scienziato ateo non ci sono problemi, viceversa qualche problemuccio emerge per lo scienziato credente, il quale deve conciliare la fede nella scienza con la fede religiosa, in una sorta di equilibrismo precario che rischia, quando si toccano queste tematiche particolari, di destabilizzare l’una o l’altra. Insomma non mi pare un compito facilissimo, e la prova è che molti scienziati credenti diventano atei, mentre è molto più difficile (direi impossibile) il contrario.
Dipende cosa intendi per “fede nella scienza”: non mi azzarderei a fare queste osservazioni, non essendo tu un ricercatore, un medico o un fisico (almeno per quanto ne so io…) e non sapendo se magari queste figure riescono benissimo a conciliare Dio con quella che, purtroppo, da alcuni viene considerata una divinità.
Diciamo così: se sei uno scienziato credente non puoi avere fede assoluta nella scienza, perchè come ha già detto qualcuno (non io, ma proprio uno scienziato), la scienza non ha bisogno (e quindi non può ammettere) l’ipotesi Dio.
Ovviamente per Dio non intendo un dio spersonalizzato, alla Spinoza.
Quindi l’opinione di uno scienziato vale per tutti gli scienziati? E te cosa ne sai in cosa crede uno scienziato? Lo sei?
E uno scienziato credente è meno autorevole di uno non credente?
GiuliaM, ma come te lo devo dire? E’ irrilevante per la scienza ed il suo metodo sperimentale che lo scienziato sia credente o non credente!
Questo è verissimo
Ovviamente, come è giusto che sia, dato che la scienza spiega il “come” e non il “perchè”. Però dal tuo intervento precedente mi sembrava che per te gli scienziati credenti fossero “meno preparati” degli altri; se ho sbagliato, mi scuso 😉
Ne sei sicura che la scienza voglia spiegare solo il “come” e non anche il “perchè”? Mi ricordo che da ragazzo mi regalarono un libro scientifico per ragazzi, chiamato il “Libro dei perchè”.
Allora lo dico meglio, così non ci possono essere più fraintendimenti. Non può esistere uno “scienziato credente”, semmai un “uomo credente scienziato”, che è cosa ben diversa.
Credo che tutti stiamo dicendo le stesse cose.
stai solo giocando con le parole.
A quale titolo puoi dire cosa sia la scienza?
Quel libro deve averti molto impressionato se ci credi ancora da grande…
Quel libero ce l’avevo e ce l’ho tuttora anche io.
Conferma che vuoi solo giocare con le parole, come (quasi) ogni filosofo.
Non spiega certo il perchè della vita, perchè soffriamo, perchè Gesù ha voluto condividere la condizione umana con noi, perchè Dio ci ha creati, ma a più banali domande che ogni ragazzino farebbe:
Perchè i fazzoletti sono quadrati?
Perchè quando respiriamo al freddo esce la nuvoletta?
perchè se tocco la gamba di una rana morta con una pila questa si contrae?
Allora ti aggiorno Kosmo, perchè la scienza si è spinta un po’ più in là dell’acqua che bolle a cento gradi.
La scienza vuole spiegare:
L’origine dell’Universo, e quindi dello spazio-tempo;
L’origine della vita sul pianeta Terra ed indagare se esiste altra vita su altri pianeti (prossimo obiettivo Marte);
La scienza vuole spiegare la mente, al fine di riprodurla, conservarla, manipolarla, ecc.. e quindi in definitiva l’uomo stesso;
La scienza vuole sconfiggere il dolore fisico-psichico, allungare la vita umana e, se possibile, sconfiggere la morte stessa, forse addirittura la vecchiaia.
La scienza si pone questi obiettivi, e non gli interessa affatto se esiste Dio o di spiegare il mistero della sofferenza di Gesù Cristo, non solo perchè non sono indagabili dal metodo scientifico sperimentale, ma anche perchè si pone proprio questi obiettivi. Insomma la scienza-tecnologia vuole sostituirsi alla religione, vuole portare a forza il paradiso in Terra, e non è detto che in parte ci riesca, visto che qualcosina ha già fatto. Ti domando: se il suo obiettivo è questo, che se ne fa del paradiso nell’aldilà? Mi obietterai che questo non sia l’obiettivo della scienza. Allora quale sarebbe? Perchè la scienza si affanna tanto a rincorrere la mente umana, a spiegarne i minimi dettagli e ad affinare l’indagine biologica che non si ferma più ai meccanismi cellulari, ma si spinge fino alle interazioni molecolari? Potresti anche dirmi che non ce la farà mai, e sono anche d’accordo, oppure che la scienza non si occupa di scopi ma solo di metodi. E quest’ultima, se permetti, è una grande fanfaluca.
“…La scienza vuole spiegare la mente, al fine di riprodurla…”
La scienza studia la mente per cercare le eventuali leggi che ne regolano il funzionamento.
La tecnologia studia il modo di applicare concretamente le leggi scoperte alla mente umana.
L’utilizzatore finale, in base alla convenienza, si giova della tecnologia per scopi più o meno leciti.
Conoscere le leggi della dinamica, l’equazione della continuità della portata e l’equazione di Bernoulli, non ha mai fatto volare nessuno: è la tecnologia che, applicando queste conoscenze scientifiche, costruisce dei mezzi in grado di volare; ed è infine l’uomo che, in base a ciò che ritiene maggiormente utile ed opportuno, utilizza questi mezzi per salvare vite umane o per distruggerle.
Anche se oggi scienza è sinonimo di tecnologia, scienza, tecnologia e utilizzatore finale, rimangono sempre tre cose distinte.
Ho già spiegato da altre parti che scienza e tecnologia non sono affatto distinte. Senza il progresso tecnologico la scienza non farebbe un passo in avanti e senza le scoperte scientifiche la tecnologia non evolverebbe. Per es. in fisica, come fai a studiare i fondamenti della della materia senza l’acceleratore di particelle? E quest’ultimo non è mica un’applicazione tecnologica?
Anzi può avvenire che una scoperta scientifica avvenga in laboratorio e la teoria scientifica segua successivamente.
Il metodo sperimentale scientifico spesso si applica in laboratorio, proprio per mezzo di apposite apparecchiature tecnologiche.
Separare quindi la scienza dalla tecnologia è un’operazione che ricorda tanto quella di voler strappare la carne dalle ossa di un corpo umano.
So molto d’accordo. Aggiungerei, con Kant, che si tratta di un postulato non dimostrabile, o almeno non dimostrabile scientificamente.
Sulle relazioni tra stati psicologici (coscienti, ma anche inconsci!), da una parte, e stati fisici, dall’altra, non credo si possano stabilire relazioni biunivoche, o d’altro tipo. Una eventuale relazione biunivoca si dà tra due insiemi, poniamo A e B. Nel nostro caso soltanto uno dei due insiemi (gli stati fisici) è scientificamente esperibile, l’altro no. Un approccio più promettente invece sarebbe quello di relazionare livelli esplicativi differenti, quello fisico e quello psicologico.
Basta negare che esistano gli stati mentali ovvero che siano epifenomeni che non producano effetti osservabili.
Insomma la “ciliegina sulla torta” dello stesso Boncinelli.
Vuoi dire che tutto ciò che non è scientificamente esperibile non esiste?
Più o meno… (Ovviamente è il parere totalmente opposto al mio).
???
Sì lo so, la domanda che intendevo non era proprio come l’hai formulata. Facciamo che hai fatto questa domanda:
Significa che non esista qualcosa di esperibile che la scienza non possa spiegare oggi, o non potrà farlo in futuro?
Articolo interessante, come lo sono di solito quelli di Michele Forastiere, che puo’ essere stimolante sia per il credente come il non credente.
Ma vai a spiegarlo a Tom Chivers, il quale afferma, in buona sostanza, che ammettere la presenza di una “coscienza”, “libero arbitrio”, ecc., violi le leggi della fisica (leggere i commenti).
http://blogs.telegraph.co.uk/culture/tomchivers/100047972/neuroscience-and-free-will-when-definitions-become-important/
L’espressione “viola le leggi della fisica” mi fa sempre sorridere, come se fossero le leggi a determinare il fenomeno e non il fenomeno ad essere il punto di partenza per la formulazione del modello (e quindi della legge).
Io credo che sia proprio il termine legge ad essere scorretto, perché lascia intendere qualcosa che esiste a priori e regola il comportamento dei fenomeni indipendentemente da essi, e cui gli stessi devono sottostare.
Questo tipo di ragionamento ci porta spesso a fare la fine del tacchino induttivista.
Non ci scordiamo che il punto di partenza è l’osservazione, la matematica è solo uno strumento descrittivo molto efficace per realizzare i modelli di cui la scienza fa uso. Ma se tali modelli non fossero predittivi, quindi confermati dall’osservazione, ce ne faremmo poco o niente.
Io amo la matematica, ma non può diventare il fine, deve sempre rimanere uno strumento per la scienza.
Perfetto.
what? Giorgio Masiero, ti richiamo all’ordine 🙂
Mi riferisco alla circostanza che qualche post fa Giorgio Masiero, in contrapposizione al sottoscritto, sosteneva una visione realistica della matematica, “accusando” il sottoscritto di essere un formalista. Ma se la matematica ha un oggetto di studio suo proprio (il mondo matematico che sta là fuori), allora il pragmatismo di Scettico sembrerebbe più in sintonia con il formalismo che con il realismo alla Masiero.
Nessuna contraddizione, Luigi! La mia concezione realistica è quella di Penrose, fatta di 3 mondi distinti: il mondo degli oggetti matematici, quello degli oggetti fisici e quello degli stati mentali. La realtà degli oggetti matematici non è la stessa degli oggetti fisici, ma nelle scienze naturali (una piccolissima parte del-)la matematica fa il miracolo di descrivere le leggi del mondo fisico.
Beh, allora fammi affondare meglio la lama. Dici “la matematica fa il ‘miracolo’ di descrivere le leggi del mondo fisico”. Ti chiedo allora, visto che di “miracolo” si tratta, come escludere che la conoscenza del mondo fisico possa servirsi a seconda dei casi di linguaggi e sistemi formali differenti?
Ma già lo fa: la pittura, la scultura, la poesia, la letteratura, la musica, la religione, ecc…
In campo scientifico (dove per definizione si applica il metodo galileiano), io conosco solo i 3 campi gravitazionale, elettrodebole e nucleare, che maneggio con la sola matematica esistente…
Se dovessimo fare una sintesi del tuo commento con quello di Vronskij, scusami ma la tua distinzione tra fenomeno e matematica mi pare un sofisma.
Per la scienza possono esistere fenomeni non descrivibili matematicamente? E può esistere un’osservazione che non sia fenomenica? Se consideriamo la realtà come informazione e se il linguaggio scientificamente più adatto per descrivere l’informazione è la matematica, significa che la realtà stessa, per la scienza, è matematica. Si può quindi paradossalmente capovolgere la questione: la scienza sperimentale si fa strumento della matematica e non viceversa.
Siamo alle solite, Antonio. Quanti paralogismi in 6 righe…
Lo sa bene che qualche suo collega la pensa proprio così…
Non ho detto che lo pensi io, anzi non lo penso affatto. Tuttavia non vorrei che si dessero scontate cose che non lo sono.
Cmq spero che siamo d’accordo che il libero arbitrio sia qualcosa di totalmente antiscientifico, proprio perchè l’uomo stesso non può essere spiegato scientificamente, se non solo nelle sue elementari funzioni corporali e dico solo in quelle “elementari”.
Io penso che le scienze naturali non possano spiegare nemmeno le più elementari funzioni animali, a cominciare dal “sentire”. Le scienze naturali si fermano alla materia inanimata, di cui danno una descrizione veritiera sì, ma parziale, approssimata e sempre perfettibile.
Caro Max, evidentemente Chivers (e con lui Haggard, Boncinelli e altri) sono convinti che la realtà esistente si identifichi in toto con quella parte di essa che è percepibile dai sensi e misurabile dagli strumenti. Niente da eccepire, è una posizione assolutamente legittima (obiettivamente, non possiamo ancora dire con certezza scientifica se quella parte coincide o meno con l’intera realtà); purché non si voglia usare impropriamente la scienza per sostenerla come verità assoluta e già dimostrata… e a me pare che questo sia proprio ciò che Chivers tenta di fare nei suoi articoli (uno è quello a cui rimando nel testo: http://www.telegraph.co.uk/science/8058541/Neuroscience-free-will-and-determinism-Im-just-a-machine.html) – usando il “martello” di una presunta violazione delle leggi fisiche.
Un caro saluto! 🙂
Piu’ in generale, mi da’ fastidio proprio che si imponga questa visione “metafisica”, secondo la quale, come dici, “la realtà esistente si identifica in toto con quella parte di essa che è percepibile dai sensi e misurabile dagli strumenti”, usando la scieza per questo. Ma perche’ non si trova piu’ qualcuno che possa fare un buon contradditorio? Ne uscirebbe una interessante discussione, sono sicuro, per tutti.
Secondo il filosofo Henri Bergson la funzione del cervello consiste nel far filtrare solo quei ricordi che possono interessare l’azione da compiersi. Il cervello passa solo una parte molto piccola di quello che è il processo della coscienza. Più che prendere informazione, il solito luogo comune, il cervello servo come un specie di filtro, bypassando l’informazione. Con altre parole funziona per proteggere l’uomo da un informazione cosmica che rischia di schiacciarlo o di farlo impazzire.
Martedì scorso in aula abbiamo osservato 2 foto di Adolf Eichmann: una lo rappresenta a 38 anni, giovane e sorridente, in divisa SS; l’altra a 56, invecchiato e serio, scattata durante il processo che lo avrebbe condannato all’impiccagione.
Fisicamente sono 2 foto di 2 macromolecole diverse, di 10^27 atomi diversi: eppure la seconda macromolecola è stata annientata perché giudicata responsabile dei delitti commessi 20 anni prima dall’altra. Ma che cosa condivideva la seconda struttura fisico-chimica con la prima? Probabilmente nemmeno un atomo, per il ricambio cellulare.
Vorrei fare una domanda ai naturalisti e a coloro che non credono al libero arbitrio:
1) è stato giusto processare Adolf Eichmann?
E se dovesse rispondere Anna Harendt….
Tu non eri interpellato, Antonio!
Questa domanda mi sembra problematica anche per quelli che credono nel libero arbitrio. Io che ci credo, non so cosa dire, sento odore di una trappola. Sono più curioso di sentire quelli che ci credono più di me.
Pur credendo nel libero arbitrio non sono libero di replicare. Anzi proprio perchè esiste il libero arbitrio sono libero di scegliere di limitare la mia libertà di replicazione perchè qualcun’altro ha così stabilito.
Questa risposta e’ impareggiabile!
Ma i relativisti, i naturalisti, gli atei, ecc., dove sono andati a finire?
Antonio prima ha dato un morso al frutto proibito, poi la sputato come una risposta impareggiabile con giochi di parole. Qualcosa di più concreto per favore tra amici, visto che i nemici son scomparsi.
*Che libertà è una libertà corretta da un essere superiore?
Il significato allora assumerebbe una connotazione negativa.
Aspettiamo fino a domani, Wronskij.
Sono solo sofismi per tentare di aver ragione…
Sono giorni, Antonio, che tenti la battaglia, pensando di essere l’eroe che ha smascherato tutto e ha ragione su tutto! A quale titolo, se mi è permesso? Che lavoro fai nella vita?
Sono un carpentiere…
Però stiamo attenti, anche perché in genere i cattolici sono accusati di avere la falla delle proiezioni, dare un senso a tutto…
Quindi anche Antonio potrebbe incolparci di parlare a vuoto.
Perchè questa paura di essere “accusati”? Noi diamo un senso alla nostra vita perchè abbiamo Dio nella nostra vita.
hmmm, non credo che il relativismo o l’ateismo comportino automaticamente il rifiuto del libero arbitrio.
Non saprei. Il relativista sicuramente non potrebbe affermare con certezza l’esistenza oggettiva del libero arbitrio. L’ateo (quando non è relativista e determinista,il che è raro) si troverebbe davvero impacciato.
Antonio non te la prendere ma la domanda di Giorgio era rivolta a naturalisti e deterministi. Tu non c’entri nulla con loro quindi per questo non sei interpellato.
hmmm, ti si potrebbe rispondere che si tratta di un unico sistema di atomi che è evoluto; inoltre, se consideriamo la materia che costituisce l’individuo a livello elementare (molecole, atomi…. particelle) allora non ha senso chiederesi se una particella, dopo aver subito vari processi, sia “la stessa” particella o meno del sistema originale. si tratta proprio di una domanda sbagliata. infatti le particellle per le MQ sono identiche e indistinguibili, cioè non possono essere “etichettate”. prendi ad es. il caso più semplice di una collisione tra due elettroni: gli elettroni uscenti (dopo l’urto) non possono essere identificati con gli elettroni entranti (prima dell’urto), però è possibile seguire l’evoluzione del sistema, che mantiene una sua precisa identità.
Conosco l’assioma d’indistinguibilità quantistica delle particelle atomiche. E’ altrettanto ovvio che il secondo sistema atomico si è evoluto dal precedente. La mia domanda è un’altra: che cos’hanno in comune dopo 20 anni i due sistemi atomici che sia descrivibile nel linguaggio fondamentale delle scienze naturali, quello della fisica, ovvero “matematicamente”? dove si conserva la “responsabilità morale” che legittimi l’annientamento del secondo sistema per delitti commessi dal primo?
“Matematicamente”… dipende da come viene descritto il sistema nella sua interezza; come sistema di particelle può avere tante proprietà che lo caratterizzano: simmetrie, parità, funzioni di stato… si tratta di un sistema complesso ma, in linea di principio, non vedo il problema.
Ma vedo il problema in “dove” e “come” individuare la responsabilità morale; sarebbe interessante chiederlo a questi neuroscienziati, ma io non credo che esista una risposta scientificamente soddisfacente.
Va detto però che, parlando di “responsabilità”, stai andando oltre la neurobiologia: il concetto è delicato e controverso anche a prescindere dalla questione specifica (qualcuno potrebbe liquidarlo come sovrastruttura culturale). Ti faccio un esempio non biologico partendo dal tuo: per questioni di “responsabilità storica”, la Germania non ha il diritto di veto nel consiglio di sicurezza dell’ONU. Ma la germania non è quella della 2GM da tutti i punti di vista (gli individui che la costituiscono, il sistema politico, l’impianto costituzionale…). Allora perché si porta dietro questa responsabilità? Dove e come?
Sono d’accordo con te: il problema della responsabilita’ (e quindi del libero arbitrio) e’ fuori dall’ambito scientifico. E tutti quei neurologi che lo tirano in ballo fanno cattiva metafisica…
butto giù un’ultima considerazione che mi porta a pensare che in generale le cose non sono semplicissime, nemmeno a livello giuridico. esistono meccanismi di estinzione dei reati, come la prescrizione, i quali prevedono la non necessità di portare avanti un processo di reinserimento per l’imputato quando è passato troppo tempo. in altre parole, il diritto stesso prevede che l’imputato venga de-responsabilizzano dalle accuse allo scadere di un dato periodo di tempo! (ma il caso Eichmann chiaramente è fuori dalle logiche del diritto e della filosofia del diritto, per gravità e portata storica).
Ti stavo già saltando addosso, meno male che hai specificato! 😉
Però c’è da dire che la prescrizione si fa per “alleggerire” il lavoro dello stato, non ha senso continuare con la pratica di un furto avvenuto nel 1902! Poi dipende dalla gravità ovviamente. Una cosa del genere di cui si è macchiato non andrebbe mai in prescrizione.
Stranamente i delitti politici sì però, eh? Che coincidenza…
sui motivi della prescrizione avete senz’altro ragione; stavo cercando di inquadrarla dal punto di vista dell’ermeneutica giuridica (legge è ciò la società costruisce sulla base di una gerarchia di valori morali…).
Penso che il livello giuridico non vada confuso con quello filosofico e scientifico. Nel caso giuridico, la de-responsabilizzazione, come la chiami, si deve all’esigenza di alleggerire il lavoro dello stato (un po’ come si fa quando si svuotano le carceri per sovraffollamento), ma soprattutto perché passato un certo periodo sarebbe difficile ricostruire processualmente l’accaduto (per scomparsa dei testimoni, cancellazione di memoria, cambio del contesto, ecc.).
La neuroscienza e la neurobiologia ovviamente non possono parlare di responsabilità, colpa, e di concetti similari, ma possono solo verificare la correlazione tra l’attività neurale e l’attività mentale, quest’ultima in base ai resoconti dello stesso soggetto sottoposto all’esperimento (non esistono ad oggi altri metodi sperimentali per studiare la coscienza).
In definitiva la neuroscienza può discernere i processi inconsci da quelli consci, stabilirne eventualmente il rapporto causale o consequenziale, cronometrare i tempi dei vari processi, ecc..
Ma ha ancora senso parlare di responsabilità per un processo che non sia determinato dalla stessa coscienza? Ovviamente negli esperimenti si chiede al soggetto di eseguire semplici operazioni, tipo “quando sei consapevole di quell’evento o di quella sensazione, schiaccia un pulsante, oppure rendine testimonianza verbale”, ecc.. In altri esperimenti si inganna volutamente il soggetto, facendogli credere di essere consapevole di schiacciare un pulsante, quando in realtà l’apparecchiatura risponde direttamente all’attività neurale, che quindi anticipa la decisione del soggetto, il quale si vede costretto a correggere, in un certo senso, proprio se stesso! E’ ovvio che molte azioni quotidiane rientrano in questa semplice casistica, ma non quelle che consideriamo le più fondamentali, anche se in ogni caso questi esperimenti disturbano la nostra intima convinzione di essere sempre e cmq al centro della scena.
Questo è il punto e non altri.
“In altri esperimenti si inganna volutamente il soggetto, facendogli credere di essere consapevole di schiacciare un pulsante, quando in realtà l’apparecchiatura risponde direttamente all’attività neurale, che quindi anticipa la decisione del soggetto, il quale si vede costretto a correggere, in un certo senso, proprio se stesso! ”
Non ho mai sentito di questi esperimenti… cosa sarebbero? Con quali apparecchiature si può fare in modo che la mente influisca sulla realtà? Qualche link/articolo sull’argomento?
No cara GiuliaM, non c’è nessuna magia. Semplicemente vi è un ritardo tra l’attività cerebrale da cui parte un’azione e la sua esperienza cosciente. La macchina era un semplice proiettore di diapositive, comandato attraverso degli elettrodi direttamente collegati alla corteccia cerebrale, ovvero alla zona corticale somatosensoriale interessata. Questo poveretto si vedeva cambiare la diapositiva prima di averne avuto coscienza, rischiando di mandare avanti il proiettore di due diapositive….insomma una sensazione strana (Fonte: Mind Time. Il fattore temporale nella coscienza. B. Libet).
Mica ho parlato di magia, io! 🙂
“proiettore di diapositive, comandato attraverso degli elettrodi direttamente collegati alla corteccia cerebrale, ovvero alla zona corticale somatosensoriale interessata. ”
Quindi da qui a fare dei bracci bionici comandati direttamente dal cervello, con conseguenti GUADAGNI STRATOSFERICI OLTRE OGNI IMMAGINAZIONE, il passo è brevissimo. In pratica, da domani mattina, ci saranno nelle farmacie delle protesi assolutamente perfette, da comandare attraverso il cervello, con grandissima gioia dei tanti amputati in zona di guerra e sul lavoro…
Dò sempre più ragione a Nicola/credino… Ma ci sei o ci fai?
E’ colpa mia, Kosmo, se non conosci nulla di esperimenti neuroscientifici!
OT
Vorrei cpregare la redazione UCCR di pubblicare al più presto un articolo contro una certa VERGOGNOSA RAPPRESENTAZIONE TEATRALE!
Da altre parti non mi lasciano sfogare la mia più profonda indignazione, a dir poco!
A me pare che invece sia tu a non conoscere NULLA di scienza!
Qualche tempo fa qualcuno postò un generatore casuale di articoli scientifici… Mi sembra che tu faccia la stessa cosa, infarcendo i tuoi discorsi di parole forbite, ma che alla fine… non dicono nulla.
Un proiettore comandato dalla corteccia cerebrale…
Mi chiedo che ci voglia allora a fare una protesi, visto che è un sistema così infallibile!
Che ne sai che l’impulso non viene da qualcos’altro che non sia la volontà di cambiare diapo? Che so, forse voleva grattarsi la panza, forse ripensava alla tr***a con l’assistente che gli ha messo gli elettrodi, un suono particolare, forse ripensare per un attimo a quanto era buona la torta della mamma…
Anzi, ti dirò di più, basterebbe un fulmine non troppo lontano ad indurre una tensione negli elettrodi e scambiare qusto impulso spurio per “pensiero”…
Anzi te lo faccio scattare io a distanza il proiettore…
Quanto all'”anticipo”, forse sei pure a digiuno di fisica…
Forse non sai che il messaggio dato ai muscoli impiega un tempo piccolo ma FINITO per arrivare, perciò un segnale prelevato direttamente dal cervello (di qualunque segnale si tratti) è OVVIO che venga rilevato PRIMA che arrivi al tronco cerebrale e poi al muscolo. Non ci vuole un genio per capirlo!
Si, giustissimo.
I neuroni del cervello, a differenza di tutte le altre cellule del corpo, non sono soggetti al ricambio. Quelli che si hanno all’inizio della vita possono solo essere persi, non ricambiati.
Veniamo al mondo con un cervello fatto in un certo modo, e questo determina il nostro carattere individuale, che è immutabile.
Se fosse vero che i neuroni non sono soggetti al ricambio e che da adulti abbiamo le stesse cellule neuronali che da bambini, sarebbe ancora più misteriosa dal punto di vista fisico la sede della coscienza e della memoria e il riduzionismo avrebbe la vita ancor più dura, a mio parere. Però (purtroppo per gli spiritualisti come me), la convinzione che i neuroni non muoiano, né siano capaci di rigenerarsi come tutte le altre cellule, è uno (dei tanti) dogmi delle neuroscienze che è stato falsificato vent’anni fa. Oggi sappiamo che la neurogenesi è possibile ed avviene correntemente per tramite delle cellule staminali. Il cervello ha pertanto la potenzialità intrinseca di rinnovarsi, anche se la rigenerazione non si attua con la velocità delle cellule di altri organi proprio per il carattere multipotente delle cellule staminali.
Ma la mia domanda è un’altra, è posta sul piano scientifico e la rivolto in termini operativi per farmi capire meglio dagli scienziati che lavorano nel campo: nel caso della consapevolezza attenta e analitica che precede la decisione dell’Io, una fase temporale che non è replicabile per definizione, come si può immaginare un esperimento scientifico (che in quanto tale dovrebbe essere replicabile) che discrimini la proposizione riduzionistica “l’autocoscienza non è altro che il risultato di una concatenazione di reazioni chimiche” da quella opposta, spiritualistica “le reazioni chimiche sono il risultato di una concatenazione di stati di autocoscienza”?
Completo soltanto la risposta del prof. Masiero a rolling stone sull’esistenza del ricambio neuronale con questo link abbastanza recente: http://www.molecularlab.it/news/view.asp?n=6630
Ce ne sarebbero infiniti altri ovviamente.
Rolling stai sostenendo un ex dogma scientifico. L’immutabilità dei neuroni cerebrali è stata confutata da qualche anno, dovresti aggiornarti: http://www.repubblica.it/online/cultura_scienze/neurogenesi/neurogenesi/neurogenesi.html e http://www.forteantimes.com/strangedays/mythbusters/436/brain_cells.html e http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/12031270
però mi risulta che la rigenerazione non riguarda la totalità dei neuroni nel cervello adulto. cioè, a quanto ne so, buona parte dei neuroni di 60enne sono effettivamente gli stessi di quando aveva 20anni (mentre altri si sono aggiunti e altri ancora sono morti), ma dovrei approfondire.
Non so, hai qualche studio da citare in merito? Nei link da me segnalati non si parla effettivamente di numero dei neuroni ricambiabili ma sembrano intendere che il ricambio sia completo. Altrimenti lo avrebbero specificato, credo.
dei link nel web non mi fido, dovrei consultare le riviste del settore; quando e se avrò tempo, approfondirò in biblioteca.
Fai come credi, prendo atto che metti in dubbio le notizie che appaiono sul Nature e sul sito del National Institutes of Healt. Bisognerebbe dire a Francis Collins di chiuderlo, ci pensi tu?
?? non capisco che vuoi dire. ti ho detto appunto che consulterò gli articoli originali, come quello di Nature (Nature è una rivista a pagamento, sul web non è liberamente scaricabile. occorre andare in biblioteca).
http://www.jneurosci.org/content/22/3/624.full.pdf
“why are _some_ neurons replaced in adult brain”. grazie lo guarderò con calma nei prossimi giorni
Se andrai oltre al titolo, come spero, capirai che si tratta di “alcune aree cerebrali” e dunque “alcuni neuroni”. Si parla di alcune aree perché la neurogenesi è stata verificata in tutte quelle studiate e quelle studiate non sono tutte le aree cerebrali. E’ dunque una giusta prudenza utilizzata. Te ne segnalo uno interessante più recente http://www.keck.bioimaging.wisc.edu/neuro670/reqreading/neurogenesisinthe%20adultbrain.pdf
Siamo agli inizi, e probabilmente si arriverà a verifiare che la neurogenesi avviene per “tutti” i neuroni. Per il nostro discorso comunque è sufficiente che avvenga per “some”…non si può certo dire che a 62 anni uno è sempre lo stesso di quando aveva 20 anni per “some neurons”, no? Che poi magari diventano “few”.
grazie. in realtà per il discorso di rolling stone è sufficiente che anche pochi neuroni vengano preservati nell’evoluzione umana del singolo individuo sebbene molti muoiano e molti ne nascano (anzi, a quanto ne so la comparsa di nuovi neuroni cerebrali a breve vita è accolta positivamente dagli studi sulla memoria.. ma io ne so davvero poco). io cmq non difendo quel punto di vista, nemmeno ne sarei in grado, sono solo curioso di sapere come stanno le cose.
@ credino
rolling stone non ha risposto alla mia domanda se sia stato giusto processare Eichmann. Dunque, chi puo’ dire di aver capito il suo pensiero?
hai ragione… mi riferisco al solo fatto che molti (o pochi) neuroni preservino la propria identità fisica nell’arco di vita di un cervello adulto. ma da questo non concluderei che nostro carattere individuale sia predeterminato.
Mi piace ragionare con te, mi dispiace solo non poterti rivolgere il vocativo, per quel terribile nickname che ti sei scelto! Cmq, se il problema è di scegliere un carattere fisico permanente identitario, la migliore scelta è secondo me quella del Dna, che ci accompagna tutta la vita in tutte le cellule del nostro corpo. Per un riduzionista, però, questa non sarebbe una soluzione, perché lui ha bisogno di collocare nel cervello fisico la sede della coscienza. A questo punto però sorge un problema, secondo me.
Se faccio una seria introspezione, trovo che il nocciolo duro del mio Io che mi accompagna dalla nascita è la mia Volontà. Nei primi anni di vita la mia Volontà era scandita esclusivamente dall’istinto della sopravvivenza, ma gradualmente con il tempo si è forgiata nell’interscambio tra il mondo esterno (il latte materno, l’educazione familiare, il contesto sociale, ecc.) e il mondo interno delle sue libere scelte, fatte inizialmente su valori e sensi parziali, che con gli anni sono cresciuti ad una matura visione completa della vita. Il mio Io è cresciuto sulla spinta di questa Volontà ed oggi gli appartengono da un lato la memoria che custodisco nel mio cervello di tutte le cose apprese e di tutte le esperienze fatte e, dall’altro, la somma di tutto il bene ed il male che ho fatto alle persone che ho influenzato e delle omissioni di bene che hanno impedito la nascita di infiniti (letteralmente, in senso cantoriano) altri universi al posto di questo Universo reale. Ma, se questo è vero, solo i nuovi neuroni (e non quelli eventuali che ho dalla nascita) conservano i miei ricordi, la mia esperienza e la mia conoscenza. E allora dove risiede il mio Io?
Libet ha proposto un esperimento per dimostrare la sua teoria del “Campo mentale cosciente”.
Secondo questa teoria il fenomeno dell’esperienza soggettiva cosciente, e solo questo, sarebbe causato da un campo, come quello elettrico o magnetico, che però non sarebbe misurabile oggettivamente e quindi di fatto escluso dall’indagine sperimentale. Il CMC sarebbe causato da appropriate attività neurali del cervello (è quindi una sorta di dualismo, anche se non rigido come quello cartesiano). Questo CMC permetterebbe una forma di comunicazione all’interno della corteccia cerebrale, senza passare attraverso le vie neurali corticali.
L’esperimento consiste nell’isolare chirurgicamente una specifica area corticale (in pazienti adatti), che rimane viva perchè mantenuta adeguatamente funzionante. Quindi un’adeguata attivazione chimica o elettrica del tessuto isolato dovrebbe produrre o influenzare un’esperienza cosciente anche nel caso il tessuto non abbia connessioni neurali con il resto del cervello. Si dimostrerebbe così che la comunicazione neurale da cui emerge l’esperienza soggettiva cosciente non passa attraverso le vie nervose.
Che cos’è un “campo non misurabile”?
Come la funzione d’onda è una funzione matematica che presenta i suoi effetti sulla realtà così il CMC è il campo cosciente da cui emerge l’esperienza soggettiva.
Qualcuno potrebbe anche definirlo anima, tagliando la testa al toro. Ovviamente Libet, essendo uno scienziato non può permetterselo, a differenza di me.
Non mi convince, dal punto di vista scientifico, l’analogia di Libet. Un campo in fisica è una funzione matematica che 1) obbedisce ad un’equazione deterministica e 2) attraverso le sue soluzioni mi premette di fare predizioni probabilistiche sperimentalmente controllabili. Fino a che il CMC non soddisferà queste 2 condizioni, esso non sarà un campo, ma una corda metafisica tesa tra materia e spirito (come il Dio di Cartesio).
Prof. Masiero, ma questo non è un campo qualsiasi, è come giustamente detto l’interfaccia tra la materia e lo spirito, anche se ovviamente per Libet l’anima non è separabile dal corpo, al contrario di quanto sostiene il dualismo cartesiano.
Libet lo definisce “campo”, perchè l’esperienza soggettiva cosciente attiva diverse parti della corteccia ed il suo esperimento vuole dimostrare “solo” che queste diverse zone corticali non comunicano attraverso la rete neurale. Questo è lo scopo dell’esperimento, non altri.
L’unica sperimentazione possibile quando si studia la coscienza è quella di affidarsi al resoconto del soggetto sotto esperimento.
Ho capito! Ho detto solo che non mi convince “dal punto di vista scientifico”. Se mi devo “affidare al resoconto del soggetto” senza possibilità di controllo e di replicazione dell’esperimento, usciamo dal canone scientifico.
–Ma che cosa condivideva la seconda struttura fisico-chimica con la prima?–
Per quanto ne so le due macromolecole condividevano i neuroni, che essendo cellule stabili dovrebbero avere una vita corrispondente a quella dell’individuo e questo non sarebbe in contrasto con il materialismo che vede nell’anima un “epifenomeno”.
Ma potrei sbagliarmi
Il dogma biologico sulla “stabilità” dei neuroni è caduto 20 anni fa, in seguito alla scoperta della neurogenesi e del ruolo delle staminali nel rinnovo dei neuroni. Le uniche cose sicure che rimangono invariate nella fisico-chimica dell’individuo dalla nascita alla morte sono il Dna e le impronte digitali, ma non si possono certo considerare degli epifenomeni del cervello, non credi?!
Ma questo articolo mi folgora propria sulla via di Damasco della ragione.
Bisogna per forza far centro e metterci sempre un ostacolo ideologico, so che se finisse la libertà di scelta finirebbe la religione.
Detto questo, non bisogna ostacolare il progresso scientifico perché non corrisponde ai nostri desideri spirituali.
E’ sbagliato moralmente dal punto di vista metodologico, professore, opporsi ad un avanzamento umano per i nostri pensieri sulla vita.
Caro amico, mi perdoni, ma non sono sicuro di avere inteso correttamente il suo pensiero. Ad ogni modo: non mi sembra di aver mai espresso, in qualunque mio scritto, una posizione contraria al progresso scientifico. Anzi! Da credente, affermo che la scienza è uno dei più grandi doni di Dio.
La saluto cordialmente
Caro Professore, io credo che la realtà attesti una mera rappresentazione meccanicista delle cose che sguazzano in questo Universo, noi compresi.
Le procedure per descrivere questo modello saprà molto bene sono molte meticolose.
Non le rimprovero il fatto di descrivere in modo sbagliato, per carità.
Ma noto una sua contestazione al modello offerto dalle neuroscienze poiché non rappresenta una
sua concezione (soggettiva) –mista di scienza e fede-.
Io parlerei di modelli complementari ma separati -scienza e fede, in quest’articolo c’è la precisa strategia di contestazione involontaria ma sub-consciamente prodotta da lei per abbattere una concezione (scientifica) che ravvede (forse, a suo modo) la struttura teologica del libero arbitrio.
Forse avrà ragione per il momento attendo il prossimo articolo (spero di capire)
La saluto,trovo molto interessanti gli articoli da lei scritti.
La ringrazio di cuore per l’apprezzamento. Comunque, per chiarire ulteriormente: non credo che oggi si possa parlare di un modello del rapporto mente/cervello che sia universalmente condiviso dai neuroscienziati; anche perché ci sono molti altri esperimenti – che qui non ho citato, ma cui farò cenno in futuro – che forniscono indicazioni abbastanza diverse da quello di Haynes indicato nel mio articolo (http://www.nature.com/news/2011/110831/pdf/477023a.pdf). In realtà, quindi, nè Nahmias nè io contestiamo un preciso modello scientifico, basato su una quantità di solide prove sperimentali – questo sì, sarebbe metodologicamente scorretto – ma una specifica lettura metafisica (esemplificata dall’interpretazione di Haggard, http://www.telegraph.co.uk/science/8058541/Neuroscience-free-will-and-determinism-Im-just-a-machine.html) di alcuni risultati limitati e – come dire? – scientificamente ancora “fluidi”.
Cordiali saluti! 🙂
Grande Michele ! Splendido commento preciso e puntuale, mi viene da aggiungere che gli esperimenti di risonanza magnetica funzionale su cui sono basati gli studi di cui parli si basano su metodologie statistiche e di misura totalmente inadeguate e abborracciate. Ci sarebbe da stupirsi che queste cose vengano prese sul serio da chiunque abbia una seppur minima esperienza di ricerca sperimentale e di metodologia scientifica, in realtà questa è pura e semplice ideologia.
Che importenti giornali scientifici renggano il gioco è inquietante…
Purtroppo, a naso, riusciranno a dimostrarlo.
Per mia esperienza, nell’uomo esistono due libertà: la libertà di scelta ed il libero arbitrio.
Libertà di scelta: mangio quella o quell’altra cosa perché stimola maggiormente i miei succhi gastrici.
Libero arbitrio: mangio o non magio quella cosa perché sono allergico o è tabù.
Nella libertà di scelta la dimostrazione è elementare.
Per il libero arbitrio, invece, la cosa è leggermente più complessa ma, in una società come la nostra dove l’etica e la morale sono relativi ed esiste il bene ma non il Bene, basta affermare che le allergie sono “guasti meccanici” ed i tabù sono assimilabili a “mode culturali” che mutano col tempo, ed il gioco è fatto: del resto, non si cura già la pedofilia con la castrazione chimica e l’alcolismo con le pillole?
Grazie, Alessandro. Non mi è sembrato il caso di affrontare in questa sede la questione della validità statistica di tale genere di esperimenti, non essendo io un neuroscienziato. Certo che, da fisico, rimango un po’ perplesso quando da essi si riescono a trarre conclusioni di portata assolutamente fondamentale – tipo “questo esperimento dimostra l’illusorietà del libero arbitrio”.
Un caro saluto
Posto inesistente il libero arbitrio anche la scelta di definirsi ateo non sarebbe una scelta libera.
Ma legata per colui il quale è
“sicuro che ogni comportamento dell’Uomo possa essere spiegato mediante il funzionamento meccanicistico di uno o più circuiti neuronali”
semplicemente allo specifico funzionamento dei propri circuiti neuronali.
Posto che ci si può porre il problema se l’uomo sia dotato o meno di libero arbitrio se così non fosse ci si potrebbe porre la medesima domanda?
Come rientrerebbero in questa condizione i casi di conversione o di apostasia?
Per i naturalisti, accade in campo etico la stessa contraddizione che li coglie in campo epistemico: qui, nei dibattiti filosofici negano la verità, ma non fanno un passo nella vita senza mostrare di credere fermamente ad un determinato sistema di assiomi; nel caso del libero arbitrio, quanto lo negano a parole altrettanto lo sottintendono in ogni atto della vita sociale. È immaginabile la convivenza se viene tolto il concetto di “responsabilità” personale, che è un carattere ineliminabile della transanimalità umana?
Nell’uno e nell’altro caso, ci accusano di essere antropocentrici, di avere un concetto presuntuoso dell’uomo, che invece sarebbe solo una struttura atomica nata e governata in vita dal caso. Ma, invece, siamo solo dei realisti che, appena per questo, ci accade di essere ormai gli unici umanisti e razionalisti.
per chi non lo conoscesse consiglio questa riflessione di Massimo Pigliucci un filosofo ateo che sull’argomento non è affatto d’accordo con i suoi ‘compagni’ :
“Seems to me, therefore, that the increasingly fashionable idea that consciousness is an illusion is both too quick and not actually supported by a careful reading of the neurobiological literature, and skeptics and freethinkers would do well to pause and reflect on it before continuing to spread it. Of course that assumes that you can reflect on things in a way that is conducive to decisions implementing what your conscious will wants to do. ”
http://rationallyspeaking.blogspot.com/2011/12/you-dont-really-exist-do-you.html
Tra l’altro vorrei lanciare un sassolino per i non credenti sè davvero non esiste il libero arbitrio chi mi spiega il meccanismo della plasticità neuronale?
OK mi arrendo
Il libero arbitrio esiste perche (con le parole di Masiero) “la decisione viene presa per libera volontà dell’io”
Che equivale a dire: io decido liberamente perché il mio io è libero di decidere.
Non è così: “Io decido liberamente”. Punto.
Sempre a cercare dei “perchè” che non esistono affatto…
Antonio,
purtroppo la ricerca del perchè è un difetto sistematico del computer di bordo
di quelli che non credono che la verità piova dal cielo
Temo, RS, che Lei confonda la computer science con le fiction di Hollywood. Io, che da una vita studio algoritmi e macchine di Turing, non ho mai saputo di computer che possano porsi, neanche a livello teorico, alla ricerca dei perché. Il fallimento dell’IA sta lì a dimostrarlo e nessun progresso è stato fatto in 44 anni dai tempi di Hal e Odissea 2001 nello spazio. “La differenza tra un computer ed un uomo è che un computer potrà forse risolvere ogni problema, ma non si porrà mai un perché” (Einstein).
Allora siamo quasi-colleghi, perchè io tra un mese mi laureo in Ing. Informatica 😉
In bocca al lupo e… bada al sodo!
In bocca al lupo anche da parte mia, cara Giulia… e grazie per i suoi interessanti e cortesi commenti! 🙂
Ma se non piove dal cielo non può piovere da nessun’altra parte, visto che la scienza può sfornare solo delle congetture confutabili e non di certo la verità.
Rolling stone rispondi alla domanda di Giorgio se sia stato giusto processare Eichmann perché non è che succede il finimondo. Non è che fallisce la tua causa se sbagli, maggioranza dei filosofi hanno trattato il libero arbitrio soltanto per confutarla, come hanno fatto i scienziati per il perpetuum mobile.
Più che la tua risposta mi interessa la controrisposta di Giorgio. Non so come una questione giuridica di prima importanza, che contiene anche rompicapi teologici, può essere risolto dalla risposta scientifica.
Vronskij
ma li leggi gli interventi prima di intervenire?
A ciò che ho detto il 14 gennaio 2012 alle 09:52 riguardo alla costanza del carattere individuale
(che è ciò che assieme ai motivi determina la decisione)
aggiungo che se i neuroni di norma (ossia non con interventi esterni ) si riproducessero come le altre cellule avrebbero un bel compito da affrontare.
Quello di ricostruire la rete di collegamenti (sinapsi) che il neurone defunto ha lasciato dietro se (circa 10mila per ogni neurone). Il nuovo neurone dovrebbe ricostruirla esattamente come era prima, affinchè la personalità dell’individuo venga mantenuta (come l’esperienza dimostra).
@Rolling
Si l’avevo letto, pero avevo letto anche le repliche che seguono … .
Insomma questo zombi di Eichmann dovevano ammazzare o no? Avete un po di pietà per i neuroni di quelli che non sono specialisti in materia.
Lei è una persona molto intelligente, rolling stone, e che stimo: perché deve banalizzare la mia risposta? Io ho detto 2 cose, semplicissime:
1) che la scelta se il libero arbitrio esiste o no è esistenziale, non risolvibile né empiricamente né scientificamente né logicamente: “io” Giorgio mi sento libero e “Lei” rolling non potrà mai dimostrarmi il contrario e se “Lei” rolling non si sente libero ma un robot manovrato dai Suoi neuroni (o dal caso) io non riuscirò mai a dimostrarLe il contrario;
2) che questa del libero arbitrio è una mera questione filosofica, perché TUTTI GLI UOMINI DEL MONDO, Lei compreso se non vive in un’isola deserta, convivono sulla base ineliminabile del postulato che ogni uomo è “responsabile” delle sue azioni, con maggiori o minori attenuanti, ma responsabile finale e quindi libero.
Sono sicuro che Lei ha compreso che quello che ci divide è al momento insuperabile.
@ Wronskij
Ti avevo promesso di risponderti in 24 ore. Ecco la mia opinione, che mi pare abbastanza ovvia.
Noi cristiani crediamo, in base all’esperienza introspettiva diretta del nostro io (siamo abituati a farci quotidianamente l’esame di coscienza!) e alla rivelazione, di avere il libero arbitrio e quindi di avere – a differenza degli altri animali – responsabilità morale delle nostre azioni e omissioni, delle quali civilmente rispondiamo allo stato se in violazione della legge e delle quali certamente risponderemo alla nostra morte al Creatore. Quindi , con riferimento alla domanda se fosse giusto processare Eichmann, la nostra risposta è sul piano civile che il processo israeliano si è sostituito al tribunale dell’Aia che era la sede di diritto internazionale legittima per processare i crimini contro l’umanità di cui si era macchiato, mentre sul piano morale il giudizio spetta solo a Dio.
Per quanto riguarda gli atei, gli agnostici, gli scientisti, ecc., insomma tutti coloro che coerentemente al loro relativismo naturalistico dichiarano di non credere al libero arbitrio, si è verificato, caro Wronskij, quello che avevo immaginato: SILENZIO ASSOLUTO alla mia domanda. Ora è certamente possibile che molti di essi non l’abbiano letta, o non l’abbiamo ritenuta degna di una risposta. Però, poiché in tutta la mia esperienza, non ho mai ottenuto da queste persone una risposta a tale domanda, sono portato a pensare che – come nel caso della questione della verità, dove essi sono in palese contraddizione come ho dimostrato in un articolo su questo sito – così accade per la questione del libero arbitrio: essi lo negano in teoria (solo per negare la specificità antropologica, il salto che ci divide dagli animali e dalla materia inanimata), ma non possono negarlo a livello pratico, perché senza “responsabilità morale personale” diventerebbe impossibile la convivenza umana.
Noi cristiani, col nostro realismo, siamo rimasti gli unici umanisti e razionalisti.
Capisco il loro silenzio assoluto, ma non capisco perché non dai una risposta esplicita, dal punto di vista fisico, che è giusto o non condannare a morte uno che ha fatto un orrendo crimine 20 anni fa.
Come pensate “voi cristiani” riferito ad una famosa espressione di Sartre, famoso umanista-razionalista-ateista (e molto altre “ista”), che “l’uomo è condannato con liberta”?
Credevo di avere dato la risposta, Vronskij, ma forse non mi sono spiegato, oppure io non capisco che cosa intendi con la locuzione “dal punto di vista fisico”. Dal punto di vista della “legalità internazionale”, il processo ad Eichmann spettava alla corte dell’Aja, cui gli israeliani dopo la cattura (avvenuta fuori della legalità internazionale, ma questo è un reato minore) avrebbero dovuto consegnarlo. Se sotto tantissimi altri aspetti (storico, politico, ecc.) è comprensibile che gli israeliani abbiano fatto il processo in casa loro, resta l’illegalità internazionale del comportamento di Israele.
Dal punto di vista “morale”, invece, il giudizio spetta solo a Dio.
@Giorgio
Lascia stare Eichmann, israeliani, Aja e tutto il resto: la legittimità della pena di morte (Europa no, America sì), esempio per altri criminali potenziali ecc. La domanda è: visto che i neuroni di un criminale non sono gli stessi di 20 anni fa quando ha il crimine, perché dobbiamo ammazzarli? Per mandare più presto possibile al giudizio di Dio la sua anima, libera dai neuroni?
Visto che fisicamente il morto che cammina è un’altra “persona”, secondo me la domanda è una trappola anche per chi lo propone. Sempre se il domandante non è un cristiano che crede nel metempsicosi. Dove sta la differenza tra 20 vent’anni di vita in un corpo già alterato dal passare del tempo, e il passaggio “immediato” (le virgole perché ci vuole tempo anche per la trasmigrazione) in un altro corpo.
Poi ho fatto anche una domanda, molto di più importante, riferita alla frase famosa di Sartre. “Condannato a liberta” mi sembra ironica, e come l’altra faccia di medaglia dell’ironica “benedetto a liberta”. Mi sembra che quest’ultima è la bandiera di chi crede nel libero arbitrio è nello stesso tempo nel peccato originale. Siamo messi veramente male: visto cosa accade nella realtà, la creatura divina libera è un robot programmato libero per fare il male, e poi per pentirsi e per ricominciare da capo. Mi fa mal di testa a pensarci su, forse unico sintomo che da speranza, che siamo robot programmati per fare il bene.
No, Vronskij, io penso (da cristiano) che anche se il suo corpo è cambiato, anche se non avesse conservato un neurone uguale a quelli di 20 anni prima, sarebbe sempre la stessa “persona”: Eichmann. La stessa unica persona, la cui ontologia sfugge ad ogni ricerca scientifica, porta per tutta la vita la responsabilità morale di quello che ha fatto, dall’età adulta alla morte. E’ questo il concetto cristiano di “persona”, unicum creato da Dio a Sua immagine e somiglianza, con la capacità per questo di distinguere naturalmente il bene dal male.
E la mia domanda, provocatoria, era rivolta a coloro che da una parte dichiarano di non credere al libero arbitrio, ma dall’altra si comportano costantemente nella vita sociale come se ci credessero: il loro silenzio testimonia la loro confusione mentale.
@Giorgio
Si, hai fatto bene che lì hai messi a tacere, dimostrando la loro confusione mentale. Il problema è che sono anche io confuso quando penso che ogni persona ha i suoi segni unici dattiloscopici nello stesso modo come ha unico il suo spirito.
Come devo spiegare il tuo silenzio in relazione alla frase di Sartre?
Avevo già in passato dato la mia risposta (che poi è quella cattolica classica) a questo problema e non mi era parso il caso di ripeterla. Comunque la libertà della coscienza e la fragilità della natura umana, che in quanto creatura non è perfetta, non sono incompatibili logicamente, ma soprattutto osserviamo quotidianamente, con un minimo di introspezione personale (che i cristiani chiamano esame di coscienza), che essi convivono strettamente!
La coscienza consiste prima di tutto nell’avvertenza che io posso scegliere tra il bene ed il male e devo sempre fare il bene e mai il male, nella chiara conoscenza del mio assoluto obbligo alla bontà, a tutta la bontà: la giustizia e la carità, la virtù e la santità; e poi, in secondo luogo, nella conoscenza distintiva di quali cose sono giuste e quali sono sbagliate.
il peccato originale è la più valida spiegazione di quella debolezza umana che a tutti noi, anche quando conosciamo qual è il bene, ci fa scegliere il male. Proprio ciò insegna la Chiesa, ovvero questa fragilità intrinseca della natura umana che inclina l’uomo verso il male. È una visione realistica: un assioma solare, pare a me, quando, accantonati i frastuoni dell’ambiente, ognuno di noi esegua una serena, silenziosa introspezione nella sua anima.
Ho capito Giorgio, ma questa aspirina non funziona contro il mio (e di molti altri) mal di testa. Chi sa, questione di neuroni cambiati nel tempo …
scusate ma proprio non capisco come potete, dalla assenza di risposte, attribuire alcunché a ipotetici interlocutori. sono non-interlocutori.
Ho dato 3 opzioni, o non hanno letto la mia domanda, o non vogliono rispondere, o non sanno che cosa rispondere. Tu ne hai una quarta?
intendo solo dire che occorre prima assicurarsi di avere un interlocutore, prima di concludere che non sa o non vuole rispondere; i destinatari del tuo appello -i “deterministi”- secondo me sono rarissimi.
Tra questi rarissimi ce n’è uno, se leggi attentamente, che è intervenuto puntualmente sul dibattito, è anche entrato nel merito delle due fotografie di Eichmann per sostenere il vecchio dogma biologico dell’inesistenza della neurogenesi… e però si è guardato bene, nonostante i solleciti, dal rispondere al domanda! Poiché penso di essere molto più vecchio di te, e quindi di avere fatto molto più errori di te nella mia vita, ti consiglio di non essere più realista del re, per non volgere il tuo amore per la precisione in pignoleria.
è solo che si tratta di una posizione esistenziale talmente forte che, secondo me, per adottarla occorre un convincimento (e argomenti a supporto) altrettanto forte, scusami e grazie per la pazienza.
Anch’io trovo incredibile che ci siano persone che, senza uno straccio di prova scientifica, si deprivano della propria dignità umana fino a considerarsi in ogni loro scelta esecutori robotici di una rete inestricabile di microfenomeni quantistici avvenienti nei loro neuroni e che, ALLO STESSO TEMPO, mantengono a livello giuridico e morale il concetto di “responsabilità umana”.
Ma che ci vuoi fare? Questo è il mondo! Ti esorto però a correggere la tua opinione che queste persone siano “rarissime”: al contrario questa è l’opinione prevalente diffusa dai media, dove ormai si spaccia per scientifico l’attribuire a questo o a quel gene la causa basilare di ogni scelta personale!
Giorgio grazie per la pazienza, e scusami se continuo a insistere, ma è ultima.
Rileggendo tutti i commenti importanti e ripensando su un’altra volta, mi sono convinto ancora sulla validità di teoria di Goethe che scienza stupra i fenomeni, gli tortura per dire le verità che vuole sentire. Anche con tutta evidenza non posso accettare mai la tesi di neurogenesi come viene esposta. Oppure dobbiamo accettare che i neuroni cambiano ad pari passo con lo spirito (persona), e se c’è un punto fermo spirituale che non cambia, deve essere per forza anche un punto fermo neuronale corrispondente che non cambia. Deve essere per forza un punto d’incontro e d’interscambio tra spirito e corpo, a parte il fatto evidente che ogni uomo ha i suoi segni unici dattiloscopici nello stesso modo come ha unico la sua persona, come si fa a conoscere la persona senza vederla in faccia? In ultimo piano è come dividere il Creato dal Creatore. C’è un famoso passo di san Paolo dove dice che noi vediamo Dio attraverso la Sua Opera. Da questo punto di vista la scienza risulta malefica per definizione, ed anche criminale perche taglia “ombelico del mondo”.
Dici: “Deve esserci per forza un punto d’incontro tra spirito e corpo”. Già, ma si dà il caso che da quando gli uomini hanno cominciato a pensarci questo è un problema che li ha divisi! O elimini lo spirito e dici che tutto è materia, però in questo caso ti trovi di fronte al mistero della coscienza che non sai come risolvere se non inventando una parolina, epifenomeno, come fanno i monisti. O ti tieni lo spirito insieme alla materia ed in questo caso non vedo altre soluzioni che tirare in ballo… Dio, come hanno fatto tutti i dualisti.
Io, come ho già detto tante volte, non penso che questo problema (insieme ad altri due: l’origine del mondo e l’origine della vita) sia risolvibile scientificamente (cioè col metodo galileiano), ma che interpelli direttamente la metafisica ed abbia per unica risposta logica coerente l’esistenza di un’Agenzia trascendente.
@ Antonio72, lorenzo, GiuliaM
Non sono d’accordo, Antonio, con la tua uguaglianza scienza = tecnica, dalla quale poi estrai un giudizio complessivamente negativo su entrambe, mentre sono d’accordo con Lorenzo e Giulia. Tu con un sofisma (che sono sicuro non ti sfugge, ma non riesce a prevalere talvolta sulla tua paradossalità provocatoria e stimolante!) affermi che sono la stessa cosa perché sono strettamente correlate, facendo l’esempio delle scoperte che si fanno nei laboratori. Ma se è per questo anche questo nostro quotidiano ragionare è strettamente dipendente dalla tecnica (di Internet) e dalla scienza, ma non ha nulla di scientifico né di tecnologico né di moralmente abominevole!
“Correlate” non significa “indistinte”, e scienza e tecnica restano distinte perché hanno obiettivi e significati autonomi. A mio parere (e soprattutto del Magistero, che per te e per me è ciò che alla fine conta) la scienza è di per sé buona, perché dà CONOSCENZA; mentre la tecnica, coinvolgendo l’USO della conoscenza, ha implicazioni morali e può essere perciò buona (Tac), cattiva (armi di distruzioni di massa), neutra (iPod). La vedi la distinzione tra conoscenza ed uso? Separare le ossa dalla carne sarà un’operazione difficile, ma resta cmq un’operazione alla portata della razionalità umana, perché le ossa SONO distinte dalla carne.